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Da parecchi giorni la stavo osservando con discrezione.
Era così strano vederla passare - ogni volta alla stessa
ora - con quell'insolito ingombrante fardello, con quell'atipica
sensazione di smarrimento.
Buttavo lì uno sguardo di tanto in tanto e la coglievo
sempre nella stessa posizione mentale, quasi come se si fosse
abituata ad una situazione a lei non gradita.
Buttavo lì uno sguardo e mi sentivo colto da un sottile
malessere, una sorta di infelice coinvolgimento, un male leggero
ma terribilmente più infido di quello che ogni giorno
insanguina le nostre realtà.
Ah!
sono attratto profondamente dalle persone che soffrono
pur non avendo nessun motivo materiale per essere in tale
situazione.
Troppo facile soffrire nei momenti bui.
Troppo semplice gioire in quelli meno difficili.
Occorre fare attenzione.
Ecco, forse ci vuole un punto di osservazione più distaccato
per sintetizzare il mondo delle cose.
Laura ce l'aveva.
Aveva un punto di osservazione privilegiato, una sorta di
osservatorio marziano usato per scrutare noi piccole formichine
nel nostro caotico alveare, costruito sull'asfalto del benessere
e imbottito di sorrisi da riciclaggio del denaro sporco.
Oh sì, Laura aveva questo dono e io glielo invidiavo
profondamente.
Mi ricordo che una volta l'avevo vista passare tra la folla
di un triste locale pieno di gente che finge di divertirsi.
Come al solito ci eravamo scambiati il saluto e nulla di più
ma quella volta mi aveva guardato in modo strano.
QUELLA volta le sue pupille mi provocarono strane escoriazioni.
Me le ricordo bene.
Mi guardò con sufficienza, la testa in chissà
quale dimensione parallela, la voce stanca e ripiegata su
se stessa.
Stava male, lo avevo capito.
Avrei voluto sussurrarle "Ehi
ci sono anch'io
Ti capisco
Ho capito chi sei ma non so come arrivare
lì dove sei tu
guidami!"
Avrei voluto chiederle di farmi partecipe dei suoi pensieri.
Cazzo.
Ma naturalmente non siamo fatti per comunicare emozioni.
Come tutti gli esseri umani ho forti difficoltà a realizzare
una comunicazione priva di ipocrisia e retorica.
Così abbassai lo sguardo, la salutai con quel mezzo
sorriso ebete che mi ritrovo e ripresi in mano il bicchiere
che per un attimo avevo appoggiato al bancone.
Una sicurezza
Il problema è che non riuscivo più a disfarmi
di quell'imbarazzante senso di soffocamento, di radicale frustrazione
che quel veloce sguardo mi aveva regalato.
Decisi di bere tutto d'un fiato.
Picchiai forte il bicchiere sul tavolo come per sfidare la
sorte e decisi di seguirla.
"Ma si, mi sono rotto di stare con le mani in mano in
questo posto, voglio scoprire qual è il suo segreto,
la sua formula magica, dove si procura i liquidi vitali che
la rendono così speciale".
Era passata da poco più di un minuto ma la ressa mi
impediva di vedere dove in quel momento si trovasse.
Mi infilai tra la folla.
Poi ne uscii e mi riportai in prossimità del bancone.
Presi un'altra volta da bere, sapevo che da lì in poi
si sarebbe scatenato il pandemonio.
I miei incubi a stretto contatto con la persona in grado di
guarirli o per lo meno di indicarmi la fonte da cui questi
hanno origine.
Ne ero sempre più convinto.
Finii in un attimo l'ennesima birra e mi rimisi nel flusso
della gente.
Cercavo di vedere dove fosse ma la calca era così aggressiva
che era già qualcosa riuscire ad intravedere l'uscita.
Mi sentivo perso.
Mi guardavo in giro. Non conoscevo nessuno.
Sentivo qualcuno ridere ma non sapevo chi fosse né
cosa volesse da me, semmai centrassi qualcosa con quelle grasse
risate.
Mi stavo lentamente estraniando da tutto ciò che mi
circondava.
L'amaro in gola e quella strana sensazione di fatica alle
gambe.
Poi ad un certo punto mi sentii strattonare i pantaloni.
"Si può sapere cosa vuoi?"
Di nuovo: "allora?!? Perché mi cerchi? Cosa ti
ho fatto?"
Ero completamente spiazzato, mi aveva preso alla sprovvista.
Era come se il sipario si fosse aperto all'improvviso.
Le luci si erano spente e io mi ritrovavo protagonista di
una farsa.
Anzi no, una tragedia. Dopotutto non c'è una grossa
differenza
Feci finta di niente e mi avvicinai a lei.
"No
niente volevo solo fare quattro chiacchiere
"
"Facciamole ma non ti assicuro niente".
La seguii verso l'uscita ma prima le feci cenno di aspettarmi.
Avevo assoluto bisogno di qualcosa che mi rendesse più
malleabile.
Passai al bancone e presi una birra che ebbe vita assai breve.
La trovai fuori dal locale con la testa tra le gambe.
Seduta su un piccolo muretto.
Notai che era vestita diversa dal solito... c'era un po' di
disordine in quello che indossava. I capelli sciolti e bellissimi.
Tutto aveva una sua logica, era chiaro.
Proprio come quando mi accorsi che il silenzio dei nostri
corpi iniziava lentamente a oscurare e a farsi beffe del frastuono
insopportabile del locale.
Attaccai io deciso: "Anche se è piena estate sto
morendo di freddo. Tutte le volte che tento di chiudere la
porta sento che gli spifferi non mi daranno tregua per tutta
la notte."
"Io non sento più neppure quelli. Non sento più
niente.", mi rispose.
E ancora: "Sono come in un campo di sterminio.
Non m'importa quanti giorni ci starò.
Dopotutto è solo quello che sono riuscita ad ottenere".
"Come ci sei arrivata? è stata forse colpa di
"
"NON ME NE SONO ACCORTA lo vuoi capire CAZZO!"
E ancora: " Capiterà anche a te, stanne certo.
Si finisce così non c'è scampo.
Sei un invasato e un pervertito. Non crederai di passarla
liscia, sei solo un piccolo stronzo alla ricerca della verità.
Al posto di masturbarti il cervello masturbati qualcos'altro.
Mi fai pena, vattene."
Poi mi sputò in faccia.
..
Non feci una piega.
Girai la testa dall'altra parte e me ne andai.
Aveva ragione.
Stava solo cercando di rendermi la vita più facile
anche se sapeva che non ci sarebbe stato nulla da fare.
Mi voleva bene, Laura.
Mi voleva davvero bene, me lo dimostrò in modo inequivocabile
quella sera.
Cercava di tenermi lontano dai suoi pranzi fatti di pasta
scotta e ragù industriale. Di tonno scaduto e uova
avariate.
Cercava di tenermi lontano dalle sue notti insonni, con il
solido terrore di riaprire gli occhi la mattina seguente.
Notti in cui l'unica preoccupazione è cercare di ricordarsi
di non lasciare a portata di mano una lametta arrugginita.
La noia che ti entra nei polmoni, la quotidianità che
ti caria i sensi.
Cercava di tenermi distante dalla sua incapacità di
piangere, di avvalersi dell'unica vera liberazione dell'anima.
Per questo la ringrazierò sempre per quello che mi
ha detto quella sera.
Mi voleva un bene dell'anima Laura, un bene dell'anima.
E io ne volevo a lei.
Lo scoprii la settimana seguente quando al solito bar, a metà
mattina, sentii delle voci a proposito di una giovane ragazza
suicida.
Pistola in bocca, si disse.
Quando andai al funerale capii che per Laura quello era un
giorno di festa, il coronamento di un percorso ad ostacoli
portato a felice conclusione.
Ce l'aveva fatta.
Era arrivata lontano e quindi aveva dovuto pagare dazio ma
questo, ne ero sicuro, non le era dispiaciuto.
Insomma qualcuno o qualcosa le aveva scritto il finale e lei
non si è potuta esimere dall'interpretarlo.
La farsa si era trasformata in tragedia.
Sipario calato.
Avanti con il secondo atto, la grande giostra ricomincia la
sua pazza pazza corsa.
VENGHINO SIGNORE E SIGNORI!
VENGHINO! IL NOSTRO CIRCO
RIPRENDERA' A BREVE I SUOI ESILERANTI SPETTACOLI!
NUOVE AVVENTURE ED AUTENTICI PAZZI TUTTI DA COLLEZIONARE
!
Girai le spalle al corteo e calcai bene il mio cappellino
sulla testa.
"Oggi è proprio un bel giorno di sole", pensai.
"già, proprio un bel giorno di sole".
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