INTERNAZIONALE
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Common Law |
Si parla di "Common Law" in riferimento soprattutto all'ambito processuale. Questo per una ragione semplicissima: nel nostro ordinamento il giudice non ha il potere di creare regole di diritto. Anche se alcune volte egli usa un criterio equitativo ma in realtà è sempre un criterio legale perché si rinvia ad una singola norma di legge.
Quindi un giudice non può invocare l'equità neanche quando la materia non sia regolata dalla legge, dovendo in questo caso usare l'analogia. Inoltre, nel nostro ordinamento le sentenze emesse dal giudice non diventano mai regole vincolanti al di fuori del caso singolo.
Si parla di Common Law nei Paesi anglosassoni dove l'equità giudiziale è invece fonte del diritto generale ed astratta. La singola regola fissata dal giudice vincola tutti i giudici che in futuro si troveranno a dover decidere controversie riconducibili a quella che ha dato origine alla formazione della regola.
Quindi mentre nel nostro ordinamento esistono fattispecie astratte da cui si trae la regola per decidere su casi concreti negli ordinamenti anglosassoni cosiddetti di Common Law da un caso concreto nasce una fattispecie astratta che poi si applicherà ad altri casi concreti. Si discute molto su questo argomento in quanto in un caso si è vincolati dalla legge nell'altro dalla valutazione del giudice.
Il termine "Common Law" nasce con la conquista normanna dell'Inghilterra operata da Guglielmo il Conquistatore (1066), quando fu sviluppato un diritto centralizzato contrapposto alle consuetudini locali, mediante la creazione a Westminster di un insieme di corti regie permanenti.
Alla Curia Regis si sostituirono la Corte dello scacchiere, la Corte delle udienze comuni e la Corte del consiglio reale.
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