|
"Raccontami ancora di quando combattevi nelle Guardie Civiche, papà! E di quando ti ferirono, e di come facesti a catturare quei banditi…" Il piccolo Cormac era un marmocchio vivace e spericolato, l’ultimo nato in famiglia dopo tre figlie femmine: la costante preoccupazione di sua madre e l’orgoglio di suo padre. Andava in giro con i ragazzini più grandi di lui, attaccava briga, tornava sempre a casa inzaccherato e fiero di qualche impresa incosciente e coraggiosa. Figlio di una Guardia Civica ritiratasi a causa di una ferita riportata sul lavoro, Cormac conosceva poco del passato della sua famiglia: sapeva vagamente che suo nonno era figlio di un cadetto disonorato di una qualche famiglia nobile di Gulas, e questo gli bastava per fregiarsi del titolo di Conte de la Fère con i suoi compagnetti di giochi. E in quanto "Conte", Cormac doveva essere sempre il più audace e il più spericolato della compagnia. Sano come un pesce e abituato a sopportare sbucciature e ferite con spavalderia, Cormac si preoccupava molto per le sorelle, più cagionevoli di costituzione. Quando una di loro, Marion, si ammalò di scarlattina, Cormac non rispettò l’isolamento imposto dal medico e trascorse, di nascosto, molto tempo con lei. Si ammalò anche lui, ma guarì presto. La povera Marion non ce la fece e morì. Aveva otto anni, due più di Cormac. La morte della sorellina segnò molto Cormac, che diventò sempre più protettivo verso le sorelle e sempre più spericolato per conto suo. Osservava con invidia la Claymore di suo padre, un enorme spadone che faceva bella mostra di sé nella sala di casa sua, appesa al muro. Aveva dieci anni quando, solo a casa, si arrampicò fino a raggiungere la spada, la tolse dai ganci e quella cadde a terra con gran rumore, spaccando col suo peso un’asse del pavimento. Per rimettere a posto la Claymore Cormac, che a stento riusciva a sollevarla, chiamò i suoi due amici più fidati: il grosso Vallon e l’astuto Herblay. E sulla spada pesantissima i tre fecero giuramento col sangue di aiutarsi sempre e comunque, e di essere per sempre disposti a qualsiasi cosa, gli uni per gli altri. Nonostante tutti i loro sforzi però la spada non tornò in tempo al suo posto, e i tre valorosi bambini furono messi in punizione. ragazzo "Il mio desiderio è un segreto!" Dora diceva quando guardavano insieme le stelle cadenti. Ma Cormac lo conosceva. Vedeva i segni dei lividi e delle botte di suo padre, nonostante lei facesse di tutto per nasconderli. Dora era bellissima, la sua pelle candida non riusciva a celare i segni delle continue violenze che la poverina era costretta a subire. E Cormac conosceva il segreto della ragazza che accompagnava a casa, quando lei smetteva di lavorare come sarta alla bottega della vecchia Donegal. La aspettava tutte le sere lì davanti, senza dirle niente di speciale, la riaccompagnava a casa lungo la strada buia in mezzo ai campi. Ma quando la porta della casa di Dora le si chiudeva le spalle, e la voce aspra di suo padre le chiedeva quanti soldi avesse guadagnato, Cormac sapeva che era quello il mostro dal quale avrebbe dovuto proteggerla, non le ombre che la facevano tremare lungo la strada. Mentre si allenava a combattere con i suoi due fidati compagni, con la Claymore che infine suo padre si era deciso a regalargli al compimento dei quindici anni, Cormac immaginava sempre di sfidare a duello il padre di Dora, e di punirlo delle botte che osava dare a sua figlia. Vallon e Herblay, i suoi compagni di avventure, si addestravano per entrare nelle Guardie Civiche, e anche Cormac con loro: sarebbero stati i migliori, si dicevano, e avrebbero liberato la cittadina di Kricton dai soprusi e dalle ingiustizie! Intanto i tre si divertivano a stare sempre in giro, mangiavano e gozzovigliavano allegramente, ogni tanto si allontanavano dalla loro cittadina per conoscere altri posti, erano i giovanotti più scavezzacollo di tutta Kricton. E Cormac veniva spesso canzonato per la sua devozione, quasi maniacale, per la bella Dora. Una sera, mentre Cormac attendeva pazientemente Dora davanti alla sartoria, si affacciò la vecchia Donegal e gli chiese come mai la ragazza non fosse andata, quella sera, a lavorare. Cormac, preoccupato, corse a casa della ragazza e bussò. Rumori strani, il padre venne ad aprire dopo un po’, con l’aria arcigna. Aveva il viso sudato, le grosse mani trattenevano ancora un brandello di stoffa. "Dora?" chiese Cormac, ascoltando il silenzio che proveniva adesso dalla casa. "Dorme", rispose suo padre, "vattene via, ragazzino!" Ma Cormac rimase intorno alla casa, si avvicinò alla finestra per sbirciare dentro, e vide una stanza poco illuminata, una sagoma in lacrime in un angolo, con i capelli biondi di Dora tutti scarmigliati. Poi vide suo padre entrare nella stanza, avvicinarsi a lei rudemente, strattonarla per i capelli per farla alzare. Poi lui le disse qualcosa, lei piangeva disperata, lui la colpì sul viso e lei corse di sopra, zoppicando. Cormac aveva visto abbastanza. Si arrampicò su di un albero e raggiunse la finestra della ragazza. Lei aveva spalancato la finestra, per lasciar entrare l’aria della sera. Allora lui si appoggiò al davanzale, dall’esterno, e la chiamò. "Dora!" Lei sobbalzò, lo riconobbe, sorrise. Poi, vergognosa, si coprì il viso per non mostrare i segni della violenza di suo padre, "Non ti preoccupare", le disse lui, "sei bella anche così!". Dora lo fece entrare nella sua stanza. Lui le promise mari e monti, le promise che avrebbe punito suo padre per quello che le aveva fatto, che lo odiava e lo avrebbe castigato. Ma Dora scosse il capo: "Guarda sempre il cielo" gli disse, "e non odiare mai nessuno! Così mi diceva sempre la mamma… Guarda sempre il cielo… e non odiare mai nessuno". uomo Dora e Cormac si sposarono giovani e innamorati in un bel giorno di primavera. Vallon e Herblay facevano da testimoni alle nozze, la sposa acconciata con fiori bianchi e rosa era bellissima, Cormac, con l’uniforme delle Guardie Civiche, le stava accanto orgoglioso. I due andarono a vivere in una casetta sulla piazza principale di Kricton, qui Dora mise al mondo due bellissimi bambini, prima la dolce Evian, poi il piccolo Soren. E alcuni anni trascorsero felici. Cormac lavorava con i suoi due amici più cari tra le Guardie Civiche, insieme si divertivano e si impegnavano per assicurare la sicurezza a Kricton. E poi, a casa, c’era Dora con i bambini. Una vita perfetta, la vita che Cormac aveva sempre sognato. Ma le cose belle non sempre durano a lungo. Una notte qualcuno uccise un ragazzino davanti ad una cappella di Dytros, che venne vandalizzata. Seguaci delle Tenebre, si disse. Venne un Sacerdote di Pyros ad indagare, le indagini portarono alla cattura di quattro persone, tre donne e un uomo, devoti di Shasda e di altri culti maligni. I quattro furono condotti nella piazza della cittadina, dove furono messi alla gogna in attesa di venire giustiziati. E scese la notte… Cormac ancora non riesce a raccontarla senza tremare: "E la notte, una notte piovosa e oscura, mentre facevamo la guardia ai prigionieri, improvvisamente si scatenò l’inferno: alcuni palazzi che affacciavano sulla piazza presero fuoco e dei pazzi, armati con martelli di marmo o artigli che spuntavano dalle loro mani, ci attaccarono. Eravamo in quattro a fare la guardia quella notte, Vallon e Herblay erano con me, ma i nostri avversari erano troppi; presto vennero in nostro aiuto alcuni viandanti che si trovavano in locanda, i quali, con arco e frecce, cominciarono a bersagliare questi invasati assassini che ci maciullavano tutti. Le altre tre guardie, in fretta e furia, scesero dalle loro case in fiamme per unirsi a noi nella lotta. Ho visto cadere molti compagni, uno dopo l’altro. Herblay è stato il primo a morire, ma anche Vallon non ha resistito a lungo agli attacchi di questi uomini che ben poco avevano di umano. Sono morti da valorosi. Infine, alla luce tremolante delle case incendiate, mi trovai solo davanti all’uomo con il martello di marmo. Aveva uno sguardo delirante, capii immediatamente di non avere speranze. Mi preparai a ricevere l’ultimo colpo della vita quando il mio nemico, ferito da una freccia al capo, si voltò di scatto, fissando la ragazza con l’arco che aveva sparato. Si disinteressò completamente di me, mi volse le spalle e si diresse verso la poverina, alla quale, misteriosamente, l’arco esplose tra le mani. Poi improvvisamente sentii mancare il fiato. Stavo per raggiungere il pazzo con il martellone, per fermarlo prima che uccidesse la ragazza che mi aveva salvato la vita (non scorderò mai il suo volto!), quando venni raggiunto da un fendente di spada alle spalle. Ma ero certo di non avere nessuno dietro di me! Caddi a terra come morto. In un dormiveglia confuso avvertivo le fiamme che ardevano, la pioggia insistente, il mio sangue che formava pozzanghere sul lastricato della piazza. Un giovane con la spada insanguinata in mano mi afferrò per i capelli e mi scrutò in viso, come per verificare se io fossi ancora vivo. Rammento la sua espressione gelida, i suoi lineamenti perfetti e come di marmo. Mi scrutò, pronto a finirmi. Ma gli sembrai morto e mi lasciò andare. Grida, dolore, poi, dopo un tempo difficile da calcolare, una tremenda esplosione. Mi svegliai il giorno seguente, a sera. Ero steso riverso per terra, sopra di me le macerie di un edificio crollato. Silenzio tutto intorno. Non ero in grado di muovermi, il petto mi doleva tanto da non poter emettere alcun suono. Avevo perso moltissimo sangue, ma miracolosamente ero vivo! La profonda ferita alla schiena si era rimarginata da sola, dopo molti sforzi riuscii a strisciare fuori dai ruderi. Erano i ruderi della mia casa. Vidi la piazza: era stata disintegrata. Un enorme cratere al suolo, le case bruciate, soltanto l’edificio della locanda era ancora in piedi; delle voci provenivano da quella parte…" ombra Cormac fu tratto in salvo dalla vecchia Donegal prima di essere catturato dai Paladini di Pyros, giunti sul luogo della strage per indagare. Stavano condannando tutti al rogo, tutti quelli che avevano partecipato alla battaglia della notte. Invece di dare la caccia ai satanisti! Cormac, docile come una bambola di pezza e svuotato di tutta la sua volontà, venne nascosto nella sartoria della vecchia Donegal, che solo dopo alcuni giorni trovò il coraggio di dirgli che aveva perso tutto: sua moglie e i suoi due bambini erano periti nell’incendio della loro casa, suo padre, che nonostante l’età era uscito in strada per combattere, era stato ammazzato dai satanisti. I loro corpi erano stati sepolti in una fossa comune, sulla quale era stata sparsa la cenere. Nessun luogo su cui pregare… E Cormac quasi impazzì. Fuggì da Kricton, vagò per terre sconosciute, sempre ubriaco e sempre pronto ad attaccar briga, Distrusse cappelle di Pyros e di Dytros, commise sacrilegi e ingiustizie, rubò, fu braccato e quasi ucciso in più di una occasione. Conobbe la disperazione e la solitudine, non trovando mai il coraggio di raccontare ad altri il proprio passato. Era l’Odio l’unica sua ragione di vita, l’Odio e la sete di vendetta. Odiava e respirava dolore, incapace di trovare pace. E così arrivò infine a toccare il fondo. Era autunno, si trovava nei pressi di un fiume. La pioggia insistente gli penetrava nelle vesti sfilacciate, nella barba incolta. Cormac, abbrutito dalla fame e dalla solitudine, si riparava sotto un salice piangente sulla sponda del fiume. Sentiva l’abbaiare dei cani in lontananza, si accucciò in un cespuglio e rimase lì, in silenzio, ad aspettare. Faceva freddo, lui era accecato dalla fame. Sentì l’abbaiare di un cane sempre più vicino, impugnò la Claymore, aspettò che l’animale fosse a portata… e uscì dal cespuglio di scatto, uccidendo la bestia con un solo colpo. Quindi si accucciò sulla carcassa, famelico. Ma il grido di un bambino esplose: "noooo! Perché! Gimpsy, il mio Gimpsy!!" E apparve un ragazzino di sei o sette anni, in lacrime, da dietro il salice piangente: "Gimpsy…" mormorava tremando, "il mio Gympsy…" Cormac si alzò in piedi, alto, grosso, armato di una enorme spada insanguinata: "sparisci marmocchio!" disse con voce cupa. Ma il bimbo non si mosse. Rimase lì, fermo, a piangere. E Cormac si avvicinò al bambino e lo schiaffeggiò sul viso: "ti ho detto di andare via! Vattene!" gli gridò. Il piccino arretrò di un passo, portandosi la mano sulla guancia arrossita, poi guardò negli occhi Cormac e gli disse, singhiozzando: "hai ucciso il mio migliore amico…" E detto questo, il bambino si voltò di scatto e corse via, piangendo a dirotto. Cormac rimase lì fermo, immobile, accanto alla carcassa del cagnolino, mentre il sangue della povera bestia veniva pian piano lavato dalla pioggia. Il fiume scorreva lento e fangoso, denso. Il bambino scomparve rapidamente, lui rimase da solo. Guardò la sua spada, la Claymore di suo padre, e vide i suoi due migliori amici, bambini, che facevano giuramento di sangue su di essa. Vide Vallon, il cicciottello e Herblay, quello sveglio, vide se stesso che chiudeva gli occhi mentre spingeva il suo dito contro la lama misteriosa della spada paterna. E il sangue che usciva come una goccia scura dalle loro dita infantili. E poi rivide la stessa spada con gli occhi estasiati dei suoi due bambini, di Evian e Soren, che non osavano toccarla, spaventati. E Dora diceva di star lontani dalle armi, che sono pericolose… Dora! Sentì la rabbia che montava come un’onda dentro di lui, la cieca disperazione, la brama di sangue e di vendetta. Sentì il dolore che lo attirava come un vortice a cui abbandonarsi. Sentì l’Odio, l’Odio immenso che lo affogava, desiderò gridare, sputare l’anima, strapparsi il cuore in un urlo terribile. Dora! Rimase in silenzio, sotto la pioggia, ad ascoltare l’eco immaginario del suo grido disperato. Ma un’altra voce gli parve di udire, una voce dolce, amata. "guarda sempre il cielo, Cormac, guarda sempre il cielo, e non odiare mai nessuno!" Lui crollò in ginocchio e pianse. |