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“Calabria
Ora ” – Lunedì 10 luglio 2006 - pag.
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I
volontari di Legambiente
Tra
le persone impegnate nell’opera di aiuto alla popolazione
anche l’associazione ambientalista
C’è
un gruppo di volontari che in questi giorni sta lavorando in
silenzio a Vibo Marina. Sono circa venticinque, giunti da Vibo
e Ricadi, da S. Giovanni in Fiore, da Roma e da Reggio Calabria.
Fanno tutti capo a Legambiente. Tuta e stivali di gomma si sono
rimboccati le maniche e seguendo gli ordini della Protezione
civile si sono diramati nelle diverse vie del piccolo paese
devastato. Via Arvo, via Savona, quartiere Pennello, via Sardegna.
Ieri hanno iniziato a lavorare a Bivona. Parlando con Lorenzo
Passaniti, portavoce del gruppo locale, si percepisce la stanchezza,
ma la voglia di essere utili e soprattutto la consapevolezza
di reputarsi fortunati rispetto alle vittime, a chi ha perso
tutto, concede a questi ragazzi una carica in più. «Il
nostro lavoro – spiega Passaniti – è consistito
nel pulire, innanzitutto, le case e le strade dal fango. Poi,
abbiamo aiutato a spostare i mobili e tutti gli oggetti, ormai
inutilizzabili, che erano all’interno delle abitazioni.
Un lavoro duro, ma niente a confronto del dolore che provano
le persone che lì avevano tutta la loro vita, le loro
speranze». E’ palese il rammarico, come la rabbia
per un evento che ha distrutto famiglie e vite, prima che abitazioni
e strade. Loro, quelli di Legambiente, quelli che amano la natura
e che vogliono difenderla, sono scossi. Perché «tutti
questi danni – dicono – potevano evitarsi».
Conoscono la bellezza e la violenza della natura, ma conoscono
anche quali e quanti sono i danni che l’uomo crea. «Non
abbiamo neanche scritto un comunicato stampa per esprimere il
cordoglio verso le vittime dell’alluvione – puntualizza
il portavoce – ma abbiamo pensato subito di organizzarci
come forze complementari alla Protezione civile, che, comunque,
coordina il nostro lavoro». Un intervento immediato, drammatico,
come la situazione che hanno subito affrontato, perché
lì era davvero un inferno «tutto intorno –
continua a descrivere – era una catastrofe, era subito
evidente il dramma che si stava consumando. Le fogne saltate,
strade inesistenti, gente che aspettava ancora i primi soccorsi».
Ma perché una simile tragedia? Cosa si poteva evitare?
E soprattutto in che modo si dovrà costruire?
«Questa tragedia – spiega Passaniti – nulla
togliendo all’eccezionalità dell’evento climatico,
poteva essere minore, se solo le strutture e i controlli sul
territorio fossero stati adeguati alle norme. Purtroppo, le
speculazioni edilizie, il mancato controllo del torrente S.
Anna, che da almeno cinquant’anni dà avvisaglie,
hanno creato la catastrofe. Ci sono alcune zone, segnalate da
studi, risalenti almeno al 2001, che venivano classificate come
r4, che indica pericolo di morte. E tutto questo non è
stato mai valutato con la giusta attenzione. Ad esempio –
continua – a Vibo nei pressi del deposito delle Calabro-lucane
ci si trova davanti una zona ad alto rischio, che noi segnaliamo
da diversi anni. Lì il carico dei rifiuti e la posizione
denotano la precarietà del sito. E mi dispiace vedere
che, ancora, si continua a riversare rifiuti. Proprio lì
dove la strada è già crollata e il rischio di
frana non è ancora scongiurato. Ci dovrebbero essere
delle regole e andrebbero rispettate. Solo in questo modo si
potrebbero evitare sciagure. Comunque, noi, come Legambiente
– conclude il responsabile – vigileremo sui lavori
che saranno effettuati e da ottobre abbiamo già deciso
di promuovere un’operazione fiumi pere contribuire a verificare
tutti i lavori di ripristino delle aree toccate dall’alluvione
e cercare di sorvegliare la natura che chiede solo di essere
rispettata. Quella del 3 luglio poteva essere una strage. Ed
è necessario che diventi un monito».
Stefania
Marasco