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Terza
puntata dell'analisi sulla situazione della musica rumorosa
Made in Italy. Dopo i milanesi Six Minute War Madness (P.N.
#7) e i fiorentini De Glaen (P.N. #8) ci spostiamo a Bologna
per fare quattro chiacchere con i Cut, autori dell'album d'esordio
Operation Manitoba (Gamma Pop/Wide).
I Cut si caratterizzano
per delle sonorità davvero anomale, orientate verso
un punk-noise di derivazione americana con tanti spunti originali
e trovate a effetto.Visto che l'email a loro indirizzata non
è andata a buon fine, decido di incontrarli personalmente
prima di un loro concerto, cercando di indagare al meglio
sulle loro intenzioni. Eccone il risultato.
>1 - Prima di passare alle
domande vere e proprie vorrei capire come state vivendo l'eccitante
momento del vostro primo disco: mi sembra tra l'altro che
abbiate avuto ottime recensioni, quindi un certo entusiasmo
dovrebbe essere giustificato..
Sicuramente è un
ottimo momento per noi, il disco ha avuto una risposta che
non ci aspettavamo e anche dal punto di vista delle vendite
le cose stanno andando bene, anche grazie alla spinta positiva
della stampa specializzata. Siamo molto felici di questo e
speriamo di confermarci con quello che faremo in futuro, con
le nostre prossime uscite. Ti posso comunque dire che non
eravamo preparati a un'accoglienza così positiva. Ci
siamo anche resi conto del fatto che se un gruppo non ha alle
spalle una struttura discografica potente fa molta fatica
a trovare spazio in Italia, pochissimi si fidano di qualcosa
che, diciamo così, non si 'vende' da solo. Noi non
ci lamentiamo, ma queste considerazioni vanno comunque fatte.
>2 - Operation
Manitoba spazia dal rock al noise e molto spesso si avvicina
a un punk corposo e veloce. Quello che colpisce comunque in
quasi tutti i brani è l'impronta personale del progetto...
Non c'è alcuna intenzione
da parte nostra di creare qualcosa di poco riconoscibile,
diciamo che questo è dovuto al fatto che all'interno
dei Cut c'erano già cinque personalità musicali
formate nel momento nel quale il gruppo si è costituito.
Tutti noi veniamo da gusti musicali diversi anche se il punto
in comune è senza dubbio la passione per un rock crudo.
Ognuno di noi ha sviluppato una parte di quello che può
definirsi genericamente rock: c'è chi preferisce le
produzioni della Touch&Go, la scena di Chicago, altri
propendono per la psichedelia, il garage, il punk-rock. Comunque
penso che uno dei pregi del disco sia quello che queste influenze
spesso si trovano contemporaneamente all'interno dello stesso
brano (almeno nei pezzi migliori), creando così una
miscela personale.
>3 - La scelta
di suonare in presa diretta a mio parere ha esaltato le doti
e la qualità della vostra musica. Come siete arrivati
a questa decisione?
Innanzi tutto quando siamo
entrati in studio avevamo pochi soldi, ma anche se avessimo
avuto miliardi da spendere avremmo deciso comunque di registrare
in presa diretta, è la formula che ci è più
consona sotto ogni punto di vista. L'intensità che
si riesce a creare in una stanza dove cinque persone suonano
è sempre un momento irripetibile, c'è quello
che potrei definire 'tensione espressiva'. Anche il piccolo
errore, l'imperfezione, costituisce per noi fonte di emotività.
Questo modo di registrare è molto vicino all'esperienza
live che è quella che preferiamo e nella quale ci identifichiamo
meglio. La nostra è stata una scelta consapevole, assolutamente
voluta.
>4 -La comprensibilità
delle liriche è pressoché nulla. Problemi di
comunicazione o semplicemente ritenete marginale il messaggio
vocale?
Nessuna delle due ipotesi mi
trova d'accordo. Innanzitutto vorrei specificare che durante
la registrazione abbiamo scelto di non tenere la voce in primo
piano per evitare di essere vicini alle produzioni tipicamente
italiane. Pensiamo infatti che queste soluzioni siano la causa
della povertà sonora di molte produzioni italiane e
abbiamo così cercato di evitarle. E poi il messaggio
di un brano non è dato esclusivamente dalle liriche
ma dall'interazione tra parole e suono. Effettivamente ci
sono dei momenti in cui le parole sono in parte oscurate,
ma si tratta comunque di una scelta. Penso all'ultimo disco
dei Litfiba dove la voce è indiscutibilmente in primo
piano: noi vorremmo evitare di battere quella strada, quell'effetto
un po' da piano bar.... Per quanto riguarda i testi ti posso
assicurare che mettiamo molta cura nella composizione. Elena
(Skoko, la cantante n.d.r.) te lo può confermare!.
>5 - Mi prenderete
per pazzo ma canzoni come Get out of my way e Psycho
rockn'roll vi potrebbero lanciare nell'universo punk con
indiscussa autorità. In quale maniera vi rapportate
con la mentalità (più
che con il suono) del filone di pensiero 'no future'?
Il punk-rock è stato
uno dei momenti più importanti per quasi tutti quelli
che si sono avvicinati alla musica negli ultimi anni, ha sancito
alcuni principi fondamentali dell'approccio alla musica: per
esempio il fatto di mettere la tecnica tradizionale in secondo
piano e di privilegiare gli aspetti espressivi. Questo è
uno degli atteggiamenti che condividiamo. L'esperienza del
punk-rock va comunque interpretata in modo 'positivo', nel
senso che al momento distruttivo vero e proprio (che ci doveva
essere) deve seguire una fase più costruttiva, anche
se fondata sugli stessi principi di radicalità che
restano comunque alla base. La scelta di essere indipendenti
(e di restarci) si incanala in questa direzione: punk-rock
anche come scelta di vita.
>6 - La prima
volta che ho sentito Snake dancer e Soul deranger
ho pensato che mi trovavo di fronte a potenziali colonne sonore
di spy-story, onde soniche in grado di accompagnare le immagini
del vecchio BondJamesBond. Cosa ne pensate?
I brani che hai citato sono
tra i più interpretati dal punto di vista vocale e
cercano di evocare quell'immaginario legato ai riferimenti
di cui parli. Siamo degli appassionati del settore e abbiamo
voluto in un certo senso omaggiare questo immaginario al di
là dei semplici esercizi di stile. Tra l'altro questo
tipo di atmosfere ha iniziato a circolare nell'ambito musicale...
>7 - Ti riferisci
ai Propellerheads?
Sì, anche loro.
Tra l'altro mi piacciono abbastanza...
>8 - I Cut suonano
con tre chitarre e questo ormai non è più una
novità assoluta nel panorama musicale alternativo.
La creazione di scatti ritmici è da considerarsi marginale
nel vostro progetto? Oppure la surrogazione con una chitarra
baritono si adatta meglio al vostro tipo di suono?
All'inizio suonavamo con
basso e tre chitarre. In seguito si è verificata la
defezione del bassista (nell'agosto del 1997 se non sbaglio),
e abbiamo deciso di continuare con tre chitarre visto che
il suono era già fin troppo ricco. In realtà
il fatto di suonare con tre chitarre non è mai stata
una novità: negli anni '50 il rock n'roll era suonato
senza basso, si usava il contrabbasso che nel mixaggio finale
veniva sempre oscurato dalle chitarre e dalla batteria. Quindi
il basso non è fondamentale per fare rock... a ben
vedere non lo sono neanche le chitarre, se pensi per esempio
a Lewis che suonava con piano, sassofono e batteria.... Non
ci interessa surrogare il basso, cerchiamo di utilizzare questa
nostra caratteristica per ricercare nuovi suoni, che comprendano
comunque anche frequenze basse. Il fatto di non avere il basso
ti costringe a fare economia di suono, evitare solismi e cercare
di coprire la parte ritmica. E poi basta sentire Jon Spencer...
sembra che abbia tre bassi....
>9 - Ho sentito
che avete dovuto rinunciare a Daniele Pala, il batterista
che suona sul disco. Per quale motivo? Lo trovavo eccezionale!
Daniele è stato molto
importante per noi, ha portato il suo contributo all'interno
del disco. Purtroppo c'erano però delle differenze
dal punto di vista dei gusti musicali, preferiva cose più
vicine al crossover-industial. Il nostro nuovo batterista
è più scarno rispetto a Daniele ma è
anche più ritmico e nel nostro caso, avendo tre chitarre,
questo può essere un vantaggio per il suono: non vogliamo
'caricarlo' eccessivamente...non che con Daniele si corresse
questo rischio, per carità...però adesso siamo
soddisfatti così. Dal punto di vista umano, poi, i
rapporti sono sempre stati buoni.
>10 - Mi sembra
di aver capito che la vostra etichetta, la Gamma Pop, è
gestita in parte anche da voi. Qual è più precisamente
la vostra posizione?
Sì, ci siamo dentro
anche noi, insieme a un ragazzo che si chiama Filippo che
si occupa degli aspetti più, diciamo così, 'amministrativi',
anche se la parola non è adatta. Ci preoccupiamo di
trovare date per i gruppi, e tu sai quanto sia difficile,
e di programmare le varie uscite discografiche. Tra poco dovrebbero
uscire i Giardini di Mirò che ci piacciono molto e
che stimiamo. Come dicono loro, fanno cose alla Mogwai, brani
articolati... strumentali. Comunque la Gamma Pop è
nata all'inizio come web-zine nel '97 e poi piano piano si
è trasformata in quello che è. Ti anticipo che
quest'estate organizzeremo un festival itinerante con la Gamma
Pop: ci saranno i francesi Prohibition, i Cut, i Roseislandroad,
i Julie's haircut (questi ultimi in procinto di uscire a settembre
con l'album vero e proprio).
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