NOTE SULLA COMMEDIA "NON TI PAGO" di Eduardo De Filippo

 Non ti pago (1940) è senza dubbio una delle più belle commedie, una delle più felici per estro, invenzione, maestria di fattura ed irresistibile fascino comico scritte e rappresentate da Eduardo De Filippo durante gli anni della sua cosiddetta « prima maniera », cioè prima del 1945 quando, con Napoli milionaria! e poi con Questi fantasmi!, si rivelò appieno, attraverso un più diretto e più maturo contatto con la società contemporanea, il fondo essenzialmente tragico dell'umorismo del commediografo napoletano. In Non ti pago prevale un chiaro e festoso gusto per il giuoco scenico, per l'osservazione arguta, il piacere quasi acrobatico di sviluppare, aggrovigliandolo e sgrovigliandolo, un cavillo paradossale nella forma, ma costantemente alimentato da concreti e precisi elementi di costume (sebbene questi, com’è stato notato, non appartengano ad una realtà storicamente definita, bensì ad una realtà napoletana sentimentalmente idealizzata).

Qui, come in molti altri casi del teatro di Eduardo, la superstizione, portata sino ad una allucinata e al medesimo tempo avvocatesca intensità magica, costituisce la forza motrice della vicenda. Entriamo in un mondo di giuoco del lotto, di cabala, di smorfia, di domestica convivenza tra vivi e morti (non tocca a questi ultimi elargire terne e quaterne?), di vincoli di sangue sacri e indiscutibili e così via, e soprattutto in un mondo in cui logica e diritto si fondano su tali presupposti. La conclusione ‑ ironica e connivente ‑ è la riconferma del sistema di valori in cui credono il protagonista, Ferdinando Quagliuolo, e con lui tutti gli altri personaggi, in una cassa di risonanza che è quartiere, città, o meglio ancora modo di vivere.

Ironia e connivenza costituiscono non solo il segreto poetico della commedia, ma anche, al di là delle forme lievi e scattanti, del sapore di burla ben riuscita che circola, malizioso, per tutti e tre gli atti, il presupposto per quella rielaborazione e per quell'approfondimento di interessi umani che porteranno nel dopoguerra Eduardo al dramma.

     Si è voluto spesso ravvisare un'influenza pirandelliana nella prestidigitazione dialettica che ritorna frequentemente nel commediografo è della quale Non ti pago rappresenta, in chiave comica, un bellissimo esempio. Eduardo non nega l'affinità con Pirandello (« siamo vicini come mentalità: sofistici sono i Napoletani e sofistici sono i Siciliani »), ma rifiuta la dipendenza e non a torto. A questo proposito notava giustamente il D'Amico nel '49 che, alla « isolana e siciliana furia dialettica » dell'autore dei Sei personaggi, De Filippo « sostituisce, in forme altrimenti accessibili e piane, un suo singolare, napoletano lirismo ». Un lirismo, aggiungiamo noi, che sa evitare il patetico perché è senso delle cose, e moralità.