Allora inviò C. Manlio a Fiesole e in quella zona dell'Etruria, un tale Settimio da Camerino nell'agro Piceno, C. Giulio in Puglia; inoltre mandava chi in un luogo chi un altro dove credeva gli sarebbe stato utile. Nel frattempo a Roma ordiva allo stesso tempo molti complotti: tendeva imboscate ai condoli, pianificava incendi, occupava con uomini armati dei luoghi strategici, egli stesso andava armato di pugnale, ordinava agli altri di fare altrettanto, li esortava affinché fossero sempre all'erta e preparati, giorno e notte si affrettava e rimaneva sveglio, né era indebolito dalla mancanza di sonno e dalla fatica. Infine, quando si accorge che, nonostante i molti intensi sforzi, la cosa non procede per niente, a notte inoltrata convoca di nuovo, attraverso M. Porcio Leca, i capi della congiura e là, lamentatosi a lungo della loro indolenza, li informa che ha mandato avanti Manlio verso quella moltitudine che aveva addestrato all'uso delle armi, e allo stesso modo ha mandato altri in luoghi strategici affinché dessero inizio alla guerra, e che lui desiderava partire per raggiungere l'esercito, ma prima doveva eliminare Cicerone; egli infatti lo ostacolava molto con le sue decisioni.
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