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“Nuova
Cosenza” – Venerdì 2
luglio 2004 |
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Corte
dei Conti: “Preoccupa l’inquinamento del Tirreno”
Alte percentuali di inquinamento organico, derivanti da residui
e scarichi fognari
non depurati e carenze informative
sui possibili rischi per la balneazione; assenza di attività di
repressione amministrativa delle cause di inquinamento; insufficienza
complessiva della politica del Commissario per l'emergenza ambientale
e, infine, utilizzo non condivisibile di procedure d'urgenza
e deroga in materia di appalti e gare comunitarie in uno con
la mancanza dei collaudi. E' un quadro a tinte fosche quello
che emerge dai principali punti di criticità indicati
nella seconda relazione della sezione regionale di controllo
della Corte dei Conti sull'inquinamento delle coste e la gestione
degli impianti di depurazione nei comuni costieri della fascia
tirrenica compresa tra le province di Vibo Valentia, Catanzaro
e Cosenza presentata stamane a Catanzaro. Alla seduta, aperta
dal presidente della sezione, Gian Giorgio Paleologo (relatore
Quirino Lorelli), hanno preso parte, tra gli altri, il presidente
della Giunta regionale, Giuseppe Chiaravalloti; l'assessore alla
Presidenza, Raffaele Mirigliani; l'assessore all'Ambiente, Domenico
Antonio Basile, sindaci dei comuni interessati e rappresentanti
delle forze dell'ordine. Il presidente Paleologo ha subito fatto
riferimento ad alcune anticipazioni apparse sulla stampa prendendo
le distanze dai loro contenuti e chiarendo che la relazione, «della
quale - ha detto - esiste solo uno schema non definitivo», è stata
oggetto di «un dibattito improprio. E' la prima volta -
ha aggiunto - che si è verificata un'interferenza di organi
del tutto estranei». Al testo della relazione, che ha monitorato
il livello di efficienza della spesa pubblica rispetto al fenomeno
dell'inquinamento marino attraverso il coinvolgimento non sempre
proficuo di Comuni, Province e Asl, sono state allegate, perchè giunte
fuori dai tempi previsti, le controdeduzioni di Arpacal e Ufficio
del Commissario per l'emergenza. Dal primo gennaio del 2002 al
15 aprile scorso ai solleciti della sezione della Corte hanno
fatto seguito 80 risposte nel 2002, 76 nel 2003 e 41 nel 2004. «Un
obiettivo giudizio sulla situazione complessiva delle amministrazioni
coinvolte, utilizzando il solo parametro dei risultati di gestione
raffrontato al volume delle risorse messe a disposizione ed utilizzate
dal commissario e dagli enti territoriali - è scritto
nella relazione - non può che essere negativo e porre
problemi di utilità delle politiche pubbliche in materia
ambientale, almeno per come sinora sono state programmate, perseguite
ed attuate». Per la Corte «è certo che manca
ogni lungimiranza perchè il mare non è stato considerato
sinora una risorsa, ma una discarica che tutti possono utilizzare
pur di risparmiare soldi pubblici e privati». Nel mirino
dei magistrati contabili ci sono gli scarichi delle attività produttive,
ma anche le abitazioni, spesso seconde case. «Da stigmatizzare
- rileva la relazione - è l'atteggiamento circa la gestione
dei depuratori e dei collettori sui quali sono stati investiti
diversi milioni di euro con risultati non positivi». Attualmente
per la provincia di Cosenza, su 24 interventi programmati ed
avviati - elenca la relazione - ne risultano da ultimare nove
che hanno comunque avuto inizio nel 2002. Gli altri, oggetto
di rilievo nella precedente relazione, risultano invece realizzati
al 100%. Per la provincia di Vibo Valentia su 17 interventi programmati
e avviati, nove sono stati realizzati, mentre la percentuale
di realizzazione dei restanti otto risulta bassa essendo stati
avviati solo nel 2003. In provincia di Catanzaro un solo intervento è in
fase di realizzazione. Per la Corte, comunque, «spesso,
a fronte di spese considerevoli, i risultati in termini di miglioramento
della balneabilità e della qualità delle acque
di balneazione sono insufficienti». A preoccupare è,
anche, la scarsa consapevolezza delle amministrazioni controllate
al punto che alcune di esse «nonostante siano trascorsi
ben tre anni dall'avvio dell'indagine, non hanno nemmeno ritenuto
di svolgere una verifica delle abitazioni allacciate alle pubbliche
fognature». In particolare, i giudici contabili segnalano «il
comportamento omissivo dell'Asl di Vibo, la quale ha riversato
ogni sorta di competenza e di funzione sulle spalle dell'Arpacal,
disconoscendo che comunque sussiste un ineludibile proprio compito
di tutela della salute pubblica». L'attenzione della Corte
si è appuntata, inoltre, «sull'affidamento diretto
dei lavori, in deroga alle norme nazionali e comunitarie a tutela
della concorrenza e della trasparenza, motivando ciò con
il sussistere di ragioni di urgenza». In proposito, la
sezione di controllo parla di utilizzo «discutibile» e «non
rispondente al vero» e invoca una «necessaria valutazione
complessiva della deroga alle norme Ue. La Corte, nello specifico,
si riserva di inviare una segnalazione alla Commissione europea».
Altra questione messa in evidenza dalla relazione «riguarda
l'approvazione di varianti in corso d'opera con lievitazione
di costi finali e dei pagamenti». Per la Corte «è ben
nota la prassi patologica, comune a diverse amministrazioni,
di variare in corso d'opera progetti non adeguatamente predisposti».
Per quanto riguarda l'effettuazione dei collaudi, dalla relazione
emerge che «meno del 10% delle opere realizzate, anche
se completate da oltre due o tre anni, sono munite di regolare
collaudo e non è nemmeno noto se (pochissimi) collaudi
avvenuti siano stati svolti da soggetti indipendenti».