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Statte: L'Acquedotto del
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Ammarcord L'Acquedotto del Triglio era per noi soprattutto la "fontana vecchia"; era la risorsa insostituibile in caso di carestia di acqua, specie nel periodo bellico, ma era anche la nostra risorsa di "acqua fresca". Quando, d'Estate non era possibile, neppure reperire un po' di ghiaccio e quando il piatto era ormai "a tavola", i ragazzi venivano mandati di corsa col vummil alla fontana vecchia a prendere l'acqua fresca, dal momento che quella che sgorgava dalle altre fontane era a temperatura vicino all'ebollizione. Quando faceva molto caldo si andava nella zona del Triglio a fare il bagno nella "conca del toro", nel bacino dell'acquedotto; l'acqua era molto fredda ma anche discretamente profonda per chi non sapeva nuotare, ma..tant'è! Il caldo faceva diventare audaci. Noi stattesi eravamo orgogliosi del nostro acquedotto con gli archi "romani"; Chi avesse interesse a saperne di più su questa splendida opera di ingegneria idraulica il cui tratto più importante e cioè quello dalle sorgenti fino a Statte è certamente di origine romana, può dare un'occhiata alle successive schede; agli altri basta sapere che l'acqua di questo acquedotto è pura batteriologicamente e da inquinanti chimici all'origine del percorso, però dalle sorgenti fino a Statte per un tratto viene affiancato dalle acque del depuratore di Crispiano, e le analisi hanno evidenziato un inquinamento di tipo fecale. (Amici di Crispiano, meditate: un vostro sindaco in un recente passato aveva dichiarato a rappresentanti Stattesi che l'acqua all'uscita del vostro depuratore era talmente pura da potersi bere). Sono state evidenziate altre fonte di inquinamento ancora più gravi specie da piombo e da mercurio i cui valori aumentano enormemente nel percorso da Statte a Taranto tanto da raggiungere valori molto al di sopra di quelli consentiti dalla legge. (Amici amministratori di Statte, meditate: fate controllare sul territorio di nostra giurisdizione tutto ciò che può produrre inquinamento mettendo a repentaglio la salute dei cittadini. Per il contributo in vite umane che paga la nostra comunità abbiamo il sacrosanto diritto di usufruire dei fondi regionali, nazionali e comunitari per il controllo e risanamento ambientale). La descrizione iniziale va completata con l'articolo in fondo pagina, in cui si riportano i risultati degli ultimi accurati studi del prof. Conte che ribaltano in buona parte le ipotesi precedenti sull'acquedotto, fermo restando il fatto che è ormai certo che tale acquedotto è attribuibile ad età romana |
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Fontana "vecchia" |
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Le fonti: I dati che riguardano l'acquedotto del Triglio sono desunti da due articoli apparsi sulla rivista civica Polis: uno (n° 4/98) a firma dello scomparso Egidio Baffi (dalla Voce del Popolo del 9 aprile 1960), e l'altro (n°12/98) a firma di Giuseppe Mauro (gruppo Speleo Statte) da cui è desunto quasi interamente la scheda a fianco. L'epoca di costruzione dell'acquedotto del Triglio non è del tutto certa; da valutazioni archeologiche e storiche si ritiene che il primo tratto che va dalle sorgenti fino a Statte sia di epoca romana, valutando le tecniche idrauliche e di scavo delle gallerie. Se, infatti, fosse stato progettato già inizialmente per i bisogni di Taranto non ci sarebbe stato bisogno di scavare la galleria sotto il monte Termiti, bensì costeggiare la valle della gravina fino a Murimaggio per poi dirigersi verso Taranto. E si ritiene costruito per "uso privato", al servizio delle ville e dei templi dell'epoca, nell'anno 123 A.C. al tempo dei Gracchi, allorquando giunse a Taranto la colonia Neptunia, o Maritima. L'acqua infine divenne di uso pubblico dopo la caduta della potenza romana, e fu introdotta a Taranto (circa 545 D.C.) sotto Totila re dei Goti .(Mentre secondo altri fu introdotta da Niceforo Foca Imperatore D'Oriente nel 950 d.c.) Gli archi attuali sono però un rifacimento di quelli originali; l'ultima ricostruzione si deve ad un progetto dell'ingegnere tarantino Marco Orlando alla fine dell'800. |
Piccola scheda |
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Lo stato attuale dell'acquedotto |
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Ultimi aggiornamenti sull'acquedotto del Triglio alla luce del libro del professor Conte e dei rilievi del Gruppo Speolo di Statte (Omissis). E' noto che Taranto ha goduto di due diversi acquedotti, che portavano in città il prezioso bene primario da due luoghi tra loro opposti per dislocazione: da Statte e da Saturo. Ma e altrettanto noto che solo il primo dei due ha rappresentato una costante, nel corso della storia cittadina, dal momento che l'acquedotto di Saturo del quale sono visibili segni (purtroppo mal conservati) lungo corso Italia, dopo la distruzione operata dai saraceni nella loro devastante occupazione, fu abbandonato. Il primo, e cioè l'Acquedotto del Triglio, inoltre, è un monumento per larghi tratti ancora visibile, uno dei pochi monumenti che si possono considerare ben conservati in una città il cui patrimonio è quasi tutto sotterrato (o risotterrato, dopo l'individuazione) o al più indirettamente testimoniato nei reperti conservati nel Museo archeologico nazionale. Sull'acquedotto che ha accompagnato la storia di Taranto si sono applicati, nel corso dei secoli, studiosi, archeologi, ricercatori, con acquisizioni e ipotesi sempre nuove, spesso stimolanti. E' il caso, questo, dell'ultimo lavoro di Angelo Conte: "L'acquedotto romano del Triglio da Statte a Taranto. Antica via dell'acqua in Puglia", fresco di stampa per i tipi delle Edizioni Pugliesi, che già nel titolo pone chiaro un primo assioma: l'acquedotto è un'opera di età romana. (Omissis)"L'acquedotto del Triglio non fu costruito per l'abitato di Taranto, come si è sempre creduto, che non poteva mai raggiungere per la particolare conformazione orografica del territorio, ma per un molo esterno al porto, tornato alla luce nel 1900 in occasione dello sbancamento dello Scoglio del Tonno per la costruzione della nuova stazione ferroviaria e del porto mercantile". Una ricostruzione, quella compiuta da Conte, che deriva da un attento studio della letteratura al riguardo, delle carte d'archivio, della documentazione fotografica del Gruppo Speleo e dalla morfologia del territorio. Proprio i rilievi effettuati dagli speleologi di Statte nel corso di molti anni, ammette Conte, gli sono serviti a delineare: "le fasi costruttive dell'acquedotto, le tecniche adottate nello scavo, le modalità di funzionamento dell'opera idrica, ma soprattutto, mediante esami comparativi con altri acquedotti romani gli hanno consentito di poter datare questa opera ad epoca romana e più specificamente in un periodo compreso fra la fine del I secolo a.C. e il primo secolo D.C.", contraddicendo ciò che per secoli si è creduto, che cioè si trattasse di un'opera più antica, ma anche le ipotesi di chi, a seguito di rilievi sulla fondamenta, aveva anche ipotizzato un suo impianto precedente. "Dei due acquedotti, chiarisce Conte, a portare l'acqua in città per usi potabili era quello di Saturo, sia per la maggiore vicinanza sia perché poteva raggiungere l'abitato agevolmente da un terreno ortograficamente poco movimentato. Al contrario, è difficile credere che i Romani siano andati a cercare l'acqua nelle gravine di Triglio e, pur di farla giungere nell'abitato, abbiano dovuto perforare un monte, superare un largo tratto di mare, attraversare l'alta acropoli e scavalcare un profondo fossato. Non ne sarebbe valsa la pena. E' più logico pensare che questo acquedotto sia stato costruito per portare acqua ad uno scalo navale posto sul Mar Grande, verosimilmente nell'attuale vecchio porto mercantile. L'autore propone l'ipotesi ricostruttiva del percorso originario, ed è questa la parte più affascinante del libro, che si possono seguire nella cartina, ma sono nel dettaglio richiamate; facendo riferimento ai rilevamenti e alle fonti storiche. La ricostruzione storica di Conte avanza poi nei secoli, ricordando l'intervento radicale voluto da Carlo V nel 1543, per giungere poi, al 1884 quando l'Amministrazione comunale decise di ripristinare tutto il condotto, per far giungere l'acqua alla base navale, all'Arsenale e al Borgo. Fino all'ultimo utilizzo: nell'agosto del 1943, quando i bombardamenti alleati distrussero i condotti al rione Tamburi. Come si vede: c'è molta storia cha passa attraverso quell'acquedotto del quale oggi sappiamo un po' di più.
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