Cenni storici ed artistici sul Navello |
A un centinaio di metri dall'estremità orientale del lungo viale dei
cipressi sorge un'elegante chiesetta che spicca, con la sua sagoma snella,
sul vasto abitato colonico che la circonda: è l'oratorio di S. Andrea al
Navello (detto anche Lavello). Una lapide, murata nell'interno della
facciata, dà in sintesi la storia di questa bella cappella, pavimentata in
marmo, che conserva una ricca e completa decorazione, purtroppo
pericolante, degna della più attenta considerazione: |
(Traduzione della lapide) << A Dio Ottimo Massimo,
all'Immacolata Concezione della B.V. Maria e ai Dodici Apostoli. Andrea
Ciocca, patrizio milanese, curò l'erezione di questo oratorio dedicato a
S. Andrea e la fondazione del beneficio sacerdotale dotandolo di beni
della cascina Duno, con l'onere di una Messa quotidiana, riservando per sè
e per i posteri il diritto di patronato, com'è attestato da pubblici
istrumenti depositati presso la Curia Arcivescovile di Milano. Desiderando
tramandare alla posterità un ricordo delle disposizioni suddette, ordinò
che fosse murata questa lapide nell'anno 1607 >>.
|
Le notizie relative all'origine di questa chiesetta si desumono
dall'istrumento di fondazione della cappellania annessa, rogato il 13
settembre 1599 dal notaio Giovanni Tomaso Buzzi (Butius) della Curia
Arcivescovile di Milano. Giovanni Andrea Ciocca, figlio di Giovanni
Battista, abitante in via Pasquirolo a Milano, << spinto dalla pietà
e devozione verso l'apostolo Andrea >>, aveva costruito <<
qualche tempo prima, in loco appellato: luogo del Lavello >>, un
oratorio dedicato al suo Santo Patrono, e in quell'anno (1599) << lo
eresse in cappellania, dotandolo di congrui redditi e riservandosi il
diritto di patronato per avere una Messa in suffragio dell'anima sua, dei
suoi predecessori e successori, e per facilitare l'adempimento del
precetto festivo ai molti abitanti della Cascina Lavello e della campagna
vicina, che, per la lontananza dalla chiesa parrocchiale e la poca
praticabilità della strada specialmente nella stagione invernale, assai
sovente non possono partecipare alla santa Messa >>.
| |
Il Ciocca ed i suoi successori s'impegnavano a versare al cappellano
la somma annua di lire imperiali 200, corrispondendogliela in quattro
trimestri, si riservavano, per diritto di patronato, << la scelta,
la nomina, la presentazione del titolare alla cappellania >>, che
riceveva l'investitura dall'Arcivescovo di Milano. A questa somma Andrea
Ciocca aggiunge altre 200 lire imperiali annue, da assegnarsi alla sua
morte, stanziate con testamento del 7 ottobre 1598, disponendo che,
qualora il beneficio a favore del cappellano raggiungesse la somma di lire
imperiali 400 all'anno, trecento fossero date al cappellano per il suo
sostentamento e le altre cento venissero spese per la cera e la
suppellettile della chiesa, per la distribuzione del pane ai poveri e la
celebrazione di tre uffici funebri con l'intervento di dieci sacerdoti da
dirsi nei tre giorni seguenti le Rogazioni. |
L'aumento del beneficio della cappellania avvenne il 14 maggio 1627,
come risulta dalla pubblicazione del testamento fatta da Giovanni Pietro
Giussani, notaio in Milano. Il Cappellano era obbligato << a
celebrare personalmente, nell'oratorio di S. Andrea, una Messa in tutti i
giorni di precetto e in altri tre giorni feriali la settimana >>,
sotto pena di rimozione qualora, non legittimamente impedito,<< non
avesse celebrato per un mese continuo >>; si concedeva al medesimo
la facoltà di dire la Messa <<gratis et absque ulla mercede>>,
presso il convento delle monache di Lambrugo nei giorni feriali in cui era
tenuto a celebrarla al Navello, se le stesse religiose, per l'assenza del
loro cappellano, avessero ottenuta l'autorizzazione del superiore
diocesano. |
In virtù del diritto di patronato, Andrea Ciocca elesse il primo
titolare del beneficio e della cappellania del Navello nella persona
<<del reverendo Signore Giacomo Galbiati, chierico della diocesi di
Milano>>, che aveva ricevuto i primi quattro ordini minori. Poichè
nella Visita Pastorale del 1582 non si fa parola di S. Andrea al Navello,
si può dedurre che la cappella fu costruita dopo il 1582 e prima del 1598,
anno in cui Andrea Ciocca fece disposizioni testamentarie in favore del
beneficio annesso all'oratorio. La chiesetta e la sua decorazione. |
La facciata, terminante a timpano con tre ampie finestre, possiede due
nicchie a conchiglia, aperte ai lati dell'unica porta d'ingresso, dove
trovano posto due rozze statue in arenaria rovinate dalle intemperie e
rappresentanti l'apostolo Pietro, a sinistra, e S. Paolo a destra.
L'interno costituito da una sola navata con presbiterio, in stridente
contrasto con la rustica decadenza esteriore, è fiorito di affreschi, di
tele e di stucchi, ed offre la visione meravigliosa del bello che rende
attuale l'augurio scritto dal Visitatore Arcivescovile, mons. Giulio
Cesare Visconti, il 12 dicembre 1612: << Volesse il Signore Iddio
che tutte le chiese fossero sì ornate ed abbellite! >>. Gli stucchi
della navata hanno una funzione decorativa, svolta su un motivo geometrico
(linea retta unita alla curva) sempre identico ed elegante nella sua
semplicità; gli spazi liberi fra una formella e l'altra sono occupati da
rosoni, e, nel centro, la formella maggiore, si ricollega alle altre
mediante quattro angeli in posizione obliqua che conferisce loro
leggerezza ed agilità. Nella volta dell'abside, accanto al solito motivo
geometrico, trovano posto ampie e vistose volute, putti poco graziati,
teste d'angeli dalla bocca spalancata e dalla chioma non sempre composta,
che rivelano un gusto barocco o, per certo, meno elegante e raffinato
degli stucchi della navata, che ha un'intonazione cinquecentesca. In
questa gli affreschi rappresentano episodi della vita di Gesù, divisi in
tre gruppi di sei e quattro formelle separati tra loro da due fasci di
stucchi, entro cui sono semplici disegni a motivo ornamentale. |
Gli episodi affrescati verso la facciata riguardano l'infanzia di
Gesù: il sogno di S. Giuseppe; la Sacra Famiglia nel deserto; la strage
degli Innocenti; la presentazione di Gesù al Tempio; Gesù fra i dottori e
il suo battesimo. Nella parte confinante col presbiterio troviamo
affreschi riguardanti la Passione di Cristo: l'orazione nell'orto; il
bacio di Giuda; la fiagellazione; l'incoronazione di spine; la Veronica e
la crocifissione. Nella parte centrale si hanno, in quattro formelle,
episodi della vita gloriosa di Gesù; la risurrezione; l'apparizione del
Signore a Maria sua Madre; l'ascensione e la Pentecoste. Nel centro del
soffitto, in una formella ottagonale, è raffigurata la Vergine Maria
incoronata dal suo Divin Figlio. L'autore di questi affreschi è ignoto;
possiamo tuttavia affermare che il modo di accostare le tinte, la tecnica
minuta, quasi miniaturistica, la poca fusione dei colori, rivelano l'opera
di un solo pittore. |
La volta del soffitto è chiusa da una cornice,
suddivisa in formelle, nelle quali sono narrati alcuni prodigi operati
dalla Vergine, illustrati da una breve iscrizione; questi affreschi nella
loro fattura manifestano la stessa mano che stese i dipinti precedenti. Le
pareti laterali erano completamente coperte da dodici grandi tele, cinque
delle quali furono asportate qualche anno fa dal marchese Uberto Crivelli
per essere restaurate, ma andarono distrutte nei bombardamenti aerei su
Milano dell'agosto 1943; le sette che rimangono sono raccolte in cornici
di stucco, geometricamente divise da quattro lesene affrescate con figure
di Santi (Rocco, Sebastiano, Ambrogio, Carlo, Caterina, Agata, Agnese), e
rappresentano gli Apostoli, contraddistinti da simboli: chiavi, croce,
squadra, sega, libro, ecc. |
Le pareti del presbiterio sono occupate da due grandi affreschi
raffiguranti una bella nascita di Gesù, che illumina
tutta la scena col bagliore che irraggia dalla sua cuna, e l'adorazione
dei Magi, di fattura assai meno pregevole del primo. La parte interna
della facciata conserva quattro tele molto rovinate, sulle quali però è
ancora possibile scorgere le figure dei quattro Evangelisti.
L'attribuzione della paternità dei due affreschi soprannominati non è
concorde da parte dei critici: alcuni pensano a Camillo Procaccini (1551
c. - 1629), artista d'ispirazione eclettica non privo di pregi
disegnativi, compositivi e coloristici, che lasciò pitture notevoli nelle
chiese di S. Angelo e S. Marco in Milano. Amico di Pellegrino Pellegrini
(1527-1596) che con ogni probabilità lavorò all'erezione del Santuario di
S. Maria alla Noce, il nostro Procaccini accompagnò il celebre architetto
nei suoi frequenti viaggi attraverso l'archidiocesi ambrosiana; non è
quindi improbabile che Camillo abbia incontrato Andrea Ciocca, il quale
gli commissionò l'esecuzione degli affreschi. Altri vedono in queste
pitture le caratteristiche del Morazzone (1571-1626), l'eccellente
manierista lombardo che consacrò il suo nome negli affreschi delle
Cappelle del Sacro Monte di Varallo e di Varese; ma sembra difficile
riscontrare nelle nostre pitture il carattere e la tecnica di questo
grande artista. |