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  CUT
intervista a
(La Pecora Nera n.9_giugno 1999)
di Paolo Topa

 

Terza puntata dell'analisi sulla situazione della musica rumorosa Made in Italy. Dopo i milanesi Six Minute War Madness (P.N. #7) e i fiorentini De Glaen (P.N. #8) ci spostiamo a Bologna per fare quattro chiacchere con i Cut, autori dell'album d'esordio Operation Manitoba (Gamma Pop/Wide).

I Cut si caratterizzano per delle sonorità davvero anomale, orientate verso un punk-noise di derivazione americana con tanti spunti originali e trovate a effetto.Visto che l'email a loro indirizzata non è andata a buon fine, decido di incontrarli personalmente prima di un loro concerto, cercando di indagare al meglio sulle loro intenzioni. Eccone il risultato.

>1 - Prima di passare alle domande vere e proprie vorrei capire come state vivendo l'eccitante momento del vostro primo disco: mi sembra tra l'altro che abbiate avuto ottime recensioni, quindi un certo entusiasmo dovrebbe essere giustificato..
Sicuramente è un ottimo momento per noi, il disco ha avuto una risposta che non ci aspettavamo e anche dal punto di vista delle vendite le cose stanno andando bene, anche grazie alla spinta positiva della stampa specializzata. Siamo molto felici di questo e speriamo di confermarci con quello che faremo in futuro, con le nostre prossime uscite. Ti posso comunque dire che non eravamo preparati a un'accoglienza così positiva. Ci siamo anche resi conto del fatto che se un gruppo non ha alle spalle una struttura discografica potente fa molta fatica a trovare spazio in Italia, pochissimi si fidano di qualcosa che, diciamo così, non si 'vende' da solo. Noi non ci lamentiamo, ma queste considerazioni vanno comunque fatte.

>2 - Operation Manitoba spazia dal rock al noise e molto spesso si avvicina a un punk corposo e veloce. Quello che colpisce comunque in quasi tutti i brani è l'impronta personale del progetto...
Non c'è alcuna intenzione da parte nostra di creare qualcosa di poco riconoscibile, diciamo che questo è dovuto al fatto che all'interno dei Cut c'erano già cinque personalità musicali formate nel momento nel quale il gruppo si è costituito. Tutti noi veniamo da gusti musicali diversi anche se il punto in comune è senza dubbio la passione per un rock crudo. Ognuno di noi ha sviluppato una parte di quello che può definirsi genericamente rock: c'è chi preferisce le produzioni della Touch&Go, la scena di Chicago, altri propendono per la psichedelia, il garage, il punk-rock. Comunque penso che uno dei pregi del disco sia quello che queste influenze spesso si trovano contemporaneamente all'interno dello stesso brano (almeno nei pezzi migliori), creando così una miscela personale.

>3 - La scelta di suonare in presa diretta a mio parere ha esaltato le doti e la qualità della vostra musica. Come siete arrivati a questa decisione?
Innanzi tutto quando siamo entrati in studio avevamo pochi soldi, ma anche se avessimo avuto miliardi da spendere avremmo deciso comunque di registrare in presa diretta, è la formula che ci è più consona sotto ogni punto di vista. L'intensità che si riesce a creare in una stanza dove cinque persone suonano è sempre un momento irripetibile, c'è quello che potrei definire 'tensione espressiva'. Anche il piccolo errore, l'imperfezione, costituisce per noi fonte di emotività. Questo modo di registrare è molto vicino all'esperienza live che è quella che preferiamo e nella quale ci identifichiamo meglio. La nostra è stata una scelta consapevole, assolutamente voluta.

>4 -La comprensibilità delle liriche è pressoché nulla. Problemi di comunicazione o semplicemente ritenete marginale il messaggio vocale?
Nessuna delle due ipotesi mi trova d'accordo. Innanzitutto vorrei specificare che durante la registrazione abbiamo scelto di non tenere la voce in primo piano per evitare di essere vicini alle produzioni tipicamente italiane. Pensiamo infatti che queste soluzioni siano la causa della povertà sonora di molte produzioni italiane e abbiamo così cercato di evitarle. E poi il messaggio di un brano non è dato esclusivamente dalle liriche ma dall'interazione tra parole e suono. Effettivamente ci sono dei momenti in cui le parole sono in parte oscurate, ma si tratta comunque di una scelta. Penso all'ultimo disco dei Litfiba dove la voce è indiscutibilmente in primo piano: noi vorremmo evitare di battere quella strada, quell'effetto un po' da piano bar.... Per quanto riguarda i testi ti posso assicurare che mettiamo molta cura nella composizione. Elena (Skoko, la cantante n.d.r.) te lo può confermare!.

>5 - Mi prenderete per pazzo ma canzoni come Get out of my way e Psycho rockn'roll vi potrebbero lanciare nell'universo punk con indiscussa autorità. In quale maniera vi rapportate con la mentalità (più che con il suono) del filone di pensiero 'no future'?
Il punk-rock è stato uno dei momenti più importanti per quasi tutti quelli che si sono avvicinati alla musica negli ultimi anni, ha sancito alcuni principi fondamentali dell'approccio alla musica: per esempio il fatto di mettere la tecnica tradizionale in secondo piano e di privilegiare gli aspetti espressivi. Questo è uno degli atteggiamenti che condividiamo. L'esperienza del punk-rock va comunque interpretata in modo 'positivo', nel senso che al momento distruttivo vero e proprio (che ci doveva essere) deve seguire una fase più costruttiva, anche se fondata sugli stessi principi di radicalità che restano comunque alla base. La scelta di essere indipendenti (e di restarci) si incanala in questa direzione: punk-rock anche come scelta di vita.

>6 - La prima volta che ho sentito Snake dancer e Soul deranger ho pensato che mi trovavo di fronte a potenziali colonne sonore di spy-story, onde soniche in grado di accompagnare le immagini del vecchio BondJamesBond. Cosa ne pensate?
I brani che hai citato sono tra i più interpretati dal punto di vista vocale e cercano di evocare quell'immaginario legato ai riferimenti di cui parli. Siamo degli appassionati del settore e abbiamo voluto in un certo senso omaggiare questo immaginario al di là dei semplici esercizi di stile. Tra l'altro questo tipo di atmosfere ha iniziato a circolare nell'ambito musicale...

>7 - Ti riferisci ai Propellerheads?
Sì, anche loro. Tra l'altro mi piacciono abbastanza...

>8 - I Cut suonano con tre chitarre e questo ormai non è più una novità assoluta nel panorama musicale alternativo. La creazione di scatti ritmici è da considerarsi marginale nel vostro progetto? Oppure la surrogazione con una chitarra baritono si adatta meglio al vostro tipo di suono?
All'inizio suonavamo con basso e tre chitarre. In seguito si è verificata la defezione del bassista (nell'agosto del 1997 se non sbaglio), e abbiamo deciso di continuare con tre chitarre visto che il suono era già fin troppo ricco. In realtà il fatto di suonare con tre chitarre non è mai stata una novità: negli anni '50 il rock n'roll era suonato senza basso, si usava il contrabbasso che nel mixaggio finale veniva sempre oscurato dalle chitarre e dalla batteria. Quindi il basso non è fondamentale per fare rock... a ben vedere non lo sono neanche le chitarre, se pensi per esempio a Lewis che suonava con piano, sassofono e batteria.... Non ci interessa surrogare il basso, cerchiamo di utilizzare questa nostra caratteristica per ricercare nuovi suoni, che comprendano comunque anche frequenze basse. Il fatto di non avere il basso ti costringe a fare economia di suono, evitare solismi e cercare di coprire la parte ritmica. E poi basta sentire Jon Spencer... sembra che abbia tre bassi....

>9 - Ho sentito che avete dovuto rinunciare a Daniele Pala, il batterista che suona sul disco. Per quale motivo? Lo trovavo eccezionale!
Daniele è stato molto importante per noi, ha portato il suo contributo all'interno del disco. Purtroppo c'erano però delle differenze dal punto di vista dei gusti musicali, preferiva cose più vicine al crossover-industial. Il nostro nuovo batterista è più scarno rispetto a Daniele ma è anche più ritmico e nel nostro caso, avendo tre chitarre, questo può essere un vantaggio per il suono: non vogliamo 'caricarlo' eccessivamente...non che con Daniele si corresse questo rischio, per carità...però adesso siamo soddisfatti così. Dal punto di vista umano, poi, i rapporti sono sempre stati buoni.

>10 - Mi sembra di aver capito che la vostra etichetta, la Gamma Pop, è gestita in parte anche da voi. Qual è più precisamente la vostra posizione?
Sì, ci siamo dentro anche noi, insieme a un ragazzo che si chiama Filippo che si occupa degli aspetti più, diciamo così, 'amministrativi', anche se la parola non è adatta. Ci preoccupiamo di trovare date per i gruppi, e tu sai quanto sia difficile, e di programmare le varie uscite discografiche. Tra poco dovrebbero uscire i Giardini di Mirò che ci piacciono molto e che stimiamo. Come dicono loro, fanno cose alla Mogwai, brani articolati... strumentali. Comunque la Gamma Pop è nata all'inizio come web-zine nel '97 e poi piano piano si è trasformata in quello che è. Ti anticipo che quest'estate organizzeremo un festival itinerante con la Gamma Pop: ci saranno i francesi Prohibition, i Cut, i Roseislandroad, i Julie's haircut (questi ultimi in procinto di uscire a settembre con l'album vero e proprio).



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