A
fronte di un territorio così marcatamente fragile
soltanto un comune su dieci ha iniziato ad intraprendere
la delocalizzazione di strutture presenti in zone a rischio
e nel 46% non si svolge una manutenzione ordinaria dei
fiumi, dei torrenti, delle fiumare e delle opere di difesa
idraulica. Carente la situazione anche per quanto riguarda
le attività di protezione civile a livello comunale
per rispondere all'emergenza in corso. Solo il 66% dei
comuni si è dotato di un piano d'emergenza e appena
il 32% lo ha aggiornato negli ultimi due anni. Complessivamente
solo il 14% dei comuni svolge un positivo lavoro di mitigazione
del rischio idrogeologico e due comuni su tre addirittura
non fanno praticamente nulla per la prevenzione dalle
frane e dalle alluvioni.
Questi sono solo alcuni dati di "Ecosistema Rischio
2006", l'indagine inedita di Legambiente e Dipartimento
della Protezione Civile presentati oggi a Vibo Valentia
durante la conferenza stampa organizzata nel corso della
tappa calabrese di "Operazione Fiumi 2006".
Alla conferenza stampa sono intervenuti Simone Andreotti,
portavoce nazionale di "Operazione Fiumi" e
Antonio Morabito, presidente di Legambiente Calabria.
Con "Ecosistema rischio" Legambiente ha concentrato
l'attività di monitoraggio proprio sui 409 comuni
calabresi classificati a rischio da Ministero dell'Ambiente
e UPI nel 2003, per verificare cosa facciano realmente
le amministrazioni per prevenire il pericolo a cui sono
esposti territorio e cittadini.
«In una regione martoriata da alluvioni e frane
come la Calabria - spiega Simone Andreotti portavoce della
campagna - è incredibile quanto ritardo abbiano
accumulato i comuni nella prevenzione e nell'organizzazione
locale di protezione civile. I piani d'emergenza che permettono
alla popolazione di sapere cosa fare e dove andare in
caso di pericolo e di organizzare soccorsi tempestivi,
sono pochi e troppo spesso datati». «Gli abbattimenti
e le delocalizzazioni delle strutture a rischio - ha detto
ancora Andreotti - sono al palo mentre continuano a crescere
strutture abusive sin dentro le fiumare. Una situazione
evidentemente pesante su cui a dieci anni dall'alluvione
dell'Esaro a Crotone non vediamo segnali significativi
di recupero».
Con voti così bassi assegnati in Calabria, le scarne
sufficienze di poche amministrazioni non permettono di
evidenziare buone pratiche territoriali da porre ad esempio
per i troppi comuni ancora in ritardo. Maglie nere in
Calabria ai comuni di Spezzano Albanese (Cosenza), Cosenza
e Mammola (Reggio Calabria) che, pur avendo interi quartieri
in zone a rischio, non hanno messo in campo praticamente
nessuna azione nella mitigazione del rischio idrogeologico.
Tra gli altri capoluoghi Reggio Calabria e Catanzaro,
che lo scorso anno erano risultati sotto la sufficienza
con rispettivamente un voto in pagella di 1,5 e 5 e mezzo,
non hanno risposto all'indagine, mentre Crotone e Vibo
Valentia ottengono un magro scarso.
Legambiente, che già a luglio era in prima linea
a Vibo Marina per portare i soccorsi alla popolazione
colpita dall'alluvione, con Operazione Fiumi rilancia
il suo impegno per la realizzazione di una seria politica
di risanamento di un territorio che risulta ogni anno
più fragile, per non dover mai più assistere
a frane o inondazioni annunciate.
«Nella nostra regione la pesante eredità
di un passato fatto di abusivismo e urbanizzazione sconsiderata
delle aree a rischio non è ancora stata superata
- spiega Antonio Morabito, presidente di Legambiente Calabria
- questo rende ogni anno la situazione più preoccupante,
per cui ad ogni temporale ci si può attendere una
tragedia. Esiste da anni in Regione un piano di previsione
e prevenzione, speriamo che finalmente sia adottato per
passare velocemente ad un sistema di vincoli urbanistici
e di opere concrete ed efficaci di messa in sicurezza
idraulica e dei versanti, per non dover mai più
assistere a tragedie annunciate. Proprio la ricostruzione
a Vibo Marina è il banco di prova per realizzare
interventi tempestivi che rendano questi luoghi più
sicuri. Una scommessa che Regione, Provincia e Comune
- conclude Morabito - non possono permettersi di ritardare
e di perdere».
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