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Il Capostazione
Paolo Topa

 

"Bisogna lavorare tutti i giorni, cazzo."
Continuava a ripetere ossessivamente questa frase e io ormai non sapevo più che minchia rispondergli.
Avevo tentato di bloccarlo più volte, di cercare di fargli capire che non c'era risposta a nessun quesito che si poneva, ma lui non voleva saperne, continuava ad accendersi una sigaretta dietro l'altra e non riusciva più a stare fermo mentre guidava.
"Ho appena avuto un déjà vu… ti giuro, in questo momento… adesso andiamo a sbattere contro una Clio e ci lasciamo le penne tutti e due… una Clio grigia metallizzata… la vedo già…".
"Guarda che un déjà vu non significa prevedere il futuro, vuol dire avere la sensazione di avere già vissuto una certa scena… non sparare cazzate… e stai fermo che mi viene da vomitare… si può sapere che strada hai preso? Quanto mai ti sono corso dietro questa sera…".
"E va beh, adesso accosto così guidi tu, io non ci vedo più, sono diventato cieco.
Dalla rabbia."
Notai per un attimo che le sue paranoie stavano prendendo una brutta piega.
Non capivo cosa intendesse dire con quel "sono diventato cieco".
"Eh? Come?" in qualche modo cercai di farmi ripetere quelle parole ma ormai, molto probabilmente, qualcosa di più grosso gli frullava già nella testa. Infatti la sua risposta fu talmente sconclusionata che decisi di lasciare perdere.
Infatti mi rispose: "Basta con questi mah, siamo giunti al capolinea e il nostro capostazione ci sta già aspettando. Non occorre vedere.
Occorre sentire".
Ci scambiammo il posto di guida.
Non riuscii ad incrociare il suo sguardo, ero troppo preso dal fatto che era tardissimo e volevo tornare a casa il più presto possibile.
Non me ne fregava niente delle sue paranoie….
Poi notai che sudava una cifra.
Era un bagno di sudore misto a lacrime. E le lacrime lo facevano sembrare più vecchio.
Ed impaurito.
La sensazione era quella di essere in balia di un evento di cui non riesci a controllarne la forza e la portata.
"Cazzo la Clio… ci lasciamo le penne…"
"Basta con queste stronzate adesso ti scarico nel primo fosso che trovo e me ne vado a casa per i cazzi miei… fottiti tu e la tua sfiga… siamo a 30 km da casa e devi smetterla di rompermi le palle… siamo arrivati!"
Presi in mano il volante e iniziai a sudare come un animale.
Dappertutto.
Lui stava peggio di me e continuava a ripetermi "Cazzo la Clio Paolo… ci fotte… ci fotte".
Non mi veniva in mente niente e non sapevo più che cazzo fare.
E dire.
Adesso lo sento.
Si.
Ha ragione lui.
A casa non ci arriviamo più perché ci lasciamo le piume contro una Clio metallizzata. A lui non dissi niente, ma la Clio metallizzata la vedevo anch'io.
E' questo bastardo di volante che non mi lascia tregua - pensai - ogni volta che lo stringo forte mi lancia dei flash di cui non riesco a capacitarmi.
La Clio metallizzata la vedo tutte le volte che stringo questo stramaledetto volante. E sudo dappertutto.
Lui continuava a minacciarmi e alternava lamenti ad urla disumane, quasi come fosse in astinenza.
"VAFFANCULO PAOLO FAMMI SCENDERE"
Aspettai qualche decina di secondi prima di rispondergli.
… … … …
"Un attimo… la piazzola… un attimo dai, cerca di ripigliarti, mi sa che c'è rimasta una birra sotto il sedile, dagli un paio di sorsi vedrai che ti ripiglia…"
"NON ME NE FREGA UN CAZZO domani lavoro ma a domani non ci arrivo, siamo carne da macello e tu lo sai bene… lo hai visto anche tu".
Basta. Ne ho abbastanza.
Misi la freccia e lo feci scendere giusto in tempo per farlo vomitare senza fargli infangare la macchina.
Quando tornò in macchina era peggio di prima.
Un'ossessione.
Stappò la birra e da quel momento non smise più di urlare ed imprecare.
"Adesso mi sono veramente rotto, se non la smetti di fare casino ti scarico davvero in un fosso e ti rivengo a prendere domani mattina, devi smetterla con questa cazzo di Clio…"
Notai in quel momento che la sua cecità - o come cavolo l'aveva chiamata qualche minuto prima - era dovuta al fatto che teneva gli occhi chiusi.
Li teneva serratissimi, quasi quanto una saracinesca a prova di dinamite.
Chissà da quanto tempo li teneva così e io me ne ero accorto solo adesso.
Si accese una sigaretta e per un attimo riuscii a vedergli gli occhi, intenti a coordinare i movimenti di aspirazione e di accensione. L'accendino, dopo un paio di grattate a vuoto, fece comparire la sua fiammella, per la verità assai flebile, e per un attimo tutto mi sembrò più chiaro.
"Adesso ho veramente paura di lui", pensai.
Decisi che dovevo assolutamente trovare un modo per alleggerire la tensione, levarmi da quest'incubo, questo volante maledetto e le sue allucinazioni, togliermi dalle palle quelle urla martellanti e le mille paranoie che avevo in testa.
A un certo punto vidi quella che io - in quel momento - chiamai possibile soluzione.
Sulla strada c'era un'autostoppista.
L'avrei caricata certamente in situazioni normali ma in quel momento non me la sentivo proprio.
Poi pensai che era l'ideale per cercare di normalizzare la situazione, visto che la mia idea era quella di farla salire davanti e di far sgommare il mio amico (e soprattutto le sue urla e le sue contorsioni mentali) sui sedili posteriori.
Accostai e mi accorsi subito che era veramente bellissima. Bionda e con un viso particolare, quasi difficile da interpretare.
Le labbra sottili. Il vestito stropicciato ma con un suo ordine particolare.
Mi bastò un attimo per dimenticarmi dei flash e del sudore che continuava a scendermi copioso sulle tempie.
Salì davanti.
Come previsto.
Quello che non potevo prevedere era il fatto che dopo dieci minuti di macchina non avesse ancora detto una parola, nonostante la situazione sui sedili posteriori si fosse decisamente calmata dopo la variazione di programma.
Io guardavo la strada e pensavo: "Non so neanche come si chiama… e poi dove scende…? Boh cazzi suoi, me lo dirà lei visto che è lei che faceva autostop, non io… eh si, non io…".
Poi ebbi la malsana idea di accendere la radio per spezzare in qualche modo il silenzio che era calato quanto mai improvviso e per certi versi inaspettato. Da dietro ai sedili nessun segno di vita.
"Lo stronzo finalmente si è calmato" sussurrai a me stesso mentre cercavo di recuperare la cassetta dei Motorpsycho.
La cercai più e più volte e alla fine decisi che era meglio accendere la luce, avrei fatto sicuramente più in fretta.
Guardai l'autostoppista e mi venne un colpo.
"Siamo fottuti.
Adesso siamo veramente fottuti".
Sembrava entrata in trance.
Era invasa dal sudore peggio di me e aveva gli occhi chiusi.
La stessa espressione di dilaniante terrore che avevo visto fino a poco prima sul volto di quel cazzone del mio amico.
Poi il colpo di grazia.
In mano.
In mano aveva qualcosa ma all'inizio non volevo cercare di capire di che cosa si trattasse.
Poi spostai ancora per un attimo lo sguardo e vidi che nella mano aveva una chiave legata a due anelli metallici.
La teneva in mano e la sua non era certamente una presa "normale"
Sembrava che qualcuno le avesse detto di non perderle per nessuna ragione al mondo. Era una presa che mi mise un ragionevole senso di angoscia e disorientamento.
Era la chiave di una Clio.
Mio zio ce l'ha e l'ho provata un paio di volte.
Era la chiave di una Clio. In mano.
Uscii di botto:
"Chi sei?"
Mi era completamente passata la voglia di ascoltare la radio ma la luce l'avevo comunque tenuta accesa.
Volevo guardarla, anche se aveva gli occhi chiusi volevo COMUNQUE guardarla.
"Sono il Capostazione". Mi rispose.
"COSA CAZZO HAI DETTO?"
In quel preciso momento iniziai a frenare come un dannato.
Volevo fermarmi e scappare.
Me la stavo facendo sotto, la milza mi stava esplodendo ed avevo l'impressione che un trapano mi stesse divorando lo stomaco.
E intanto continuavo a frenare.
Stavo andando a 90 all'ora ed era un'eternità che stavo frenando.
Continuavo a frenare.
Ancora.
Era un'eternità, sembrava che questa macchina del tubo non avesse intenzione di fermarsi.
Erano circa due minuti che ci stavo provando (o almeno mi sembrava)…
Neanche fossi andato alla velocità di uno Shuttle.
Niente.
Non si ferma.
Allora ne tento un'altra.
"Se sei il nostro capostazione, beh allora ferma il treno… che cazzo di capostazione sei se non sei capace di fermare il treno… cos'è sei entrata in sciopero?".
Niente.
Qualche secondo dopo: "Te lo chiedo per favore. Ferma la macchina"
E ancora: "PORCA TROIA FERMA QUESTA CAZZO DI MACCHINA!!"
Il piede destro iniziava a farmi male, lo premevo sul pedale ormai da quasi tre minuti e la tensione era ormai sfociata in veri e propri crampi.
La cosa strana era che i freni funzionavano, sentivo che la macchina decelerava, ma alla fine la velocità rimaneva costante, anzi avevo quasi l'impressione che leggermente aumentasse.
Poi all'improvviso parlò: "Lo vedi che sei un'impotente? Sei solo un piccolo essere senza nessuna grazia. Le mani vuote e il cuore acre. Piccolo e insignificante essere…"
Silenzio.
Non risposi.
Poi la macchina si fermò all'improvviso. Sentivo che i miei sforzi sul pedale del freno non erano serviti a niente.
Alzai dopo un attimo la testa e vidi un sacco di luci azzurre e bianche che giravano nell'aria, quasi come se il paesaggio si fosse improvvisamente animato, ma non era comunque un buon segno.
La tipa aprì gli occhi e scese senza dire una parola.
Io mi guardai attorno e tirai due sberle a quello che stava dormendo sui sedili posteriori.
Poi mi accorsi che le luci azzurre provenivano da delle macchine a non più di 20 metri da noi.
Un incidente.
Scesi dalla macchina ad una velocità pazzesca, come se da un momento all'altro dovesse esplodere.
Era una Clio metallizzata.
Distrutta.
Contro un albero della corsia opposta rispetto a quella sulla quale marciava.
Cioè la nostra corsia.
Nel casino di ambulanze e polizia mi accorsi che i pompieri stavano cercando di tirare fuori qualcuno dalle lamiere incandescenti.
Erano delle lame roventi ed acuminate. Un inferno.
Per terra c'era di tutto, pezzi di sedile, vetri, peluche dilaniati da una forza oscura e terribile. Vicino a dove lavoravano i vigili del fuoco c'era anche una cassetta con il nastro sfilacciato verso l'esterno.
Era quella che non riuscivo a trovare quando ero in macchina.
"E' la mia, la riconosco".
Girai le spalle a quella scena ma non potei fare a meno di sentire l'urlo di qualcuno: "E' una ragazza bionda!!! Non respira… non respira…!"
Feci a ritroso quei venti metri che mi separavano dalla macchina del mio amico.
Nel frattempo si era svegliato e mi chiese qualcosa da mangiare.
"A un paio di chilometri da qui ci dovrebbe essere una pizzeria ancora aperta".
Gli risposi.
E lui: "Voglio una prosciutto e funghi e…"
"Basta così, - lo fermai - , basta così.
Andiamo a mangiare qualcosa. Domani si lavora cazzo.
Bisogna lavorare tutti i giorni. E io non mi sento per niente bene questa sera, non mi sento per niente bene.
Domani si lavora cazzo".

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