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“La
Nazione” – Mercoledì 2
luglio 2003 |
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Ecco le bandiere nere
Roma, 2
luglio 2003 - C'è chi si è reso responsabile
dell'inquinamento delle falde idriche e dell'avvelenamento del
mare. Chi si è distinto per la realizzazione di progetti
faraonici e inutili come il Ponte sullo Stretto di Messina. O
chi, con piani urbanistici folli, ha intenzione di trasformare
le zone più belle del Paese, in veri e propri cantieri
a cielo aperto.
Sono
23, il doppio dell'anno scorso, i “pirati del mare” individuati
da Legambiente, che per la diciottesima volta assegna - come
ogni anno - le assai poco ambite «bandiere nere» a
chi si è distinto in negativo per gli attacchi agli ambienti
marini e costieri. E proprio oggi è salpata «Goletta
verde 2003», la campagna itinerante di analisi e informazione
sulla qualità delle acque di balneazione destinata a monitorare
8mila chilometri di coste.
Le bandiere
nere di quest'anno vanno a new entry e “soliti
noti”. C'è chi, come Salvatore Cuffaro, governatore
della Sicilia, potrebbe diventarne il testimonial (è dalla
prima edizione che ne riceve una). Ma anche Misiti e Galan, rispettivamente
assessore ai Lavori pubblici della Regione Calabria e governatore
del Veneto – “bacchettati” rispettivamente
per il piano della portualità turistica e per il progetto
Palalvo - non sono da meno: sono addirittura due quelle che Misiti
si aggiudica quest'anno.
Record
eguagliato quest'anno dalla Regione Abruzzo. «Le
bandiere nere ai pirati della costa quest'anno - spiega Ermete
Realacci, presidente di Legambiente - sono state assegnate quasi
esclusivamente ad amministrazioni pubbliche, sia che si parli
di governo centrale che di enti locali. Dal ministro Pietro Lunardi,
pervicace sostenitore dell'opera pubblica ad alto impatto ambientale
e a basso tasso d'autorizzazioni, all'amministrazione comunale
di Porto Cesareo, cui si deve l'impareggiabile trovata amministrativa
del mare considerato “maglia urbana regolarmente edificata”,
passando per l'infaticabile Misiti.
A conti fatti,
la formula dell'estate 2003 sembrerebbe essere più disattenzione e meno controlli». Nel
mirino di Legambiente, finiscono così in tanti, dalla Regione
Veneto alla Regione Abruzzo, dalle amministrazioni comunali di
Muggia, Pulsano, Lesina a quelle di Policoro, Ricadi, Castellammare
del Golfo. E ancora l'Enel, l'Eni, Eurallumina e i sindaci di
Civitavecchia, Sabaudia, Bari e Catania. In definitiva, denuncia
Legambiente, quella in corso potrebbe essere l'estate degli ecofurbi,
di quanti cioè approfitteranno del clima di disattenzione
e di impunità che sembra stia caratterizzando l'operato
di molte amministrazioni nel nostro Paese.
Un
esempio? «L'incredibile decisione del ministro della
Salute, Girolamo Sirchia, che per la prima volta dal 1989, anno
in cui è stato pubblicato il primo Rapporto sulle acque
di balneazione, ha consentito l'avvio di una stagione balneare
senza uno straccio d'informazione ai bagnanti sulla qualità dei
nostri mari». Se il ministero della Salute tace, quello
dell'Ambiente continua invece a registrare, grazie all'attività delle
Regioni, dati impressionanti sulla quantità di metalli
pesanti nei sedimenti costieri: cadmio, arsenico, piombo, mercurio
e altre sostanze persistenti, che si accumulano fino ai livelli
più elevati della catena trofica.
E in un mare
dimenticato, aumentano anche i reati ambientali. Continua a
crescere indisturbato,
ad esempio, il fenomeno dell'abusivismo
edilizio che nel 2002 torna a sfondare il «muro» delle
30mila costruzioni abusive, precisamente 30.821 con un incremento
del 9% rispetto alle 28.276 del 2001, mettendo così la
parola fine alla breve ma significativa stagione della lotta
al cemento selvaggio nel nostro Paese. Il ritorno del «mattone
selvaggio» ha alimentato una produzione di cemento illegale
equivalente a 4.204.380 metri quadrati per un valore immobiliare
di 2.102 milioni di euro.
Cresce
di 400mila metri quadrati, equivalenti a oltre 40 campi di
calcio,
la
superficie complessiva del nuovo abusivismo rispetto
al 2001. E aumenta di ben 317 milioni di euro il business dell'edilizia
illegale. Nella sola Sicilia, a dimostrazione dell'effetto perverso
dell'annunciato condono, sono stati operati 260 sequestri, pari
al 33,7% del totale nazionale, il 180% in più rispetto
al 2001.