GIOVANI LIBERTA'
Quattordici pensieri

Conoscete la verità e la verità vi farà liberi (Gv. 8,32)

PREMESSA

Questa breve raccolta è l’atto conclusivo di un percorso sul significato della parola ‘libertà’, promosso dall’associazione ‘La Tenda’ per gli studenti delle ultime classi del Liceo Scientifico ‘A. Roiti’ di Ferrara.

Si è partiti dalla proiezione di due film: La vita sognata degli angeli, di Zonca, e La leggenda del Santo bevitore, di Olmi. Entrambi i film sono stati seguiti da una approfondita spiegazione da parte di esperti: la dott.ssa Loretta Guerrini, dell’Università di Bologna, e don Massimo Manservigi, regista e direttore de ‘La Voce di Ferrara–Comacchio’.

A questa prima tappa, se ne è aggiunta una seconda: un concorso letterario, intitolato a Filippo Neri, santo educatore nella Roma del sedicesimo secolo, perché Nec scribere tantum nec tantum legere debemus... Invicem hoc et illo commeandum est et alterum altero temperandum, ut quidquid lectione collectum est stilus redigat in corpus. Apes, ut aiunt, debemus imitari, quae vagantur et flores ad mel faciendum idoneos carpunt, deinde quidquid attulere disponunt ac per favos digerunt... Idem in his quibus aluntur ingenia praestemus, ut quaecumque hausimus non patiamur integra esse, ne aliena sint (1 ) ("Non dobbiamo soltanto leggere — nel nostro caso vedere (2 ) — o scrivere… Ma passare alternativamente dall’uno all’altro e temperare l’uno con l’altro, per fare, scrivendo, un tutto armonico degli elementi che abbiamo raccolto mediante la lettura. Dobbiamo imitare le api, che volano qua e là e succhiano i fiori adatti per fare il miele, quindi dispongono e ripartiscono nei favi quanto hanno portato… Facciamo la stessa cosa noi riguardo agli elementi spirituali; tutto ciò che abbiamo ingerito, non lasciamo che rimanga intatto, affinché non ci sia estraneo").

Abbiamo selezionato quattordici elaborati, alcuni dei quali appaiono in netto contrasto con l’idea di libertà da noi proposta. Tuttavia, abbiamo deciso di pubblicarli per due principali ragioni. Anzitutto, per offrire al lettore uno spaccato, il più realistico possibile, del pensiero giovanile in tema di libertà. Poi, e soprattutto, perché nel promuovere questa iniziativa non ci siamo prefissi lo scopo di comunicare un insieme di regole comportamentali, chiedendone l’apprendimento e, di conseguenza, oscurando tutto ciò che con esse contrastava, al contrario abbiamo voluto trasmettere un senso, mostrare una verità, sollecitare alla verifica.

Un ultimo pensiero, di ringraziamento e gratitudine, è per coloro che hanno creduto e collaborato all’iniziativa: il Preside e i Professori del Liceo Scientifico — in particolare la prof.ssa Rita Montanari, la prof.ssa Alessandra Grazzi e il prof. Leonardo Gallotta —, la Circoscrizione Est e la Circoscrizione Centro, l’Associazione genitori ‘Luigi e Zelia Martin’, la dott.ssa Ilaria Baiamonte e la prof.ssa Lucia Tilomelli che si sono gentilmente prestate a giudicare i componimenti degli studenti.

Ferrara, aprile 2001
Paolo Ferretti

 

BREVI CONSIDERAZIONI SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA ‘LIBERTÀ’

Le brevi considerazioni che seguono sono tratte dalle introduzioni ai film, rese agli studenti del Liceo scientifico di Ferrara, allo scopo di offrire loro una chiave interpretativa delle opere cinematografiche. Nel riportarle, abbiamo conservato il tono colloquiale e lo stile semplice che le caratterizzava, corredandole soltanto di qualche nota di riferimento.

1. Che cos’è la libertà?

La domanda dalla quale occorre partire è la seguente: che cos’è la libertà? Anzitutto, si potrebbe rispondere che la libertà è capacità di scelta, capacità di scegliere. In altri termini, noi ci possiamo dire liberi in quanto siamo in grado di scegliere.

Per meglio approfondire questo concetto, pensiamo a due atti contrari. Ad esempio, pensiamo a cosa accade in noi dopo aver fatto colazione o dopo aver pranzato (3 ). Dopo aver fatto colazione, digeriamo. Si verifica, cioè, in noi un’attività, indipendentemente da una nostra decisione, indipendentemente dal fatto che noi lo vogliamo. Oppure pensiamo ad un soggetto che decida di vendere la sua motocicletta, in quanto minacciato. Anche in questo caso non si può dire che questo soggetto stia compiendo un atto libero.

È a tutti evidente che gli atti appena descritti nulla hanno a che fare con il concetto di libertà visto sopra. Dunque, "ci sono attività che succedono in noi, ma che non sono decise, disposte da noi, mentre ci sono attività che non solo succedono in noi, ma che sono decise, volute da noi" (4 ).

Detto questo, possiamo in parte precisare la nostra precedente definizione di libertà e dire che la libertà è ‘capacità di scelta consapevole’, la quale si realizza quando noi agiamo consapevoli, convinti di quello che facciamo.

 2. Se la libertà è capacità di scelta, l’uomo in base a che cosa sceglie?

A questo punto, sorge una seconda domanda: in base a che cosa scegliamo?

Per rispondere a questa domanda, è opportuno partire da un esempio: poniamo che un nostro amico ci riveli un segreto di decisiva importanza, un segreto cui tiene moltissimo. E poniamo anche di essere posti di fronte a questa alternativa: mantenere il segreto oppure rivelarlo e beneficiare di un grande vantaggio economico (5 ).

Applicando quanto detto prima, noi, in quanto persone libere, possiamo scegliere se mantenere il segreto oppure rivelarlo e beneficiare del vantaggio economico. Questo è senza dubbio vero. Ma soffermiamo la nostra attenzione su un altro aspetto, molto importante: cosa accade in noi nel momento in cui decidiamo di tradire l’amico? Se tradiamo l’amico, sentiamo dentro di noi, e non possiamo non sentirla, una grande tristezza: noi sentiamo che la scelta fatta ci ha fatto non solo tradire l’amico, ma innanzitutto tradire noi stessi. È come se la nostra scelta si fosse rivoltata contro di noi.

Questo esempio ci fa comprendere una cosa decisiva per la nostra vita, ossia che ci sono due modi di essere liberi, due modi di esercitare la nostra libertà: un modo che possiamo definire giusto e un modo che possiamo definire sbagliato. Seguendo il primo — decido di non tradire l’amico e rinuncio al vantaggio economico —, noi ci accorgiamo di realizzare noi stessi, di essere felici, e quindi di essere effettivamente liberi; seguendo il secondo — decido di tradire l’amico e di beneficiare del vantaggio economico —, invece, ci accorgiamo di tradire noi stessi. Quindi, dall’esempio appena fatto, possiamo concludere dicendo che ci sono due tipi di libertà: una libertà vera e una libertà apparente, falsa (6 ).

Ripetiamolo, due modi di essere liberi e conseguenze opposte, in quanto vi è una stretta relazione tra il modo con cui siamo liberi e la nostra felicità.

 3. Come fa l’uomo a sapere quale è il modo giusto di essere libero?

Arriviamo così alla terza domanda: come facciamo a sapere quale è il modo giusto di essere liberi? Riprendiamo l’esempio dell’amico e del segreto fatto prima. Per sapere quale scelta fare — mantenere il segreto e non ricevere il denaro oppure tradire l’amico e ricevere il denaro —, è necessario guardare dentro alla nostra coscienza, è necessario interrogarla, perché in essa è scritta la strada che occorre seguire per essere effettivamente liberi. Una strada data, oggettiva, immutabile. Data, ovvero che ci è data: non è l’uomo a crearla, ma l’uomo la scopre dentro di sé; oggettiva, perché è uguale in tutti gli uomini; immutabile, perché non cambia con il tempo o con le circostanze (7 ). Si tratta di ciò che la tradizione cristiana chiama Comandamenti e che la tradizione laica chiama valori. Questi possono essere riassunti nella capacità di amare gli altri, ponendosi al loro servizio, a loro disposizione, rinunciando a se stessi.

Orbene, proviamo a dare una risposta alla frase che ci eravamo posti all’inizio: che cos’è la libertà? Abbiamo dato due definizioni, una più generale: libertà è capacità di scelta consapevole; ed una molto più profonda, molto più vera: libertà come capacità di fare il bene, ovvero di fare ciò che la nostra coscienza ci comanda.

In ultima analisi, libertà — contrariamente alla moderna e pericolosa identificazione della libertà con un arbitrio assoluto e senza limiti (8 ) — non è fare ciò che ci pare, bensì libertà è obbedire alla nostra coscienza, ai comandamenti che in essa sono scritti. Per questo è importante imparare a leggere la nostra coscienza, a riconoscere ciò che in essa è scritto; e molto importante è anche che la nostra coscienza non sia deviata, non sia falsa, non sia condizionata. Da questo, a ben vedere, dipende la nostra vita, una vita da persone libere oppure da persone schiave.

 4. L’uomo è capace di realizzare il bene con le sue sole forze?

Il punto dal quale occorre partire è l’ultima definizione di libertà che abbiamo dato; abbiamo definito la libertà come la capacità dell’uomo di perseguire ciò per cui è fatto — libertà come dimensione dell’essere —, cioè il bene. La domanda che si pone ora è la seguente: l’uomo è capace di realizzare il bene con le sue sole forze? Noi siamo capaci di realizzare ciò per cui siamo fatti soltanto con le nostre forze?

Pensiamo alla nostra esperienza quotidiana: fin dalle più piccole cose di tutti i giorni, in famiglia, a scuola, sul lavoro, con gli amici, cosa sperimentiamo? Noi sperimentiamo la nostra incapacità di fare il bene pienamente, di compiere il giusto, la nostra incapacità di obbedire a ciò che la nostra coscienza comanda (9 ).

Quanto abbiamo appena detto è stato stupendamente descritto. Pensiamo, ad esempio, a S. Paolo, il quale nella lettera ai Romani (7,15) afferma: "Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto". Ma anche un autore pagano, Ovidio, nato nel 43 a.C., dichiara la stessa cosa; nelle Metamorfosi, infatti, dice: "vedo ciò che è bene e lo approvo, ma poi seguo il male". S. Paolo, un cristiano, e Ovidio, un pagano: il loro pensiero sta a dimostrare che l’esperienza appena descritta appartiene a tutti gli uomini, al di là del credo e delle circostanze storiche.

Approfondiamo questo concetto: vedo il bene e faccio il male. Anzitutto, vedo il bene. Cioè, noi conosciamo e riconosciamo che cosa è bene/che cosa è male. Che cosa significa questa conoscenza? "Significa che noi conosciamo che cosa ci è chiesto dalla nostra dignità di persona; veniamo a sapere la verità sul bene della nostra persona, cioè su ciò che la realizza. Infatti, appena noi vediamo che cosa è bene/che cosa è male, sentiamo sorgere dentro di noi una ‘re-azione’ a questa visione. Ci sentiamo come mossi a, come spinti dal di dentro, come attratti interiormente verso quel bene che abbiamo conosciuto. È una attrazione, una spinta fortissima" (10 ). Essa è come un appello, un invito rivolto alla nostra libertà.

Prendiamo ora in esame la seconda ipotesi: noi conosciamo il bene e lo approviamo e poi facciamo il male. Poi, facciamo il male. Cioè, la nostra libertà non è capace di realizzare quel bene che vede. È una libertà ferita, ammalata: è come se fosse legata. Ha bisogno di essere slegata: è una libertà che ha bisogno di essere liberata. "In che cosa consiste questa liberazione della nostra libertà? Guardiamo dentro di noi, ancora una volta. Chi non sente in sé l’aspirazione verso tutto ciò che è bene, il desiderio profondo di tutto ciò che è giusto, la nostalgia del bello? Noi siamo fatti per la bellezza; in noi c’è una ricerca continua della Verità, della giustizia, eppure, ecco che non siamo capaci di realizzare tutto questo. E ci rendiamo conto che stiamo dilapidando il nostro essere, la nostra persona. Che cosa è la liberazione? È una ‘capacitazione’, un renderci capaci di adempiere interamente i desideri più profondi del nostro cuore: di amare, di essere giusti, di lavorare con passione, con gioia, di vivere con dignità, di affrontare la sofferenza non per disperazione, non maledicendo, ma sapendo che c’è un significato in quella sofferenza" (11 ).

 5. Le due principali proposte alla libertà dell’uomo.

A questo punto, due sono le principali proposte che oggi ci vengono prospettate. La prima può essere riassunta con le parole tratte da un passo del Libro della Sapienza (2, 1–9): "[Gli empi] Dicono fra loro sragionando: / "La nostra vita è breve e triste; / non c’è rimedio, quando l’amore muore, / e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi. / Siamo nati per caso / e dopo saremo come se non fossimo stati. / È un fumo il soffio delle nostre narici, / il pensiero è una scintilla / nel palpito del nostro cuore. / Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere / e lo spirito si dissiperà come aria leggera. / Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo / e nessuno si ricorderà delle nostre opere. / La nostra vita passerà come le tracce di una nube, / si disperderà come nebbia / scacciata dai raggi del sole / e disciolta dal calore. / La nostra esistenza è il passare di un’ombra / e non c’è ritorno alla nostra morte, / poichè il sigillo è posto e nessuno torna indietro. / Su, godiamoci i beni presenti, / facciamo uso delle creature con ardore giovanile! / Inebriamoci di vino squisito e di profumi, / non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera, / coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano; / nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza. / Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia, / perchè questo ci spetta, questa è la nostra parte".

Ecco la prima proposta: restringiamo i desideri del nostro cuore, decapitiamoli. Godiamoci i beni presenti, facciamo uso delle creature e inebriamoci di vino e di profumi (12 ).

La seconda, invece, è la proposta cristiana. Duemila anni fa un uomo, sceso sulla terra, ha detto di essere il figlio di Dio e di rendere capaci coloro che lo avrebbero seguito — ieri come oggi — di realizzare i desideri del loro cuore. Nel vocabolario cristiano quest’ultimo intervento di Cristo dentro alla nostra libertà di scelta si chiama grazia (13 ). "Che cosa è la grazia? È la forza che libera la nostra libertà e la rende capace di realizzare i desideri più profondi del nostro cuore, cioè di realizzare la nostra persona. (…) Perché il termine grazia? Perché questa liberazione avviene in un incontro fra due persone: l’una — quella del Crocefisso risorto — che ti chiama, ti invita, ti penetra dal di dentro, e l’altra — la nostra persona — che si lascia attrarre, perché ‘sente’ che in Lui trova pienezza ogni suo desiderio. La grazia è questo incontro con la Persona di Cristo" (14 ).

Arriviamo così all’ultima tappa del nostro percorso sulla libertà. L’osservanza della legge morale, infatti, non ha mai reso alcuno pienamente felice (15 ). È necessaria, ma non sufficiente. Occorre qualcosa di più. Al giovane (Mc. 10,17–21; Lc. 18,18–22; Mt. 19,16–21) che chiede cosa debba fare per avere la vita eterna, cioè la felicità (16 ), Cristo risponde anzitutto di osservare i comandamenti; ma poi, di fronte all’insistenza del giovane che coglie, con estrema lucidità, l’insufficienza derivante dall’interpretazione legalistica della legge, il Maestro buono rivela: "Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi" (Mt. 19,21). "Non si tratta qui soltanto di mettersi in ascolto di un insegnamento e di accogliere nell’obbedienza un comandamento. Si tratta, più radicalmente, di aderire alla persona stessa di Gesù, di condividere la sua vita e il suo destino, di partecipare alla sua obbedienza libera e amorosa alla volontà del Padre" (17 ).

 6. La ragionevolezza della proposta cristiana.

Queste sono le due proposte. Quale di queste è più ragionevole seguire e verificare? La scelta più ragionevole è quella della verifica, perché essa viene incontro all’intera estensione dei desideri del nostro cuore, senza decapitarne alcuno. Pascal direbbe: "Sì, ma scommettere bisogna: non è una cosa che dipenda dal vostro volere, ci siete impegnato. Avete due cose da perdere, il vero e il bene, e due cose da impegnare nel giuoco: la vostra ragione e la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine; e la vostra natura ha da fuggire due cose: l’errore e l’infelicità… Pesiamo il guadagno e la perdita… Valutiamo questi due casi: se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla. Scommettete, dunque, senza esitare" (Pensieri, n. 161 ss.).

Per questa ragione, perché in gioco c’è tutto, Dostoevskij, ne I Demoni, scrive: "Su Cristo potete discutere, non essere d’accordo... Tutte queste discussioni sono possibili, e il mondo è pieno di esse e a lungo ancora ne sarà pieno. Ma io e voi sappiamo che sono sciocchezze; che Cristo, se fosse solo uomo non sarebbe il Salvatore e fonte della vita; che la sola scienza non completerà mai ogni ideale umano, e che la pace e la gioia per l’uomo, la fonte della vita per l’uomo, la salvezza dalla disperazione per tutti gli uomini, la garanzia del significato dell’intero universo, si racchiudono in queste parole: E il Verbo si è fatto carne".

Tuttavia, si tratta — è bene esserne consapevoli — di un cammino non facile, che esige fatica e sacrificio, come mirabilmente ci ha detto qualche anno fa Giovanni Paolo II, in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale: "Mi avete chiesto: quante strade deve percorrere un uomo per potersi riconoscere uomo? Vi rispondo: una! Una sola è la strada dell’uomo, e questa è Cristo, che ha detto "Io sono la via". Egli è la strada della verità, la via della vita. Vi dico perciò: ai crocicchi in cui si intersecano i tanti sentieri delle vostre giornate, interrogatevi sul valore di verità di ogni vostra scelta. Può succedere, talora, che la decisione sia difficile e dura, e che la tentazione del cedimento si faccia insistente. Capitò già ai discepoli di Gesù, perché il mondo è pieno di strade comode e invitanti, strade in discesa che s’immergono nell’ombra della valle, dove l’orizzonte si fa sempre più ristretto e soffocante. Gesù vi propone una strada in salita, che è fatica percorrere, ma che consente all’occhio del cuore di spaziare su orizzonti sempre più vasti. A voi la scelta: lasciarvi scivolare in basso verso le valli di un piatto conformismo o affrontare la fatica dell’ascesa verso le vette su cui si respira l’aria pura della verità, della bontà, dell’amore".

A cura dell’associazione ‘La Tenda’


Primo classificato:

Gianluca Trentin
LUNGO IL CAMMINO

Svegliarsi con l’odore di caffè
mia madre che guarda alla finestra
aspettando il bollire dell’acqua
il passare del tempo
Tremare andando a scuola
l’aria gelata del mattino scivola sul viso
la pianura candida di brina
le voci, il vetro appannato del finestrino
il correre del tempo
Stare seduto, scrivere versi,
pensare all’amore, al dolore
sotto la luce di un cielo nuvoloso
Esserci, guardarla nel buio
mentre mi dice: "Ti voglio bene"
Io e Lei soli in una sera d’estate
il cielo stellato
il passare del tempo
Un pomeriggio intero con gli amici
dalla calura al tramonto
sotto un albero a pescare
Tornare a casa per strade polverose,
il sole infuocato, il fresco della sera
Tutta la mia pianura così bella
E…
Tutto questo è qualcosa che non c’è più.
Quale dono sarebbe avere la libertà
di rivivere questo?
Non riuscire a godere ogni attimo
la paura di perdere qualcosa,
di non viverla ogni istante,
di perderne il ricordo…
Quanto dolore nel vivere la gioia della vita.


Secondo classificato:

Elena Tapetto
CORRE, ANSIMA, TAGLIA L’ATMOSFERA

Dopo aver visto i film ‘La vita sognata degli angeli’ e ‘La leggenda del santo bevitore’, ho elaborato personalmente le riflessioni discusse al cineforum; da queste era emerso che esistono due tipi di libertà: quella di scelta e quella dal male. La prima, anche se può sembrare appagante e in grado di realizzarci, è quella che più facilmente rende infelici. Nel film di Zonca l’esempio di Marie è molto chiaro: la ragazza compie delle scelte senza curarsi che siano giuste o sbagliate e alla fine si suicida, cioè giunge alla morte (simbolo dell’infelicità) per mezzo della sua volontà. La libertà dal male, invece, impone delle scelte e per questo sembra spesso un vincolo più che una libertà; ma costringendoci a delle scelte giuste, anche se spesso difficili da perseguire, contribuisce a mantenere la pace con noi stessi e dei rapporti più sereni con il prossimo, creando in questo modo una solida base per il raggiungimento della vera felicità.
Il seguente sonetto parla della vicenda di un uomo che sente la libertà dal male come una costrizione e l’abbandona per seguire la libertà di scelta; questa lo rende presto infelice, ma egli riesce a salvarsi tornando sulla strada del bene.
Tutti i giorni accadono eventi simili; quotidianamente dobbiamo operare delle decisioni che comportano due possibilità: il bene e il male. Quest’ultima è sempre la più facile da scegliere e difficile da evitare, ma solo riuscendo ad operare il bene credo si possa capire e provare la vera felicità.


Corre, ansima, taglia l’atmosfera
ch’avanzando si fa sempre più fitta
e giunto alla spelonca lì dov’era
di pace l’illusion di nero scritta
s’addentra con furore come fiera
bramosa va verso preda afflitta
e aspettasi passar felice sera;
ma è ombra e disperato un grido gitta.
Solo sprofonda in tetra paura
e affanno eterno, ma d’improvviso
lento si volta ed esce di sciagura:
un raggio umile gl’accarezza il viso
e ritrovato corre con premura
al caldo sol ch’è dolcemente assiso.


Terzo classificato:

Silvia Benetti
ALL’OMBRA DEL SALICE

Elisa è distesa sull’erba in una mattina di Luglio. L’aria è gravida d’umidità ed il cielo è un lenzuolo turchese sopra la sua testa bionda di bambina di otto anni. Il sole scotta, ma Elisa è protetta dall’ombra del maestoso salice piangente che qualcuno ha piantato tanti anni prima che lei nascesse.
Elisa corre con la fantasia, e il mondo diviene incantato. I fili d’erba radi e ingialliti si mutano in un’immensa prateria e lei cavalca in sella ad un puledro bianco, come i cowboys dei vecchi western in bianco e nero. Al suo fianco c’è Lucky, il suo pastore tedesco, il suo migliore amico dopo Enrico, il ragazzino della casa accanto.
Enrico è un bambino strano, a detta di tutti. Pallido e smilzo, sembra sempre malato. E poi non fa chiasso, non si azzuffa con gli altri ragazzini durante la ricreazione. Non gioca nemmeno a calcio. Ma d’altronde anche lei, Elisa, è una bambina bizzarra. Perennemente imbronciata e taciturna. Ha preso dal nonno, dicono.
Ma a lei non importa ciò che pensano gli altri, finché Enrico è con lei. Finché possono fingere di essere vigorosi guerrieri indiani, o esploratori alla ricerca dell’isola che non c’è. Quando saranno grandi scapperanno insieme, l’hanno già deciso. Fuggiranno in un mondo dove ci sono solo foreste immacolate, e animali selvaggi, e torrenti impetuosi. Nessuno li potrà costringere a tornare indietro, quando saranno grandi.
"Elisa!" La voce squillante della madre attraversa il cortile e la riporta alla realtà. È ora di pranzo. L’odore del sugo di pomodoro aleggia nell’aria pigra di mezzogiorno e si diffonde ovunque. Elisa sente una morsa afferrarle lo stomaco, come sempre quando è costretta a tornare in casa. Sale le scale lentamente, soffermandosi su ogni gradino, come faceva la vecchia bisnonna che ora riposa sotto terra.
"Muoviti! La pasta è cotta!" La voce del padre suona come un monito minaccioso. Se non salirà in fretta, gli adulti finiranno per arrabbiarsi.
Elisa darebbe qualsiasi cosa per essere come Lucky. Per mangiare all’ombra del salice, o accoccolata sui gradini. Per non dover andare a scuola, sedere in quella stanza tetra con le sbarre alla finestra e subire i rimproveri della maestra, che si arrabbia se ti fermi a guardare un uccellino che cinguetta fuori dalla finestra.
In cucina nessuno parla. Persino il fratellino di tre anni si limita a giocare con la mollica del pane, senza emettere il minimo rumore. Il silenzio è rotto solo dal tintinnio metallico delle forchette e dal ronzio della Tv. Dentro lo schermo, un signore in giacca e cravatta parla di cose incomprensibili, e tutti ascoltano.
"Elisa, ti ho lasciato il sugo da parte", dice la madre, e tenta di abbozzare un sorriso. Ma Elisa sa che la madre sta pensando al padre che non c’è mai e al nonno malato. Forse anche alla scatola di ottone con un angelo inciso sul coperchio, quella dove si tengono i soldi. Non ce ne sono molti ultimamente. È per questo che quello della madre è un sorriso finto e stanco. Lei, il padre, la maestra. Loro non sanno ridere dentro. Non sanno cantare a squarciagola, non sanno immaginare di essere rondini, o farfalle, o angeli.
Inizia tutto come sempre. Il padre fa un’osservazione sul cibo, la madre ribatte inviperita e diventa rossa, entrambi gridano. Lui si alza da tavola e se ne va sbattendo la porta, lei scoppia in singhiozzi.
Elisa fissa il piatto ancora pieno. Mastica lentamente. Adesso più che mai vorrebbe essere in giardino, a costruire la capanna degli indiani con le assi di legno e i vecchi lenzuoli sbiaditi. Vorrebbe alzarsi e scappare da quella prigione di mattoni. Ma sa che finirebbe nei guai, se lo facesse.
"Tu sei solo una bambina. Tu non sai niente della vita. Devi ubbidire agli adulti e tacere".
Così le dicono sempre.
Elisa possiede ancora un’arma però. La più potente. Forse possono obbligarla a sedere rigida e impettita su di una sedia, ma non possono fermare la sua immaginazione. Osserva il suo quadro preferito, un dipinto che un pittore famoso ha donato alla nonna quando erano entrambi giovani. La festa del paese, si chiama. Elisa immagina che egli fosse segretamente invaghito della nonna. Come avrebbe potuto anche solo pensare uno scenario così bello, se non fosse stato innamorato? Elisa sogna spesso di saltare dentro quel dipinto. Molti giovani dalle guance rosse la circondano. Sono in un campo di spighe dorate che ondeggiano alla brezza estiva. Indossano vesti di cotone, quasi trasparenti, e danzano a piedi nudi, mentre uno di loro suona un flauto. Nel sogno anche lei si abbandona, come ha fatto tante volte all’ombra del salice, quando nessuno la vedeva. Si muove rapida e leggera, come se un paio di braccia grandi e forti la stessero sollevando. Poi Elisa esce dal quadro, e fa ritorno nella stanza buia.
La madre tiene il capo chino, e fissa il pavimento di legno. Si asciuga gli occhi arrossati con il dorso della mano e le accarezza la testa.
"Sei grande ormai", mormora. "Devi essere la mia piccola donna".
Elisa tace, ma in cuor suo è spaventata. Sa che i grandi non sognano di scappare nel bosco. O forse lo fanno, ma poi scuotono la testa e ridono dei loro sogni, come fa sua madre quando lava i piatti e guarda alla Tv i documentari sulle isole tropicali.
"Se vinco alla lotteria vado là di sicuro", mormora mentre l’acqua scorre nel lavandino. Ma non crede davvero a quello che dice.
Elisa sa anche che ci si può ritrovare grandi da un momento all’altro, senza nemmeno saperlo, come vittime di un incantesimo. Così è stato per la sorella di Enrico. Un’estate giocava con loro a nascondino, e l’estate dopo si truccava e usciva con i ragazzi, e non aspettava più con ansia i lunghi pomeriggi all’ombra del salice. Per questo bisogna tenere gli occhi bene aperti. Elisa è ben decisa a non lasciare che una cosa del genere accada a lei.
Il fratellino cade dalla sedia e scoppia a piangere. La madre si precipita a consolarlo, distogliendo lo sguardo da Elisa. Il padre torna, dopo un po’. Porta gli occhiali scuri e si siede al tavolo senza pronunciare una parola. La madre accende una sigaretta, ed alza il volume del televisore. Tutto è tornato alla normalità.
Elisa si sente soffocare. Fuori dalla finestra vede Lucky che dorme, il muso appoggiato tra le zampe anteriori. Vede il salice piangente, i rami che aspettano inutilmente le carezze del vento e si piegano sotto il peso delle foglie, quelle foglie che assomigliano davvero a tante lacrime. E poi sorride al suo regno invisibile. In quella stanza buia lei è solo una bambina taciturna, ma là fuori è la regina delle praterie.
Elisa si alza in piedi e si dirige a piccoli passi verso la porta. Deve uscire da quella casa di persone tristi, prima di cadere vittima dell’incantesimo. Verrà un giorno in cui li lascerà per sempre, ma non è ancora il momento. Il fratellino sta succhiando una caramella, e la segue con lo sguardo mentre si allontana. Gli altri non battono ciglio, tengono gli occhi fissi sui piatti vuoti.
"Non lo vuoi, il gelato?" chiede la madre, quando Elisa è ormai sulla soglia di casa.
"Non ne ho voglia", balbetta. Dopo essersi chiusa la porta alle spalle, tira un sospiro di sollievo. Scende le scale saltando i gradini con un’energia che sorprenderebbe chiunque, se solo potessero vederla. Ma Elisa sa di essere sola, l’unica custode dei suoi segreti. Arriva ai piedi della rampa di scale e si blocca per un attimo. Pensa agli anni che la separano dalla grande avventura, dalla fuga. Li conta in silenzio; non devono essere più di dieci. Sembrano tanti ma passeranno in fretta, sussurra, come per convincersene. Poi si avvia trotterellando in giardino. Enrico la sta aspettando all’ombra del salice.
"Sono libera", pensa. "Sono libera".


Opera segnalata:

Luca Zecchi
STELLE


Prigioniere siete voi,
principesse dell’immenso,
che correte scalze per sentieri senza voce.
Insicure danzate lungo vie colme di malinconia,
mercanteggiando sogni e destino.
Ferite e negate, calpestate e cancellate,
inseguite le mie orme, sposate le mie ombre.
Io vi darò rifugio tra le mie parole,
e sarete libere di volare nelle stanze del mio cuore.
Vi lascerò incedere superbe nel vento,
libere come luce.
Ritornerete stelle,
ed allora germoglierete nella polvere,
sboccerete nel pianto
e splenderete in un sorriso.
Ed i miei desideri scriveranno il loro nome
con sottili fili di sole,
in una notte sincera da ascoltare.
Fatevi cogliere, fatevi respirare,
venite a parlare con il mio cuore
mie grandi scintille d’amore.


Opera segnalata

Alessandra Croce
ASIA

Com’è bella la mia Asia.
Ero appena nata
ma già mi ritrovavo sulla strada.
Ero un neonato cinese
col solo peccato di essere femmina.
Sulla strada mi aveva scaricato una signora,
stavo là, vicino ad un bidone.
Tutti mi vedevano e passavano:
era normale vedere un esserino per terra.
Un vecchietto finalmente si avvicinò,
allungò un bastone per toccarmi,
ero morta ed egli se ne andò.
Mi restava solo la libertà di reincarnarmi,
per tornare a vivere, veramente.
Finalmente, morbido gattone pechinese,
correvo per i prati, per le risaie.
Poi non ricordo più niente.
Adesso sono in una gabbia ghiacciata,
abbandonato al gelo della notte.
È mattina.
Due uomini vengono e mi coccolano,
sembrano pazzi per il mio pelo.
Il buio.
C’è solo una fioca luce
che illumina un tavolo tutto rosso.
Mi mettono sopra
e prendono un coltello:
evviva, si mangia.
Mi tengono una zampa
e comincio ad urlare, straziato:
mi sento aprire dalla coscia
fino al petto e sono un lago di sangue.
Piango.
"Sarà una bellissima pelliccia" dicono.
L’ultimo pensiero va al mio padroncino:
un bimbetto esploso con una mina anti-uomo,
ha fatto la mia stessa fine.
Addio.
Forse, la mia unica libertà è non rinascere più.


Elìa Bonomo
LA SCELTA

Quante strade s’intrecciano
sotto la volta del cielo.
Io cerco la mia.
Sono di luce, d’acqua, di stelle
di fango, d’odio e dolore.
Io cerco una strada d’amore
che è la più bella.
Goccia di sole
in un mondo in tempesta.
Sciolgo i miei lacci,
da libero voglio trovarla.


Elìa Bonomo
SE VUOI LA LIBERTÀ

Se vuoi la libertà
tu devi amare.
Ama te stesso,
gli altri, la natura,
non è semplice
ma guarda nel tuo cuore…
serenamente.
Se vuoi la libertà
non fare il male,
perché il dolore, l’odio, la paura
saranno nella notte le tre fiere
padrone dei tuoi sogni.
Se vuoi la libertà
raccogli le tue forze
e scala la montagna.
Lei, bellissima, ti aspetta sulla cima
e un frutto grande e buono
ti vorrà donare.
Un frutto grande, buono
e azzurro come il mare
che ti disseterà nei tuoi giorni a venire.


Lorenzo Feltrin
BIOGRAFIA DI UN UOMO LIBERO

Ricordo bene quel giorno, anche se molti anni sono passati da allora. Era un freddo pomeriggio d’inverno e io giravo senza meta per le strade della città, le mani infreddolite conficcate nelle tasche e la mente assorta in mille pensieri. Pensavo alla mia vita, al mio futuro, ed ero pieno di dubbi. Avevo sempre pensato che lo scopo della mia esistenza fosse laurearmi, trovare un buon lavoro e guadagnare parecchi soldi. Ma quel pomeriggio, non so perché, mi era sorto un dubbio, come se sapessi che in fondo non era quello ciò che volevo veramente. Mi domandavo infatti se sarei stato felice in quella maniera e a poco a poco mi convinsi che la risposta era negativa. Sentivo che non era in un buon lavoro che avrei trovato la mia realizzazione, né, tantomeno, nel denaro. Ma in che cosa allora? Che altre possibilità c’erano? Come avrei potuto sentirmi realizzato? E così vagavo nella nebbia con questi interrogativi che mi tormentavano l’animo.
Fu allora che vidi, seduto su una panchina e avvolto di stracci, un vecchio dai capelli e dalla barba lunghi. Stavo per tirare avanti, quando pensai che quel freddo poteva essere davvero pericoloso per una persona di quell’età. Mi accostai e vidi che tremava e le mani erano quasi blu. Gli chiesi se quella notte avesse un posto dove dormire, ma egli si limitò a sollevare appena le palpebre. Sapevo che in città c’era una casa di accoglienza per i poveri e decisi di accompagnarcelo. Una volta arrivati al caldo, nel giro di un’ora circa, si sentì subito meglio. E lo capii dai suoi occhi, nei quali ora vedevo essere tornata la vita, e dal suo sorriso, che era il suo modo per dirmi grazie (era muto, infatti). Qualcuno mi disse che se non fosse stato per me, probabilmente non sarebbe arrivato all’indomani.
Quella sera tornai a casa con una sensazione nuova, di nuova gioia, che riprovavo ogni volta che ripensavo a quegli occhi, nei quali, grazie a me, la fiamma della vita non si era spenta. Da allora cominciai a guardare al mondo in maniera diversa, cercando sempre di scorgere la luce della vita attorno a me. E così, a poco a poco, capii che la mia realizzazione l’avrei trovata nell’amore, nell’essere in armonia con gli altri e col mondo e nel difendere la vita quando essa era minacciata. Scoprii in me una nuova dimensione, una strana impressione… di libertà, una volontà di riappropriarmi della mia capacità di scegliere ciò che io, e non altri, ritenevo essere bene, come un soffio vitale che sembrava ripetermi ogni istante quello che un filosofo del passato aveva detto: ama, e fa’ ciò che vuoi…
Era un mattino di marzo quando partii, con me lo zaino, qualche vestito e poche lire che mi sarebbero bastate appena per una settimana. E me ne andai lontano, in giro per il mondo, vivendo di quello che riuscivo a guadagnarmi ogni giorno o che gli altri mi davano, scoprendo ogni giorno nuove sensazioni, conoscendo ogni giorno nuove persone, trovando ogni giorno nuovi amici. E ognuna di queste persone divenne parte di me, e io parte di loro, e come io davo senso alla loro vita, ognuna di esse ne dava alla mia e ancora oggi sento di voler loro bene. E così ho capito che cosa significa essere liberi, essere capaci di amare.
Ma in questo mio lungo viaggio, non ho trovato solo gioia e vita, ma anche dolore e morte. E, come mi ero impegnato a fare prima di partire, ho sempre lottato con tutte le mie forze per difendere la vita e la libertà dei miei cento, mille, milioni di fratelli. Ho lottato contro tanti "mercanti di morte", che anche oggi, ahimè, calpestano la vita e i diritti altrui (e così, senza saperlo, distruggono se stessi) sull’altare del profitto. Ho combattuto tante battaglie sui cinque continenti, da solo o con altri, ed ho subíto anche tante sconfitte. Ma in ogni momento io sapevo, anche nelle situazioni peggiori, di essere libero, poiché io avevo fatto una scelta di vita. Così ero libero, quando mi hanno minacciato, umiliato, esiliato, libero anche quando mi hanno imprigionato e magari torturato. Libero anche quel giorno di fine estate, in Africa, quando una pallottola di uno dei tanti "mercanti di morte" mi ha attraversato il cuore.
E ora, qui, che è dovunque e in nessun luogo, dove il tempo passa ma è sempre adesso, dove ciò che non è più sarà per sempre, io sono LA LIBERTÀ. E non sono solo, ma siamo tanti, tantissimi, eppure un’unica cosa. E sulle ali di un vento invisibile e impalpabile voliamo nei cuori di tutti gli uomini che scelgono la vita…


Giuliano Galluccio
LIBERTÀ

 Il sole tra le chiome
un dolce vento le fa volare
gioiosi i bambini le fanno cantare
d’oro e d’argento nella loro semplicità.
Girovaghe sognatrici del mondo
ad un passo dal cielo
trattenute a terra da un anelito di vita.
Specchio della luna d’autunno.
Piangono di rugiada quando secche si sentono chiamare
ognuna di loro ha un nome
e noi non lo sappiamo
sanno che continueranno a danzare tra i raggi del sole
per mille anni.
Noi invece cadiamo dopo cento.
Ma sono solo foglie.
Foglie secche.


Micol Guidi
LA LIBERTÀ

Quando penso alla libertà, la prima cosa che immagino è un uccello che vola con le sue grandi ali. Ho impresso nella mente la sua figura leggera e tranquilla mentre si libera nell’immensità del cielo; esso non trova nessun ostacolo lungo la sua strada, non ha pensieri in testa, sta appunto solo godendosi questa libertà che tutti sognano. Noi non possiamo volare, ma ciò non significa che non siamo liberi.
Ho cercato su vari testi il significato della parola libertà: è la facoltà di agire in modo autonomo, secondo la propria volontà e la propria natura senza essere sottoposti a limitazioni e costrizioni. Libertà è anche potere di arbitrio, di scelta. Da queste affermazioni ho tratto una conclusione: io sono libera come anche le persone che mi circondano.
Esiste però nel mondo chi non ha questo privilegio, ad esempio le popolazioni soggette a dittatura oppure le donne nate in paesi profondamente maschilisti, le quali non possono nulla, devono solo subire il volere dell’uomo. Ma può essere che anche tra queste ve ne sia una con il coraggio di pretendere la libertà anche a costo della vita: questa, pur morendo, avrà realizzato il proprio scopo, sarà dunque felice. L’essere liberi, infatti, ci rende a mio parere felici. Logicamente se fossimo tutti costretti a seguire la stessa strada, quella giusta, finiremmo tutti per star bene, ma noi abbiamo la facoltà di scegliere cosa fare di noi stessi e della nostra vita, sapendo perfettamente le diverse conseguenze delle varie azioni. Il compito di tali decisioni spetta alla nostra coscienza pulita o sporca che sia, considerando o no il rispetto del prossimo. Il problema è che spesso una scelta sbagliata porta a conclusioni drammatiche: conoscevo un ragazzo che decise di drogarsi; iniziò a star male e provò ad uscire da quel vicolo chiuso che aveva precedentemente imboccato. Ma non vi riuscì, fu nuovamente tentato dalla droga e quando capì di aver sbagliato fu troppo tardi, ormai stava per morire. Questo è un esempio estremo di scelta sbagliata, ma gli errori si possono fare anche riguardo a cose apparentemente poco importanti. In ogni caso le conseguenze si riscontrano sempre negativamente su di noi, in primo luogo e di riflesso anche sulle persone che ci circondano. È per questo motivo che la libertà non è da sottovalutare, anzi va capita e sfruttata, è il mezzo che ci porta verso la realizzazione, verso la felicità.
Nel film visto con la scuola ‘La vita sognata degli angeli’, fotografia realistica di vita urbana, il regista ci propone due diversi modi di vivere e modi opposti di utilizzare la libertà. Inizialmente entrambe le protagoniste sembrano libere. Si divertono e fanno più o meno quello che vogliono. Poi però Isa, la ragazza mora, cresce interiormente nel corso della vicenda poiché scopre di essere molto fortunata confrontandosi alla giovane in coma. Capisce di avere la libertà, di non dipendere da nessuno e di essere dunque privilegiata. Per questo cerca di affrontare ogni cosa che le capita, di accettare qualunque lavoro senza mai lamentarsi e nel frattempo prova ad aiutare gli altri. Marie, invece, non riesce a scegliere la via giusta e per questo vive una serie di situazioni che la mettono a disagio fino a portarla al suicidio.
Questa cruda storia, nella quale nonostante tutto si intrecciano sentimenti di amicizia, solidarietà, passione, speranza, angoscia e tenerezza, è la dimostrazione di quanto possa cambiare la vita di qualcuno in base alle scelte che questa compie. E l’ultimissima scena, nella quale la ragazza rimasta viva, Isa, viene inquadrata in mezzo alla monotonia di una fabbrica dove le operaie sembrano tutte uguali, a prima vista può risultare triste e pessimistica, ma a mio parere insiste sul fatto che ella abbia preferito reagire (pur restando umile) e continuare a vivere, nonostante la sua posizione.
La libertà, dunque, può essere gestita in vari modi, seguendo varie strade, ma una sola di queste sarà quella che ci farà sentire come un uccello in volo, una sola sarà quella fatta per noi.


Giulia Ricci
LA LIBERTÀ

La libertà,
un battito d’ala
di un uccello in balia del vento,
in un cielo stellato
dove le piccole stelle luminose
lo guidano,
lungo un cammino sconosciuto.
Ma egli sa,
che oltre quel confine,
una scelta dovrà fare:
seguire il vento
o sfidare le grandi forze naturali
che la vita gli ha riservato.


Lia Romanini
LA LIBERTÀ

Ho un attimo,
abbandonare, correre, fuggire
oppure riflettere, rimanere…
Tutto ciò che mi appartiene
posso sfruttarlo come voglio,
la vita che mi hanno dato
è fatta di libertà, scelte
e tutto è relativo.
Posso fare,
decidendo cosa è meglio
meglio per me e per gli altri.
Forse non mi accorgo
di tradire proprio me stessa
ferendo gli altri
e non capisco cosa veramente
mi rende felice.
Ho una vita
per capire, continuare
e non finire mai di sperare.


Sara Soriani
CHE COS’È LA LIBERTÀ?

Quante volte si sente parlare di libertà e ci si accorge che molti ne parlano con la convinzione di avere trovato quella definizione "universale", semplice, chiara, efficace, ma soprattutto incontestabile che filosofi, religiosi, laici, politici, artisti, poeti, insomma tutto il genere umano va cercando da secoli. Ma ogni volta dal pubblico una voce si leva facendo notare che in quel caso particolare tale definizione non può essere accettata, o si rivela incompleta, incoerente. E allora la ricerca continua...
Fra le definizioni di ogni genere non bisogna quindi stupirsi se l’idea che molti ragazzi (e non solo) hanno della libertà, appare un po’ superficiale, a volte banale, formulata come una di quelle frasi fatte che si sentono su questo argomento.
Se si decidesse di fare un’inchiesta fra i giovani il cui unico quesito fosse "Che cos’è la libertà?" sicuramente la maggior parte degli intervistati risponderebbe che essa consiste nella possibilità di fare ciò che si vuole. Molti inorridiscono davanti ad una risposta che dimostra tanta superficialità.
Io però non sarei così severa perché di questa risposta "banale" qualcosa si può ritenere esatto.
Un’azione non implica forse una scelta? Nel momento in cui decido di fare o non fare compio una scelta che reputo giusta in quel momento. Che IO reputo giusta in quel momento. E chi altri potrebbe giudicare la mia scelta? In base a quali parametri? Chi può affermare che la scelta di un’altra persona si rivelerà positiva o negativa prima ancora che quella persona abbia agito?
Forse perché in un’altra occasione una certa scelta si era rivelata efficace per cui si tende a credere che una situazione simile si risolva in modo simile. Ma ne siamo proprio sicuri?
Ecco perché non sono d’accordo con coloro che sostengono che si possa utilizzare la propria libertà in modo giusto o in modo sbagliato.
Ognuno di noi, nel momento in cui fa una scelta, non credo abbia come scopo ultimo la propria infelicità. Cerca di raggiungere il proprio equilibrio, la felicità e crede che quella scelta sia giusta. Il fatto che poi non si riveli tale non è esercitare in modo sbagliato la propria libertà ma un semplice errore di scelta spesso dovuto ad influenze esterne o al semplice ma oggi più che mai potente conformismo.
Anche un filosofo razionalista del 1600, Baruch Spinoza, nella sua opera Ethica more geometrico demonstrata, afferma che "Libera si definisce quella cosa che esiste per sola necessità della sua natura e si determina da se sola ad agire...". Egli sostiene quindi che si è liberi nella misura in cui si conosce la propria natura, si è consapevoli dei propri istinti naturali (positivi ma soprattutto negativi, poiché solamente conoscendoli, e non reprimendoli, possono essere controllati razionalmente) e si agisce in base ad essi. La conoscenza, che già Platone definisce come un percorso doloroso per l’uomo (famoso è il mito della caverna), porta quindi alla consapevolezza che l’uomo, in ogni sua azione, é condizionato da ciò che lo circonda, che non può abbandonare la società e le tradizioni, e la libertà sta proprio nell’accettazione consapevole della propria condizione.
Non tutti gli uomini, però, accettano la loro condizione ed esercitano in modo diverso (e non giusto o sbagliato) la propria libertà.
Se una componente essenziale della libertà è la coscienza, e cioè quella cosa che interpelliamo nel momento in cui dobbiamo decidere, tale coscienza non è certamente oggettiva, uguale in tutti gli uomini, immutabile in ogni tempo o circostanza perché altrimenti ogni uomo agirebbe allo stesso modo e anche la storia umana non sarebbe lineare ma ciclica.
Sappiamo bene che in base alle proprie esperienze l’uomo nel corso della sua vita può cambiare il proprio modo di agire, tanto in positivo quanto in negativo, utilizzando in maniera diversa anche la propria libertà, e ciò dimostra la sua volubilità, la sua perenne influenzabilità e fragilità.
Ognuno di noi reagisce diversamente ad una certa situazione e questa reazione é dovuta alla sua interiorità ed alla sua esperienza, alle sue tradizioni, alla società in cui vive, per cui dentro di sé racchiude non una sola coscienza, bensì due, una individuale ed una storica, che si influenzano e completano a vicenda.
Nelle Confessioni, Agostino, nel momento in cui si pone il problema dell’esistenza del tempo e ne analizza la triplice dimensione passato-presente-futuro, è costretto ad ammettere che non esiste un tempo "oggettivo" e definibile ma che "È insomma al suo passare che il tempo può essere sentito e misurato; una volta passato non può, perché non esiste", portando in primo piano la sensibilità dell’individuo. Passato e futuro sono quindi modi d’essere dell’anima (memoria ed attesa), ricondotti al presente inteso come vissuto percettivo del soggetto. Ma quest’anima non é altro che l’interiorità dell’individuo, la sua coscienza.
Non é quindi possibile, a mio avviso, dare una definizione "universale" di libertà perché tutte quelle formulate nel corso dei secoli, se analizzate, racchiudono in sé qualcosa di vero ed applicabile.
Credo che ognuno di noi abbia un proprio concetto di libertà, magari non diverso da quello di un altro se non per qualche sfumatura, ma sicuramente tutti si trovano d’accordo sul fatto che ogni uomo in quanto tale ha il diritto di essere libero.
Questo diritto però non giustifica quelle azioni che si rivelano dannose per sé e per gli altri ed occorre quindi legare questo concetto a quello di responsabilità.
Ognuno di noi può esercitare la propria libertà in ogni momento della sua vita ed in ogni momento deve però essere consapevole e responsabile di questo esercizio e, spesso, accettare l’irreversibilità delle conseguenze.
L’uomo libero è quindi a volte vittima della sua stessa libertà.
La maggior parte delle volte quando si tratta questo difficile argomento si è portati a giudicare le scelte degli altri e non ad analizzarle.
È invece proprio l’analisi che meglio può spiegare la molteplicità di questo concetto.


Ilaria Tagliani
IL DESIDERIO PIÙ GRANDE

Echi di voci lontane pregano,
uomini svuotati della loro anima,
volti cosparsi di paura e terrore.
Un urlo, un comando, tante voci.
Il panico, il dolore, il silenzio.
Nessuno parla, più nessuno vive.
Il sole tiepido riscalda i cuori,
il vento sussurra dolci parole,
sotto gli alberi un letto di foglie.
I bambini giocano spensierati:
loro conosceranno la libertà.


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