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Coordinamento Romano per la Jugoslavia


15 TESI SUL KOSOVO

  • 1: La provincia autonoma di Kosovo e Metohija (Kosmet) e' parte della Repubblica Federale di Jugoslavia, e piu' precisamente della repubblica federata di Serbia (l'altra repubblica della Federazione e' il Montenegro). Per questa provincia, che e' oggi abitata da schipetari in misura di piu' del 90%, e' previsto a livello legislativo il bilinguismo nelle istituzioni, l'insegnamento in lingua albanese fino alle scuole secondarie, nonche' i diritti di cittadinanza di cui godono tutti i cittadini della Jugoslavia. La provincia ha una connotazione economica essenzialmente agricola, ma e' ricca di risorse minerarie e costituisce una essenziale fonte di energia elettrica per la Jugoslavia attuale.

  • 2: I nazionalismi stanno mettendo a repentaglio la natura multinazionale e multiculturale della regione, come e' gia' successo in altre parti dell'area jugoslava. A questo riguardo bisogna sottolineare che insieme a tutte le altre "etnie" ivi storicamente presenti, schipetari e serbi hanno entrambi pienamente diritto di esistere ed esplicare la loro identita' (lingua, religione, politica, ecc.) su quel territorio. Declamare che siano "arrivati prima" gli uni o gli altri, evidenziare i rapporti demografici, mettere in questione passaggi storici per parlare di "occupazione del territorio" da parte degli uni o degli altri, tutto questo serve solamente a gettare benzina sul fuoco creando i presupposti, anche tramite la pressione sulla "opinione pubblica", per un radicalizzarsi della situazione nel senso del separatismo etnico e dello sciovinismo nazionalista.

    A questo riguardo, vista la disinformazione imperante, siamo tenuti a ricordare che l'esistenza di monumenti religiosi dell'ortodossia risalenti anche al Medioevo, molti dei quali sotto tutela UNESCO, nonche' il fatto che tutta l'identita' nazionale dei serbi in quanto popolo ruoti attorno ai fatti di Campo dei Merli (Kosovo Polje - 1389), attestano la presenza e l'influenza dei serbi nell'area sin da tempi non recenti. Lo stesso nome della regione del Kosovo deriva dalla radice slava Kos, cioe' "merlo", ed esso e' ripreso esattamente in lingua albanese a parte il solo cambiamento della desinenza (Kosova), mentre il nome della Metohija e' addirittura di matrice greca.
    Le celebrazioni di Kosovo Polje del 1989 hanno avuto luogo nel 600esimo anniversario delle vicende di cui sopra; esse rappresentavano dunque per i serbi la festa nazionale piu' importante di questo secolo. Le presenza di Slobodan Milosevic, presidente della Serbia, alle celebrazioni della festa nazionale dei serbi non puo' ne' sorprendere ne' indignare.

  • 3: La cronaca degli ultimi anni, almeno dal 1968, dimostra che, oltre al "revanchismo" serbo del quale tutti parlano, esiste attualmente in Kosmet uno sciovinismo nazionalista panalbanese. Gli odierni leaders secessionisti non hanno mai fatto mistero, anche in interviste rilasciate pubblicamente, di lottare per un Kosovo "repubblica" da annettere in un secondo tempo all'Albania. La cancellazione nel 1989 dello statuto di forte autonomia vigente nella regione, sostituito con uno statuto piu' simile agli standard occidentali in tema di tutela delle minoranze (liberta' di espressione ed aggregazione politica e culturale, bilinguismo), non e' stata altro che il punto di arrivo di un decennio di scontri e tensioni, ed e' avvenuta alla vigilia della dissoluzione della RFS di Jugoslavia ad opera dei vari secessionismi e di chi li ha appoggiati dall'esterno.

    A questo riguardo, vista la disinformazione imperante, siamo tenuti ancora a precisare che prima della cancellazione di detta autonomia la regione godeva a tutti gli effetti di una quasi-"statualita'"; questa entro' in vigore nel 1974 - dopo le turbolenze di parte albanese cominciate nel 1968 - con quella Costituzione elaborata da Kardelj e collaboratori che esaltava il carattere decentrato e federativo dello Stato. Nonostante cio', le dimostrazioni ripresero immediatamente dopo la morte di Tito.

  • 4: Lo jugoslavismo apparente delle manifestazioni schipetare dei primi anni '80 consistette a tutti gli effetti nel suo contrario: si agitavano le immagini di Tito per chiedere un'ulteriore svolta in senso centrifugo. In tutti questi anni i leader secessionisti albanesi hanno dimostrato d'altronde un incredibile opportunismo politico, muovendosi dallo stalinismo marxista-leninista in funzione antijugoslava della guerra fredda fino all'indipendentismo liberale e filoeuropeo attuale, passando attraverso lo jugoslavismo puramente retorico e demagogico di cui sopra, il fondamentalismo religioso ed il filoturchismo sfacciato di alcuni.
    Viceversa, uno jugoslavismo reale, inteso come prima fase di un processo di unificazione tra tutti i popoli balcanici ed oltre in senso socialista, secondo le idee dei comunisti, anche schipetari, che fecero la Lotta di Liberazione Nazionale sotto la guida di Josip Broz, era e rimane l'unica soluzione praticabile e giusta per i Balcani. Questo processo fu bloccato in virtu' degli accordi di Jalta nel 1948, e non certo per volonta' jugoslava.

  • 5: Altri "dettagli" storici vanno poi presi in considerazione se si intende valutare la situazione attuale senza superficialita' e malafede: l'odierna situazione demografica del Kosmet e' il risultato di una serie di circostanze che pesano come un macigno sulla memoria e sul sentimento nazionale dei serbi. L'aggressione revanscista da parte dei militanti panalbanesi di "Balli Kombetar", movimento appoggiato dai nazifascisti, e specialmente dagli occupatori italiani in funzione antijugoslava, durante la seconda guerra mondiale causo' la morte o l'esodo di migliaia e migliaia di persone di religione ortodossa abitanti nel Kosmet.
    Queste vicende ebbero strascichi anche nel seguito. Gli albanesi furono sottoposti nel primo dopoguerra ad un controllo poliziesco pesantissimo, con episodi di violenza in tipico stile "guerra fredda" di cui fu responsabile il ministro serbo degli Interni Rankovic. Questi episodi sono da inserire anche nel contesto della contrapposizione tra titoisti e stalinisti successiva al '48. D'altro canto, pero', la politica dei dirigenti jugoslavi fu quella di evitare che i contrasti tra slavi ed albanesi si acuissero: con il passare degli anni, Rankovic fu allontanato, le richieste albanesi furono via via accolte (fino, appunto, alla Costituzione del '74), il ritorno degli esuli serbi e montenegrini in Kosmet fu scoraggiato, altri serbi e montenegrini abbandonarono via via un'area che sembrava oramai destinata a divenire il naturale spazio degli schipetari di Jugoslavia.

    A questo riguardo, vista la disinformazione imperante, siamo tenuti a precisare ulteriormente che quello che in questi ultimi anni e' stato considerato lo "sciovinismo serbo" spesso non era altro che la presa d'atto e la discussione sulle vicende che hanno visto serbi e montenegrini protagonisti in questo secolo: in particolare, il "Memorandum dell'accademia serba delle Arti e delle Scienze" del 1986 e' stato utilizzato in maniera propagandistica e disonesta come "un coltello affilato contro la stessa gente serba" (P. Handke), laddove viceversa esso contiene soprattutto, per il caso del Kosmet, una analisi dell'evoluzione della presenza ortodossa sul territorio e delle cause dello spopolamento pressoche' totale, continuato anche dopo il genocidio operato dai nazifascisti, nonche' della situazione legislativa determinatasi a partire dal 1974, che a detta dei serbi presentava una clamorosa non-reciprocita' (ad es. per il fatto che gli albanesi non erano processabili dai tribunali non kosovari, ma non valeva il viceversa).

  • 6: Repressione o boicottaggio? Dopo la riduzione dell'autonomia della regione, soprattutto dei suoi aspetti piu' politici, e la soppressione dei corsi in lingua albanese all'Universita' di Pristina (biennio 1989-'91) i secessionisti albanesi scelgono la strada del boicottaggio di tutte le istituzioni dello Stato jugoslavo: dalle vaccinazioni infantili alla scuola dell'obbligo, dall'insegnamento universitario alle tornate elettorali, la popolazione schipetara si assenta nella sua quasi totalita' dalla vita politica e sociale jugoslava per costruire, sulla base di finanziamenti ed appoggi dall'Albania, dalla Turchia, dalla Germania, dagli ambienti dell'emigrazione in Europa ed America nonche' da meno palesi settori di pressione internazionale, un sistema parallelo pseudo-statuale per l'istruzione, la sanita', la rappresentanza politica, eccetera.

    A questo riguardo, vista la disinformazione imperante, dobbiamo anche precisare che da parte delle istituzioni jugoslave non e' stato introdotto nessun tipo di "apartheid" etnico da nessun punto di vista, ne' alcuna forma di repressione che non fosse rivolta ad impedire disordini di piazza. In nessun modo si e' configurata in questi anni alcuna "occupazione militare" del Kosmet da parte serba, come affermano fonti disinformate o in malafede, visto che tra l'altro la regione e' parte dello Stato jugoslavo sin dalla fine della prima guerra mondiale, essendo stata in precedenza solo una provincia dell'Impero Ottomano e mai politicamente indipendente.

  • 7: La Jugoslavia attuale (Serbia e Montenegro) si trova ora, di fronte al riesplodere di questa polveriera, in una situazione assolutamente critica, vista tra l'altro la presenza di ulteriori minoranze in Vojvodina (ungheresi, croati), Sangiaccato, ai confini con la Romania e la Fyrom; il separatismo etnico, fino alla secessione, degli schipetari del Kosmet rappresenta un ulteriore colpo alla natura multinazionale e multiculturale di questo Stato, che e' a sua volta cio' che rimane della multinazionale e multiculturale RFS di Jugoslavia. Questa situazione non e' stata voluta in nessun modo da Milosevic ne' da quella che l'opposizione interna definisce la sua "banda rossa": anche gli ebeti possono infatti capire che gli scontri in Kosmet sono politicamente del tutto inopportuni per un potere che puo' sopravvivere solo nella stabilita' e contro gli sciovinismi delle varie parti.
    Nel contempo, e' anche chiaro che la situazione e' propizia per i nemici della Jugoslavia e dei Balcani: la guerra guerreggiata in Bosnia e Croazia e' congelata; truppe militari occidentali occupano postazioni strategiche in Albania, Bosnia, Croazia, Ungheria, e soprattutto in Macedonia; governi di servi e leccapiedi dell'Occidente sono stati messi su in Macedonia, Albania, Bosnia, Ungheria, eccetera; il peso dei serbi in Croazia e' ormai nullo dopo la "reintegrazione" dell'ultima enclave; il governo serbobosniaco di Dodik, come ha scritto un giornalista americano, "e' l'unico governo americano che non parla inglese"; il governo Djukanovic in Montenegro e' dello stesso tipo ed e' militarmente sotto la tutela delle portaerei che incrociano in Adriatico; infine, la situazione interna in Serbia e' tale che la coalizione di sinistra non puo' piu' governare se non tramite un accordo di "unita' nazionale" con i monarcoliberisti di Draskovic, cetnico e filooccidentale. Per tutti questi motivi il peso politico di Milosevic e' ormai pressoche' nullo ed anzi non e' escluso che i fatti del Kosmet di questi giorni siano usati essenzialmente per toglierlo definitivamente di scena - dopodiche' da parte americana (ma non albanese-turca ne' tedesca) forse perderebbe di interesse persino la secessone del Kosovo, nel caso che la Jugoslavia passi ad essere completamente governata da personaggi (questi si, nazionalisti) completamente asserviti ai dettami dei poteri forti internazionali.

    Vista la disinformazione imperante, a questo riguardo siamo tenuti a ricordare che le attuali minacce di inasprimento delle sanzioni contro la Jugoslavia se la situazione del Kosovo non sara' "risolta" sono un ulteriore esempio della politica dei due pesi e delle due misure in atto da anni nei confronti di Milosevic, della sua politica e della Jugoslavia in quanto tale: nessuno ha infatti sanzionato la Croazia per il comportamento tenuto nei confronti dei serbi, cosi' come nessuno mai si sognerebbe - tanto per fare un altro esempio - di minacciare sanzioni economiche contro la Spagna per la repressione del nazionalismo basco o contro la Turchia per il genocidio dei curdi. Il continuo richiamo alla "applicazione degli accordi di Dayton" e' strumentale e fuorviante, visto che questi in nessun punto comprendono ne' riguardano il Kosovo e/o la Serbia e quello che vi succede all'interno. La recente conferenza di Bonn sull'implementazione degli accordi ha visto il ritiro della delegazione serba perche' il gruppo di contatto, su pressione essenzialmente tedesca, aveva inserito una risoluzione pesante sul Kosovo. Viceversa, la questione dei serbi di Croazia fa parte degli accordi e viene disattesa e violata dai croati come tutte le questioni legate ai profughi in Bosnia e in modo particolare in quella che essi definiscono "Herzeg-Bosna".

  • 8: La continuita' dell'imperialismo italiano nell'area di Albania e Kosovo e' comunque l'aspetto che dovrebbe interessare piu' da vicino noi italiani e la nostra sinistra: come si e' detto in precedenza, durante la II guerra mondiale gli italiani appoggiarono strumentalmente la costituzione di una "Grande Albania". Non c'e' bisogno di rammentare quale sia stato l'interesse italiano nei confronti dello Stato albanese negli ultimi anni, dall'Operazione "Pellicano" all'annegamento di centinaia di persone che pure si diceva di andare ad "aiutare" con le missioni militari.

  • 9: Parte di questo "interessamento" italiano ai fatti albanesi puo' essere a tutti gli effetti considerato quello di personaggi sedicenti "di sinistra", oppure "pacifisti", che per parecchi anni hanno mostrato solidarieta' al leader nazionalista Ibrahim Rugova, per poi abbandonarlo quando questi, nel settembre 1996, firmava un accordo con Milosevic che avrebbe consentito la normalizzazione dei rapporti tra le due "etnie" almeno sotto il profilo dell'istruzione scolastica. Dopo questo accordo, Rugova e' entrato politicamente in disgrazia anche tra la sua gente, scavalcato da personaggi come Adem Demaqi (appoggiato anche da Berisha) e dalla organizzazione "Esercito di Liberazione del Kosovo" (ELK) attiva proprio a partire dal 1996, della quale in perfetta malafede si e' detto inizialmente che sarebbe stata messa su dai servizi segreti serbi.
    L'interessamento per il Kosmet da parte di settori pseudointernazionalisti, fondamentalisti cattolici, radicali e quant'altro, che agitano in modo strumentale la questione delle "autodeterminazioni" e dei "diritti umani" distinguendo in maniera assolutamente arbitraria tra nazionalismi "buoni" e "cattivi", e' solo un ulteriore passaggio della deriva in senso differenzialista etnico, demagogico, sciovinista-occidentale e filoimperialista di una "sinistra" che ha completamente dimenticato che la lotta contro l'oppressore dovrebbe incominciare dalla lotta contro i nemici nel proprio paese. Una vecchia definizione dell'imperialismo diceva che i suoi agenti sono "le 3 emme": i missionari, i mercanti e (ultima ratio) i militari. In tanti "pacifisti" nostrani riconosciamo a tutti gli effetti la prima "emme".

  • 10: Esistono ragioni sociali della rivolta? Una ulteriore mistificazione sul problema del Kosovo e' quella che vorrebbe la rivolta giustificata da "ragioni sociali". Questo ammantamento pseudomarxista di una faccenda che ha tutt'altre cause e spiegazioni e' insostenibile sia sotto il profilo storico (Rugova viene da una famiglia di possidenti; sotto l'Impero Ottomano i musulmani godevano di uno status sociale superiore; come in Bosnia, anche in Kosmet si puo' evidenziare il dualismo citta'-campagna che vedeva alla testa della gerarchia sociale i notabili musulmani e i funzionari "borghesi" della Sublime Porta; eccetera) sia sotto il profilo della situazione attuale (se tanti albanesi lavorano in miniera, i serbi autoctoni sono essenzialmente contadini; gli schipetari governano tutti i piccoli commerci, sono i proprietari delle botteghe, molti fanno affari con l'Albania, la Turchia, con settori in Germania e nel resto d'Europa ecc.; esistono poi traffici con la neoborghesia di rapina che governa l'Albania; eccetera).
    E' vero invece che l'esplosione demografica ed il boicottaggio assoluto (non la "repressione") hanno determinato una situazione di mega-emarginazione sociale e culturale gravissima; e' vero anche che sono soprattutto i serbi ormai a gestire l'amministrazione pubblica e cio' che resta delle imprese sociali autogestite, visto che tra l'altro gli schipetari che non praticano il boicottaggio sono ormai bersaglio degli attacchi terroristici dell'ELK in quanto "traditori". E' vero anche che con la guerra civile alcune migliaia di profughi serbi (da Bosnia e Croazia) sono affluiti in zona, e con loro, oltre a tanti disperati, si sono impiantati anche i profittatori di guerra della cerchia di Zeljko Raznjatovic "Arkan". E' anche vero pero' che esiste oggi un ceto di albanesi del Kosmet legato ai traffici di droga e di armi, alla mafia turca oltreche' ai settori revanscisti islamisti e filoturchi.

  • 11: La disinformazione strategica sta impedendo da anni alla nostra opinione pubblica di capire e valutare cio' che sta succedendo nei Balcani. Questa disinformazione e' uno degli strumenti (oltre a quelli diplomatici e militari) dei poteri forti a livello internazionale per ridefinire le sfere di influenza in Europa dopo la riunificazione tedesca. Come e' stato evidenziato gia' nei casi di Slovenia, Croazia, Bosnia, ecc., anche i settori panalbanesi e filoturchi si avvalgono di agenzie di informazione e "public relations" specializzate nell'orientare l'opinione pubblica interna ed internazionale.

  • 12: L'imperialismo vuole che nei Balcani si costituisca una catena di staterelli musulmani legati alla Turchia ed alla NATO, catena che noi chiamiamo la "trasversale verde", come hanno evidenziato anche analisti dell'espansione ad Est della NATO (es. S. Gervasi) e come consegue dalla continuita' storica con cio' che si e' cercato di attuare, in senso revanscista, gia' sotto il nazifascismo. Attorno a questo progetto si muovono in senso contraddittorio varie forze (ad es. i croati da una parte hanno appoggiato lo sfascio e dall'altra si oppongono ai musulmani in Bosnia; gli americani hanno costruito una serie di realta'-lacche' nell'area balcanica tali da rendere forse obsoleta per loro la "trasversale" suddetta), e sono evidenti i pericoli di deflagrazione dovuta ai contrastanti interessi delle varie potenze nell'area: prime tra tutte Grecia e Turchia. Il conflitto potrebbe insomma presto palesarsi nel suo carattere interimperialista.

  • 13: I comunisti nella attuale Jugoslavia esistono e si sono opposti, da sinistra, alla politica socialdemocratica, opportunistica e liquidatoria della coalizione cui fa capo Slobodan Milosevic, che tutti considerano un "Craxi" serbo. Essi sono stati presenti con le loro liste alle elezioni in Serbia e Montenegro (cfr. le nostre pagine Internet a loro dedicate), ed anche in Kosmet, chiedendo la fine del processo di squartamento del paese, opponendosi alle tendenze in senso liberista, portando avanti i valori jugoslavisti di Fratellanza ed Unita' contro i vari sciovinismi. IL FATTO CHE NESSUNO QUI DA NOI ABBIA MAI PARLATO DELLE ATTIVITA' DEI COMUNISTI (men che mai per appoggiarli) costituisce, insieme a tutte le cose che sono state dette a sproposito e con tono razzista sui serbi come popolo, una pura infamia ed e' la dimostrazione palese del fatto che ormai in Europa e' in atto un processo di restaurazione economica, militare, politica, culturale estremamente pesante, che si sta rivolgendo anche contro tutti noi "osservatori" apparentemente non coinvolti nelle questioni jugoslave.

  • 14: La questione nazionale in Europa viene utilizzata oggi come piede di porco per annientare ogni tipo di sovranita' reale dei vari popoli rapinati, per metterli gli uni contro gli altri e per costringerli a passare sotto diretta tutela dei poteri forti dell'imperialismo: un caso clamoroso e' quello della Bosnia. Sotto questo profilo la politica che sta facendo l'Occidente e' identica a quella del nazismo. Scriveva Heinrich Himmler nel 1940: << Nel trattamento delle etnie straniere dell'Oriente dobbiamo vedere di riconoscere e di badare quanto piu' possibile alle singole popolazioni ... Ed ovunque si trovino pure solo frammenti etnici, ebbene anche a quelli. Con questo voglio dire che noi non solo abbiamo il piu' grande interesse acche' le popolazioni dell'Oriente non siano unite, ma che al contrario siano suddivise nel numero maggiore possibile di parti e di frammenti. >>

  • 15: La nostra posizione, che andiamo articolando con le analisi presenti sul nostro sito Internet, puo' essere riassunta con le parole di due commentatori tedeschi: << L'"Europa delle Regioni" e delle minoranze non e' in contraddizione con l'"Europa delle grandi imprese". Esse sono identiche >>, oppure con quelle di Peter Handke, secondo il quale << la Jugoslavia era l'Europa... La Jugoslavia, per quanto frammentata sia potuta essere, era il modello per l'Europa del futuro. Non l'Europa come e' adesso, la nostra Europa in un certo senso artificiale, con le sue zone di libero scambio, ma un posto in cui nazionalita` diverse vivono mischiate l'una con l'altra, specialmente come facevano i giovani in Jugoslavia, anche dopo la morte di Tito. Ecco, penso che quella sia l'Europa, per come io la vorrei. Percio', in me l'immagine dell'Europa e' stata distrutta con la distruzione della Jugoslavia. >>

    Vista l'enormita' dei processi in atto ed in base a cio' cui abbiamo assistito con la stessa guerra fratricida nei Balcani, noi riteniamo che l'assoluto conformismo politico-intellettuale in cui siamo immersi vada urgentemente combattuto a forza di controinformazione e solidarieta' internazionalista vera. Altrimenti diventera' sempre piu' irrespirabile e pesante il clima anche qui da noi, visto che tra l'altro la mancata riuscita degli sforzi assurdi fatti per "far entrare il nostro paese in Europa" sta per portare anche l'Italia verso un processo drammatico di disgregazione.

    Per chiudere sul problema del Kosovo, vorremmo dire che e' sbagliato ed inopportuno che i lavoratori serbi appoggino la polizia contro i lavoratori albanesi tanto quanto e' sbagliato ed autolesionista per i proletari albanesi (e puramente folle per la "sinistra" nostrana) accodarsi alla loro borghesia bigotta, nazionalista e filoimperialista nel segno di un separatismo etnico antijugoslavo e razzista.

    COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA, marzo 1998