LAURA PAUSINI, DOPO IL SUCCESSO LA FAMIGLIA
Nel 1993 il mondo intero scopre una giovane artista italiana di 18 anni che, con voce dolce e carica
di emozione, canta la sua solitudine. O meglio La solitudine, perché il primo album di Laura
Pausini, dal quale è stata tratta la canzone, vende oltre 3 milioni di copie. Colpo da maestro. Da
allora Laura ha venduto in tutto il mondo oltre 16 milioni di dischi. Si è esibita accanto ai più
grandi divi internazionali, come Luciano Pavarotti, Phil Collins o Paul McCartney, e ha interpretato
la colonna sonora di vari film, tra cui quella dei famosi Pokémon. Nel 1996 il Papa in persona
ha il privilegio di assistere a una commovente esibizione di questa artista fuori dal comune. Da
bambina cantava nella soffitta dei suoi genitori a Faenza, nei cui pressi è nata il 16 maggio 1974.
A 12 anni accompagna il padre Fabrizio nei piano-bar, dove si esibisce cantando e suonando il flauto.
"E' stato in quel periodo che ho capito che avrei fatto la cantante", dice. Da quel momento tutto si
sussegue in fretta: nel 1993 partecipa al Festival di Sanremo nella categoria delle Nuove Proposte,
primo tentativo e prima vittoria. Il suo singolo La solitudine è un successo planetario. Oggi
a 27 anni, dopo 5 album, è uscito il suo primo The Best of ("Il meglio di"), mentre Canale 5
trasmette il 16 dicembre l'ultimo concerto, che ha tenuto ad Assago, a Milano, in un Filaforum tutto
esaurito. Artista a pieno diritto, scrive personalmente parte dei suoi testi, crea ceramiche e
realizza vere e proprie performance teatrali quando sale in scena. Laura Pausini ci riceve a Milano e
ripercorre con noi la sua vita, il suo successo folgorante e rievoca, con dolcezza, le sue speranze e
le sue lotte.
Laura, il pubblico la conosce soprattutto attraverso le sue canzoni, in particolare La
solitudine. L'immagine che si è fatta di lei, tenera, dolce, con un fondo di tristezza, rivela
quella che è realmente Laura Pausini?
Penso di essere quello che canto sì, ma non solo. Sono più semplice delle mie canzoni. In ogni caso
non così complicata emotivamente. Sono semplice e matta nello stesso tempo (ride). Infatti, quando
dico matta, penso soprattutto a un modo di vivere: mi piace uscire, fare festa, divertirmi, anche se,
purtroppo, non ne ho più molto tempo. Così, non appena ho un momento libero, mi piace ritrovarmi a
casa mia e avere una parvenza di vita normale, non fosse che per poche ore. Ed è anche per questo che
la ricevo a casa mia, a Milano, perché la mia casa è come le mie canzoni: ogni cosa corrisponde a un
momento della mia vita, a un determinato periodo. Per esteriorizzare tutto questo mi servo della musica
come mezzo di espressione dei miei sentimenti.
Ecco, dunque, perché è stata tanto prolifica musicalmente: cinque album in otto anni e adesso
The Best of Laura Pausini. Ha forse pensato che fosse il momento di fare il punto anche se, in
fondo, ha solo 27 anni?
Fare il punto: credo che sia la definizione esatta. L'idea del "meglio di" è arrivata in modo molto
semplice: all'inizio dell'anno ho cantato come ospite al Festival di Sanremo, dove ho debuttato 8 anni
fa con una vittoria. E' stato un momento di grande intensità. Ed è stato in quella occasione che mi
sono detta che, dopo cinque album, era forse arrivato il momento di fare il punto, di riassumere la
mia carriera in un momento preciso, sia a livello personale sia a livello professionale. In questo
The Best of ci sono sedici canzoni e tutte sono arrivate nei primi cinque posti delle classifiche
europee o latino-americane. Penso che questo basti a una compilation che fa il bilancio dei miei 10
anni di carriera.
Non si tratta quindi dell'annuncio di un cambiamento di orientamento musicale?
No, non voglio cambiare. Voglio restare quella che sono, seguire la mia evoluzione con i miei dubbi
e le mie speranze. Non voglio cominciare a fare rap o rhythm and blues, voglio conservare il mio
spirito. Sono me stessa e questo mi consente di essere pienamente responsabile delle mie decisioni.
Parlando di speranze, fra poco uscirà un suo album in inglese, che ha registrato a Los
Angeles. Che cosa si aspetta da questa nuova esperienza?
Ho già avuto la fortuna di realizzare un sogno cantando davanti a migliaia di persone. Ma, quando ero
piccola, credevo che il mestiere di cantante si risolvesse nell'andare a cantare in una sala o in una
trasmissione televisiva e poi via, si torna a casa. Evidentemente, le cose non stanno così. Questo mi
ha sicuramente permesso di tenere i piedi per terra e di capire che si deve accettare quello che ci
viene dato senza porsi domande. Allora si può sempre sperare di piacere a un numero maggiore di persone,
ma il fatto di essere là, di salire ancora registrando un album in inglese, destinato innanzi tutto al
pubblico americano, è un successo di per sé. Cosa mi aspetto allora da questa nuova esperienza?
Semplicemente di poterla ripetere.
Lei è una donna impegnata. Lavora con l'Unicef per migliorare la situazione dei bambini nel
mondo. Ha dato un concerto nei Paesi baschi per lottare contro il terrorismo e ne ha tenuto un altro
all'inizio di novembre, in Salvador, per il bambini malati di cancro. Perché questi impegni? Hanno
forse un'importanza particolare, soprattutto dato che lei è un'artista conosciuta e riconosciuta?
Mi ritengo fortunata. Anzitutto per la mia situazione sociale: oggi godo di una notorietà abbastanza
importante. Credo di dover investire qualcosa e mettere a profitto quello di cui dispongo: ovviamente
del denaro, del tempo, ma anche un po' di cuore. Ho sempre fatto fatica a capire il senso della violenza.
In Spagna ho girato uno spot televisivo per la lotta contro la violenza sulle donne. Mi chiedo che
utilità ci sia a mettere una bomba davanti a un supermercato o su un autobus... Le cose che più mi
toccano sono la violenza e il disinteresse. Quando ci sono stati gli attentati dell'11 settembre a
New York e a Washington mi trovavo a Los Angeles e, per me, sono stati uno shock enorme. Credo di
aver capito che, quando si aiutano gli altri, gli altri ti aiutano. Forse è una sciocchezza ma è vero.
Ciò mi ha permesso di capire fino a che punto la mia posizione sia privilegiata. Oggi ho sempre più
bisogno di mantenere contatti con queste organizzazioni umanitarie: non si deve avere paura delle
proprie idee.
E in tutte queste lotte l'infanzia ha un'importanza particolare?
Sicuramente. Mia madre era educatrice, quindi ho sempre vissuto con bambini e neonati. Ho avuto
un'infanzia e un'adolescenza felici. In parte è anche grazie a mio padre, che ha capito che il mio
lavoro sarebbe stato la musica. Quindi la prima cosa che ho voluto realizzare a livello sociale è
stata quella di aiutare i bambini che non hanno avuto la fortuna di poter crescere normalmente in un
ambiente adeguato. I bambini sono il futuro.
Forse è arrivato il momento che anche lei si dedichi... ai bambini! Ma dovrebbe anche trovare
il padre...
Il mio fidanzato sarebbe un ottimo padre! O lo sarà, dovrei dire. Per il momento devo dedicarmi alla
mia carriera. Per una donna è molto difficile conciliare la vita di famiglia e la vita professionale,
soprattutto nel campo della musica. Si deve avere pazienza.
La solitudine, allora, è davvero finita?
Va molto meglio, grazie.
Al di fuori della musica, sarebbe tentata, per esempio, dal cinema o dal teatro?
E' vero che non sono indifferente al cinema o alla televisione. Ho già ricevuto delle proposte e, fra
queste, quella di un regista francese di cui non farò il nome. Ma quello che risponde meglio alle mie
attitudini è la televisione. Mi vedrei bene a presentare una trasmissione, ovviamente musicale. Di
qualsiasi cosa si tratti sono però una persona molto esigente. Non mi vedo a fare l'attrice senza
aver frequentato un corso di arte drammatica e senza avere imparato quel che è davvero il mestiere di
attrice.
So che lei si interessa a vari generi di arte: ha perfino studiato l'arte della ceramica.
Casa sua è una sorta di calderone artistico: quadri, dipinti, sculture... In cosa la casa di Laura
somiglia a Laura Pausini?
Amo l'arte in generale. La creazione mi attira. Amo vedere quello che le persone sono capaci di
realizzare con la loro immaginazione e la loro sensibilità. Ho molti libri di fotografia e di arti
grafiche in generale. poi, dai miei viaggi, porto oggetti diversi: ecco perché l'arredamento di casa
mia è così eclettico. La tinta delle pareti è un miscuglio portato dal Messico, dove ho incontrato un
artista la cui occupazione è realizzare mescolanze di colori. I miei divani sono artigianali, opera
di un siciliano. Come libreria ho una piroga amazzonica. Cerco di creare ambienti molto diversi in
ogni stanza e per ogni umore: mi capita anche di essere scontenta o arrabbiata.
Le capita spesso?
Molto raramente, le assicuro.
E i quadri di differenti stili?
Non hanno nulla a che vedere gli uni con gli altri. Mi piace questa idea di mescolanza. Ho dei quadri
di arte contemporanea, tradizionale, impressionista. E' un po' come raccontare la storia dell'umanità
attraversando le epoche.
Il Raoul Dufy che è nel suo salone si intitola La vie en rose ("La vita in rosa"),
un vero simbolo...
Si tratta, ovviamente, di una copia, l'ha dipinto un mio amico. La vie en rose è un po' tutto
per me: in primo luogo la canzone di Edith Piaf, che è la mia cantante preferita. Poi perché riflette
il mio stato d'animo: sono felice di vivere.
Soldi, amore, felicità: c'è qualcosa che le manca nella vita?
Sì, eccome! Molte cose, e credo sia così per tutti, anche se so che, nella mia posizione, può sembrare
difficile capirlo. E' importante sapere, dentro di sé, che restano sempre delle cose da realizzare,
altrimenti la nostra vita non ha più senso. In questo caso penso che quello che mi manca sia nel campo
della vita privata: essendo una donna di 27 anni che si sente matura e vorrebbe avere una vita stabile
e solida, vorrei formare una famiglia, anche se, per il momento, do la priorità alla mia carriera.
In questo caso che cosa si potrebbe augurarle per il prossimo anno? un avvenimento felice?
Sono una ragazza piuttosto organizzata. Nella logica delle cose, e considerando la vita che faccio
attualmente, anzitutto mi concentrerò sull'album in inglese, che dovrebbe uscire la primavera prossima.
Quindi, per il 2002, mi può augurare un sacco di avvenimenti felici. Ma per gli avvenimenti felici si
dovrà forse aspettare che lei torni a trovarmi nel 2003.