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“Calabria Ora” – Giovedì 6 settembre 2007 - pag. 17

 

Incendi, una strage ingiustificabile

Il fronte del fuoco ha messo a nudo scomode verità

Chiamare in causa il caldo per giustificare la strage di vite umane e di boschi di queste ultime settimane, è inutile visto che gli incendi sono tutti dolosi e l’autocombustione è una favola. Serve ancora meno lamentarsi del mancato invio dei Canadair, perché gli incendi bisogna prevenirli e l’utilizzo dei mezzi aerei, senza un adeguato supporto da terra, spesso è un palliativo. Di tutto il fronte del fuoco di queste settimane ha messo a nudo una scomoda verità: abbiamo un sistema di difesa degli incendi boschivi inefficienti ed è scarso l’impegno di chi dovrebbe impedire che ogni estate il nostro patrimonio boschivo sia preda di incendiari ed ecomafiosi.
Abbiamo un’ottima legge per la lotta attiva agli incendi boschivi, la 353/2000, considerata la migliore risposta in Europa per prevenire e combattere i roghi. Tutto questo ovviamente in teoria, perché la pratica ci dice che la legge è ampiamente inapplicata. Una sorte che la 353 condivide con tante altre normative nate a tutela del nostro patrimonio ambientale e paesaggistico. La mancata redazione del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco e l’imposizione di precisi vincoli sulle aree bruciate è il punto di crisi vero della normativa. Impedire veramente il pascolo, la raccolta di funghi o il cambio di destinazione d’uso per un significativo numero di anni dei terreni incendiati, è il deterrente utile a bloccare sul nascere le cause che scatenano incendiari ed ecomafiosi.
Differenza e prevenzione non sono argomenti che creano passioni tra i nostri amministratori, visto che sono pochissimi i comuni che hanno realizzato il catasto e imposto i vincoli previsti dalla legge. I sindaci sono sì rapidi, ma a chiamare i Canadair. E se per caso questi non possono intervenire si lamentano che lo Stato li ha lasciati soli. Come dire: noi abbiamo fatto il possibile ma lo Stato è lontano e non ci sente! Il classico scaricabarile che rappresenta i sindaci, non come la prima articolazione dello Stato sul territorio, ma come una entità a parte ed una controparte persino della Protezione civile di cui loro sono i primi responsabili. Un metodo inaccettabile che deresponsabilizza anche i cittadini che non si sentono motivati a controllare, prevenire e denunciare chi distrugge il nostro ambiente. Debbono essere bandite le lamentele del giorno dopo che amministratori inadempienti rilasciano sui giornali, mentre omettono di dire cosa hanno fatto per prevenire i roghi e garantire la sicurezza dei cittadini. Non è più sopportabile che nei comuni a rischio, vale per gli incendi come per le altre emergenze, non esista un sistema comunale di Protezione civile in grado di intervenire per salvare, nella gran parte dei casi, i nostri boschi.
In realtà la legge non è rispettata perché nessuno penalizza gli amministratori inadempienti, oppure premia al contrario quelli bravi. Avete notizia di finanziamenti pubblici revocati ai comuni perché non hanno rispettato una normativa ambientale? Esistono provvedimenti contro i sindaci che non hanno abbattuto case abusive? Al contrario possiamo raccontarvi di sindaci lasciati soli per aver fatto il loro dovere. E non è solo il caso dei sindaci: non possiamo dimenticare come proprio a Guido Bertolaso (capo del Dipartimento della Protezione civile in questi giorni nominato dal governo Commissario per l’emergenza incendi), dopo essere stato nominato commissario per l’emergenza rifiuti in Campania, sia stato impedito di provare a risolvere il problema. Guido Bertolaso è la persona giusta per affrontare il dramma dei roghi estivi, ha la giusta esperienza e le capacità per fare una positiva opera di prevenzione che impedisca il ripetersi di un’altra estate come quella appena trascorsa, ma dobbiamo evitare un’altra emergenza infinita, un doppione dell’emergenza rifiuti in Campania.
La lotta agli incendi boschivi si vince se le pene sono certe e se gli incendiari vengono garantiti alle patrie galere. Nonostante la legge preveda l’applicazione di pene più severe contro i reati di incendio boschivo, una sola persona è detenuta per aver incendiato un bosco. In cinque anni le forze dell’ordine hanno denunciato oltre 2000 persone, il 45% di queste sono state condannate, ma tra patteggiamenti e sconti di pena vari le condanne rimangono un sogno. Con buona pace di chi come noi è impegnato nella vigilanza antincendio, spesso ci ritroviamo che l’incendiario denunciato l’estate precedente circola indisturbato. Abbiamo sentito il Ministro dell’Ambiente proporre la costituzione di parte civile dei parchi nei processi ma perché non sia il solito proclama è necessario prima arrestare qualcuno. E per fare questo è opportuno rafforzare gli strumenti di intelligence, aumentare gli organici e coinvolgere tutte le forze dell’ordine nelle indagini e nel controllo continuo del territorio. Su questo fronte bisogna chiedere al Comando Generale del Corpo Forestale dello Stato di potenziare i Comandi e gli organici dei parchi, e non smembrarli com’è avvenuto per il Parco nazionale del Pollino che, a fronte di una previsione 240 unità, nel 2001 aveva a disposizione 121 forestali ed oggi ne dispone di 77. Chiedere dove sono finite le 44 unità in meno è legittimo, com’è legittimo chiedere perché il parco nazionale della Sila dispone di 19 unità contro le 80 previste e quello dell’Aspromonte di 52 su 78.
Sui parchi e sulla vulnerabilità che hanno dimostrato sul fronte incendi, una riflessione è doverosa. E’ chiaro che non tutto è stato fatto, e quel poco che è stato realizzato non sempre è stato sufficiente a difendere il patrimonio di natura che contengono. Non c’è un attacco ai parchi in quanto tale, ma c’è una forte attenzione degli incendiari nei loro riguardi perché i grandi serbatoi di biodiversità forestale della nostra Regione sono tutelati dai parchi. Dentro i loro confini c’è il meglio del nostro bosco, sempre ad alto rischio perché poco mantenuto e scarsamente valorizzato. La missione dei parchi calabresi deve essere meglio esplicata mentre il rapporto con gli enti locali deve essere più forte e continuo in modo che i parchi possano osare di più ed imboccare con decisione con decisione la strada dello sviluppo sostenibile incentrato sulla conservazione della natura. Nella lotta agli incendi, i parchi possono cominciare a dare il buon esempio applicando con decisione la circolare del 6 agosto scorso con la quale Aldo Casentino, Direttore Generale del Ministero invita i parchi a non distribuire risorse finanziarie degli Enti parco a quei comuni che non hanno applicato correttamente quanto previsto dalla legge 353. Come dire senza catasto niente finanziamento alla festa del patrono, se non si applicano i vincoli della legge non si da un euro ai comuni inadempienti.
Qualche inutile festa in meno per salvare una foresta in più ci sembra uno scambio equo. Premiare gli amministratori virtuosi è una tale banalità che per la Calabria può diventare una novità rivoluzionaria, e per questo i parchi, che sono anche un contributo alla modernizzazione della nostra Regione, devono farlo con decisione.
Sul fronte incendi chi più di altri si deve impegnare è la Regione Calabria. E’ il soggetto istituzionale più importante in questa battaglia. La legge 353 prevede che le regioni si dotino di un Piano antincendio boschivo, da aggiornare periodicamente, che contenga le misure per mitigare e prevenire i rischi e organizzare la lotta attiva agli incendi boschivi. La nostra Calabria ha diligentemente redatto il suo Piano, un documento sulla cui efficacia prima di noi è stata la cronaca di queste settimane ad esprime un giudizio. C’è tanto da fare e molto da ripensare in uno strumento vissuto come un vuoto esercizio burocratico, che non incentiva i soggetti e le comunità virtuose e non sanziona adeguatamente le inefficienze. Un documento inadeguato perché incapace a leggere la realtà delle cose e che non fornisce indicazioni sufficienti a prevenire e mitigare il rischio. Ci chiediamo, ad esempio, con quale logica vengono dislocati gli operai addetti all’antincendio, sempre pochi e mal equipaggiati, se territori importanti sono scoperti e preda continua degli incendi. Tutti sanno, compreso chi appicca il fuoco, che alle otto di sera le sale operative chiudono e che nelle stesse ore si concentrano i fuochi. E’ possibile una diversa gestione dell’emergenza, ed è pretendere troppo che in attesa della liquidazione dell’Afor, sacrosanta e speriamo rapida, gli altri soggetti istituzionali vengano inchiodati alle loro responsabilità? Oppure dobbiamo aspettare che si concludano le primarie per capire qualcosa del futuro dei nostri boschi?

Antonio Nicoletti
responsabile nazionale Legambiente


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