Cenni storici ed artistici sul Navello




Le informazioni pubblicate sono tratte dal libro "Storia di Inverigo" scritto da Eugenio Cazzani nel 1958, il quale nella prefazione così scrive:
<<... l'allora parroco Don Mariani volle concretare il desiderio di quanti s'interessano al piccolo borgo (n.d.r. si fa riferimento ad Inverigo) con l'affidarmi il compito di narrarne la storia>>.
I motivi di un tempo sono gli stessi che oggi ci hanno spinto a chiedere la salvaguardia di quest'opera unica, inoltre già allora l'autore nel descrivere il Navello si auspicava l'intervento della propietà << ... facciamo voti che il marchese Uberto Crivelli sappia ridonare a questo oratorio un aspetto decoroso, degno del patrimonio artistico in esso raccolto che lo fa uno dei più caratteristici ed ammirati della Brianza>>.

A distanza di cinquant'anni il problema non è più il narrare la storia ma il salvare la storia!



Origini dell'oratorio.

veduta della località Navello agli inizi degli anni '80
A un centinaio di metri dall'estremità orientale del lungo viale dei cipressi sorge un'elegante chiesetta che spicca, con la sua sagoma snella, sul vasto abitato colonico che la circonda: è l'oratorio di S. Andrea al Navello (detto anche Lavello). Una lapide, murata nell'interno della facciata, dà in sintesi la storia di questa bella cappella, pavimentata in marmo, che conserva una ricca e completa decorazione, purtroppo pericolante, degna della più attenta considerazione:
(Traduzione della lapide) << A Dio Ottimo Massimo, all'Immacolata Concezione della B.V. Maria e ai Dodici Apostoli. Andrea Ciocca, patrizio milanese, curò l'erezione di questo oratorio dedicato a S. Andrea e la fondazione del beneficio sacerdotale dotandolo di beni della cascina Duno, con l'onere di una Messa quotidiana, riservando per sè e per i posteri il diritto di patronato, com'è attestato da pubblici istrumenti depositati presso la Curia Arcivescovile di Milano. Desiderando tramandare alla posterità un ricordo delle disposizioni suddette, ordinò che fosse murata questa lapide nell'anno 1607 >>.
Le notizie relative all'origine di questa chiesetta si desumono dall'istrumento di fondazione della cappellania annessa, rogato il 13 settembre 1599 dal notaio Giovanni Tomaso Buzzi (Butius) della Curia Arcivescovile di Milano. Giovanni Andrea Ciocca, figlio di Giovanni Battista, abitante in via Pasquirolo a Milano, << spinto dalla pietà e devozione verso l'apostolo Andrea >>, aveva costruito << qualche tempo prima, in loco appellato: luogo del Lavello >>, un oratorio dedicato al suo Santo Patrono, e in quell'anno (1599) << lo eresse in cappellania, dotandolo di congrui redditi e riservandosi il diritto di patronato per avere una Messa in suffragio dell'anima sua, dei suoi predecessori e successori, e per facilitare l'adempimento del precetto festivo ai molti abitanti della Cascina Lavello e della campagna vicina, che, per la lontananza dalla chiesa parrocchiale e la poca praticabilità della strada specialmente nella stagione invernale, assai sovente non possono partecipare alla santa Messa >>.
la facciata della chiesetta agli inizi degli anni '70
Il Ciocca ed i suoi successori s'impegnavano a versare al cappellano la somma annua di lire imperiali 200, corrispondendogliela in quattro trimestri, si riservavano, per diritto di patronato, << la scelta, la nomina, la presentazione del titolare alla cappellania >>, che riceveva l'investitura dall'Arcivescovo di Milano. A questa somma Andrea Ciocca aggiunge altre 200 lire imperiali annue, da assegnarsi alla sua morte, stanziate con testamento del 7 ottobre 1598, disponendo che, qualora il beneficio a favore del cappellano raggiungesse la somma di lire imperiali 400 all'anno, trecento fossero date al cappellano per il suo sostentamento e le altre cento venissero spese per la cera e la suppellettile della chiesa, per la distribuzione del pane ai poveri e la celebrazione di tre uffici funebri con l'intervento di dieci sacerdoti da dirsi nei tre giorni seguenti le Rogazioni.
veduta del Navello nel 1948
L'aumento del beneficio della cappellania avvenne il 14 maggio 1627, come risulta dalla pubblicazione del testamento fatta da Giovanni Pietro Giussani, notaio in Milano. Il Cappellano era obbligato << a celebrare personalmente, nell'oratorio di S. Andrea, una Messa in tutti i giorni di precetto e in altri tre giorni feriali la settimana >>, sotto pena di rimozione qualora, non legittimamente impedito,<< non avesse celebrato per un mese continuo >>; si concedeva al medesimo la facoltà di dire la Messa <<gratis et absque ulla mercede>>, presso il convento delle monache di Lambrugo nei giorni feriali in cui era tenuto a celebrarla al Navello, se le stesse religiose, per l'assenza del loro cappellano, avessero ottenuta l'autorizzazione del superiore diocesano.
In virtù del diritto di patronato, Andrea Ciocca elesse il primo titolare del beneficio e della cappellania del Navello nella persona <<del reverendo Signore Giacomo Galbiati, chierico della diocesi di Milano>>, che aveva ricevuto i primi quattro ordini minori. Poichè nella Visita Pastorale del 1582 non si fa parola di S. Andrea al Navello, si può dedurre che la cappella fu costruita dopo il 1582 e prima del 1598, anno in cui Andrea Ciocca fece disposizioni testamentarie in favore del beneficio annesso all'oratorio.


La chiesetta e la sua decorazione.

La facciata, terminante a timpano con tre ampie finestre, possiede due nicchie a conchiglia, aperte ai lati dell'unica porta d'ingresso, dove trovano posto due rozze statue in arenaria rovinate dalle intemperie e rappresentanti l'apostolo Pietro, a sinistra, e S. Paolo a destra. L'interno costituito da una sola navata con presbiterio, in stridente contrasto con la rustica decadenza esteriore, è fiorito di affreschi, di tele e di stucchi, ed offre la visione meravigliosa del bello che rende attuale l'augurio scritto dal Visitatore Arcivescovile, mons. Giulio Cesare Visconti, il 12 dicembre 1612: << Volesse il Signore Iddio che tutte le chiese fossero sì ornate ed abbellite! >>. Gli stucchi della navata hanno una funzione decorativa, svolta su un motivo geometrico (linea retta unita alla curva) sempre identico ed elegante nella sua semplicità; gli spazi liberi fra una formella e l'altra sono occupati da rosoni, e, nel centro, la formella maggiore, si ricollega alle altre mediante quattro angeli in posizione obliqua che conferisce loro leggerezza ed agilità. Nella volta dell'abside, accanto al solito motivo geometrico, trovano posto ampie e vistose volute, putti poco graziati, teste d'angeli dalla bocca spalancata e dalla chioma non sempre composta, che rivelano un gusto barocco o, per certo, meno elegante e raffinato degli stucchi della navata, che ha un'intonazione cinquecentesca. In questa gli affreschi rappresentano episodi della vita di Gesù, divisi in tre gruppi di sei e quattro formelle separati tra loro da due fasci di stucchi, entro cui sono semplici disegni a motivo ornamentale.
l'altare
Gli episodi affrescati verso la facciata riguardano l'infanzia di Gesù: il sogno di S. Giuseppe; la Sacra Famiglia nel deserto; la strage degli Innocenti; la presentazione di Gesù al Tempio; Gesù fra i dottori e il suo battesimo. Nella parte confinante col presbiterio troviamo affreschi riguardanti la Passione di Cristo: l'orazione nell'orto; il bacio di Giuda; la fiagellazione; l'incoronazione di spine; la Veronica e la crocifissione. Nella parte centrale si hanno, in quattro formelle, episodi della vita gloriosa di Gesù; la risurrezione; l'apparizione del Signore a Maria sua Madre; l'ascensione e la Pentecoste. Nel centro del soffitto, in una formella ottagonale, è raffigurata la Vergine Maria incoronata dal suo Divin Figlio. L'autore di questi affreschi è ignoto; possiamo tuttavia affermare che il modo di accostare le tinte, la tecnica minuta, quasi miniaturistica, la poca fusione dei colori, rivelano l'opera di un solo pittore.
la volta del soffitto
La volta del soffitto è chiusa da una cornice, suddivisa in formelle, nelle quali sono narrati alcuni prodigi operati dalla Vergine, illustrati da una breve iscrizione; questi affreschi nella loro fattura manifestano la stessa mano che stese i dipinti precedenti. Le pareti laterali erano completamente coperte da dodici grandi tele, cinque delle quali furono asportate qualche anno fa dal marchese Uberto Crivelli per essere restaurate, ma andarono distrutte nei bombardamenti aerei su Milano dell'agosto 1943; le sette che rimangono sono raccolte in cornici di stucco, geometricamente divise da quattro lesene affrescate con figure di Santi (Rocco, Sebastiano, Ambrogio, Carlo, Caterina, Agata, Agnese), e rappresentano gli Apostoli, contraddistinti da simboli: chiavi, croce, squadra, sega, libro, ecc.
Scalzi e barbuti gli Apostoli hanno lunghe vesti, ampi mantelli, mani ben fatte e presentano, nel loro complesso, la linea del disegno accurata e sicura. La critica ha avanzato l'ipotesi che queste tele siano opera di qualche pittore della scuola raffaellesca ed ha fatto i nomi di Giulio Romano (1492-1546), il prediletto ed il miglior allievo di Raffaello, e di Giovanni Francesco Penni (1488 c. - 1528), scolaro ed aiuto dell'Urbinate. Un'altra tela è conservata nel presbiterio: l'Immacolata coi santi Andrea e Francesco; ai suoi lati sono affrescati i quattro Dottori della Chiesa latina: S. Gregorio Magno, S. Ambrogio, S. Gerolamo, S. Agostino. Sul frontone del presbiterio si trovano quattro Santi di fattura molto grossolana (Lucia, Pietro Martire, Fermo e Apollonia) e l'Annunciazione della Vergine Maria. Gli affreschi del voltone del presbiterio rappresentano l'incontro di Gioacchino ed Anna, a sinistra, lo sposalizio di Maria Santissima, a destra, mentre il centro è dominato da una Madonna circondata da Angeli; sullo sfondo, sopra la pala, son dipinte la nascita di Maria Vergine e la sua Presentazione al tempio.
Le pareti del presbiterio sono occupate da due grandi affreschi raffiguranti una bella nascita di Gesù, che illumina tutta la scena col bagliore che irraggia dalla sua cuna, e l'adorazione dei Magi, di fattura assai meno pregevole del primo. La parte interna della facciata conserva quattro tele molto rovinate, sulle quali però è ancora possibile scorgere le figure dei quattro Evangelisti. L'attribuzione della paternità dei due affreschi soprannominati non è concorde da parte dei critici: alcuni pensano a Camillo Procaccini (1551 c. - 1629), artista d'ispirazione eclettica non privo di pregi disegnativi, compositivi e coloristici, che lasciò pitture notevoli nelle chiese di S. Angelo e S. Marco in Milano. Amico di Pellegrino Pellegrini (1527-1596) che con ogni probabilità lavorò all'erezione del Santuario di S. Maria alla Noce, il nostro Procaccini accompagnò il celebre architetto nei suoi frequenti viaggi attraverso l'archidiocesi ambrosiana; non è quindi improbabile che Camillo abbia incontrato Andrea Ciocca, il quale gli commissionò l'esecuzione degli affreschi. Altri vedono in queste pitture le caratteristiche del Morazzone (1571-1626), l'eccellente manierista lombardo che consacrò il suo nome negli affreschi delle Cappelle del Sacro Monte di Varallo e di Varese; ma sembra difficile riscontrare nelle nostre pitture il carattere e la tecnica di questo grande artista.
l'affresco della nascita di Gesù



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