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Flynnister "Flynn" Ashyd Thorp
Il mio nome è Flynnister Ashyd Thorp.
Flynnister lo ereditai da mio nonno, nome altisonante, che per gli amici
diventa semplicemente Flynn.
Riguardo il mio econdo nome, Ashid, indubbiamente suona strano alle orecchie
dei sudditi del Granduca, e forse è iniziando a spiegare questa stranezza
che si può raccontare la mia vita, fino ad oggi.
Nacqui 25 anni fa a Zedghast.
Mio padre, Pyter Thorp di Galen, aveva sposato da pochi anni Katys Havilland
di Greyhaven, consolidando così la giovane nobiltà della sua famiglia, con
un matrimonio che certo giovò alle casse semivuote della Casata di mia
madre. I Thorp da generazioni erano un'importante famiglia di mercanti,
ed ora che avevano ottenuto un titolo nobiliare, supplivano alla nobiltà
stessa con l'oro dei loro commerci.
Ben presto arrivò un incarico prestigioso, e partì come Legato presso
Zedghast.
Quando nacqui io, era passato più di un anno da quando la mia famiglia si
era trasferita colà, e mio padre aveva già appreso non dico l'arte, ma
quantomeno i trucchi della diplomazia; continuò la tradizione inaugurata dal
suo predecessore, ed anche egli diede a suo figlio un secondo nome, un
autentico e indiscutibile nome zedghastiano: Ashyd.
Il mio fratello maggiore Duncan, perché nato a Greyhaven, e la mia sorella
minore Alyn, forse perché femmina, non ebbero questo onore, ed in ogni caso
io ormai ci sono affezionato a questo mio secondo nome, sicuramente molto
più di mio padre.
Passai i miei primi 10 anni a Zedghast, sebbene devo dire, ora con
rimpianto, in uno stato di quasi isolamento. I contatti con l'esterno erano
ridotti al minimo. Tuttavia la mia educazione, in un Paese come quello, non
potè che risultare eclettica, almeno in una certa parte, e trovai anche il
modo di apprendere un po' di quella affascinante e difficile lingua.
Per quanto riguarda la cultura di quelle terre, ero troppo piccolo per
capirne le sfumature allora, cercai di recuperare in seguito, ma almeno una
cosa segnò profondamente la mia vita: in quanto figli del rappresentante del
Granduca ricevevamo spesso doni in occasione dei nostri compleanni da parte
di vari notabili zedghastiani, ed in una di queste occasioni mi venne
regalato un falco da caccia. Vista la mia età, avevo allora solo 9 anni, il
regalo fu giudicato inopportuno da mia madre, ma io rimasi subito
affascinato sia dall'animale sia dall'arte della falconeria, che presso
Zedghast è diffusa almeno quanto dalle nostre parti se non di più.
La mia infanzia divenne più infanzia e meno prigionia quando nel 494 ci
trasferimmo a Delos: mio padre era stato infatti nominato Ambasciatore
presso la corte Imperiale, o meglio, Legato del Custode, seguendo la
nomenclatura imperiale.
Li le cose andarono decisamente meglio, o forse semplicemente le ricordo
meglio.
Conobbi molte persone, strani amici, insegnanti "stravaganti", perlomeno per
i canoni del Granducato, e man mano che gli anni passavano, mi ritrovai in
un mondo sempre più interessante, sempre più ricco di eventi straordinari.
In poche parole furono anni felici e pieni di quelle che per un adolescente
sono delle vere e proprie avventure, in una città che è una miniera
inesauribile di sorprese: appena mi sembrava di imparare a conoscere un
rione, scoprivo i quartieri elfici presso il porto, appena compravo un
vestito di una strana foggia, mi imbattevo in un mercante appena arrivato da
città lontane un intero continente, con stoffe di colori che sembravano mai
visti.
Ripensandoci il destino fu particolarmente crudele con me poiché, proprio
quando sembrava che il vero divertimento stesse per arrivare, mi ritrovai di
fronte alla dura realtà.
La mia famiglia era tanto giovane in nobiltà, quanto arretrata nel
perpetrare usanze retrive: il mio destino, nei loro piani, era la carriera
religiosa nella Chiesa di Pyros, quello di mia sorella un matrimonio ben
combinato già da diversi anni, quello di mio fratello affiancare mio padre
per poi prenderne il posto.
Avevo appena compiuto 18 anni quando fui inviato presso il Monastero di
Pyros della capitale imperiale, nonostante feci di tutto, più con i fatti
che con le parole, per mostrare la mia più totale indisposizione e
contrarietà.
Impiegai due anni per capire che ogni tentativo era vano, ed essendomi
rimaste come uniche due possibilità adorare in pubblico una statua di
Azatoth o fuggire, optai per la seconda, non bramando particolarmente finire
su di un rogo.
Per la mia famiglia, comunque, da quel momento fui meno che cenere e fui più
che morto.
Rimanere a Delos era pericoloso quanto imbarazzante, e decisi di tornare nel
Granducato: non mi dilungo sulle peripezie che mi videro protagonista, dirò
solo che mi ci volle un anno per arrivare a Greyhaven.
Non avevo mai calcato quei territori. Buffo a ripensarci, fuggivo ma il mio
esilio mi portava non in un paese straniero, ma nella mia patria, eppure in
quella patria ero uno straniero. Conoscevo la lingua grazie ai miei
famigliari e ai miei maestri, i costumi attraverso i racconti ed i libri, ma
non conoscevo nessuno, e per i parenti ero invisibile.
Passai dei mesi particolarmente duri, che non amo ricordare, fino a quando
non mi imbattei in Elrond, un vecchio amico di famiglia, l'unico che mi
aiutò, oltre ogni aspettativa.
Ho lavorato per lui in questi anni, fino ad oggi, e si tratta di un lavoro
interessante, che mi permette di studiare ogni giorno cose nuove, tutte le
cose che ho sempre voluto conoscere.
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