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"Bisogna lavorare tutti i giorni, cazzo."
Continuava a ripetere ossessivamente questa frase e io ormai
non sapevo più che minchia rispondergli.
Avevo tentato di bloccarlo più volte, di cercare di
fargli capire che non c'era risposta a nessun quesito che
si poneva, ma lui non voleva saperne, continuava ad accendersi
una sigaretta dietro l'altra e non riusciva più a stare
fermo mentre guidava.
"Ho appena avuto un déjà vu
ti giuro,
in questo momento
adesso andiamo a sbattere contro una
Clio e ci lasciamo le penne tutti e due
una Clio grigia
metallizzata
la vedo già
".
"Guarda che un déjà vu non significa prevedere
il futuro, vuol dire avere la sensazione di avere già
vissuto una certa scena
non sparare cazzate
e
stai fermo che mi viene da vomitare
si può sapere
che strada hai preso? Quanto mai ti sono corso dietro questa
sera
".
"E va beh, adesso accosto così guidi tu, io non
ci vedo più, sono diventato cieco.
Dalla rabbia."
Notai per un attimo che le sue paranoie stavano prendendo
una brutta piega.
Non capivo cosa intendesse dire con quel "sono diventato
cieco".
"Eh? Come?" in qualche modo cercai di farmi ripetere
quelle parole ma ormai, molto probabilmente, qualcosa di più
grosso gli frullava già nella testa. Infatti la sua
risposta fu talmente sconclusionata che decisi di lasciare
perdere.
Infatti mi rispose: "Basta con questi mah, siamo giunti
al capolinea e il nostro capostazione ci sta già aspettando.
Non occorre vedere.
Occorre sentire".
Ci scambiammo il posto di guida.
Non riuscii ad incrociare il suo sguardo, ero troppo preso
dal fatto che era tardissimo e volevo tornare a casa il più
presto possibile.
Non me ne fregava niente delle sue paranoie
.
Poi notai che sudava una cifra.
Era un bagno di sudore misto a lacrime. E le lacrime lo facevano
sembrare più vecchio.
Ed impaurito.
La sensazione era quella di essere in balia di un evento di
cui non riesci a controllarne la forza e la portata.
"Cazzo la Clio
ci lasciamo le penne
"
"Basta con queste stronzate adesso ti scarico nel primo
fosso che trovo e me ne vado a casa per i cazzi miei
fottiti tu e la tua sfiga
siamo a 30 km da casa e devi
smetterla di rompermi le palle
siamo arrivati!"
Presi in mano il volante e iniziai a sudare come un animale.
Dappertutto.
Lui stava peggio di me e continuava a ripetermi "Cazzo
la Clio Paolo
ci fotte
ci fotte".
Non mi veniva in mente niente e non sapevo più che
cazzo fare.
E dire.
Adesso lo sento.
Si.
Ha ragione lui.
A casa non ci arriviamo più perché ci lasciamo
le piume contro una Clio metallizzata. A lui non dissi niente,
ma la Clio metallizzata la vedevo anch'io.
E' questo bastardo di volante che non mi lascia tregua - pensai
- ogni volta che lo stringo forte mi lancia dei flash di cui
non riesco a capacitarmi.
La Clio metallizzata la vedo tutte le volte che stringo questo
stramaledetto volante. E sudo dappertutto.
Lui continuava a minacciarmi e alternava lamenti ad urla disumane,
quasi come fosse in astinenza.
"VAFFANCULO PAOLO FAMMI SCENDERE"
Aspettai qualche decina di secondi prima di rispondergli.
"Un attimo
la piazzola
un attimo dai, cerca
di ripigliarti, mi sa che c'è rimasta una birra sotto
il sedile, dagli un paio di sorsi vedrai che ti ripiglia
"
"NON ME NE FREGA UN CAZZO domani lavoro ma a domani non
ci arrivo, siamo carne da macello e tu lo sai bene
lo
hai visto anche tu".
Basta. Ne ho abbastanza.
Misi la freccia e lo feci scendere giusto in tempo per farlo
vomitare senza fargli infangare la macchina.
Quando tornò in macchina era peggio di prima.
Un'ossessione.
Stappò la birra e da quel momento non smise più
di urlare ed imprecare.
"Adesso mi sono veramente rotto, se non la smetti di
fare casino ti scarico davvero in un fosso e ti rivengo a
prendere domani mattina, devi smetterla con questa cazzo di
Clio
"
Notai in quel momento che la sua cecità - o come cavolo
l'aveva chiamata qualche minuto prima - era dovuta al fatto
che teneva gli occhi chiusi.
Li teneva serratissimi, quasi quanto una saracinesca a prova
di dinamite.
Chissà da quanto tempo li teneva così e io me
ne ero accorto solo adesso.
Si accese una sigaretta e per un attimo riuscii a vedergli
gli occhi, intenti a coordinare i movimenti di aspirazione
e di accensione. L'accendino, dopo un paio di grattate a vuoto,
fece comparire la sua fiammella, per la verità assai
flebile, e per un attimo tutto mi sembrò più
chiaro.
"Adesso ho veramente paura di lui", pensai.
Decisi che dovevo assolutamente trovare un modo per alleggerire
la tensione, levarmi da quest'incubo, questo volante maledetto
e le sue allucinazioni, togliermi dalle palle quelle urla
martellanti e le mille paranoie che avevo in testa.
A un certo punto vidi quella che io - in quel momento - chiamai
possibile soluzione.
Sulla strada c'era un'autostoppista.
L'avrei caricata certamente in situazioni normali ma in quel
momento non me la sentivo proprio.
Poi pensai che era l'ideale per cercare di normalizzare la
situazione, visto che la mia idea era quella di farla salire
davanti e di far sgommare il mio amico (e soprattutto le sue
urla e le sue contorsioni mentali) sui sedili posteriori.
Accostai e mi accorsi subito che era veramente bellissima.
Bionda e con un viso particolare, quasi difficile da interpretare.
Le labbra sottili. Il vestito stropicciato ma con un suo ordine
particolare.
Mi bastò un attimo per dimenticarmi dei flash e del
sudore che continuava a scendermi copioso sulle tempie.
Salì davanti.
Come previsto.
Quello che non potevo prevedere era il fatto che dopo dieci
minuti di macchina non avesse ancora detto una parola, nonostante
la situazione sui sedili posteriori si fosse decisamente calmata
dopo la variazione di programma.
Io guardavo la strada e pensavo: "Non so neanche come
si chiama
e poi dove scende
? Boh cazzi suoi, me
lo dirà lei visto che è lei che faceva autostop,
non io
eh si, non io
".
Poi ebbi la malsana idea di accendere la radio per spezzare
in qualche modo il silenzio che era calato quanto mai improvviso
e per certi versi inaspettato. Da dietro ai sedili nessun
segno di vita.
"Lo stronzo finalmente si è calmato" sussurrai
a me stesso mentre cercavo di recuperare la cassetta dei Motorpsycho.
La cercai più e più volte e alla fine decisi
che era meglio accendere la luce, avrei fatto sicuramente
più in fretta.
Guardai l'autostoppista e mi venne un colpo.
"Siamo fottuti.
Adesso siamo veramente fottuti".
Sembrava entrata in trance.
Era invasa dal sudore peggio di me e aveva gli occhi chiusi.
La stessa espressione di dilaniante terrore che avevo visto
fino a poco prima sul volto di quel cazzone del mio amico.
Poi il colpo di grazia.
In mano.
In mano aveva qualcosa ma all'inizio non volevo cercare di
capire di che cosa si trattasse.
Poi spostai ancora per un attimo lo sguardo e vidi che nella
mano aveva una chiave legata a due anelli metallici.
La teneva in mano e la sua non era certamente una presa "normale"
Sembrava che qualcuno le avesse detto di non perderle per
nessuna ragione al mondo. Era una presa che mi mise un ragionevole
senso di angoscia e disorientamento.
Era la chiave di una Clio.
Mio zio ce l'ha e l'ho provata un paio di volte.
Era la chiave di una Clio. In mano.
Uscii di botto:
"Chi sei?"
Mi era completamente passata la voglia di ascoltare la radio
ma la luce l'avevo comunque tenuta accesa.
Volevo guardarla, anche se aveva gli occhi chiusi volevo COMUNQUE
guardarla.
"Sono il Capostazione". Mi rispose.
"COSA CAZZO HAI DETTO?"
In quel preciso momento iniziai a frenare come un dannato.
Volevo fermarmi e scappare.
Me la stavo facendo sotto, la milza mi stava esplodendo ed
avevo l'impressione che un trapano mi stesse divorando lo
stomaco.
E intanto continuavo a frenare.
Stavo andando a 90 all'ora ed era un'eternità che stavo
frenando.
Continuavo a frenare.
Ancora.
Era un'eternità, sembrava che questa macchina del tubo
non avesse intenzione di fermarsi.
Erano circa due minuti che ci stavo provando (o almeno mi
sembrava)
Neanche fossi andato alla velocità di uno Shuttle.
Niente.
Non si ferma.
Allora ne tento un'altra.
"Se sei il nostro capostazione, beh allora ferma il treno
che cazzo di capostazione sei se non sei capace di fermare
il treno
cos'è sei entrata in sciopero?".
Niente.
Qualche secondo dopo: "Te lo chiedo per favore. Ferma
la macchina"
E ancora: "PORCA TROIA FERMA QUESTA CAZZO DI MACCHINA!!"
Il piede destro iniziava a farmi male, lo premevo sul pedale
ormai da quasi tre minuti e la tensione era ormai sfociata
in veri e propri crampi.
La cosa strana era che i freni funzionavano, sentivo che la
macchina decelerava, ma alla fine la velocità rimaneva
costante, anzi avevo quasi l'impressione che leggermente aumentasse.
Poi all'improvviso parlò: "Lo vedi che sei un'impotente?
Sei solo un piccolo essere senza nessuna grazia. Le mani vuote
e il cuore acre. Piccolo e insignificante essere
"
Silenzio.
Non risposi.
Poi la macchina si fermò all'improvviso. Sentivo che
i miei sforzi sul pedale del freno non erano serviti a niente.
Alzai dopo un attimo la testa e vidi un sacco di luci azzurre
e bianche che giravano nell'aria, quasi come se il paesaggio
si fosse improvvisamente animato, ma non era comunque un buon
segno.
La tipa aprì gli occhi e scese senza dire una parola.
Io mi guardai attorno e tirai due sberle a quello che stava
dormendo sui sedili posteriori.
Poi mi accorsi che le luci azzurre provenivano da delle macchine
a non più di 20 metri da noi.
Un incidente.
Scesi dalla macchina ad una velocità pazzesca, come
se da un momento all'altro dovesse esplodere.
Era una Clio metallizzata.
Distrutta.
Contro un albero della corsia opposta rispetto a quella sulla
quale marciava.
Cioè la nostra corsia.
Nel casino di ambulanze e polizia mi accorsi che i pompieri
stavano cercando di tirare fuori qualcuno dalle lamiere incandescenti.
Erano delle lame roventi ed acuminate. Un inferno.
Per terra c'era di tutto, pezzi di sedile, vetri, peluche
dilaniati da una forza oscura e terribile. Vicino a dove lavoravano
i vigili del fuoco c'era anche una cassetta con il nastro
sfilacciato verso l'esterno.
Era quella che non riuscivo a trovare quando ero in macchina.
"E' la mia, la riconosco".
Girai le spalle a quella scena ma non potei fare a meno di
sentire l'urlo di qualcuno: "E' una ragazza bionda!!!
Non respira
non respira
!"
Feci a ritroso quei venti metri che mi separavano dalla macchina
del mio amico.
Nel frattempo si era svegliato e mi chiese qualcosa da mangiare.
"A un paio di chilometri da qui ci dovrebbe essere una
pizzeria ancora aperta".
Gli risposi.
E lui: "Voglio una prosciutto e funghi e
"
"Basta così, - lo fermai - , basta così.
Andiamo a mangiare qualcosa. Domani si lavora cazzo.
Bisogna lavorare tutti i giorni. E io non mi sento per niente
bene questa sera, non mi sento per niente bene.
Domani si lavora cazzo".
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