SE VUOI LEGGERE LE POESIE IN MANIERA PIU' LEGGIBILE e/o PER LA STAMPA SU CARTA
SE VUOI LEGGERE LE POESIE D'AMORE
Ankara
In odore di deserto si espande non troppo
la capitale dalle strade polverose 
e camionette militari e un andirivieni
di divise e fucili ed elmetti
e squadroni corrono nel deserto
in assetto di guerra il kurdistan non è
poi così lontano e nemici venuti dal mare
e islamiche presenze nell'occidentale
turchia cerniera di misteri 
e decadenze bizantine
e bastò poco per aggirarsi 
in una città misera di case di fango e
bambini scalzi che correvano 
lungo le pozzanghere 
di fogne a cielo aperto
d'azzurro turchese al tramonto
come a Urgup in Cappadocia
lo stesso odore di povera essenza
e presenza di esistenza
di me che vago ai margini
dell'impero
 
Avigliana
Sei bella sotto la neve
sei magica nelle notti 
lunghe di luna piena
i laghi ti rinfrescano
d’estate e  le anatre ti son grate
d’inverno rara cala la nebbia
in primavera tutti i colori
vestono i giardini di profumi
e milioni d’api e farfalle
bisbigliano e t’illuminano
le lucciole ancora nelle brevi
serate di mezzo luglio
medievale e arcaica sei
stata e sempre rimani
Dominata dal monte
Pirchiriano dalla vetta
la sacra ti osserva muta
e maestosa ricordandoti
del sacro e i torinesi 
che di Domenica t’invadono
ti rammentano con le loro
automobili chiassose il profano
nelle deserte vie d’autunno
nascondi l’operosità malinconica
dei tuoi fedeli abitanti 
e bambini spensierati
salgono sul monte Cuneo
alla ricerca delle streghe
come un tempo i re vi
cercavano le contadine
residenza preferita d’uccelli
d’ogni migrazione e colore
sei la città del mio amore
e i figli miei che vi sono nati
grazie a te luminosa cittadina
sono cresciuti forti e spensierati
come fanciulli d’un tempo antico
 
Oh Africa Africa
Chissà se mai ti riabbraccerò
O grande madre terra africana
vi sono stato concepito
sotto il segno dello scorpione
nel tropico del cancro.
La mia milza ingrossata per la malaria
un viso nero dai larghi denti bianchi
 impressi nel corpo e nella memoria.
Ora che galleggiano cadaveri sui fiumi
e non vi sono coccodrilli a sufficienza
per divorarli nè avvoltoi nè sciacalli
così affamati da ripulire le terre ruandesi,
ora che un presidente nero
siede sul trono sudafricano,
ora che un dittatore sta morendo
di vecchiaia e dispotismo
nel cuore di tenebra sul fiume Congo,
vorrei tornare a cercar le mie radici,
per  giocare con gli animali in savana
ed abbracciare  alberi di mogano e tek
e mangiare il pane di magnoca
e a fumare la gangia
e ad ascoltare i tam tam della notte
e a bruciarmi le carni al sole
e a sorridere ai bimbi africani
per dividerne la sorte
Africa, vi sono quasi nato io
ho ancora parole Swaili 
scolpite nella mente
apana manenu mi na uia ioti
Oh Africa perché così tardi
mi coglie quello struggente
 male che porta il tuo nome
E mi batto sul petto come fa un gorilla
per urlare la sua esistenza
alle foreste pluviali
Oh Africa quanto dolore ti hanno dato
i miei avi, riuscirai a dimenticarti di colui che chiamavi buana?
che l'ultimi tiranno si possa impiccare a una liana!
Africa, Africa nel mio corpo vi è ancora
ne sono sicuro, un po' d'acqua del fiume 
aria  del Ruwenzori terra del Katanga fuoco del sahara
 
Budapest
Compie oggi mille anni
E da sempre si rinnova
Compie oggi mille anni
La lingua dai toni sussurrati ed estranei
in una cantilena incessante come il fluire
del fiume blu sotto il ponte Elisabetta
arricchito di bronzo e statue giunoniche
brilla e splende il parlamento inutile
di fronte all'isola Margherita a un tiro di cannone
dal fortino antiislamico sulla sommità della collina
leggiadre le ragazze tra i loro pizzi e le camicette
colorate  ricamate di rosso  azzurro e oro
vetri antichi e musiche tzigane nelle chardas
tra intingoli speziati e vini robusti
danza la mia felicità di ventenne con sogni da vendere
nello scantinato umido di casa mia
davanti a una tazzina preziosa di caffè solubile
i tram a tre vetture con garbo si siedono le donne
e gli uomini sorridenti ai finestrini
vi ho perso affetti denaro e amori
non voglio più tornarci... mai più
 
Cordoba
Ti sono grato
Isabella di Castiglia
per aver conservato
la Moschea così come
l’abbandonarono i mori
in fuga dalle spade del Cid
Capitelli selgiuchidi bianchi
e rossi disposti su centinaia
di colonne e nicchie dorate 
che emergono dal buio e dalla nera
profondità nelle arcate sospese
e giocavo nel giardino 
ballando il flamenco 
sul basalto spogliato
di fregi antichi sorbendo vino
di succosa alcoolità
correvo raggiante per le strade
e i ponti in discesa verso la piana
tra case bianche e celesti
e azulejos floreali
dipinti dalle dita graziose
di ragazze di pella bruna
Balconi in ferro battuto
ghirlandati di gerani petulanti
mi guardavano stupiti
per tanta vitalità
così insolita nel meriggio
iberico destinato alla siesta
erano così gentili le donne
avvolte nei loro svolazzanti scialli
ricamati di nero e rosso scarlatto
mi consigliarono di pernottare
alla Locanda del Sur
con un occhio alle mie tasche
a l’altro alla mia ingenuità
così spudorata in terra
di gitani poeti e toreri
 
Caracas
La baraccopoli si è estesa
e il degrado della città nuova
è evidente
l'autostrada che porta all'aereoporto
un tempo era curata con fioriere
e gallerie illuminate
le palazzine dei ricchi euro-venezuelani
hanno ora inferriate alle finestre
vestono dimessamente e guidano utilitarie
scassate nella pretesa di sfuggire
alla mano ladrona e assassina
perla dei caraibi un tempo
ora una pellicola opaca di miseria e fluorocarburo
oscura il cielo della collina
sotto lo Sheraton Hill
i campi da golf e le piscine
ai semafori i ragazzi vendono
di tutto e pigramente rientrano
a casa prima del coprifuoco
e quegli sguardi incrociati
di creoli fieri di schiavi liberati
da soli con la pirateria e la rivolta
le ragazze che sognano il Caribe
e vivono negli appartamenti
sull'Avenida Simon Bolivar
tra porte blindate e sirene spiegate
il traffico delle sei sull'autostrada
il tramonto con la brezza tra i mango
il trionfo delle orchidee amazzoniche
da cogliere in primavera al primo sole eterno
 
 
 
Edimburgo
Nei lunghi viali verdeggianti
si può ancora inseguire l’autobus
fino a saltarvi sopra al volo
e godersi la frizzante aria
del nord così tanto vicino  
musiche di cornamuse e tamburi
t’invadono ogni estate e le alte
mura del castello non arrestano
le note che invadono le vie
e i pub affollati di boccali
di birra rossa e schiuma scura
i gonnellini dei clan
circolano ancora fieri
e ti vien voglia di veder
se è vero che sotto il kilt
non si portano mutande
e poche miglia fuori le mura
della città il verde abbacinante
della Highland ti inghiotte
e comprendi che è ben possibile
credere che le viscere di un lago
ospitino lassù un imponente drago
i tuoi abitanti son fieri e sanno
che dopo Macbeth il loro 
più illustre cittadino è Sean Connery
e i tossicomani se possono se ne vanno 
a Londra per smettere di farsi
e quando tornano lo fanno
per andar a qualche funerale
con messa cantata e discorsi 
dal presbiterio di proletari
col cappello floscio in mano
e la rabbia nel cuore
per l’ inspiegabile povertà
 
Genova
Vi passai alcune ore
in tempi di attesa
per un traghetto un treno
mi fu sufficiente quel tempo
per fiutarne gli odori stordenti
pungenti artificiali di petrolio
fuoriscito da navi e autocarri
raffinerie  cisterne e gru
passai anche per via Prè un po’
per caso un po’ per destino
e piansi quel decadimento
architettonico e morale
di vecchio centro storico
conquistato dalla mala
intuii dietro le facciate
dei palazzi bianchi e frivoli 
del primo novecento
lo sfarzo e la ricchezza
da Belle Epoque
dei commercianti e dei navigatori
ma vidi con ancora  più evidenza
quel popolo operaio e proletario
che scrisse le pagine gloriose
della nostra Resistenza 
uomini in tuta levati all’alba
su biciclette e autobus
scarroccianti inghiottiti
da acciaieri e capannoni
che levevano la vista del mare
ricordo anche l’ aereoporto
steso frai flutti come un lenzuolo
per un atterraggio di fortuna
nel mese delle nebbie 
con l’apprensione che la pista
fosse abbastanza lunga 
per il nostro Jumbo Jet smarrito
 
Istambul, la moschea azzurra,
Santa Sofia e il ponte sul Bosforo
ci giravano i film di spie
i turisti di passaggio
i marines americani di stanza
la porta dorata dell’Asia
lo stanzino di sgombero d’europa
il carcere dell’Islam
la negazione dei Curdi
il mito di Ataturk che non tramonta
il sole rosso sul Mediterraneo
le Acquee egee e i bazar dorati
soldati agli angoli delle vie
dolci di pastella e miele
e vicino alla città universitaria
un turco mi diede la mano
e mi condusse nella città oscura
dei viottoli senza sole
case scrostate dall’umidità
e i miei compagni di viaggio
aspettavano il mio ritorno
incerti sul da farsi
tornai per cena al grande camping
vicino allo stadio
non sembrava di essere
così lontani da casa
 
Grugliasco
In quel paesone tra fabbriche
e cascine la mia vita è stata un fiasco
cercavo lavoro, creatività e vita
vi ho trovato meschinità infinita
e porte chiuse al dolore
delle sue vite emarginate
escluse avvilite delle periferie
deserte e dimenticate
tra la ferrovia e la città
questa volta non ci casco
non me ne starò zitto in disparte
parlerò della palude nel palazzo
un tempo Stalingrado dell’ovest
per l’ orgogliosa stramaggioranza 
di comunisti che l’abitavano
poi giorno dopo giorno
son diventati verdi e grigi
e si son iniziate a fare strade vetrine
centri ultracommerciali
e piccole fabbrichine
intanto i giovani disperati 
crescevano si ammazzavano
si perdevano e intanto già
 crescevano e si moltiplicavano
e i loro fratelli più piccoli
con lo stesso destino segnato
la stessa via di dolore
E il palazzo tace
e non ascolta se non il proprio
pubblico, plaudente e adulatore
Non importa dal canto mio
indomito mi cingerò di basco
il capo e a testabassa contro
l’indifferenza del potere 
 
 
New Dheli
All'uscita del terminal
gli autisti di taxi sorridono
ricomponendosi il turbante
preferisco i motorisho
con la loro scia nera e fumosa
che ti scarrozzano di qua e di là
e imprecano contro chi gli ostacola la via
pigri elefanti e vacche pelleossa
scimmie fameliche e viandanti
insonnoliti sulle strade come morti
e i sadhu con la pipa di Shiva levata
mi chiedono di sedere loro accanto
ho nelle orecchie il sacro om del mattino
mentre scendo le scale del forte rosso
abbacinante palazzo mogul
come viaggiatore della mente
vagheggio un incontro con Sri Swami
Yuktesvar anima pura della grande India
invece vedo commercianti di tutto
e di niente assetati d'oro 
ora son loro che ci vendono collanine di vetro
un nan con spremuta di  mango alle quattro
per idratare il mio corpo
così vicino all'anima nel meriggio d'oriente

 
 

Londra
Città reticolare di vestigia imperiali
dissetata dal Tamigi e adornata di rose
vi entri e ti smarrisci tra vie 
e  case così eguali che se non avessero  numero 
di codice postale non le ritroveresti mai
parchi maestosi e piazze stile Impero
marmo e oro e bronzo e prato all'inglese
sei  esagerata nello sfarzo ora che i  sudditi
del regno scoprono che la monarchia
costa troppo e in tempi duri come questi
non se la possono proprio permettere
entri ed esci dalle vie della sotterranea
dai treni che scuotono le viscere della City
popolata da uomini e donne 
di ogni angolo del pianeta
che non si disprezzano 
ma non si degnano di uno sguardo
sei seduto sull'uscio di una casa 
e il padrone ti chiede scusa per passare
sulla sua soglia 
e i documenti non sono necessari
e ogni cittadino gode  dei  suoi diritti
ma soprattutto della propria
libertà di sopravvivere nella vecchia
casa di mattoni con un fazzoletto di terra
e una pianta di rose
 
 
Toronto
In Canada c’è tanto spazio
Lo capisci da come costruiscono
Strade, case, scuole e chiese
Un lago tanto grande da sembrare mare
e le automobili non sono piccole
non potrebbero  tra giganti metallici e super autocarri
Si smarrirebbero come sono perso
Io fra parenti che parlano Altre lingue dalla mia
Vi sono quartieri con gente
Di tutta la terra emigrante
Greci italiani asiatici africani
Portano le loro specialità di cibo
E toponomastica improbabile
E la sera tutti davanti alla televisione 
Nella città di Mc Luhan
La costruzione più alta
E’ la torre della TV
E ho visto aerei colorati
Del simbolo dei Toronto Raptors 
Ma la sera preferivo leggere e tradurre
Le poesie di Emily Dickinson 
Pensando alle sue api e alla parola
Escape impronunciabile senza provare
Un brivido sul filo della schiena
Nella palude dei ricordi
Contrastati per troppo amor
 
New York
Estate '69 ero là mentre l'asfalto
si scioglievo nel torrido deserto
di metropoli oceanico di mari
di folle acque motori e strade
non mi colpi lo svettante
Empire State Building
né il Metropolitan Museum
ma fui molto impressionato
dalle vie di Harlem e Brooklin
cosi mestamente povere
così squallide come le periferie
che anche noi abbiamo
e la violenza la respiravo
con l'aria e i gas di scarico
lanciati in un cielo grigio
senza un velo di azzurro
il mare giallognolo specchiava
l'inutile palazzo dell'ONU
e mutilati di guerra e veterani
si ritrovavano la sera in birrerie
tetre a maledire il governo
e i borghesi che mandavano
tutti quei giovani a morire
in un paese lontano e dove
parlavano una lingua che
non si capiva nemmeno coi gesti
ci restai una settimana con una insolita
fretta di andarmene e sparire nel mare
delle Antille
 
Parigi
Prima ancora d’incontrarti
già ti conoscevo per i film
di Godard, Truffeau e Tavernier
Cantavo da ragazzino
Oh Champs Elisées
e immaginavo l’ebbrezza
di salire sulla Tour Eiffel
Place del Concorde 
dicevano i libri di scuola
ha un obelisco di rara bellezza
Al quartiere latino
i grandi artisti credi
si possano quasi toccare
E Parigi era nella fantasia
la città più magica d’Europa
come l’aveva sognata
un corso di nome Napoleone
Ma quando vi arrivai
senza franchi in  tasca
su una piccola utilitaria 
a diciottanni per la prima volta
scoprii il tuo inganno
Città come le altre
nascondi i tuoi tesori
e da cortigiana d’alto bordo
ti concedi ai potenti della terra
A tutti gli altri riservi
pasti mediocri e letti
peggiori tra tappezzerie
pacchiane e moquettes
puzzolenti
non vi sono sorrisi
per i turisti squattrinati
e gli artisti son chiusi
nel loro olimpo come accade
 in ogni altra città del mondo
ed anche tu hai le tue periferie
lo squallore di vite senza futuro
senza eleganza senza grandeur
 
Rishikesh
Non ti immagini di trovare
una città così sacra tra quelle
povere e misere campagne
che il vecchio pulmann
ha attraversato a fatica
nella riva sinistra del Gange
che precipita  dalle colline
prehimalayane la visione 
di un paese come un altro
inganna il visitatore stanco
ma  attraversato il ponte
comprendi per qual motivo
sei in una città sacra
i mendicanti ben ordinati lungo
la passerella sospesa ti invitano
a lasciare prima di toccare
la riva destra quelle rupie di troppo
e poi nel lungo argine
i volti delle divinità
di tutta l’India ti vengono
incontro in calchi di policromia
dentro gabbie come animali allo zoo
e sadhu affollano le strade
e brusii di mille dialetti
si confondono, ma alle sei
ognuno fugge a cercarsi un posto
 e tra abluzioni e preghiere
e posture iogiche ti assale
tutto il fascino del pensiero olistico
là vi incontrai un giovane sadhu
che mi insegnò a fumare solo gangia
e feci il bagno anch’io alle sei
dopo una  camminata che portava
al sentiero per il tetto del mondo
 
Roma
Città monumentale e periferie
senza fine come le file d’automobili
sul raccordo anulare e le corse
dei suoi autobus zeppi di donne
con la sporta della spesa e i bigodini
sulla testa nell’aria novembrina
così frizzante e insolita ma
umida e giallognola come l’acqua
del Tevere sotto Castel Sant’Angelo
e rossa la sera come le bandiere
di piazza san Giovanni  affollata di operai
e i palazzotti neoclassici ancora
signorili dei fori Imperiali o della Cassia
i teatri affollati con prenotazione
obbligatoria e le tue tre milioni
d’anime spacchiose con sindrome
da capitale da città eterna
e gli stranieri così straniti
da non passare inosservati
e tutti inermi radunarsi
a piazza Navona la sera in cerca
d’una trattoria a buon mercato
a Trastevere, due spaghetti
alla puttanesca e vinello bianco
nelle brocche col sigillo papalino
Roma ben ti accoglie il ventre
flaccido di quest’Italia d’oggi
senza uno straccio d’idea nuova
coll’aria trascurata di una nobile
decaduta e inutile baldracca
 
San Sebastian
Una scogliera sfida l'Atlantico
come una nazione in lotta con la Spagna
per l'autonomia basca e la lingua
incomprensibile di preistorica
antichità come il mito del toro
nell'età del bronzo
per le vie di Pamplona
e la gioventù così europea
e così simile a quella della movida
tra le Ramblas di Barcellona
fierezza iberica con un pizzico
di nordica regolarità si ritrova
la sera per le vie illuminate
a parlare di sangue e d'amore
nella precarietà della notte
e come è vero che sono sincero
fin dove il cuore mi porterà
tra le rovine di questa inutile civiltà
nè sangue nè eroi sopporterà questo suolo
attonito e severo nella speranza di popolo
 
San Gimignano
Il tuo significato è arcano
vivi a un passo da Firenze
in un luogo fuori dal tempo
le tue tante torri raccontano
di quando vi erano più signori
che contadini e fiorivano
le botteghe artigiane
vi capitai là per caso
con la mia bella
e l’incatamento fu tanto
che la lasciammo non senza
un doloroso rimpianto
cantavano nelle piazze
 gli artisti di strada 
e musicisti suonavano
all’aperto un improbabile
oboe un liuto e un flauto traverso
era estate e la gente era lieta
vacanziera e spensierata
e di notte la città era illuminata
e le notti erano interminabili
e senza stanchezza all’alba
ci si levava con un sole infuocato
e si saliva e si scendeva 
per i pendii e le torri
e si scoprivano altri
innamorati come noi giovani
ricordi il cinema all’aperto
non guardammo nemmeno
il titolo ci saziava di gioia
intellettuale sedere in cima
al castello tra le colline toscane
traboccanti di generoso chianti
e di cibi gustosi inebrianti
noi come gli antichi baccanti
ci scoprivamo perduti amanti
e amen
 
prima ancora di raggiungerti
il filo della tua spada
mi aveva infilzato il cuore
materializzavo le visioni
nel pulviscolo della collina
Toledo sorgevi col petto
gonfio di ricchezze
nel mattino dell’84
ero amante padre tradito
ero col corpo sanguinante
ti prendesti cura di me
e vidi Don Chisciotte
sconfiggere il drago
e colori inventati da un mago
al profumo di Frangipane
mi accolsero le tue braccia
morbide e vibranti al tatto
che gioventù quella gioventù
non capivo non comprendevo
che la felicità era tutta lì
bastava raccoglierla come
una conchiglia sul grembo del mare 
musica di chitarre nell’aria
e poesia spagnola repubblicana
ahi Carmela il V reggimento
non è mai arrivato
Toledo fortezza inespugnabile
dell’ispanicità fioretto pungente
dell’estetico fiorire
Se Neruda ti vide
come io ti sognai
sarai immortale nel cuor dei poeti
se un visitatore per caso
ti scoprirà sarà soddisfatto
come è vero che ho un gatto
bianco e l’altro nero
per dirvi quanto son sincero
da prendervi per il naso
 
 
Torino
Le tue strade squadrate
dalla mano di un ingegnere
parlano di te e della tua gente
corsi larghi lunghi e obliqui
comunque fatti per non fermarsi
ma per correre dalla caserma alla guerra
dalla casa alla fabbrica al cimitero
barocco neoclassico e moderno
confusi come le grida dei mercati
popoli diversi restano distanti
all’ombra scura delle alpi  stretti
come sono dai fiumi e dalla collina
d’inverno qualche anima temeraria
sfida il coprifuoco della sera
e ti appare come un fantasma
nel grigiore livido della  pelle
affumicata dallo smog
in primavera si sorride ancora
talvolta al Valentino a qualche ragazza
rubizza al bambino col gelato
il tuo conformismo peggiore
passeggia nelle vasche di Via Roma
quella via voluta da Mussolini
e che il reuccio Vittorio realizzò
con sfarzo coloniale in marmo
e porfido che finì sulla testa
dei poliziotti nei  moti operai
 la metropoli più comunista
 un tempo, ora capitale decaduta
vive di ricordi e si stupisce di quei neri
che non la servono in livrea
 
Volavo da Miami al  Nord America
Ero assonnato e intorpidito
Mi scosse una strana inquietudine
Lanciai lo sguardo dall’oblò verso il mare 
A ore nove sorgeva imponente un’ isola
Di flutti bianco azzurro e turchese
Nebbia sulla montagna, d’oro e azzurro il cielo
Bianca la sabbia del Cayo Largo
Mi sembrava di vedere luccicare le guglie
Delle Cattedrali di Santiago de Cuba
 Le parole di Josè Marti  risuonavano
Tra la carlinga e il motore
Mi riconciliavano con il destino
Avere un figlio scrivere un libro
E piantare un albero
tutto questo l’avevo fatto e ora potevo morire
no…. ancora una cosa dovevo fare
visitare Cuba isola nel mare della mia solitudine
e annegare tutta la mia inquietudine
i  miei amori le mie speranze
 
Grenoble
Il lusso transalpina
di quando fare olimpiadi
era un'arte socialista
da granduer repubblicana
opulenta ricchezza di impianti
sportivi e skilift iperbolici
e periferie come le nostre
con graffiti metropolitani
a colorare il grigio del cemento
di architetti prigionieri del sistema
e case come galere in cui
precipitare in fretta in clamori
di mitraglia e sirene spiegate
dietro alla metropolitana leggera
più veloce d'Europa e sci d'oro
lanciati su un trampolino
d'argento sulla valle del Delfinato
e casette nel verde poco fuori
la città come da noi
ma senza un angolo di verde abbandonato
senza neppure un orto incolto
 
Sant'Arcangelo di Romagna
mai cittadina più piccola
mi sembrò così vasta
e irregolare a causa di quella gente
che l'aveva invasa per il Festival
di teatro  di strada e scalinate e piazze
e arcate coperte popolate da anarchici
vestiti come i marinai di Kronstad
medievali con mercanti e legni di tappetari
furiosi cacciati dai luoghi
di spettacolo come appestati
e il mio discorso contro
i benpensanti assiepati
al caffè all'ora dell'aperitivo
di conformismo e abitudinario borghese
nell'ordinaria permissività del trasgressivo
artista e nomade e non immagini quelle strade
invase da turisti tedeschi o olandesi
sulle loro biciclette con le mappe
nelle tasche delle camice chiare
ora che il fratello mi dice
ma tu riesci a sentire la voce delle formiche
 
Copenaghen
Sorprendente spazio di mattoni rossi
e tetti colorati e porti di navi e traghetti
e la Sirenetta improvvisamente
appare lì tra gli scogli come una presenza
discreta e perenne e pesci umani
nel mare del nord le massaie anziane
infilano spiccioli nelle slot machine 
a Tivoli nelle ore della spesa mattutina
mentre il cielo vuol scaricare pioggia
e Sergio è in paranoia perchè bisogna
andare dalla polizia lui dice che 
così è normale ma Piero mi squadra
mi fa capire che non ho capito
è lui il più ganzo e il lesto fra i due
e arrivarci su una utilitaria 
nella piazza dell'Università 
con ragazze dalle trecce rosse
e gli occhi di mare profondo
e birre all'alba vicino al porto
a spender gli ultimi fiorini
prima del ritorno tra la nebbia del canale
 
Granada
Ti ho spogliata
 come si spoglia
una bella donna
via dopo piazza
velo dopo colonna
ti ho inseguita e violata
nelle fontane attraversate
scalzo nelle piscine incantate
della meravigliosa Alambra
e nel giardino dei leoni
il tempo non era
e vi erano mille anni
di perfezione islamica
e non avevo paura 
dell'arabo amico
di tanta bellezza
di tanta armonia
Albacin
fiammante di bianco
di musica tzigana e colori
che invadevano l'anima
di felicità
beato il poeta che ti ha amata
all'ombra della chitarra androgina
levata come un fucile
contro la falange
prima di essere giustiziato
da un plotone di stato
 
Barcellone
Gaudì che architetto!
hai giocato col cemento grigio
la maiolica colorata di Siviglia
e hai cambiato vestito alla città
segnata per secoli come meraviglia
del mondo nella sua unicità irriproducibile
melting pot di iberici  navigatori
rifugio di baschi e di catalani anarchici
la strabiliante altezza della Sagrada Famiglia
mi convinse a guardare il cielo
sussurrandomi che Dio era fuori
dalla cattedrale nelle ramblas rigurgitanti
eroina e menti avariate da tossico denaro
cannibali sul fronte del porto
più ricco del mediterraneo
te ne accorgi mirando le case
borghesi alla francese
stese su vie alberate e ampie
percorse da marinai
abituati agli oceani e alle conquiste 
dorate del Messico  e del Guatemala
nelle corride gente brulicante
a mezzanote
e dormiente nelle ore del lavoro
mi accese alla vita
come ero trepidante
dall'alto dei miei trentanni
calati sul basco comprato
al mercato delle pulci
vicno al quartiere delle case occupate
da variopinti squats anarchici
 
Faccio scivolare la falce di luna
lievemente su un mare d’erba
tra le file di onde fruscianti 
di vento mattutino di ponente
ebbro di oceano  mormorante
odo i canti di uccelli laboriosi
che accompagnano  i passi
della mia danza ancheggiante
Un urlo di corvo saluta il fiore
reciso che cade senza lamento
sudore tremante gocciola
per i capelli e la salinità
fa bruciare gli occhi
come il sole sulla pelle
lenisce i dolori dell’inverno
Nel lavoro della terra
sento rinascere l’anima
ogni volta più grande
 
 
Rugi
Un corpo da omaccione
dal sorriso buono
di chi ha imparato
a dosare la propria forza fisica
uno sguardo osservatore
critico quasi da filosofo
una bonarietà per la stoltezza della vita
che non trovai in nessun altro
ruggivi alla vita dall'alto del tuo rifiuto
e la solitudine ti fu assassina
nei miei ricordi rimani fresco dei tuoi
anni migliori quando il futuro
era un tappeto di fiori
che vita dura e fredda nell'eremo
di chi non fu mai transfuga
ma sempre compagno e poi Frigerio
 
 
Caro Miki 
non t'avessi mai dato
quel folle poemetto
d'amore del poeta maledetto
mai la poesia fu così tragico
viatico a una stagione all'inferno
quali prove dure ha dovuto
attraversare la tua esile
esistenza sospesa tra sogno
grande e realtà di periferia
un colpo al cuore dalla tua mano
ferita d'amore tradito e amicizia
venduta al mercato delle droghe
e della strada senza tramonto
lineamenti duri ed estremi
hai girato su di te
la violenza che sarebbe stata
omicida
pietà per te mio tormentato
amico
 
Ci fossi almeno tu
Allen Gisberg Poeta
a cantare il disprezzo
per gli stati assassini
la parete dell'ambasciata
si è aperta con la bomba
entrano entrano
non sparate agli ostaggi
uccideteli come cani
non fate nessun prigioniero
ordini trasmessi motorola
alle truppe speciali
la CIA non c'è ma acconsente
troppo a lungo ci hanno offesi
sulle TV satellitari
movimento rivoluzionario
Tupac Amarù
sulle prime pagine dei giornali
ci fossi almeno tu
Allen Ginsberg Poeta
a urlare la rabbia
per lo shogun fujimori
come somoza
ultimo carpentiere della morte
ebbro di potere e transistori
e due indios adolescenti
si tengono la mano
si tendono un sorriso
per il loro ultimo istante
il presidente d’oriente un tempo deriso
E’ ora l’uomo forte arrivato dal mare
e annega in un bagno di folla mediocre
applausi spari bandiere
Ci fossi ancora tu
Allen Ginsberg Poeta
a mostrarci cos’è l’indignazione
e l'indio non comprende
tutti quegli yankees e quegli orientali
e rullano ancora i tamburi di Rancas
 
A Friedrich Hölderlin
Caro Friedrich cos'hai fatto
nella torre sul Neckar
per trentasette infiniti anni.
Tu il saettato da Apollo
tu l'unico dei mortali
così vicino ai celesti
perchè sfuggisti la vita?
Fu per amore infelice
o per l'amicizia tradita
dal filosofo che ti guardava
come fossi un bambino?
Tu il gigante del Reno
per Diotima ti inabissasti
in un mare di sofferenza.
Presaga ti fu la visione
di Empedocle diviso
tra follia e divinità
per noi si spensero i soli
e tremolanti lune
ci consentirono di forgiare 
le menti nella folgorante
intuizione che più filosofo
di tutti i filosofi
è il poeta
e mi illuminasti di tragicità
dicendo: "Chi passa
sulla propria disperazione
sta più in alto
e noi, soltanto nel dolore
dell'anima, sentiamo libertà
Libertà una parola profonda..."
E così vanno le cose
i poeti in miseria nella follia
a reggere il peso dello spirito 
mentre gli dei muti in disparte
a vederci tutti passare 
come lampi
nelle notti del cosmo.
 
Sono Gekil e cerco il successo
ho venduta l'anima
e ho comprato un laboratorio
credo nella scienza infatti
e voglio il potere sulla natura
cammino fiducioso
nel sentiero del duro lavoro
ho provato  e riprovato
alla fine ho scoperto
la chiave alchemica
che apre la porta del male
tengo questo segreto in provetta
non bevete questa pozione
essa mi appartiene
e la bevo quando mi pare
strada dopo strada
cammino per le vie di Londra
con la testa alta
strada dopo strada
ognuna illuminata
come una processione
Sono incline all'eresia di Caino
lascio che mio fratello
se ne vada al diavolo
per i fatti suoi
Così mi disse l'avvocato Utterson
quando feci testamento
in favore di Edward Hide
mio esimio benefattore
Vado a testa alta fra la gente
e serbo nel contempo
un contegno più grave del comune
in realtà ho temperamento
inquieto e vorrei essere allegro
ho nascosto i piaceri ed i vizi
e data la mia posizione
dato il mio rango
è una questione d'onore
manifestare pubbliche virtù
e nascondere private indecenze
Soffia e respira nel silenzio leggero del cielo
irrompe a terra improvviso e felino
che non è visibile ma che è
il mio danno non stette lì
che noia e silenzio e traffico nelle strette strade
tra le cose cercate e quelle perdute e  trovate
tra le persone apparse per caso
come angeli che hai amato
io sento la pioggia tra gli alberi
io vengo dal cielo
sono stato solo polvere fra le stelle
tra le mie paure
tra le mie lacrime
non ho mai incontrato angeli
sono il vento
che soffia e respira 
dietro ai tuoi leggeri passi

Blows and breathes in the silence of the sky
crash on the hearth like the cat
unvisible and beeing
my damage don’t stay here
silence and traffic on the  little path 
in the looking  and loosing and keeping thinks
around the person who suddenly appears
I feel the rain in   the trees 

 I went to the sky
only a bit of dust in the stars
in my fears
in my tears

I  have never seen  an angel
I am the wind
who blows and breathes on yours legs
 

A Venezia

Laguna dorata e vessilli cristiani
levati come scudi gonfi di vento
contro l'oriente vicino e scalpitante
e sontuosità d'azzurro e oro in piazza San Marco
con l'acqua alta e le ombre delle osterie pagane
camminavo per ore e ore
tra Rialto e il ponte dei Sospiri
in continuo e incessante stupore
contemplavo gli archi
e i marmi cesellati e i gerani di ogni balcone
gli scalini di ogni soglia
e calle dopo calle campo dopo campo
mi affascinavo di antico e immutabile splendore
le luci tremule dai traghetti la sera
e l'immagine tua riflessa tra i palazzi nei canali
e il cuore gonfio d'amore
nella città di tutti gli amanti
ebbro di essere vivo
Vederti dopo tanto tempo
trascorso con il cuore spento
senza musica che facesse danzare l'anima
davanti ai miei passi silenziosi e anonimi
vorrei posare le mie labbra
sul collo della tua nuca
profumata di glicine e mimosa
ora che so di amarti
cosa ci può servire
tutto il tempo perso
volevo proteggerti dal dolore del mondo
e il dolore mi ha sommerso levandomi il fiato
e non credevo fosse possibile distrarmi
dal pensiero di te
e la fatica di una vita
incerta e inutile ha reso infine
evanescente la tua immagine
non so per chi adesso vivo
se non per me
>se vuoi veder il mio immaginario

Agra
Roboante sconquasso
di fronte al Taj Mahal
abbandonato al vento
vita s'affanna intono
di cavalli sfiancati
di cinghiali smarriti
detriti sul fiume
che scorre lento
sul basso fondale
ove il remo si punta
del traghettare continuo
di bianchi animali
con la fotocamera al collo
cercando il clic fatale
che non ci sarà
finchè il sole
non scompare allo sguardo
della principessa amata
che morte condannò
a vedere il sole
inchinarsi al suo cospetto
per mille eoni
mai donna fu più amata
dai tempi di Euridice
ma non conosco il tuo nome
dolce principessa di Agra

Aerei carichi di bombe carambolano tra balcani e Mar adriatico mentre la gente di Belgrado pigramente scivola nei bunker sotterranei l'indomani con pale e picconi cercheranno lo spazzolino da denti e le scarpe tra le macerie bambini kossovari lo sguardo smarrito e la sete nel cuore allo sbando nella valle di confine lontano da casa villaggi incendianti ed elicotteri a volo radente e soldati uccisi e ospedali distrutti a quante guerre ci siamo abituati a dire di sì leggiamo i giornali e mangiamo la brioche guardiamo la tv e non capiamo più niente nel sonno ipnotico elettronico scambiamo un missile per un anatra e non sappiamo se lo stupro l’hanno commesso degli albanesi ai fori imperiali o dei serbi a pristina ma lo capite o no che le guerre le fanno con i nostri fottuti soldi i governi con le tasse che ci fanno pagare comprano aerei, mortai, missili, mine antiuomo costruiscono laboratori di virus transgenici sperimentano gas letali su popolazioni indifese una ditta lombardo veneta ha venduto mini antiuomo ai serbi e americani vendono lanciamissili agli albanesi che li scaricheranno sui bulgari nazionalisti il lampione di karl Marx place è acceso stasera sulla statua del filosofo mentre il ventre del b52 si apre svuotando dalle sue viscere acciaio e tritolo che andrà a finire sulle teste del popolo serbo un ragazzo di new york ha vinto 6 milioni di $ al lotto si comprerà una pista di snowboard e la tabaccaia ha venduto la sua licenza al droghiere che vuole costruire un supermercato ve lo immaginate ancora un mondo in pace senza eserciti e senza artiglieria pesante? ho visto un bambino sorridere al padre che rientrava stanco la sera dopo aver forgiato nelle fucine riunite un centinaio di canne da fucile ho visto un negro correre per la strada con il coltello insanguinato di suo fratello di pelle bianca cantava e piangeva la sua miseria ho visto l'odio nello sguardo del mio vicino di casa quando inavvertitamente ho rigato la portiera della sua automobile nuova le sirene e gli altoparlanti e la radio e la tv invitano gli abitanti di pristina a rimanere nei rifugi tutta la notte è sconsigliato bere l'acqua del rubinetto squadre di guastatori hanno avvelenato l'acquedotto centrale si attendono i carri cisterna della croce rossa un'attrice americana ha aperto una casa di cura per bambini ciechi per l'esplosione di un sole sintetico acceso a ottocento piedi sull'altopiano dei pini neri davanti alla loro casa da un aereo con le insegne dell'aquila Ho cercato di recitare questa poesia a una radio Ma dopo un minuto il tempo lasciato dalla segreteria È stata troncata la comunicazione. Mi hanno invece fatto parlare Liberamente e ho detto Che gli americani fanno sempre il solito giochetto L’avevano fatto con Geronimo, Santillana, Massimiliano II, cercano un capo che goda fama di sanguinario lo massacrano per la loro supremazia bellica l’hanno fatto con Sandino, Fidel Castro, Che Guevara, Mao, lenin e Ho Chi Min Gheddafi, Assad, Abu Nidal, Jimi Hendrix, Jim Morrison Janis Joplin John lennon Arafat Marcos Ortega Castro Breznev Lin Piao Olaf Palme Saddam Milosevic Li hanno massacrati e uccidendoli Come antropofagi Son convinti di ereditare Il loro potere Mettendo a tacere le coscienze critiche Con la borsa che s’impenna E il dollaro che vola Prendono possesso dei loro territori Entrando nelle menti dei fans E vendono armi tecnologia informatica Allargando la loro area di influenza La frontiera la nuova frontiera americana È il mondo Pace subito per fermare la guerra Quasi per caso ascoltando un flauto che suona musica zen mi accorgo di tutta la mia follia e di quanto essa possa nuocere alla persona altrui scoppia allora e solo allora una fragorosa risata di compassione nei confronti della mia non persona distesa sul ventre della terra che nutre indifferentemente l’assassino e la vittima intercambiabili attori sulla scena della storia calcata a lunghi passi da scarponi anfibi sotto la luna a un quarto ad occidente a ore dodici sullo zenit una luce metallica illumina il profilo del guru che attinge alla fonte dell’energia dell’universo praticando kundalini in assolutà castità e brahmachari e il povero fanciullo senza cibo e senza madre questa notte potrà soltanto morire 2000 e non più mille il progresso era un illusione persa al banco dei pegni del FMI come lo scontrino del guardarobiere del teatro Regio infilato nello smoking affittato per non sfigurare alla passerella delle celebrità. Respiro ancora e mi stupisco di questa inconcepibile esistenza guardo ad est mentre le ultime cornacchie vanno ad accovacciarsi sulla betulla dopo il pasto di stornelli ghermiti in volo. La mia energia che sfiorisce come il sorriso della ragazza che vende fiori al chiosco del cimitero e osserva stranita quello strano corteo di clown e musicanti che accompagnano la mia bara ricoperta di lumache su un carretto trainato da coccodrilli e preceduto da scimmie urlanti. Dove sono i bambini? Sono cresciuti e ti hanno lasciato solo come è tuo destino. Solo come una montagna all’orizzonte nella pianura. Un cuscino di nuvole dorate per la mia santa eternità allora per quel giorno in cui avrò la consapevolezza di morire anch’io.