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Roma e gli abitanti di Cere


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Marco Valerio, console per la seconda volta, indisse una guerra contro gli abitanti di Cere secondo la volontà dei senatori e su ordine del popolo. Allora in principio un autentico terrore si impossessò degli abitanti di Cere: sia si dispiacevano per la devastazione dei campi, con la quale avevano provocato i Romani, sia maledicevano i Tarquini, che erano stati i promotori della ribellione. Nel frattempo, trascurato tutto l'apparato di guerra, decisero di inviare degli ambasciatori per chiedere venia ai Romani. Questi, essendosi recati in senato, vennero ricacciati dai senatori verso il popolo. Lì gli ambasciatori chiesero ai Romani di avere misericordia di loro; quindi, rivolti verso i templi di Vesta, ricordavano l'ospitalità con la quale essi stessi una volta avevano accolto le Vestali e gli oggetti di culto dei Romani. Pregavano infine affinché conservassero intatta e inviolata Cere, il sacrario del popolo Romano. Non tanto quello presente, quanto l'antico merito commosse il popolo. E così venne concessa la pace al popolo di Cere e venne stipulata una tregua di cento anni.




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