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“Calabria
Ora ” – Mercoledì 1 novembre 2006 -
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Dissesto
idrogeologico, la prevenzione qui non esiste
La
denuncia di Legambiente che ieri ha presentato i risultati dell’indagine
“Ecosistema Rischio”
Uno scenario
poco rassicurante è emerso dai dati raccolti da Legambiente,
presentati ieri, al palazzo della Provincia, da Simone Andreotti,
portavoce nazionale di “Operazioni Fiumi”, e Antonio
Morabito, presidente di Legambiente Calabria.
L’indagine denominata “Ecosistema Rischio”,
ha concentrato la sua attività di monitoraggio su 409
comuni calabresi a rischio frane e alluvioni, per verificare
la prevenzione dei pericoli a cui sono sottoposti territorio
e cittadini. Scarso è il voto dato alla provincia vibonese.
Per niente sufficiente quello per l’intera regione. Così,
davanti all’assessore provinciale Matteo Malerba e al
neo assessore comunale Silvestro Scalamandrè, a quattro
mesi dall’alluvione, è stato esposto il quadro
della situazione.
«Oggi presentiamo dei dati calabresi veramente sconfortanti:
una realtà per niente edificante – ha sostenuto
Simone Andreotti. Tra i comuni della Calabria classificati a
rischio, l’83% ha abitazioni in aree a rischio idrogeologico;
soltanto un Comune su dieci ha iniziato ad intraprendere la
decolonizzazione di strutture presenti in zone a rischio e nel
46% dei casi non si svolge una manutenzione ordinaria di fiumi,
torrenti e fiumare. Solo il 66% dei Comuni ha un piano d’emergenza
e appena il 32% lo ha aggiornato negli ultimi due anni. Pochissimi
gli esempi positivi. Si sente la forte eredità del passato,
ma non sembra esserci stato un reale cambio di rotta. La Calabria
non può aspettare la prossima catastrofe annunciata».
Anche in questa classifica, la regione si conquista gli ultimi
posti. «Ma in questo non c’è nessuna notizia
– ha rincarato il responsabile Legambiente Antonio Morabito
– è fondamentale un’inversione di tendenza,
ponendo fine ad ogni tipo di abusivismo».
L’appuntamento per una nuova verifica è stato fissato
per il prossimo anno. Nel frattempo, non resta che dare ascolto
al consiglio di Silvestro Scalamandrè: «I cambiamenti
in materia ambientale devono venire dalla società civile,
cosicché la politica e le amministrazioni siano portate
a soddisfare queste richieste».
Antonio
Callà