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“Calabria Ora ” – Martedì 6 giugno 2006 - pag. 14

 

RICADI, IL PORTO NON SI FARA’

Il sindaco dà ragione agli ambientalisti: «Un progetto inutile e dannoso»

VIBO VALENTIA – «Appena la vidi seppi che quella terra, dalla quale si scorgevano magiche isole, era la mia seconda terra, e qui son venuto a vivere. Sto su un promontorio alto sul mare, è un panorama stupendo. E quando il giorno, dalla punta del mio promontorio, guardo gli scogli e le spiaggette cento metri sotto il mare limpidissimo che si fa subito blu profondo, so di trovarmi in uno dei luoghi più belli della terra». Giuseppe Berto raccontava così Capo Vaticano, una delle poche oasi naturalistiche che ancora sopravvivono alle selvagge colate di cemento che dal 1960 a oggi hanno quasi completamente distrutto il suggestivo litorale, granitico e frastagliato, di Ricadi. Si racconta che siano state le vesti turchesi della bella donna Canfora, caduta in mare per sfuggire ai pirati, a tingere d’azzurro le acque di quella striscia di mare.
Sono luoghi ricchi di fascino e di leggenda, aggrediti da sempre, però, dalla violenta mano dell’uomo. Assieme a Capo Vaticano vi è un altro luogo quasi incontaminato che ha resistito al vilipendio. E’ la grotta dell’Eremita, un tratto di costa impervio, che si affaccia sull’acqua e penetra nella terra attraverso una gola profonda.
Quasi al confine con il territorio della vicina Joppolo, è lì che la precedente amministrazione comunale aveva deciso di costruire quel porto turistico che avrebbe cancellato sotto migliaia di metri cubi di calcestruzzo un’altra delle oasi di Ricadi. I signori del cemento lo definirono «un piccolo approdo», e per loro la Grotta dell’Eremita era solo la Grotta dell’Aspide, da distruggere assieme ai serpenti che vi dimorano. Il progetto rientrava in un Accordo di programma quadro tra la Regione e il Comune di Ricadi. Tutto ebbe inizio nel 2003. Da subito la comunità ricadese si divise: da un lato molti imprenditori turistici che con i loro villaggi avevano già assediato ogni tratto del litorale e che intravedevano nell’infrastruttura una nuova occasione per incrementare i propri affari, dall’altra gli ambientalisti decisi a preservare tutto ciò che dopo lo scempio urbanistico durato quasi mezzo secolo era rimasto di Ricadi. Iniziò una lunga battaglia, condotta principalmente dal responsabile regionale del Wwf Pino Paolillo e dal gruppo di Legambiente capitanato da Franco Saragò attraverso manifestazioni, campagne informative e di stampa. Una battaglia che solo l’altro ieri, in occasione della consegna del Premio Berto, ha trovato il suo epilogo. «La nostra amministrazione – ha affermato a margine il rieletto sindaco di Ricadi Domenico Laria – non ha alcuna intenzione di realizzare l’approdo turistico, un progetto che riteniamo inutile e dannoso».
Una dichiarazione che segna la vittoria degli ambientalisti che hanno condotto la battaglia per salvaguardare la Grotta dell’Eremita e che al contempo dimostra l’inversione di rotta di un gruppo di amministratori che da sempre ha sostenuto l’idea della creazione del porto turistico nell’area che ricade nella frazione Santa Maria di Ricadi.
Si volta pagina? Chissà. Ad un segnale che dimostrerebbe la volontà di mantenere vivo ciò che del litorale ricadese non è ancora andato distrutto, replica Legambiente con l’amara consegna delle due bandiere nere di Legambiente allo stesso sindaco Laria. A poche centinaia di metri dalla Grotta dell’Eremita, infatti, c’è un’altra oasi, la Baia di Riaci, vilipesa da un ecomostro già costruito a circa trenta metri dalla battigia, “Le Capannelle”. Chi ha consentito che fosse costruito?

Pietro Comito

 

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