LEGAMBIENTE RICADI

Via Monumento, 4 - 89865 Santa Domenica (VV)

Tel. 0963/669908 * Fax 0963/669908 - 1782715780 * e-mail: legambientericadi@libero.it

HOME PAGE
CHI SIAMO
ADERISCI
LEGAMBIENTE IN CALABRIA
SCRIVICI
LINKS AMBIENTALISTI
SEGNALA UN SITO
SITI SEGNALATI
..........
GALLERIA FOTOGRAFICA
..........
SERVIZIO METEO
Piccola Grande Italia
   
 
PENSARE GLOBALMENTE E AGIRE LOCALMENTE
 
Pace
 
Goletta Verde
 
 
 
 
 
 
 
 
 
LE NOTIZIE
 
“Il Quotidiano della Calabria” – Sabato 4 giugno 2005 - pag. 16

 

Dossier di Legambiente in base ai dati di magistratura, servizi, Dia e Commissione antimafia

Gli interessi dei boss dell’ecomafia

Nel Vibonese la situazione si fa critica, ma lo Stato sembra reagire

 

L’ECOMAFIA nel Vibonese esiste, è forte e rischia di causare evidenti danni a un patrimonio naturalistico ambientale tra i più preziosi in Italia. Il quadro delineato dal dossier “Ecomafia 2005” di Legambiente, reso pubblico nei giorni scorsi, non ammette equivoci di sorta. Cemento selvaggio, appalti, gestione dei rifiuti, inquinamento: tutto sotto la lente d’ingrandimento dell’associazione ambientalista. «Basti ricordare – si legge nel rapporto redatto da Legambiente – che il Corpo forestale dello Stato, nel Vibonese, nel corso del 2004, ha scoperto ben 426 illeciti ambientali e denunciato 151 persone».
Vengono a proposito citati alcuni esempi: «Il 13 febbraio 2004 a Filandari i carabinieri hanno denunciato il titolare di una ditta di costruzioni edili con l’accusa di furto e gestione non autorizzata di rifiuti speciali. Il 13 maggio è Filogaso – si legge ancora – il centro dell’attenzione: lì il Cfs ha sequestrato una discarica di 5mila metri quadri che era utilizzata per abbandonare le notevolissime quantità di conglomerati bituminosi provenienti dai lavori di ammodernamento dell’autostrada Salerno–Reggio Calabria. Il 2 agosto tre imprenditori, soci di una società addetta allo smaltimento dei rifiuti nella provincia sono stati denunciati dai carabinieri per violazioni in materia ambientale e scarico d’acque reflue. All’inizio del 2005, il 5 gennaio, invece in seguito ad alcuni accertamenti compiuti dall’Arpa Calabria su alcuni fusti trovati nei pressi della zona industriale di Vibo Valentia e sulle acque del torrente Trainiti risultate inquinate, sono state individuate due discariche. La prima conteneva rifiuti speciali, mentre nell’altra c’erano venti fusti da duecento litri d’oli minerali».
Legambiente rammenta poi come in località Rosco di Vazzano, lo scorso 11 febbraio, il Cfs abbia sequestrato «la discarica che serviva allo smaltimento dei rifiuti urbani provenienti dai comuni di Vazzano, Pizzoni e Vallelonga. La gestione del sito – si ricorda sempre nel dossier – non garantiva più le condizioni di sicurezza con rischio d’inquinamento del suolo, delle falde acquifere e dell’aria. Il 28 febbraio, un nuovo sequestro, ancora ad opera del Cfs, è avvenuto a Francica, alla vecchia discarica comunale, dismessa e bonificata. Aveva subito un processo di degrado soprattutto da quando il Comune non ha più assicurato il servizio di raccolta dei rifiuti ingombranti».
Contemplata anche la vicenda relativa alla Ecocall: «E’ del Noe di Reggio Calabria un’altra importante e complessa operazione. Il 7 agosto scorso i carabinieri hanno infatti sequestrato un impianto di compostaggio dei rifiuti in contrada Stagliati, nel comune di Vazzano, l’Ecocall. Controllando l’area di 46mila metri quadrati, gli uomini del Noe si sono accorti che c’erano delle irregolarità nella produzione dei composti. Nel corso dello stesso intervento il Noe ha sequestrato anche due autoarticolati con rimorchio che provenivano dalla Campania: trasportavano rifiuti solidi urbani non selezionati e una miscela d’ammendanti che se utilizzati, anziché migliorare il terreno sotto l’aspetto nutritivo, avrebbe potuto provocare effetti nocivi. Un’operazione da un milione d’euro. L’impianto di Vazzano –ricorda Legambiente – è stato più volte al centro di attenzioni da parte della criminalità del Vibonese. In passato aveva subito due incendi dolosi, mentre il 3 ottobre scorso un commando ha preso d’assalto l’azienda a colpi di fucile ferendo due dei venti operai che lavorano all’interno dell’impianto».
I danni dell’ecomafia, sul territorio, si registrano però soprattutto lungo il litorale. «Sono a rischio le coste calabresi – si legge ancora nel dossier – aggredite dal cemento e da chi, gli operatori turistici, dovrebbero fare di tutto per conservarle. Ciò accade in primo luogo nel Vibonese, una delle zone di maggiore pregio della regione. Erano dentro i villaggi turistici di Capo Vaticano, infatti – prosegue il rapporto – le cinque costruzioni abusive (per un valore pari a un milione di euro) sequestrate nel febbraio 2004, grazie alle segnalazioni giunte al numero verde di emergenza ambientale 1515. Il corpo forestale dello Stato, nel corso dell’operazione, ha anche denunciato nove persone. E si trovavano dentro un’area a vincolo paesaggistico ambientale, anche queste al servizio di villaggi turistici, i 20 immobili (il valore è di cinque miliardi di vecchie lire) sequestrati nel maggio successivo lungo la Costa degli dei, ancora a Capo Vaticano. L’operazione anche questa volta del Corpo forestale dello Stato, ha coinvolto 25 persone, imprenditori e liberi professionisti».
In base agli atti acquisiti dalla magistratura, dal Ministero dell’Interno, dei servizi segreti, della Direzione investigativa antimafia e delle commissioni d’inchiesta sulla mafia e sui rifiuti. Legambiente sostiene che il clan principale presente nel Vibonese, per quanto concerne l’ecomafia del cemento, è quello dei Vallelunga, i cosiddetti “Viperari delle Serre”. Gli stessi Vallelunga manterrebbero una cospicua influenza nell’ambito della “gestione” degli appalti pubblici, dove però resta dominante la posizione del clan Mancuso di Limbadi, che estende i suoi interessi anche fuori dalla Calabria, unitamente ai Mammoliti, ai Piromalli, ai Molè e alle altre potenti cosche della’ndrangheta calabrese.
Particolarmente interessante l’elaborazione dei dati in ordine ai lavori sulla Salerno-Reggio Calabria. «La più grande autostrada del Sud è nelle mani dei boss – prosegue il dossier di Legambiente – La stanno costruendo loro, con materiali scadenti, con le loro aziende consociate, con le pietre delle loro cave. Lo dicono i magistrati, la Commissione antimafia, lo raccontano le indagini della Direzione distrettuale antimafia, lo denunciano le relazioni dei servizi segreti. La più grande arteria del Meridione è diventato un puzzle. Ogni pezzo della Salerno-Reggio Calabria, ogni metro quadrato d’asfalto, appartiene ad una famiglia malavitosa: la camorra padroneggia nel tratto campano, la ‘ndrangheta in terra calabrese. Le cosche attraverso un reticolo di subappalti ed attraverso il nolo a freddo, riescono ad eludere i controlli dell’Antimafia. Una conferma arriva da un dossier della Fillea-Cgil, dipartimento sindacale che ha elaborato i dati dell’Anas. Lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria c’è una richiesta di autorizzazione a subappaltare lavori, mediamente, ogni 472 metri di lavori appaltati. La tangente è sempre del 3%, tranne dalle parti di Lamezia Terme e di Vibo Valentia, dove si sale fino al 10 per cento. Il corpo del reato più lungo d’Italia, lungo circa 443 chilometri. Un ammodernamento che doveva costare 3.500 milioni di euro, secondo l’Anas nel 1999. Cifra che anno dopo anno si è gonfiata fino ad arrivare a circa 7.300 milioni di euro, secondo le commissioni Ambiente e Lavori pubblici della Camera dei deputati».
Due i dati essenziali, infine, che emergono nel dossier. Il primo: l’ecomafia nel Vibonese è forte. Il secondo: lo Stato ha dimostrato di saper reagire.

Pietro Comito

Il Quotidiano della Calabria - www.ilquotidianodellacalabria.it

 

legambientericadi@libero.it

 

Contatore visite

Sito ottimizzato per Microsoft Internet Explorer - Risoluzione consigliata 800 X 600 pixel
Copyright © 2004 - 2006 - Legambiente Ricadi