La Prova del Fuoco

Il seguente racconto si è rivelato il vincitore nella Sezione Fantasy del Concorso di Narrativa 1997 tenuto dall' ITIS "E. Fermi" di Mantova.

La notte stava velocemente arrivando, coprendo la verde pianura con un sempre più spesso drappo grigio. Presto, solo l'orizzonterimase a testimoniare l'esistenza di un confine tra cielo e terra. Il resto era oscurità, tranne poche stelle in un cielo annuvolato e il timido chiarore della lanterna di Alan.
Doveva essere già arrivato, almeno in teoria. Il villaggio avrebbe dovuto essere a un giorno di viaggio dalla locanda e lui era partito da là la mattina presto. Molto probabilmente la strada era poco battuta, essendo sì breve, ma sconnessa, e quindi poco conosciuta.
Finalmente, dopo un' ultima svolta, la strada prese a salire sul fianco di una larga ma poco ripida collina. Giunto dall' altra parte, Alan fu quindi in vista di un piccolo centro abitato, composto da larghe e basse costruzioni di legno. Era il tipico villaggio inglese di artigiani e contadini, e Alan sorrise nel ricordare casa propria, così lontana ma così simile. Entrato in paese, non faticò a trovare la locanda, essendo il largo edificio l'unico apparentemente ancora abitato, illuminato e rumoroso com'era.
Bussò alla porta, e un basso ma robusto oste, di almeno una trentina d' anni, gli aprì, squadrandolo con curiosità. Egli sbraitò, per farsi udire sopra le risate e le bestemmie che provenivano dall'interno:
- Salve, straniero. Entra, ti prego!
Ad Alan non parve vero di essere finalmente arrivato. Ringraziò ed entrò. La locanda era occupata da un eterogeneo insieme di persone, comprendente mercanti, prostitute, vecchi artigiani e giovani che facevano baldoria. L'aria era molto pesante e odorava di liquori dozzinali. Mentre Alan entrava e si toglieva il mantello, nella locanda scendeva il silenzio.
Pian pianino, tutti si volsero con provinciale curiosità ad osservare lo straniero. Era giovane, forse vent'anni. Una semplice tunica di lana, calzari e stivali infangati, un sacchetto appeso a una larga cintura di cuoio.Tutto qui. L'oste gli si rivolse con cortesia:
- Ebbene, straniero, vedo dal tuo aspetto che non sei di queste parti. Cosa fai in queste contrade? E' pericoloso viaggiare da soli, specie se di notte e disarmati! -
- Hai perfettamente ragione. E se mi sono spinto sin qui, ebbene ho avuto una valida ragione. Dicono che un drago, uno della Stirpe Antica, risiede nella palude a nord del villaggio. Certamente voi ne saprete qualcosa. -
- Certo, ragazzo! Il vecchio bastardo abita proprio là. Magari non esce per anni, ma quando si sveglia divora qualche capo di bestiame, abbatte un po' di alberi e uccide un paio di contadini o guardiacaccia particolarmente sfortunati. La cosa accade regolarmente ogni tre, quattro anni, da così tanto tempo che neppure i vecchi del villaggio sanno quando tutto è iniziato. -
Un paio di anziani avventori annuirono vigorosamente, gli occhi annebbiati dalle eccessive libagioni.
- Ecco, vedi? Centinaia di guerrieri, cacciatori e cavalieri sono già morti tentando di ucciderlo. Una volta è venuto un tizio, un alemanno, con una piccola armata. Saranno stati almeno duecento uomini, ma nessuno è tornato. In compenso, il drago non è più uscito per nutrirsi per dieci anni, dopo quella volta...- Un ubriaco scoppiò in una risata sguaiata, e urlò, con uno strano tono di voce: -Oh, ma chissà mai perchè?-.
Tutti gli occupanti del salone scoppiarono a ridere.
- Capito, ragazzo? - riprese l'oste - Questa è la storia del drago, almeno quanta ne so io. A cosa ti serve saperla? Forse ho capito! Sei un bardo, e vuoi cantarne la leggenda? E' così, vero? Be', se hai tempo puoi trovare materiale anche per un poema! Basta che chiedi a Enrich, il boscaiolo che abita ai margini della palude, o a Jonas, il vecchio là nell' angolo... per una birra ti racconta anche la storia della sua vita! -
Alan non si era scomposto, anche se avrebbe preferito minori attenzioni. Tutto quell'interesse lo metteva a disagio.
- No, non sono un bardo. - rispose. L'oste era adesso decisamente incuriosito. - Oh. Eh... ma allora cosa fai qui? E cosa c'entra il drago col tuo lavoro? -
Alan si stava stancando. Decise di mettere le carte in tavola e vedere se lo lasciavano in pace. - Sono stato mandato qui per superare una prova. La prova consiste nell'uccidere il drago. -
Un attimo di silenzio glaciale.
Quindi, tutti gli avventori scoppiarono in una fragorosa risata.
Ci vollero alcuni minuti perchè l'oste riprendesse il controllo. Alan non si era scomposto più di tanto, anche se ora era ancora più nervoso e a disagio. - Oddio...il Drago... ammazz... ragazzo, è la più bella barzelletta che io abbia mai sentito! Devi essere un giullare, o un commediante! Helen, una birra! Una birra per il nostro amico! Offro io! Dai, raccontacene un'altra, è molto divertente! -. Alan iniziava a sudare. - Non è una barzelletta. Io devo uccidere il drago per superare la prova! -. L'oste però non era del tutto convinto. - Certo, ragazzo, certo! Senza armi, senza armatura. Con un fisico come il tuo. Ma ti sei visto? Anche se sei alto, sei gracilino, e basterebe un lupo a mandarti dal Signore, senza scomodare draghi e chimere. Suvvia, ragazzo, sii ragionevole. Come puoi, tu, uccidere un drago? Ne hai mai visto uno? Io l'ho visto, quello della palude. E' alto, e grande. Come due locande come la mia una sopra l'altra! Ha il corpo ricoperto di spesse scaglie, robuste e inattaccabili. Ha zanne, e artigli lunghi come spade. Il suo respiro è fuoco, e brucia alberi, case e uomini come fossero paglia secca! Fidati, non avrai altra gloria che non sia quella di fargli da pasto! -. Sogghignò sfrontatamente.
Alan non ne poteva più. Scoppiò: - Non mi importa cosa ne pensi tu e la tua banda di ubriaconi dei fatti miei! Sono venuto nella tua bettola per dormire sotto un tetto e mangiare qualcosa, non per farti da buffone! E ora mostrami una camera e portami la cena, oste della malora! -.
E detto questo, salì con fiero cipiglio le scale che davano sul piano superiore. La mattina dopo si procurò una spada dal fabbro del villaggio, e verso mezzogiorno, incurante degli avvertimenti e delle bestemmie che l'oste gli urlava dietro,partì per la palude.
Si godette il paesaggio della tranquilla campagna inglese per quasi metà del cammino. Era ancora pomeriggio quando avvistò le prime nebbie ai margini della palude. Presto l'erba sparì, per fare spazio a un vasto acquitrino, punteggiato quà e là da folti boschetti o da gruppi di alberi e cespugli moribondi. Stava iniziando il tramonto quando Alan scoprì le orme del mostro, infisse nel pantano per quasi una spanna. Erano fresche, quindi non era lontano. Le seguì per un po', finchè non giunse ad una radura dove le orme scomparivano nel nulla. Dove diavolo erano finite? Alan era confuso. Come faceva una creatura del genere a sparire nel nulla? Avrebbe dovuto volare... - ...ma che Dio mi fulmini! Certo che i draghi volano! - si disse, e così facendo alzò gli occhi al cielo, appena in tempo per notare un'enorme sagoma stagliata contro il sole morente che gli stava precipitando addosso. Si buttò di fianco, mentre un tremendo impatto scuoteva il suolo. Estrasse la spada e si rimise repentinamente in piedi.
Il drago era di fronte a lui, e lo stava fissando.
Il locandiere aveva detto il vero: la creatura era davvero enorme. Sembrava una immensa lucertola con le ali, ma la testa era irta di denti e corna, e i gialli occhi da rettile avevano un'espressività di molto superiore a quella di qualsiasi altro animale. Dagli arti superiori spuntavano lunghi e acuminati artigli, mentre una vermiglia lingua biforcuta saettava nell' aria. La creatura digrignò le zanne in una specie di sorriso malvagio, e quindi parlò.
- Salve! -
Alan restò pietrificato dal terrore e dalla sorpresa. - Ma i draghi parlano? - chiese sbigottito.
- Tu che dici? - rispose l'altro - Comunque, chi sei e cosa vuoi? Non che importi molto, dato che ti ucciderò comunque, ma sai, sono molto curioso...- Alan faticò a riprendere il controllo. Fin da bambino si era allenato per quel momento, e ora temeva di commettere degli errori per l'emozione o per la fretta. Si costrinse a calmarsi.
- Sono Alan di Britannia. E devo ucciderti.-
- Ah, davvero? Altro da dirmi? -
- No.-
Il drago inspirò improvvisamente. Alan credette di venire risucchiato dalle narici della bestia. Quindi, come un lampo, dalle sue fauci uscì un getto di fiamme, che avvolse Alan in un sudario infuocato. Il drago rise.- Tutto qui, Alan? Già morto? Una volta li facevano più robusti, gli eroi. Ben misero paladino sei! -
Le beffe gli morirono però in gola quando vide il suo avversario emergere illeso dalle fiamme.
Per la prima volta in vita sua il drago ebbe paura. Ma si riprese alla svelta. Saltò addosso ad Alan, cercando di farlo a pezzi con gli artigli e le zanne. Ma Alan fu, incredibile a dirsi, più veloce e sfuggì dalle sue grinfie, compiendo un innaturale balzo che lo portò quasi all'altezza della testa del drago. E a quell'altezza si fermò, immobile a mezz'aria. I suoi occhi brillavano di una strana luce azzurra, e mormorava parole in una lingua incomprensibile.
- Chi sei? Chi sei veramente?- chiese il drago, slanciandosi di nuovo verso lo sconosciuto. Alan non rispose, continuando a mormorare frasi sconosciute in questo mondo. Appena prima che il drago potesse raggiungerlo, un fulmine partì dalla sua mano protesa, colpendo l'avversario sulle scaglie del torace, spaccandole e facendo sanguinare la ferita, seguito da un altro, un' altro, e un'altro ancora, in rapida successione, tempestando di violentissimi colpi l'immane creatura. Il drago non ebbe neppure il tempo di urlare. Cadde pesantemente a terra, senza un gemito, la fronte fracassata da una delle saette. Alan smise di mormorare, e ridiscese a terra dolcemente.
Sguainò la spada e con essa aprì con calma il largo torace del drago, creando un ampio squarcio. Quindi tranciò le vene ancora pulsanti del nero sangue del mostro ed estrasse il cuore dal corpo. Ce l'aveva fatta. Aveva vinto! Il cuore avrebbe testimoniato il superamento della Prova. Gli studi da Apprendista erano ora finiti. Una volta tornato alla sede dell'Ordine, sarebbe finalmente stato nominato Mago.

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