Pio XI, il regime fascista e le Aquile Randagie.

di Coyote Infaticabile & Tigre Gioiosa [1]

 

         Lo scioglimento di tutti i gruppi scout nel 1928, ad opera del regime fascista, segna allo stesso tempo l'inizio della storia delle Aquile Randagie e il punto conclusivo di una serie di interventi sullo scautismo dell'allora Papa Achille Ratti.

Nel discorso tenuto a Roma nell’Aula delle Benedizioni il 10 Giugno 1923, davanti ad oltre 2000 giovani esploratori romani, Papa Pio XI afferma:

“Se qualche cosa noi intendiamo di questo vostro scautismo che è stato un po’ anche il nostro, sono due le caratteristiche del buono e del bravo esploratore e in esse tutte le altre che potrebbero anche lungamente enumerarsi si adunano: la prudenza e il coraggio […]”.

E’ evidente l’allusione del Pontefice ad uno scautismo “suo”, che quindi in anni passati gli è appartenuto. Tra tutti gli interessi e le passioni che Achille Ratti coltivò prima e durante il suo pontificato è infatti assai nota quella per l’alpinismo e per la montagna in generale.

Ed è probabilmente per questi motivi - uno scautismo al quale molto probabilmente aderì e una grande passione per le escursioni montane - che il pontificato di Pio XI si distinse per un grandissima sensibilità e attenzione verso  il movimento dei giovani esploratori.

Se da una parte il Papa si impegnò, come vedremo, per dare allo scautismo una eco mondiale e una solida base cattolica e quasi teologica, dall’altra dovette fare i conti con l’intransigenza del regime fascista che gradualmente pose fine al movimento stesso. Il rapporto del Pontefice con lo scautismo va necessariamente analizzato sotto questa duplice luce.

Pio XI si impegnò da subito per dare una definizione precisa allo scautismo. Fino ad allora il Vaticano aveva guardato agli esploratori con una certa diffidenza e non aveva dato loro una importanza rilevante nel contesto dei movimenti cattolici giovanili.

Sotto questo aspetto, il Papa riuscì a compiere quella che potremmo definire una vera e propria rivoluzione.

Nel discorso tenuto a Roma il 23 Aprile 1922 il Pontefice pronuncia la famosa definizione del concetto di esploratore:

“Siate quelli che il vostro nome vi dice, siatelo nella vita privata, nella vita della famiglia, nella vita del paese […]. Che cosa significa “Esploratore”? Esso è un nome di organizzazione e suppone qualche altra cosa che annunzia e precede […]. Così voi supponete tutto un esercito che viene dietro di voi. Voi siete gli esploratori che gli preparate la via e gli altri marceranno sicuri sui vostri passi. La vostra qualità significa che voi dovete essere primi fra i primi, primi di tutti. […] primi nella professione della fede cristiana, primi nella santità, primi nella dignità, primi nella purità, primi in tutte le manifestazioni della vita cristiana […]”

Questo discorso è destinato a rimanere ancora oggi come una colonna dello scautismo per una serie di motivi. Prima di allora nessuno fu in grado di definire quale doveva essere la “missione” dell’esploratore, quale il suo ruolo all’interno della società, quale il suo significato più profondo.

Ma più interessanti riflessioni su questo tema si hanno successivamente, quando il Papa nel corso dei suoi discorsi di fronte agli scout, che furono per altro numerosissimi, ebbe modo di delineare in modo ancora più preciso il ruolo dell’esploratore cattolico, forte delle sue virtù.

Leggiamo infatti dal discorso del 10 Giugno 1923:

“Che cosa debba essere l’esploratore cattolico continuamente vi si dice. Ve lo dice la vostra divisa, ve lo dice la vostra bella e onorata bandiera. Esploratori cattolici, cioè esploratori che portino in questo servizio dell’esplorazione, in questo scoutismo le caratteristiche, le belle e sublimi caratteristiche della professione e della vita cattolica […]. Siate dunque esploratori cattolici. Ma non è soltanto quello che noi vogliamo dire. Noi vogliamo aggiungere ancora, e questo è il ricordo, siate cattolici esploratori. Portate cioè nella professione e nella vita cattolica le caratteristiche della vostra divisa […].”

Sempre all’interno di questo discorso il Pontefice individua le virtù scout che devono guidare i giovani in questa missione: la prudenza, la vigilanza, il coraggio.

E ancora, a Roma il 6 settembre 1925 il Papa afferma:

“Esploratori: non ogni giovinezza basta per essere tali. E per quanto siano numerose le energie giovanili tuttavia non tutti sono giovani esploratori. Vi sono molti che professano abitudini più comode, più tranquille, meno pesanti. Per un esploratore ci vuole una costante disposizione alla forza ed al coraggio, alla calma ed alla riflessione. E per un esploratore cattolico ci vuole anche un sentimento profondo di Dio, della sua divina presenza che armonizza le meraviglie della natura, e ne indica il punto squisito, il segreto, l’insegnamento più prezioso.”

Altri riferimenti quindi alle virtù come il coraggio e al concetto, importantissimo e innovativo, dello scout cattolico immerso nella natura come espressione della grandezza di Dio e lui stesso come colui che diffonde la parola e l’amore di Dio.

Nelle parole del Papa sullo scautismo la natura assume sempre un ruolo fondamentale come ciò che avvolge tutto quello che ci circonda in un’atmosfera divina e ci innalza a Dio.

Come detto precedentemente, Pio XI dovette suo malgrado mediare tra ASCI e regime fascista.

Nei primi anni subito dopo la presa del potere da parte di Mussolini, nessuno pose limiti o divieti alle attività dei giovani esploratori. E’ infatti vero che gli anni tra il 1922 e il 1925 vengono ricordati come anni di splendore per lo sviluppo e la crescita del movimento scout. I Riparti[2] aumentano in modo considerevole, la dottrina degli esploratori fa breccia nel cuore e nella mente di molti, gli iscritti crescono in maniera esponenziale di anno in anno.

Nel frattempo le violenze degli squadristi colpiscono violentemente tutte quelle istituzioni o persone che ideologicamente vanno a scontrarsi con il regime.

I movimenti cattolici, attorno al 1922-23, erano ritenuti come organi di diffusione di una cultura e di un insegnamento che, pur non essendoci stato alcun provvedimento ufficiale da parte del governo, andavano a contrapporsi alla dottrina e all’insegnamento fascista.

E’ proprio per questo che chi cerca di incoraggiare lo scautismo viene colpito.

L’esempio più eclatante è quello di Don Minzoni: nel Luglio del 1923, dopo aver subito una serie di minacce fisiche da parte degli squadristi, per aver insistito testardamente nel diffondere lo scautismo tra i giovani, venne brutalmente assassinato.

Nonostante questo ed altri episodi, questi anni continuano ad essere considerati come i più fortunati per lo scautismo italiano, ed è possibile motivare questa considerazione.

Il fascismo infatti, a livello ufficiale e di governo, non aveva mai o almeno per il momento promulgato alcuna legge che “chiudesse la bocca” agli scouts, ma non era allo stesso tempo in grado di controllare e di tenere a bada le sue camicie nere: esse spesso agivano senza ricevere ordini da nessuno, da sole, senza alcun riconoscimento da parte del Duce.

Ecco quindi la dualità del regime sullo scoutismo fino al 1925: nessun provvedimento ufficiale ma di fatto violenze di ogni tipo.

Quando, nell'aprile del 1926, viene promulgata la “Legge sui Balilla”[3], le cose cambiano radicalmente. Con questa legge lo stato ha una sua organizzazione giovanile, tesa a formare i ragazzi secondo i dogmi del fascismo.

Appare chiara la sua contrapposizione allo scautismo[4], che infatti reagisce preoccupato a questa iniziativa.

Con i Regi Decreti Legge 9 gennaio 1927, n. 5 e n. 6 - che diedero piena attuazione all'istituzione dell'ONB - si arrivò ad un primo scioglimento (sia pur parziale) dello scautismo motivato dal pretesto che, in centri piccoli (inferiori ai 20.000 abitanti, non capoluoghi di provincia), non potevano esserci ragazzi sufficienti per alimentare più di una Associazione giovanile e che dunque la presenza dell'ONB rendeva inutili gli Scout. Ai superstiti reparti dell'ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani) il citato Decreto legge n. 5 imponeva di apporre alle proprie insegne uno scudetto con il segno del Littorio (che da pochi giorni - a sensi del Regio Decreto 12 dicembre 1926 - era diventato emblema dello Stato) e le iniziali ONB[5]. Inoltre per fondare nuovi reparti sarebbe stato necessario il preventivo accordo degli organi direttivi dell'Opera Balilla.

Già nel dibattito alla Camera, alcuni deputati cattolici videro nella costituzione della ONB la fine prossima del movimento. In realtà, in un primo momento, il governo puntò sulla convivenza reciproca delle due formazioni giovanili che fu ben presto annullata dai fatti. Continue violenze nei confronti dei reparti scout, frequentissimi scontri tra balilla ed esploratori segnarono gli anni 1926-27, fino a quando, in un susseguirsi di eventi, si giunse allo scioglimento totale del 1928[6].

E tuttavia,  disciolte le associazioni scout, lo scautismo in Italia non morì: infatti diversi gruppi di giovani proseguirono - sotto varie forme e con varie tendenze - le attività scout, sia pure in clandestinità.

Significativa fu l'esperienza di una ventina di scout provenienti da vari reparti milanesi (II, VI, XI e XXVI) che, per il loro vagabondare da un luogo all'altro della periferia di Milano, si chiamarono con il nome di Aquile Randagie: essa "rappresentò l'origine di un esame di coscienza, di un ripensamento profondo di valori ideali e lato sensu politici che lo scautismo sottintende, e quindi di una precisa scelta antifascista"[7]. I ragazzi partivano dalle loro case con i vestiti di ogni giorno e raggiunto, senza troppo dare nell'occhio, il luogo prescelto per le Uscite tra i monti (la mitica Val Codera) o tra i boschi ("che a noi sembrano le foreste del Far West", come ricordava Andrea Ghetti detto Baden[8]: i prati di Monluè, Vigentino, Forlanini, la brughiera delle Groane, Limbiate, Canonica Lambro, gli oratori della Brianza), sbucavano meravigliosamente in perfetta uniforme, sfuggendo così all'attenta vigilanza dello spionaggio fascista.

Pio XI potè fare ben poco per evitare lo scioglimento totale e, a parere di chi scrive, è stato spesso troppo in fretta giudicato e criticato come colui che nulla fece per evitare il disastro del 1928.

Come ben sappiamo la situazione politica era molto particolare: Mussolini era una persona con la quale “era meglio andare d’accordo” e proprio per questo motivo il Papa fu costretto a un sacrificio:

“E’ per impedire una male maggiore che […] in qualche momento abbiamo trattato, allorché si decideva la sorte dei nostri cari esploratori cattolici: abbiamo fatto dei sacrifici per impedire mali maggiori, ma abbiamo documentato tutto il cordoglio che sentivamo per essere costretti a tanto.”

Così disse Pio XI a Mondragone il 14 maggio 1929. Per impedire un male maggiore quindi il Papa chinò il capo di fronte allo scioglimento degli scout.

Il Vaticano si preparava al Concordato[9] e ciò che gli premeva di più era avere la garanzia della tutela dei diritti dei cattolici, una sorta di diritto della Chiesa che Mussolini non sembrava voler garantire più di tanto.

Pio XI forse sopravvalutò eccessivamente questo problema e volle fortemente e caparbiamente questo accordo con il fascismo. Il prezzo da pagare fu lo scioglimento di tutti i gruppi scout nazionali.

Ma il Papa non mancò mai di esprimere il suo profondo cordoglio per questo fatto[10]. E’ più che lecito supporre, alla luce di quello che è stato scritto precedentemente su alcuni discorsi di Pio XI, che l’uomo Achille Ratti (prima che il Pontefice) ebbe molto a soffrire dentro di sé per non aver potuto evitare la fine del movimento.

Sarebbe errato affermare, come diretta conseguenza di ciò, che il Papa sottovalutò l’importanza educativa e cattolica dello scautismo poiché questo andrebbe a negare clamorosamente tutto quello che venne detto e scritto fino al 1927.

Anche ciò che avvenne negli anni successivi lascia intendere l’amore del Pontefice verso lo scautismo come un qualche cosa di mai sedato.

Nel 1933 infatti incontrò Lord Baden Powell in Vaticano e il fondatore dello scoutismo rimase profondamente colpito dalle sue parole:

“…sua Santità [mi] disse che Egli approvava in pieno il movimento, che considerava lo scoutismo e il guidismo come un’opera magnifica e che stimava che esso, estendendo i suoi benefici a tutti i membri senza distinzione di classe, di razza o di religione, era una grande famiglia che praticava l’ideale dell’unità e congedandoci ci augurò un successo completo […]. Rimasi particolarmente commosso quando, uscendo da questa meravigliosa udienza con il Santo Padre, mi prese la mano e me la strinse, dando così prova della sua simpatia per il nostro lavoro”.

Molte furono le domande di Pio XI sulla situazione dello scautismo in tutto il mondo, quanti fossero gli iscritti e quale età avessero.

Baden Powell, dopo questo incontro, considerò il Pontefice come “facente parte della resistenza contro quei poteri e quelle forme di governo” che erano allora così tanto pericolose. Questa definizione di “Papa partigiano per lo scautismo” costituisce, sulla carta, una contraddizione rispetto a quella che fu la sua condotta.

Ma sulla carta, appunto.

La frase di Lord Baden Powell è il suggello definitivo, la conferma, della “dualità” di Papa Pio XI: esteriormente dovette sottostare ai compromessi con il fascismo e pagare il prezzo dello scioglimento del movimento, interiormente non smise mai di sentirsi lui stesso uno scout, fedele ai quei valori e ai quelle virtù che condivise per tutta la vita.

(marzo 2oo3)

Bibliografia:

G. MORELLO – F. PIERI (a cura di), “Documenti Pontifici sullo scautismo”, Editrice Ancora Milano, 1991 

M. SICA, “Storia dello scautismo in Italia”, Nuova Fiordaliso, 1996

C. VERGA - V. CAGNONI, "Le Aquile Randagie. Scautismo clandestino lombardo nel periodo '29 -'45", Nuova Fiordaliso, 2002

 

[1] Il presente testo è rielaborazione dell'articolo "L’insegnamento di Pio XI sul significato dello scautismo durante il primo periodo fascista [1922-1928]", a firma del primo e con note del secondo, pubblicato sul n. 145/2002 de "i Quaderni della Brianza", pp. 161 ss)

[2] All'inizio dello Scoutismo il concetto di Reparto veniva espresso con la "i" per distanziarsi linguisticamente da ogni possibile confusione col mondo militare, creando una sua originalità anche nel termine.

[3] Approvata dalla Camera il 6 febbraio 1926 (219 voti a favore e 9 contrari) e dal Senato il 16 marzo 1926 (111 voti favorevoli e 37 contrari), l'istituzione dell'Opera Nazionale Balilla per l'assistenza e l'educazione fisica e morale della gioventù (ONB) fu prevista, dopo la firma del Re, dalla legge 3 aprile 1926, n. 2247. La nuova organizzazione si estendeva ai fanciulli dagli 8 ai 14 anni (Balilla) e ai giovani dai 14 ai 18 (avanguardisti) di ambo i sessi, con il compito precipuo di curarne l'addestramento e la preparazione alla vita militare.

[4] Con i Regi Decreti Legge 9 gennaio 1927, n. 5 e n. 6 - che diedero piena attuazione all'istituzione dell'ONB - si arrivò ad un primo scioglimento (sia pur parziale) dello scautismo motivato dal pretesto che, in centri piccoli (inferiori ai 20.000 abitanti, non capoluoghi di provincia), non potevano esserci ragazzi sufficienti per alimentare più di una Associazione giovanile e che dunque la presenza dell'ONB rendeva inutili gli Scout. Ai superstiti reparti dell'ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani) il citato Decreto legge n. 5 imponeva di apporre alle proprie insegne uno scudetto con il segno del Littorio (che da pochi giorni - a sensi del Regio Decreto 12 dicembre 1926 - era diventato emblema dello Stato) e le iniziali ONB. Inoltre per fondare nuovi reparti sarebbe stato necessario il preventivo accordo degli organi direttivi dell'Opera Balilla. Tra i Riparti di Milano una insegna (cd. Fiamma) rimase priva delle iniziali dell' ONB: quella del Milano II. Questo gesto, ponderato ed immediato, segna "l'inizio della Resistenza Scout al fascismo", così come alcuni scout - affrontando imperterriti il 20 maggio 1928, nonostante l'avvenuto scioglimento totale, l'uscita domenicale ai Corni di Canzo - scrissero come didascalia di una foto che documentò l'evento.

[5] Tra i Riparti di Milano una insegna (cd. Fiamma) rimase priva delle iniziali dell' ONB: quella del Milano II. Questo gesto, ponderato ed immediato, segna "l'inizio della Resistenza Scout al fascismo", così come alcuni scout - affrontando imperterriti il 20 maggio 1928, nonostante l'avvenuto scioglimento totale, l'uscita domenicale ai Corni di Canzo - scrissero come didascalia di una foto che documentò l'evento.

[6] Nonostante il Papa, con un discorso del 25 marzo 1928, avesse denunciato "un piano tendente ad un vero monopolio dell'educazione giovanile, non soltanto fisica ma anche morale e spirituale", il 30 marzo 1928 il Consiglio dei Ministri (dopo aver rilevato "la gravità del discorso del Papa tenuto la domenica scorsa alla giunta diocesana") modificò la legge ONB (abrogando gli artt. 2-4 del R.D.L.  9 gennaio 1927, n. 5 che sancivano i rapporti tra l'ASCI e l'ONB): con il Regio Decreto n. 696, firmato dal Ministro degli Interni e Capo del Governo Mussolini, ratificato dal Re il 9 aprile 1928, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 13 aprile ed entrato immediatamente in vigore, si dichiarava soppressa "qualsiasi formazione od organizzazione, anche provvisoria, che si proponga di promuovere l'istituzione, l'avviamento a professione, arte o mestiere o, in qualunque altro modo, l'educazione fisica, morale o spirituale dei giovani, eccettuate le formazioni e le organizzazioni facenti capo all'Opera Nazionale Balilla" e, dunque, ogni forma di scautismo. La sede centrale dell'ASCI, dopo aver ricevuto autorizzazione dalla superiore autorità ecclesiastica, il 22 aprile 1928 inviava a tutte le sedi provinciali la circolare di scioglimento. Due giorni dopo - festa di S. Giorgio (patrono degli Esploratori) - in Arcivescovado, tra le lacrime e alla presenza del cardinal Tosi, vennero deposte simbolicamente le Fiamme dei Riparti milanesi, a testimonianza che essi si sciolsero di fronte alla Chiesa e non allo stato. Lo stesso giorno, nella cripta della chiesa del S. Sepolcro, sulla Fiamma del Milano II (l'unica che non era stata deposta) venne pronunciata la Promessa Scout di un nuovo Lupetto di dieci anni. Il Consiglio Generale dell'ASCI, riunito in assemblea straordinaria il 6 maggio 1928, deliberò all'unanimità "di conformarsi alla volontà della legge dichiarando disciolta l'Associazione, nella serena consapevolezza che tutti i dirigenti hanno lavorato nel campo della formazione giovanile col solo scopo di preparare una giovinezza forte e sana di corpo e di mente, educandola al pieno compimento di ogni suo dovere, e di aver perseverato nel loro compito finché è stato loro permesso e perciò oggi, come sempre, ubbidiscono, pregando il Signore che il loro sacrificio ribondi al bene della gioventù e della Patria".

[7] Così SICA nel suo Storia dello scautismo in Italia”,

[8] cfr. G. BASADONNA, "Sempre pornto! Un profilo di don Andrea Ghetti", Ed. Ancora, 1994

[9] L'educazione della gioventù, e in particolare quella che Mussolini definirà - a scioglimento dello scautismo avvenuto e ribadendo l'impostazione totalitaria dell'educazione fascista -  alla Camera come "la questione dei boy scouts cattolici" (cfr. Atti Parlamentari, Camera, Discussioni, XXVII Legislatura, tornata del 13 maggio 1929, pp. 131 ss) venivano infatti ricondotte nel quadro generale del negoziato tra governo italiano e Santa Sede che portò, l'11 febbraio 1929, alla stipulazione dei cd. Patti Lateranensi. Ed è proprio per le trattative nel frattempo intercorse con la Santa Sede (dove il problema dell'educazione dei giovani era materia di discussione) che la legge 3 aprile 1926, n. 2247 non fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro i due mesi previsti, ma venne attuata - come visto - solo a distanza di 9 mesi dal R.D.L. 9 gennaio 1927 n. 6.

[10] Con una lettera al suo Segretario di Stato cardinal Pietro Gasparri datata 24 gennaio 1927, il Pontefice dichiarava innanzitutto di voler declinare ogni responsabilità nell'emanazione delle norme sull'Opera dei Balilla: "Noi non potevamo permettere che i Cattolici in genere, ma specialmente i Cattolici d'Italia, e più specialmente ancora i Nostri cari e prediletti giovani, e nominativamente i Giovani Esploratori Cattolici Italiani avessero anche solo un'apparenza di ragione e un pretesto qualsiasi di crederci o anche solo pensarci corresponsabili di così fatti ordinamenti". Affinchè lo scioglimento dei reparti dei piccoli centri avvenisse in ottemperanza (non del decreto dello stato ma) del comando della Chiesa, li dichiarava egli stesso disciolti: "abbiamo considerato che anch'essi i giovani, come già il santo re Davide (2 reg. 24,14) dicano al Signore: «Se dobbiamo morire, sia per mano vostra, o Signore, piuttosto che per mano degli uomini»; e che, come ubbidendo alla voce del Vicario di Cristo benedicente si adunavano, così alla stessa voce ubbidendo e colla stessa benedizione preferiscano disciogliersi […]. Sa e vede il buon Dio quanta pena costi al Nostro cuore paterno una tale disposizione. Quanto ai Riparti di Giovani Esploratori Cattolici Italiani che la nuova legge non assoggetta a scioglimento, siamo venuti nella deliberazione di lasciar loro ogni libertà di valersi della legge, allo scopo dichiarandoli, come fin d'ora li dichiariamo, pienamente autonomi […]". In occasione dello scioglimento totale il Papa fece pervenire una lettera in cui scrive, tra l'altro, che "il lavoro di questi anni non è andato certamente perduto, perché gli Esploratori cattolici […] conserveranno certo anche in avvenire […] questi nobili sentimenti".