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“Il
Quotidiano della Calabria” – Mercoledì 1
dicembre 2004 |
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I porti turistici in Calabria
Economia o danno?
Nel 1943 L.
Lacquaniti, insigne geografo di Palmi, scriveva che un sistema
di porti locali collegati al retroterra agricolo
ed alla pesca ed inseriti nel contesto ambientale potevano
rappresentare un’occasione di crescita ed un miglioramento
vero delle vie di comunicazione. La storia è andata
diversamente, la Calabria ha avuto l’autostrada, la superstrada
e la ferrovia elettrificata sul versante tirrenico, mentre
su quello jonico ha ancora strade e ferrovie del primo novecento
o quasi. Il sistema portuale non è decollato come auspicava
Lacquaniti, anche se sono stati realizzati alcuni porti mercantili,
uno su tutti quello di Gioia Tauro, che hanno una reale funzione
economica, mentre i piccoli porti sia sul Tirreno che sullo
Jonio sono sottoutilizzati ed hanno fatto la loro parte nell’aumento
dell’erosione delle spiagge tirreniche e joniche. Sulla
costa tirrenica, devastata negli ultimi quaranta anni da una
forte erosione che ha colpito due terzi di tutto il litorale
tirrenico, si affacciano richieste di nuovi porticcioli turistici,
appoggiate sia da politici locali, che dalla Regione Calabria.
Nessuno studio di impatto ambientale viene corredato ai progetti
di questi porti e così, con la sola speranza che qualche
turista porti la sua barca d’estate, si pensa di costruire
grandi quantità di opere cementizie che si vanno ad
aggiungere a quelle che sono state poste sulle spiagge negli
ultimi decenni e che hanno causato l’aumento esponenziale
dei processi erosivi. Ne vale la pena? Questa è la domanda
che come ambientalisti poniamo alla classe politica regionale
e locale.
Vale cioè la pena di costruire nuovi moli, che sicuramente
aumenteranno la forza d’urto delle mareggiate sul litorale,
perché amplificano la cosiddetta onda rifratta che si
somma all’onda normale, ed impediscono la deposizione della
sabbia da parte delle correnti, in un’area che è stata
già devastata, a causa della dissennatezza con cui l’uomo
ha trattato il mare?
Non dimentichiamo, tra l’altro, che spesso queste opere
vengono inserite in zone che la stessa Regione Calabria nel piano
di assetto idrogeologico, cioè la legge vigente, definisce “pericolose
per i manufatti e per l’incolumità delle persone”.
E non dimentichiamo neppure che nei fondali proprio vicino alle
aree dove si progettano questi porti vi sono banchi di posidonia
oceanica, ove prolifera il pesce, e che attualmente rallentano
la forza d’urto delle onde contro la costa.
Coi porti e con l’aumento dell’erosione che si induce,
si attacca direttamente la posidonia, mettendo in crisi le risorse
del pesce e si diminuisce così la protezione di questa
erba marina verso la costa. Inoltre si riduce la qualità del
paesaggio, specie dove vi sono scogliere e isole lungo la costa.
Tutto questo per avere un flusso turistico teorico da fuori regione
di barche d’estate o per avere la barchetta per quindici
giorni all’anno? Al momento attuale non ci sono assolutamente
i presupposti economici, la richiesta di posti barca tale da
giustificare i progetti che si vuole mettere in cantiere.
Qual è il rapporto costi-benefici che si delinea? I costi
ambientali sono sicuri, i vantaggi economici per tutti sono assai
incerti, mentre sono reali i vantaggi per le imprese che realizzano
le opere e gli eventuali sponsor politici (cioè vantaggi
per pochi).
Dunque si tratta di una scelta ragionevole? O si ha la capacità di
fare un ragionamento complessivo sulla costa, sui problemi che
essa ha e su quali sono le aree dove non si creano danni pesanti
e dove è possibile ragionevolmente concentrare un certo
flusso turistico oppure il proliferare di porticcioli è l’ennesima
opera inutile che porterà altre illusioni per la nostra
terra. Tra l’altro si spinge l’acceleratore su un
tasto molto delicato.
Molti sono i paesi a rischio sull’Asse Tirrenico e molte
sono già le iniziative di arretramento dell’urbanizzazione
verso l’interno, a causa dell’erosione delle spiagge.
Proporre quindi nuovi porti senza nessuna valutazione d’impatto
ambientale, nessun ragionamento complessivo sullo stato della
costa e senza neppure valutazioni economiche ponderate mi sembra
una strada assai dubbia.
L’esperienza dei porti turistici già presenti nella
regione, sia sul Tirreno che sullo Jonio dovrebbe avere insegnato
che al di là di pochi pescherecci e qualche barca in più d’estate
non c’è stata nessuna economia indotta.
Allora, come Wwf crediamo che sia giusto tenere intatto il capitale
ambientale che la regione possiede, che è il bene del
presente e del futuro. I porti, come diceva Lacquaniti, vanno
bene se inseriti nel contesto locale generale. Altrimenti è meglio
non farli.
Fabio Menin