RIFLESSIONI SULLA "QUESTIONE SERBA"

Un nostro contributo alla chiarificazione
del problema del nazionalismo serbo

1. ISRAELIANI E PALESTINESI

Un commentatore del Tg2 affermo' nel 1995, durante l'attacco croato contro le Krajne a maggioranza serba, che i serbi stavano diventando forse i "palestinesi d'Europa".

Di sicuro con quell'azione militare si chiarivano improvvisamente alcuni aspetti del conflitto interjugoslavo. Alcuni mesi dopo sarebbe uscito il libro di Giacomo Scotti "Operazione Tempesta", con il quale finalmente la sinistra italiana e gli appartenenti al vasto mondo della "solidarieta'", fortemente impegnati negli ultimi anni sulle vicende jugoslave, erano posti lucidamente di fronte al problema - mai affrontato prima - dei serbi come fattore di disturbo rispetto al "nuovo ordine balcanico" sancito nelle cancellerie occidentali.

Questo processo di chiarificazione aveva pero' inizio con almeno quattro anni di ritardo sull'indispensabile, e neanche per intero, dopo un bombardamento disinformativo prolungato ed una guerra psicologica violentissima, che avevano trasformato la "questione serba" in un inavvicinabile tabu'. Attendemmo allora l'uscita del nuovo libro di Filippo Gaja sull'argomento. Ma Gaja, eccezionale autore de "Il Secolo Corto" (1995, Ed. Maquis), scomparve prematuramente e chi doveva concludere la sua opera stenta a trovare la forza ed i mezzi materiali.
Un altro personaggio importante che ha avuto il coraggio di parlare della "questione serba" e' stato Peter Handke (si veda: http://marx2001.org/crj/INTELL/intell.html#handke ). Handke e' stato zittito in malo modo nel suo paese, la Germania, con minacce per niente velate di farlo passare nel limbo degli scrittori "in disgrazia". In Italia solo in pochi abbiamo letto gli scritti di Handke sul problema jugoslavo.
Pochissimi altri sono stati i contributi alla chiarezza nella pubblicistica occidentale di questi anni: e' uscito qualche libro in francese (Baudson, Merlino, Colon) grazie alle contraddizioni apertesi nella diplomazia di Parigi dinanzi al sostegno ufficialmente prestato alle volonta' politiche di Bonn e degli USA. Analogamente, in Italia la rivista nazionale di geopolitica LIMES ha pubblicato materiali che nessun altro ha avuto l'ardire di pubblicare, questo pero' solo alla ricerca di una linea diplomatica piu' attenta all'"interesse nazionale" (imperialista-straccione).

In effetti, una reale riflessione sulla "questione serba" e sulle cause del conflitto jugoslavo, del quale non esiste ancora alcuna analisi cronologica seria, non e' mai veramente iniziata, nonostante i fatti del 1995 e nonostante tutto cio' che e' trapelato in seguito. Viceversa: ogni voce un po' diversa dal "pensiero unico" sui fatti jugoslavi viene regolarmente imbavagliata. "Last but not least" va citato ad esempio l'embargo contro il libro "NATO in the Balkans" dell' International Action Center (http://marx2001.org/crj/GEOPO/natobalc.html), che non e' stato pubblicizzato nemmeno dai tradizionali collaboratori italiani del gruppo antimilitarista americano: il "Comitato Golfo" e la rivista "Guerre&Pace".

E' evidente che sulle questioni jugoslave non esiste, non puo' esistere dibattito: e' consentita solamente la riproposizione perenne di una montagna di luoghi comuni, verita' dimezzate o vere e proprie bugie - magari soltanto un po' variabili a seconda della evoluzione del conflitto sul campo. Una volta individuati e fissati gli spauracchi della "Grande Serbia" e di "Milosevic" e' diventato impresa improba spostare l'attenzione su altri aspetti non meno significativi.
Eppure, in politica internazionale, le posizioni a sinistra tradizionalmente si possono differenziare molto: si pensi alla "questione araba", alla comprensione di molti anche nei confronti dei settori islamisti che combattono contro il sionismo, oppure alla giustissima campagna in difesa dell'Iraq aggredito, ma contemporaneamente aggressore in Kuwait e contro i curdi.

Si e' detto "palestinesi d'Europa", ma a livello culturale-sociologico l'immagine dei serbi andrebbe paragonata piuttosto a quella degli ebrei sotto la propaganda nazista. Dall'antisemitismo all'antiserbismo, si potrebbe dire ripercorrendo la colossale campagna disinformativa, davvero "goebbelsiana", di questi ultimi anni (cfr. http://marx2001.org/DOCS/desinf.html ), oppure, sfogliando un qualunque nostro giornale, osservando quale unanimismo "serbofobo" grazie a queste si sia instaurato. Insomma, "ebrei" o "palestinesi"?

2. "JUGOSLAVISTI" E "FILOSERBI"

Tentiamo di mettere alcuni puntini sulle "i" in questa sede, perche' si cominci a fare chiarezza.

* Si e' parlato tanto di guerra "etnica", per dire che cosa? Noi diciamo: la Jugoslavia Federativa e Socialista era FONDATA sulla Fratellanza e l'Unita' fra le varie nazioni (i popoli costituenti) e nazionalita' (le nostre "minoranze"), ottenuta nella lotta comune contro il nazifascismo. Chi ha parlato di "Bosnia multietnica" o di "pace tra le etnie" avrebbe dovuto chiarire se la Jugoslavia unita era un valore di per se', oppure no.
NON NE HANNO MAI PARLATO.
Ancora oggi, il monopolio sulla scrittura della storia della Jugoslavia socialista come degli altri Paesi dell'Est e' detenuto da storici e biografi anticomunisti e spesso slavofobi. In Italia la situazione e' aggravata dall'esistenza di un "fronte unico" antijugoslavo che comprendeva destre e sinistre durante la guerra fredda. "Jugoslavia" e' un termine da annientare dal vocabolario, o da usare preceduto da uno o due prefissi "ad hoc"...

* Per gli jugoslavisti la Jugoslavia unita era e rimane un valore, mentre le secessioni, le divisioni tra etnie vere o presunte (piu' spesso presunte), i nazionalismi sono tutti disvalori. La "Comunita' Internazionale" ha lavorato alacremente per squartare la Jugoslavia in 5 (cinque!) pezzi (*finora*). Questa Comunita' Internazionale non ha niente da dire ne' da fare per la Jugoslavia: se ne dovrebbero andare e basta.

* Jugoslavisti sono dunque coloro i quali, esaltando la Fratellanza e l'Unita' ("Bratstvo i Jedinstvo") tra i popoli balcanici cosi' come queste si sono realizzate storicamente nel secondo dopoguerra - se qualcuno sapra' fare di meglio in futuro, ben venga - individuano nella lotta contro l'imperialismo straniero un terreno inevitabile, essenziale di mobilitazione.
Il nostro jugoslavismo *in tempo di guerra* e' fatto allora delle cose seguenti:

- riconoscimento della unita' come valore in se', contro ogni secessione;

- riconoscimento del ruolo infame degli attori esterni, con il loro appoggio ai settori clerico-nazisti sopravvissuti in ciascuna repubblica ex-federata;

- disvelamento della operazione di disinformazione *strategica* che ha accompagnato questa guerra fratricida, operazione attuata con i metodi della guerra fredda, ed ancora in corso, mirata a:
> cancellare ogni sentimento di Fratellanza ed Unita';
> inventare differenze "interetniche" inconsistenti, a partire da quelle linguistiche;
> cancellare la storia e la memoria della Jugoslavia partigiana e socialista;
> dimenticare, nascondere, annientare gli *jugoslavi*: figli di matrimoni misti, jugoslavi per convinzione, titoisti, eccetera;
> giustificare alcuni nazionalismi come "legittima difesa" da una "bestiale aggressione";
> viceversa criminalizzare, tra i nazionalismi, soltanto quello serbo.

* Perche' solo il nazionalismo serbo e' stato demonizzato e combattuto? Perche' gli altri sono stati sostenuti a livello diplomatico, militare, politico, economico, propagandistico?

Il problema della "Grande Serbia" e' stato usato troppo spesso come copertura al fine di appoggiare la frantumazione del paese, come alibi per non difendere la Jugoslavia unitaria, come cortina fumogena utile a rendere illegibili ed inspiegabili gli eventi.

3. IL DOPPIO RUOLO DEL NAZIONALISMO SERBO

I serbi (http://marx2001.org/crj/srbe.html) sono, tra le popolazioni jugoslave, quella che meno di tutte aveva interesse allo squartamento del proprio paese. Si noti, tanto per fare qualche esempio, che i serbi rappresentavano e rappresentano la popolazione maggioritaria della Jugoslavia "tutta", e che mentre tantissimi serbi abitavano Croazia e Bosnia, oltre alla Serbia propriamente detta, i croati erano quasi tutti concentrati in un'unica Repubblica federata.

In effetti storicamente il nazionalismo serbo dovrebbe proprio esaltare l'aspetto unitario, al limite pan-slavo, e la resistenza contro la colonizzazione straniera, laddove gli altri nazionalismi balcanici tendono generalmente a favorire le tendenze disgregatrici ed il soggiogamento ad opera degli imperialismi. Non a caso la Serbia e' stata definita "il Piemonte della Jugoslavia": la casata reale jugoslava (i Karadjordjevic) era serba cosi' come i Savoia erano piemontesi.

Ovviamente il nazionalismo serbo di per se' non rappresenta un fattore progressivo, cosi' come la monarchia sabauda non significa immediatamente Garibaldi: nessuno potra' mai dimenticare l'appoggio sabaudo a Mussolini ed Hitler o l'arruolamento di bande cetniche nei nazisti dopo il 1943. Questo comunque ha poco a che fare con la situazione geopolitica attuale.

Bisogna poi distinguere i serbi in quanto tali, ed in particolare le popolazioni vittime, come le altre, della guerra fratricida e di chi ne e' stato il regista, dagli *odierni* nazionalisti serbi, che chiameremo *serbisti*.

I moderni serbisti, come tutti i nazionalisti sciovinisti, hanno spesso svolto il ruolo dei "servi stupidi" dell'imperialismo. Tra costoro si trovano anche vere e proprie marionette mosse da burattinai esterni, come ne esistono nelle controparti croata, musulmana, eccetera, che siano esse consapevoli o meno. I serbisti hanno recitato, e talvolta praticato, il ruolo dei cattivi di turno, giocando in effetti un gioco deciso altrove. Hanno commesso crimini; hanno portato la loro stessa gente all'isolamento; hanno reagito alla aggressione imperialista esclusivamente con il proprio nazionalismo, con il ripescaggio di motivi religiosi bigotti, di miti, bandierine e francobolli... Hanno spesso reagito scagliandosi contro i fratelli jugoslavi, ma non vedono le responsabilita' occidentali ed, in fondo, non capiscono cosa sia l'imperialismo, cosi' come nessun reazionario puo' capirlo.
Infatti vanno spesso a pietire ed implorare a Washington e a New York, dove cercano di presentarsi come "piu' affidabili" dei musulmani o dei croati o degli albanesi...

Si pensi a Biljana Plavsic, ex-braccio destro di Karadzic, ortodossa bigotta se non razzista, "arruolata" dagli americani dopo Dayton. Si pensi ai pope del Kosovo, preoccupati soprattutto di difendere i loro luoghi di culto, che tengono contatti preferenziali con la comunita' serba degli USA e con i relativi leader nazionalisti-liberisti (es: Milan Panic; si noti che questi ambienti, pope compresi, svolgono una enorme attivita' propagandistica in internet: cfr. http://www.decani.yunet.com e http://www.suc.org). Si pensi alla "opposizione" belgradese del cetnico francofilo Draskovic, dell'anticomunista Djindjic, legato a filo doppio alla Germania, della "americana" Pesic. Oppure si pensi ai contatti dei serbisti della Krajna con i fascisti italiani in funzione anticroata, contatti avvenuti con la mediazione di alcuni personaggi della comunita' serba di Trieste, storicamente antititini e discendenti dei cetnici profughi dopo la II Guerra Mondiale.

Ovviamente, parlando dei serbisti attuali non dimentichiamo quelli "antioccidentali" di Seselj, autentica caricatura di se stesso, parlamentare sciovinista "alla Zhirinovski"; di Karadzic, della cui protezione pare si stiano ora occupando i servizi segreti francesi; o di Raznjatovic "Arkan", ricercato dalla Interpol per reati comuni ben prima dello scoppio della guerra, che ha abbandonato a loro stesse le sue squadracce (utili a realizzare il "lavoro sporco" in alcune fasi del conflitto in Croazia e Bosnia) e si dedica adesso piu' che altro a fare il piccolo imprenditore.

Tutti questi signori sono portatori di una idea premoderna ed antistorica di Serbia isolazionista, ortodossa e basta, anti-jugoslava. Tuttavia il problema che qui poniamo e' anche un'altro: ammesso e NON concesso che fossero "lecite" le secessioni delle varie repubbliche ex-federate, destinate a trasformarsi in statarelli piu' o meno "puri", "religiosamente" se non "etnicamente", sui quali gravano tare storiche pesantissime e magari guidati da personaggi come Izetbegovic e Tudjman, che cosa c'era, viceversa, di non-lecito nelle dichiarazioni di indipendenza dei serbi di Croazia e Bosnia?

4. SLOBODAN MILOSEVIC: CHI ERA COSTUI ?

Tutti i serbisti di cui sopra contestano Milosevic e la sua area politica - che potremmo definire "serbo-jugoslava" in contrapposizione a quella "serbo-cetnica" o "serbista" - costituita essenzialmente dal Partito Socialista (SPS) e dalla Sinistra Unita (JUL).

Chiunque sia stato almeno una volta in Serbia sa che i serbisti ce l'hanno a morte con Milosevic, imputato di essere un venduto, un dittatore comunista, un ateo - quest'ultima accusa gli viene rivolta dai pope. I radicali di Seselj e Poplasen, che pure partecipano in questa fase ad un governo di unita' nazionale in Serbia - mentre Cossiga e' fianco a fianco con i "comunisti" nel governo italiano - considerano la moglie di Milosevic, che guida la JUL, addirittura "bolscevica" - questo lo sa chiunque abbia seguito le campagne elettorali in Serbia e Repubblica serba di Bosnia. La stessa identica accusa e' usata dai diplomatici americani, accecati dall'anticomunismo ed un po' daltonici, e da tanti organi di stampa (filo)occidentali.

La Jugoslavia detta "di Milosevic", definita con disprezzo "mini-Jugoslavia" o "rimanenza della Jugoslavia" dalle nostre parti, ha certo conservato il nome *Jugoslavija*, mentre i serbisti vorrebbero si chiamasse *Srbija* e basta. I diritti di cittadinanza in questa Jugoslavia, nonostante le pressioni dei serbisti, non derivano dalla appartenenza nazionale, come avviene invece ad esempio in Croazia (si pensi alla "domovnica" o all'Articolo 1 della Costituzione croata, promulgata nel 1990).
A Belgrado si puo' tuttora visitare il Memoriale a Josip Broz "Tito", comunista (croato), cui pure e' stata tolta la guardia d'onore ed e' stato chiuso il museo; le targhe delle automobili hanno continuato a portare per anni la stella rossa; le squadre di calcio di Belgrado si chiamano Stella Rossa e Partizan (la Dinamo Zagabria di chiama adesso "Croazia Zagabria").
In Jugoslavia nessun monumento della Guerra Popolare di Liberazione e' stato fatto oggetto di atti vandalici, distruzioni o demolizioni come ad esempio e' avvenuto in Croazia (si pensi al campo di sterminio di Jasenovac).

Per tutti questi motivi, nonche' per certe scelte economiche (mantenimento di un sistema misto di proprieta' statale-privata- mista-socialeautogestita) e di schieramento internazionale (ostinata indipendenza dalle alleanze euroatlantiche), la "cricca" di Milosevic veniva definita "la banda rossa" dai dimostranti di Zajedno (1996-1997), ed e' *costantemente* sotto attacco da parte occidentale: basta leggere i nostri giornali.

Dalle nostre parti, sulla biografia e sulla figura di Slobodan Milosevic girano svariate leggende, tutte basate sul "sentito dire". In particolare, questi e' accusato di essere ultranazionalista, anzi: nazi-comunista.
Che cosa si imputa a Milosevic?

- di aver tolto l'autonomia agli albanesi del Kosovo.
1. L'autonomia (bilinguismo ed autoamministrazione locale) ancora c'e'. Cio' che e' stato abolito nel 1989 era l'"autonomia speciale", che faceva della regione una "repubblica nella repubblica".
2. L'"autonomia speciale" non l'ha tolta "Milosevic" bensi' le autorita' della Repubblica di Serbia con l'approvazione a maggioranza della Presidenza collegiale della SFRJ, quindi con l'appoggio dei settori jugoslavisti anche delle altre repubbliche, preoccupati per l'escalation del movimento secessionista.

- di avere sostenuto le ragioni dei serbisti in Croazia.
Che colpa sarebbe? Di aver ritenuto lecita la "autodeterminazione" dei serbi delle Krajne da Zagabria?
Altri dicono che Milosevic ha venduto i serbi della Croazia.
La situazione odierna e' sotto agli occhi di tutti.

- di avere appoggiato i serbisti in Bosnia-Erzegovina. Certamente Milosevic era contrario alla secessione della Bosnia-Erzegovina ed al nascente regime islamista (cfr. Alija Izetbegovic, "The Islamic Declaration").
I contatti ufficiali con la Repubblica Serba di Bosnia (RS) furono tuttavia interrotti assai presto, anche per ragioni di opportunita' (si provi a fare un parallelo con la situazione della Erzegovina croato-bosniaca). Fu stabilito invece un rapporto continuo di carattere militare (Mladic) e politico con alcuni settori dello spettro politico serbo-bosniaco.
Il Partito Socialista della RS - del quale nessuno mai parla, benche' il suo leader Radisic abbia oggi sostituito Krajsnjik alla presidenza collegiale della "Bosnia di Dayton" dopo le recenti elezioni - e' la ramificazione bosniaca del partito di Milosevic. Durante le campagne elettorali, questo partito ha sempre rivendicato una continuita' con la guerra partigiana in polemica contro i revisionisti che considerano i "cetnici" unici difensori dei serbi dai massacri nazisti. La stessa contrapposizione cetnici-partigiani e' d'altronde un grosso motivo di polemica storico-politica nella stessa Serbia, dove, a parte i radicali, sono soprattutto i filooccidentali "a' la Karadzic" e gli organi di stampa finanziati in Occidente (tantissimi) a rivalutare in senso revisionista ed anticomunista il movimento cetnico.
Ritornando in Bosnia: oggi il Partito Socialista della RS e' persino nella coalizione moderata, contro i successori di Karadzic, per la applicazione degli accordi di Dayton, contro la deriva sciovinista ed a favore della pacificazione tra le cosiddette "etnie".

- di avere fatto fronte unico con i radicali di Seselj.
Questo e' stato vero solo in momenti particolarmente delicati, come allo scoppio del conflitto e nel momento della destabilizzazione del Kosovo da parte dei terroristi e dei loro sponsor, quando SPS e JUL sono finiti in minoranza dopo le elezioni. Seselj (come Draskovic) e' stato persino in galera sotto Milosevic, in altre situazioni (1993). In pratica, e' stata attuata una politica di "unita' nazionale" quando e' stato necessario.
Senza fare paralleli, pure opportuni, con le strane alleanze nel parlamento italiano, potremmo citare Enrico Mattei: "Io i fascisti li uso come il taxi: lo prendo se mi serve, poi pago e scendo."

- di avere mandato in rovina la propria gente.
Chiunque sia stato nella Jugoslavia soggetta all'embargo sa che il governo socialista ha garantito ai lavoratori salari minimi a fabbriche chiuse, sanita' e scuola pubbliche e gratuite, una vita quasi normale mentre il mondo attorno, a cominciare dalla Bosnia, crollava. Al governo jugoslavo di centrosinistra va attribuito anche il merito di aver garantito una dialettica politica assolutamente pluralistica nel paese, cosa gia' non scontata di per se' nelle attuali realta' dell'Europa orientale, persino utopistica in certe repubbliche confinanti con la stessa Federazione serbomontenegrina.

In particolare, e' semplicemente *idiota* l'attacco che viene in questi giorni sferrato contro le istituzioni della Serbia per avere promulgato una legge sull'informazione che, peraltro, qui in Occidente non e' dato conoscere, visto che nessuno si prende la briga di raccontare a noi quali siano i suoi veri contenuti. A quanto ci risulta dalle poche informazioni che trapelano, essa contiene viceversa alcuni elementi assolutamente giusti e condivisibili, come la reciprocita' della informazione diretta all'estero (se Radio Free Europe puo' trasmettere in Serbia allora anche la TV serba deve poter trasmettere all'estero via satellite! Viceversa fu oscurata all'inizio del conflitto...), la perseguibilita' di chi pubblica notizie false, e regole antitrust (italiani: no comment please...). Ma a parte ogni considerazione di merito, e' chiaramente ridicola una campagna rivolta contro misure che sono state prese in un clima di guerra, laddove la campagna stessa e' portata avanti da chi, americani in primo luogo, quella atmosfera di guerra ha voluto creare! D'altronde le derive autoritarie e la fascistizzazione di tanti paesi (non e' il caso della Serbia) sono anche una diretta conseguenza della condizione di embargo politico-economico al quale questi sono sottoposti.

"Milosevic" viene usato come capro espiatorio di tutti i guai dei Balcani, come parafulmine degli odi e delle contestazioni. A "lui" viene imputato tutto, ed anche il contrario.
Se e' diplomatico "e' furbo", se e' coerente "e' testardo", se fa concessioni "e' subdolo". E' una "volpe", un "genio maligno", un "criminale di guerra", e' troppo "attaccato al potere". Se firma accordi a Dayton o con Holbrooke "c'e' sempre qualcosa che puzza". Se mancano gli argomenti, e' accusato di essere... Milosevic, oppure di essere serbo.

Se e' antioccidentale "e' un rais dei Balcani" oppure un "panslavista"; se e' filooccidentale e' "la longa manus degli americani", un "uomo del FMI e della Banca Mondiale". Bisogna infatti aggiungere un'altra accusa a quelle sopra elencate:

- Milosevic e' un agente della CIA.
Abbiamo sentito anche questa!
Tale accusa e' se non altro piu' verosimile delle precedenti. Innanzitutto notiamo che essa fa a pugni con quella di essere "stalinista" o "rosso", quindi non gli si possono rivolgere entrambe contemporaneamente.
Inoltre, chi segue i mass-media jugoslavi vicini al governo sa che la polemica antioccidentale, e soprattutto antitedesca ed antiamericana, in questi e' una costante.
Si tratterebbe allora di un "gioco delle parti", in cui Milosevic recita consapevolmente la parte del "cattivo" (comunista, panserbo, fascista, liberista, per ognuno una cosa diversa)... Oppure Milosevic puo' essere un agente della CIA "di fatto", anche se inconsapevolmente e magari contro la sua volonta'. Ed a tutti gli effetti questa e' una verita', visto il ruolo di bau-bau che egli ha assunto nel teatrino massmediatico, nonche' per tutte le mediazioni che ha sottoscritto, che hanno sempre rappresentato grosse concessioni alla volonta' del Pentagono: da ultima, la presenza di centinaia di osservatori ed aerei spia in Kosovo, dove per conto della NATO dovrebbero "controllare" l'evoluzione di un conflitto che da questa stessa e' stato fomentato.

Con quest'ultima, di essere un agente occidentale, cominciano dunque le accuse serie e realistiche!

In realta' Slobodan Milosevic e' a nostro avviso un leader socialdemocratico "craxiano", non comunista ma sufficientemente affezionato alla indipendenza del suo paese nel contesto internazionale, che sta guidando la Jugoslavia federale in una dura fase di transizione e naviga in acque tempestose oscillando paurosamente. Milosevic forse non avrebbe voluto la dissoluzione della RFS di Jugoslavia, ma ha cercato di passare attraverso gli eventi nella maniera piu' vantaggiosa possibile per la sua parte politica e chi questa rappresenta a livello sociale: vale a dire le burocrazie ma anche operai e contadini - laddove la nuova borghesia "bianca", soprattutto belgradese, e' assai meglio rappresentata dai filooccidentali di Zajedno. Milosevic non e' un vero jugoslavista: in una certa fase era riuscito a farsi accreditare al piu' come leader "di tutti i serbi"; tuttavia i fatti dimostrano che il suo nazionalismo e', o sarebbe potuto essere, in ogni caso meno dannoso del nazionalismo di altri leader serbi contemporanei, per non parlare degli altri leader balcanici, o di altri paesi.

Quando un bel giorno avremo/avranno sgombrato il campo dalle accuse idiote e ridicole, allora potremo cominciare ad elencare quelle pertinenti. Il ceto politico che Milosevic rappresenta puo' essere infatti politicamente contestato quantomeno per i fatti che seguono:

- decisionismo autoreferenziale, o "autocrazia" (fino ad arrivare alla rottura con ambienti importanti come quello accademico, vedi i fatti recenti): un vizio ben noto della fase discendente del socialismo di Stato;

- uso strumentale della "questione serba", ovverosia del malcontento dei serbi in Kosovo, Krajna, eccetera, come "instrumentum regni"; "sdoganamento" del rinascente ceto medio reazionario ed anticomunista;

- liquidazione della Jugoslavia Federativa e Socialista: restrizione, spacciata per "realismo", in uno spazio quasi esclusivamente serbo, pesante carenza di internazionalismo;

- inizio del processo di privatizzazione: concessioni alla borghesia interna, "bianca" e "rossa", ed esterna (vedi gli affari con i capitali italiani e greci, ritenuti "amici", anche in settori strategici come l'energia e le comunicazioni);

- mediazione con l'Occidente e con la Nato sulle questioni balcaniche, a partire dagli accordi-capestro di Dayton, con conseguente prosecuzione del processo di allargamento ad Est della Nato, pure non direttamente richiesto o appoggiato.

Ovviamente per dirla tutta, e non e' questa la sede, dovremmo mettere a confronto le mosse di un Milosevic con quelle di un Tudjman, di un Kucan, di un Izetbegovic, di un qualsiasi politico dell'Europa orientale di oggi, soprattutto sugli ultimi due punti. E (perche' no?) dovremmo paragonare certe politiche economiche con quelle volute dalla NOSTRA (ex)sinistra, storicamente incapace di iniziare un qualsivoglia processo rivoluzionario vero ma sempre disponibile a gettare fango sulle esperienze altrui.

Dovremmo anche interrogarci (con il senno di poi) sugli scenari che si sarebbero potuti aprire se Milosevic avesse fatto altre scelte, ovverosia sulla sua liberta' di manovra. Che cosa sarebbe ad esempio successo se la Jugoslavia (attuale) fosse militarmente intervenuta in Croazia o Bosnia? E se il suo governo avesse duramente impedito ogni accesso al capitale straniero? O se avesse concesso l'indipendenza al Kosovo, con tutte le risorse energetiche e minerarie che questo possiede (oltre a tutti i motivi storici e simbolici)?

5. LA PAURA

D'altronde un bel giorno dovremo porci anche qualche interrogativo sulla liberta' di manovra dei serbi come tali, in questi anni, soprattutto visto che diventa a poco a poco nota a tutti la reale natura delle politiche di un Tudjman o di un Izetbegovic, ovverosia degli Stati da questi voluti. Evidentemente l'opposizione dei serbi alla disgregazione in atto andava da una parte combattuta con tutti i mezzi, contemporaneamente pero' ha fatto comodo avere una parte in conflitto alla quale attribuire l'intenzione di un egemonismo prepotente e criminale, proprio come spauracchio per impedire che della Jugoslavia "tutta" si potesse ritornare a parlare.

Usare i termini "Milosevic" o "filoserbi" come coltelli affilati per impedire ogni riflessione e' secondo noi comunque inaccettabile. Poiche' tuttavia e' nostra intenzione rivolgerci, in questa analisi, essenzialmente alla sinistra ed ai comunisti, e' a questi che chiediamo: e' o non e' giunta l'ora di finirla con l'attuale asfissiante conformismo sulle questioni dell'Europa orientale, e sulla "questione serba" in particolare?
Sarebbe lecito o no conoscere per quello che e' il programma politico della JUL, oppure leggere ogni tanto una dichiarazione di un esponente dell'SPS, quantomeno a titolo informativo? E' consentito conoscere la realta' dei fatti al di la' degli slogan di comodo, o dobbiamo continuare a sentire sempre e soltanto una unica campana?

Questo soprattutto sulla scorta del fatto - che possiamo dimostrare e documentare - che *non si e' voluto*, negli scorsi anni, costruire alcun rapporto con la *vera* sinistra jugoslava, antifascista ed antiimperialista: non lo si vuole fare con chi da sinistra si oppone a Milosevic, ma non lo si vuole fare nemmeno con i socialisti croati ( http://marx2001.org/crj/KOMU/komu.html ).

Qual e' insomma lo scopo di questa censura infinita, becera ed inspiegabile, tale che nessun discorso sulla Jugoslavia possa avere cittadinanza nelle sedi "per bene" se non e' introdotto da almeno una frasetta "ad hoc" sulle colpe di Milosevic come "teorico della Grande Serbia"?

Qualcuno ha provato a tracciare un parallelo tra l'aggressione occidentale contro l'Iraq e l'aggressione occidentale contro la Jugoslavia, di prima e di adesso, o tra le figure di Saddam e di Milosevic? Ci sembra di notare qualche incongruenza a sinistra...

Commentando il lavoro di controinformazione del Coordinamento Romano per la Jugoslavia qualcuno ha detto che quello che diciamo "fa paura". La realta' e' che la guerra fredda, con i suoi meccanismi di manipolazione delle coscienze, non e' terminata: viviamo nell'epoca della "produzione di angoscia a mezzo stampa". Per di piu', noi italiani siamo DENTRO al conflitto balcanico, per la storia che pesa, per il fatto che la nostra terra e' la base di lancio da cui partono le aggressioni, aeree e non solo, contro quei popoli vicini. In quanto *interni* al problema, noi subiamo gli stessi meccanismi militari di chi e' li', sotto le bombe: semplicemente, far funzionare le meningi su certe questioni di interesse strategico immediato e' fortemente inopportuno. Si sarebbe ad esempio corso il rischio, nel caso di una sollevazione popolare tipo-Vietnam contro le truppe di occupazione occidentali in Bosnia, di schierarsi dalla parte giusta. Si sarebbe ad esempio corso il rischio di creare una reale opposizione all'uso del nostro territorio per certe operazioni di guerra che sono state spacciate per "operazioni di pace", sempre indirizzate contro le "bestie" serbe - per usare la raffinata definizione dell'intellettuale Adriano Sofri, su "L'Unita'" del 28 agosto 1995.

Ciononostante, questo nodo della "questione serba" deve assolutamente essere sciolto. Non e' possibile che ogniqualvolta si tenti di parlare della disinformazione sui Balcani venga messo il bavaglio con accuse pretestuose. E' sconcertante che la verita' storica sulle guerre interjugoslave di questi anni sia ancora impronunciabile a meno di accuse di fascismo.
E' una questione di giustizia, di intelligenza, di civilta', di pace. E' anche una questione di prospettive per la sinistra - non solo italiana - che appare oggi completamente subalterna ai processi in atto. Non si tratta insomma di problemi da poco.

COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA, novembre 1998

Dedicato al cinquantacinquesimo anniversario della fondazione della Repubblica Federativa e Socialista di Jugoslavia Jajce, Bosnia, 29 novembre 1943.


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