Criminali di guerra: ERICH RATHFELDER

* Il fatto *

Il giorno 5 di agosto 1998 sulla berlinese 'Tageszeitung' e' apparso un articolo di Erich Rathfelder, giornalista gia' noto per reportage faziosi e grossolani sulla guerra in Bosnia e Croazia.

Nell'articolo Rathfelder, presente in quei giorni in Kosovo insieme a decine di giornalisti stranieri, parlava di una fossa comune con 567 civili uccisi, di cui 430 bambini (sic!), situata vicino alla localita' di Orahovac. Il giorno successivo, in seguito alle proteste levatesi da parte jugoslava ed alle smentite provenienti anche da osservatori occidentali, il giornalista era costretto a puntualizzare in un nuovo articolo di non essere stato testimone oculare dei fatti, bensi' di aver riportato "impressioni" e le dichiarazioni raccolte sul posto da un autoproclamato testimone, del quale naturalmente non e' dato conoscere l'identita'.

I colleghi di Rathfelder, impossibilitati a trovare conferma per una notizia cosi' clamorosa, cercavano di interrogare il giornalista il quale sfuggiva alle domande con frasi del tipo "Ho di meglio da fare" ed infine si rendeva irreperibile allontanandosi dal Grand Hotel di Pristina, dove e' ospitata la gran parte dei giornalisti occidentali (Tanjug 6/8/1998).

* L'effetto *

Nonostante siano state immediatamente smascherate, le menzogne di Rathfelder hanno sortito il loro effetto in ambito massmediatico, contribuendo ulteriormente al lavaggio del cervello al quale questi miserabili ci stanno sottoponendo incessantementemente ormai da 7 anni.

Molti giornali (come il nostro "Repubblica") hanno pubblicato la pseudonotizia con grande risalto, senza curarsi di smentirla nei giorni successivi - per quanto la smentita potesse servire.

Altri hanno rincarato la dose: l'austriaco "Die Presse" per eccesso di zelo ha buttato altri 1000 cadaveri in una ipotetica fossa limitrofa.

Il baccano creato ha avuto delle conseguenze: il ministro britannico Cook ha parlato della necessita' di una reazione "adeguata" e "desiderabile", annunciando consultazioni urgenti con il Segretario di Stato americano e con l'omologo austriaco (l'Austria e' di turno alla presidenza della UE).

* Il motivo *

"...Non posso escludere che in Kosovo accada come in Bosnia, che cioe' davanti al precipitare dei massacri, alle rivelazioni su eccidi, atrocita', stupri di massa, la comunita' internazionale esiga che la Nato si muova" (Helmut Kohl, citato su "La Repubblica" del 13/8/1998).

Le menzogne di Rathfelder dovevano servire ad acuire la tensione nell'area, preparando l'opinione pubblica ad un intervento occidentale ed alla secessione della provincia del Kosovo, attraverso la demonizzazione di una sola delle parti in causa - sempre quella. La disinformazione e' cioe' di carattere strategico, non e' dovuta solo a partigianeria o incompetenza. Per gli stessi scopi sono attive d'altronde da anni agenzie di pressione specializzate, come la Ruder&Finn" che ha lavorato e lavora per la autoproclamata repubblica di Ibrahim Rugova falsificando la storia ed i fatti attuali (cfr. il libro di Jacques Merlino, citato anche da C. Fracassi nel suo "Sotto la notizia niente").

* Che cosa fare? *

Non credere ai giornali e' troppo poco. Diffidare anche di quelli "di sinistra" (la "Tageszeitung" e' l'omologo tedesco del nostro "manifesto") non basta piu'.

Il Coordinamento Romano per La Jugoslavia chiede a chi di competenza che Erich Rathfelder sia denunciato al Tribunale per i crimini di guerra sul territorio della ex-Jugoslavia, con sede a L'Aia (Olanda), con le seguenti accuse:

- falsa testimonianza

- allarmismo e terrorismo psicologico a scopo di propaganda bellica

- diffamazione aggravata della RF di Jugoslavia e di tutti i suoi abitanti

- incitamento all'odio razziale.

Noi pensiamo che si debba considerare Rathfelder un criminale di guerra, alla pari dei politici occidentali che hanno legalizzato lo squartamento della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia e degli altri suoi colleghi, giornalisti e pseudointellettuali, propagandisti di guerra.

Qualcuno di questi signori deve incominciare a rispondere di quello che ha fatto e che sta facendo ancora.

 

Coordinamento Romano per la Jugoslavia, agosto 1998