Ultimo aggiornamento: maggio 1999

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Coordinamento Romano per la Jugoslavia


"IL MANIFESTO" E GLI ALBANESI DEL "KOSOVA"


Il giorno 22 di gennaio 1997, a pagina 19, il manifesto pubblicò un articolo intitolato Gente di Pristina, dedicato alla rivolta degli schipetari (jugoslavi di "etnia" albanese) del Kosovo (regiona autonoma a maggioranza albanese nel sud della Serbia) ed alla loro condizione attuale. Il contenuto dell'articolo era altamente disinformativo. In particolare, il tono del pezzo ci sembrò fortemente razzista, innanzitutto nei confronti degli "oppressori" serbi, ma sicuramente anche nei confronti della popolazione di lingua albanese e dell'intera area balcanica.

  • Il giorno stesso inviammo al giornale una e-mail "aperta" di protesta nella quale sottolineavamo riga per riga le imprecisioni e la faziosità dell'articolo...

  • ...e tre giorni dopo fummo contattati dal giornale. Evidentemente, in redazione si erano allarmati...

  • Dopo un paio di conversazioni telefoniche con Edoardo Giammarughi, e viste le insistenze di quest'ultimo, riformulammo la "e-mail aperta" di protesta in una versione più breve e generale, "che fosse pubblicabile" nello spazio della posta del giornale. In questa versione tuttavia non usammo toni più concilianti, viceversa mettemmo altra carne al fuoco...

  • Non vi fu nessuna pubblicazione, nè ottenemmo alcun riscontro successivo dal giornale e da Giammarughi stesso. Insistemmo per avere almeno una spiegazione, ma niente di niente.

  • Ancora nelle settimane successive inviammo messaggi e-mail di protesta - ma invano.

  • Tovaris TITO

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    kosova

    Durante la seconda guerra mondiale il nazionalismo panalbanese fu strumentalizzato dagli italiani. Questi ultimi appoggiarono i fascisti kosovari (detti "balisti") nelle loro operazioni squadristiche contro la popolazione serbo-ortodossa. Nella foto si vede una manifestazione di nazionalisti albanesi organizzata in funzione anti-jugoslava dagli occupanti italiani.
    Oggigiorno il nazionalismo panalbanese è docile strumento dell'imperialismo occidentale ed è uno dei "piedi di porco" usati per la distruzione della Jugoslavia (e possibilmente di ciò che oggi ne resta). Lo spauracchio di una ipotetica "Grande Serbia" viene agitato, come negli anni passati, per giustificare una effettiva, reale destabilizzazione di tutta l'area ad uso e consumo dei fanatismi locali e dei profittatori stranieri. I nazionalisti serbi non sono privi di responsabilità per questo, ma imputare solo o principalmente a costoro il conflitto scatenatosi ad esempio in Kosovo è assolutamente fuorviante.
    I nazionalisti albanesi del Kosovo sono oggi vezzeggiati in particolare dall'Unione Europea, ma l'appoggio più significativo viene dalla Turchia. La Turchia ha svolto un ruolo attivo anche durante la guerra in Bosnia a sostegno del partito islamista di Izetbegovic SDA, che continua oggi ad appoggiare insieme alla sua "filiale" in Sangiaccato (zona a forte presenza musulmana situata tra la Serbia ed il Montenegro) ed alla minoranza albanese in Macedonia (quest'ultima espone anche bandiere turche durante le sue manifestazioni). L'obbiettivo: la creazione di una "trasversale verde" (islamica), dalla Macedonia alla Bosnia.


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