LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 

LE TRATTATIVE DELL'ARMISTIZIO

IL CAPPELLO DEL 1942

Dal diario di ROMMEL -14/11/42 - alla moglie (estratto): "Da Roma ci sono giunte preoccupanti notizie sulla situazione italiana. Al Comando Supremo italiano l'atmosfera è oscillante, grigia e gravida di elettricità. Le ostilità contro di noi aumentano. Si teme, negli ambiente della Corte vi siano correnti che premono sul Re d'Italia perché prenda in mano la situazione interna italiana e limiti l'autorità del Primo Ministro (Mussolini). Voci darebbero sicuro al nostro servizio informazioni che la Principessa ereditaria, MARIA JOSE', abbia avuto, tramite una sua amica francese, dei contatti con diplomatici americani ed inglesi in Svizzera per una pace separata. Sarebbe mostruoso!" ....Il Maresciallo Cavallero, capo del Comando Supremo italiano sarebbe stato silurato "per ordine del Re d'Italia" . "Non mi mandano rinforzi. Ma come potremo vincere questa guerra se perdiamo qui in Africa? "

Pesenti

Gustavo Pesenti

(Castel S.Giovanni, 15/1/1878 - Genova, 18/1/ 1960) Ufficiale degli Alpini e musicista compositore durante l’insurrezione dei Bimal in Somalia viene ferito in combattimento a Danane il 9/11/1907. E' poi -Capitano Residente- a Ghat nel 1913. Pesenti subentra nel comando del contingente italiano in Palestina nel 1918 al posto del T.Col. dei Bersaglieri Francesco D'Agostino. Colonnello comandante il R.C.T.C. della Somalia nel 1928/29. Generale comandante la 4ª Brigata Eritrea all’inizio della campagna A.O. 1935/36, passa poi al comando della 1ª Divisione Eritrea. Comandante del “Settore Giuba” durante la 2ª g.m., viene successivamente sostituito dal Col. De Simone. Dal '38 Governatore.

  Secondo alcuni documenti americani di resa armistiziale si iniziò a parlare quasi un anno prima (vedi in calce) di quella conclusa nel settembre '43 (bozze che portano la data di giugno 1943). Dalla lettera di Rommel alla moglie, qui a fianco, sappiamo che i servizi segreti tedeschi avevano già intercettato voci in tal senso. Secondo quindi i documenti Usa era l’ottobre del 1942 quando da Casa Savoia partì l’iniziativa (ma non dal re)attraverso canali diplomatici alternativi per giungere fino al Foreign Office britannico, che reagì secondo precisi intendimenti che si rivelarono per noi estremamente dannosi sia dal punto della credibilità che della fattibilità. Si da per certo che fosse stata la principessa Maria José di Savoia, a dare incarico al ministro d’Italia, Francesco Fransoni a Lisbona, oltre ad alcuni uomini di Staio portoghesi, di avvicinare l'ambasciata inglese e quella di Polonia in "Esilio" per conoscere le intenzioni alleate, ove l’Italia fosse uscita dalla guerra. Poiché il suo nome doveva restare segreto la cosa non venne presa molto sul serio. Sir Ronald Campbell riferì puntualmente al suo governo questo primo contatto, ma la risposta fu negativa. Il 17 dicembre 1942 il ministro degli esteri inglese Eden dava notizia di questi passi ai colleghi americano e russo aggiungendo che "Si era deciso di non dare seguito a questa apertura dal momento che gli italiani a (di) Lisbona sono servi del regime attuale, ed il mantenere contatti con essi potrebbe solo contribuire a gettare sospetti sulle nostre condizioni secondo cui ci proponiamo di distruggere il fascismo". La principessa si tirò allora in disparte per far posto al cugino Aimone di Savoia, nuovo Duca d'Aosta da quando era morto il fratello in Prigionia. Questi, tramite il console italiano a Ginevra Cortese, fece sapere a Londra, a fine novembre, che egli era disposto, d’accordo col Principe di Piemonte, a capeggiare una rivolta armata contro il regime fascista, ed a trattare una pace separata.

Le « condizioni » che venivano avanzate erano come un abbozzo delle idee e delle speranze che ci guidarono nove mesi più tardi: "forte appoggio della R.A.F., al momento opportuno, per fronteggiare l’aviazione tedesca e la fascista italiana (sulla fedeltà dell'Esercito e sulla Marina si era più tranquilli). Poi uno sbarco concordato di potenti forze alleate, non meno di 15 o 16 divisioni, non consegna della flotta, e Casa Savoia sul trono: garanzie in questo senso dovevano essere fornite da tutte le potenze nostre avversarie".

Che la richiesta fosse reale ora ci credevano, per tutto il resto era irrealizzabile salvo non fosse un grosso trappolone, un pacco all'Italiana !!! Questa diffidenza di fondo non abbandonò più né inglesi né americani, e fu la causa di molte nostre disgrazie. D’altra parte non potevamo attenderci niente di molto diverso e il fatto che ci dicessero nuovamente di nò non ci vietò dal riproporle (le tesi) nove mesi dopo, come un parto. Eden valutò e scrisse « Ciò nondimeno il guadagno che potremmo conseguire se potessimo affrettare il crollo italiano è tanto grande che abbiamo deciso che vale la pena di mantenere aperta questa via di comunicazione". Ma Anthony Eden sembra che stesse trattando anche con Badoglio tramite un suo fido incaricato che si incontrava in Svizzera con John MacCaffery. I dubbi di Badoglio però, all'epoca, erano ancora forti. Se vincevamo in Africa e in Russia col cavolo che avremmo chiesto un armistizio, al massimo lo avremmo offerto (eravamo nell'estate del '42 !!! dove ancora tutto era possibile). Alla richiesta di indicare un generale in grado di assumere un ruolo alla "De Gaulle in France Libre", fuori dai confini (e qui non poteva che essere l'Africa e nello specifico l'Eritrea pur se già persa) con un esercito montato dagli alleati, Badoglio aveva indicato il conterraneo Gustavo Pesenti. Sui sentimenti antifascisti di Pesenti si poteva far conto: anzi c’era finito sotto e si era pure salvato da un processo davanti alla Corte Marziale (lo salvò Badoglio).

A riposo da un paio d'anni, Gustavo Pesenti, che deve la carriera a Badoglio, viene da questi spedito dopo la campagna d'Eritrea a comandare il fronte somalo nel '39. Allo scoppio delle ostilità, tutto preso dalle sue composizioni (mettere in musica la Divina Commedia), Pesenti non s'era accorto che i britannici gli avevano soffiato una brigata coloniale ad El Uack. Il QG l'aveva appreso dal compiaciuto bollettino di radio Nairobi. Il Duca Amedeo d'Aosta era volato a Mogadiscio, dove il generale, anziché giustificare la figuraccia, gli aveva detto che così quelli di Roma imparavano a dichiarare guerra all'Inghilterra. Se siamo ancora in tempo, aveva concluso Pesenti, vediamo di concludere una pace separata. I fatti si sarebbero incaricati di dargli ragione, ma lì al fronte, con un nemico da combattere e con un morale che era già sotto le scarpe, al viceré d'Etiopia non era rimasto altro che caricarlo sul primo aereo e rispedirlo in Italia. (da 'Arrivano i nostri - gli Alleati sbarcano in Sicilia', pag.83)

da Carabinieri.it - «Sgradevole e perfino equivoca la caduta del fronte somalo, se paragonata a quello che accadde a Cheren (..)». Forse, il "mistero" è racchiuso in quanto si verificò a Mogadiscio, nel dicembre del 1940, alla mensa ufficiali, presente il Duca d'Aosta, Amedeo. Questi, per vie sotterranee, aveva ricevuto concrete proposte inglesi per trattare una pace separata e preservare l'Impero, rinnegando la "guerra fascista". Appunto a Mogadiscio, questa tesi fu sostenuta con tale vigore dal generale Gustavo Pesenti, Comandante del fronte del Sud (div. eritrea), che il Duca d'Aosta si alzò di scatto e disse: «Una sola parola ancora, generale, e la faccio fucilare!». Pesenti fu rimpatriato per non mettere in imbarazzo ulteriormente il Duca e passato nella Riserva.

Anthony Eden ministro inglese degli Esteri-14/1/43 “ Nonostante i recenti approcci del Duca D’Aosta restiamo estremamente dubbiosi circa la volontà o capacità di qualsiasi membro della Real Casa di guidare una rivolta contro il fascismo. Badoglio potrebbe ma ….”.


Aimone Duca D'Aosta

Brani da carabinieri.it rielaborati da Articoli di Franco Bandini giornalista del Corriere della Sera.

  Pesenti ferito a DananeA mensa quindi, quando ancora gli animi non s’erano riscaldati dalla discussione Pesenti inveì sulla campagna bellica e sulla necessità di finirla li. Non stava ancora parlando col Vicerè Amedeo ma il tono alto lo raggiunse oltre la cerchia dei colleghi ufficiali. Il Duca visibilmente alterato, interruppe il pranzo e si allontanò, col seguito, senza salutare l’anfitrione. Il 28 dicembre Gustavo Pesenti veniva rimpatriato d’urgenza e posto nella riserva. Il gioco scoperto vietava ad Amedeo di prendersela col sottoposto che poteva già essere un agente inglese infiltrato e di far finta di niente per non scoprire eventualmente il proprio di gioco. Delle simpatie e amicizie inglesi del Duca si è parlato e si parlerà ancora, così come di altre figure di cui si circondava alla ragion dei fatti spie declamate come Frusci e Terzani.

da Carabinieri.it “Al momento della caduta dell'Impero, due dei generali più in vista, Claudio Trezzani, Capo di Stato Maggiore del Duca, e Luigi Frusci, Comandante del fronte Nord, furono prelevati in aereo e trasportati in America, dove furono ospiti di Roosevelt alla Casa Bianca. Fatto assai singolare, mai smentito e avvenuto in un'epoca nella quale gli Usa erano ancora neutrali. Va anche aggiunto che il numero dei comandanti di settore, i quali deliberatamente e ostentatamente non obbedirono al Duca, in questa o quell'altra fase della campagna, fu insolitamente alto: a questi loro rifiuti si deve, in gran parte, se l'intero Sud etiopico, con Mogadiscio, fu perduto nel giro di pochi giorni, senza che praticamente venisse sparato un solo colpo di cannone. Una somma di fatti assolutamente sconcertante (...)". Al fronte Nord, invece, gli inglesi si scontrarono con ben altri generali, che dovrebbero essere ricordati nei libri di scuola: Nicola Carmineo a Cheren, Guglielmo Nasi a Gondar-Culqualber, Pietro Gazzera nella Galla-Sidama”.

Da questo punto di vista, la scelta di Badoglio poteva essere felice. Pesenti aveva esperienza coloniale, era già conosciuto dagli Inglesi dai tempi della Palestina (1918) e parlava Inglese. A Pesenti come ad altri generali già visti nella nostra storia non facevano difetto gli Hobbys. Era accreditato di astronomia (chiamava fuori i suoi ufficiali nelle limpide notti africane ed impartiva loro vere e proprie lezioni di geografia stellare, esigendo che prestassero attenzione e che dessero risposte corrette quando poi li interrogava) e di musica. Come riportare Pesenti in Africa ? Le alternative proposte furono sostanzialmente tre: via aerea, sommergibile o in Svizzera sui sentieri dei contrabbandieri. La cosa, visto il personaggio non andò in porto.

Anche Badoglio a conti fatti non fece nulla e il suo terrore per i tedeschi nell’agosto del ‘43 impedì una qualsiasi operazione aviotrasportata su Roma che avrebbe accorciato la guerra di un anno. 15 giorni dopo il terzo atto del "cappello armistiziale Badoglio" che propone un governo militare ma Pesenti come prima. Un mese dopo il Sim (Servizio informazioni italiano) rompeva la catena dei piccoli informatori. Il 1943, per gli italiani, non assomigliava punto al ’42. Gli alleati erano in recupero ovunque e di trattare con gli italiani non era più necessario. A marzo del ‘43 gli aerei alleati montavano un nuovo tipo di radar che non dava scampo agli squali tedeschi.

Nell'Africa Orientale non c'era stata e non c'era una presenza tedesca come in Libia e fra i generali non c'era che l'imbarazzo della scelta da Gazzera a Nasi, ma pensare proprio a  Pesenti che aveva alle spalle una ponderosa storia di insubordinazione, questo sembrava eccessivo come fluidificante dell'orgoglio nazionale. Ma perché Mussolini dalla ben sicura sede carceraria di Ponza era stato portato in una base militare di prima linea più volte bombardata come quella di La Maddalena ove, oltretutto erano presenti un grosso contingente di milizie fasciste e un consistente presidio tedesco? Sappiamo che proprio in quei giorni, dopo lo sbarco degli angloamericani in Sicilia e l'ormai imminente capitolazione, erano state intraprese precise trattative secondo le quali, come concordato dal consigliere diplomatico Lanza d'Aieta con l'ambasciatore inglese a Lisbona il 4 agosto, sarebbe dovuta giungere nell'Arcipelago la flotta italiana e che unitamente alla flotta sarebbe dovuto arrivare il Re, con al seguito il Governo, il Principe Ereditario, la famiglia reale e il corpo diplomatico. Precedenti contatti, intrapresi dall'ammiraglio Aimone, duca d'Aosta, condotti a Ginevra dal console Alessandro Marienti, avevano concretato un'intesa secondo la quale "....un principe di casa Savoia doveva costituire in Sardegna un governo libero, che avviasse immediatamente la collaborazione militare con le truppe di stanza nell'Isola". La proposta, ribadita dal generale Castellano nelle ultime trattative di Termini Imerese era stata poi confermata a Cassabile. Ma gli accordi, non si è mai saputo perché, non andarono in porto. All'ultimo momento il generale Castellano, in risposta al promemoria del Comando Generale che rinnovava la richiesta di trasferimento delle navi a La Maddalena aveva telegrafato

"....considerando che vi è la possibilità che la flotta si rifiuti all'ordine di dirigersi ai porti avversari, ....est impossibile da parte Comando alleato aderire desiderata circa flotta perché opinione pubblica anglo-americana non accetterebbe nessun compromesso che possa anche opportunamente diminuire la totalità dell'accettazione delle condizioni" .

Gli incarichi del duca d'Aosta (Ispettore Generale dei MAS a Lerici) e del duca di Genova (Comandante del Dipartimento dell'Alto Adriatico-Venezia) potevano lasciarli liberi di eseguire gli ordini del Re. Il duca Aimone d’Aosta giunge il 23 settembre 1943 a Brindisi. Già nell’estate del 1942 erano corsi contatti tra gli inglesi a Ginevra per iniziativa del Duca d’Aosta tramite il viceconsole Marienti. Non si arrivò all’apertura di un negoziato a causa dell’intransigenza inglese che chiedeva la resa incondizionata.

 
DISCUSSIONI ALLEATE PER LE CONDIZIONI DI RESA ALL'ITALIA

3.1 - Bozza di resa da imporre all'Italia preparata dal dipartimento di Stato americano, maggio-settembre 1942
Segreto - Documento S. 19 - 27 maggio 1942 Emendato il 25 settembre 1942
Condizioni per la resa italiana alle Nazioni Unite
I Termini di resa

Il comandante in capo delle forze armate italiane accetta di arrendersi incondizionatamente al comandante in capo delle forze armate delle Nazioni Unite, o a un suo rappresentante, di cessare le ostilità in terra, mare e cielo entro un periodo di dodici ore e di attenersi alle condizioni più avanti stabilite in questi termini di resa.
II. Evacuazione e resa
1. Evacuazione di tutti i territori all'interno dei confini dell'Unione delle Repubbliche Sovietiche, così come fissate il 10 settembre 1939.
2. Capitolazione delle isole del Dodecanneso insieme con la consegna di tutte le forze italiane e del materiale bellico ai comandanti designati delle forze di occupazione.
3. Capitolazione di Pantelleria insieme con la consegna di tutte le forze italiane e del materiale bellico che lì si trovino.
4. Evacuazione del territorio francese occupato dagli italiani entro un periodo di 72 ore dalla firma di questi termini.
5. Le forze italiane rimarranno in Grecia, Albania e Iugoslavia sino all'occupazione di questi paesi da parte delle forze delle Nazioni Unite, quando si consegneranno ai comandanti designati delle forze di occupazione. Tutto il materiale bellico italiano in quei paesi rimarrà sul posto sino alla sua consegna alle Nazioni Unite.
6. Capitolazione di tutte le forze italiane e consegna del materiale bellico in Libia.
III. Consegna delle armi e dell'armamento
1 . Ovunque in questi termini sia stata concordata la resa degli italiani, essi dovranno consegnare alle forze designate dalle Nazioni Unite, in buone condizioni, tutte le armi e l'equipaggiamento, compresi gli aerei civili e militari, tutte le fortificazioni aeroportuali e le installazioni portuali, tutte le ferrovie, il materiale rotabile e le officine di riparazione, tutto il parco autoveicolare, i depositi civili e militari, il carburante e le riserve di materie prime.
2. Salvo che sia altrimenti stabilito, le truppe italiane che si ritirano dai territori che dovranno essere evacuati porteranno con sé tutte le armi e l'equipaggiamento esclusi gli aeroplani che seguiranno le disposizioni stabilite nel successivo par. 6.
3. Il comando supremo italiano fornirà al comando supremo delle Nazioni Unite un elenco completo di tutto l'equipaggiamento, armi e munizioni in possesso delle forze armate italiane.
4 . Salvo che in questi termini sia altrimenti disposto, le forze armate italiane consegneranno in buone condizioni e in quei luoghi e nei tempi che saranno stabiliti dal comando supremo delle Nazioni Unite tutti i carri armati e le autoblindate classificati per peso superiore alle 3,5 tonnellate, tutti i pezzi di artiglieria di calibro superiore ai 100 mm, tutta l'artiglieria antiaerea di calibro superiore ai 6.5 mm, tutti i cannoni anticarro, e tutte le armi chimiche, compresi i lanciafiamme, e tutte quelle altre armi ed equipaggiamento che il comando supremo delle Nazioni Unite potrà chiedere.
5. Tutte le munizioni rimaste nell'impero italiano saranno immagazzinate e poste sotto custodia secondo le disposizioni che saranno stabilite dal comando supremo delle Nazioni Unite,
6. Tutti gli aerei italiani rimarranno sul posto a terra sino a che sarà comunicato il posto e la data della loro consegna per la resa. Il comando supremo italiano fornirà al comando supremo delle Nazioni Unite i dati ....
.... IV. Destinazione del personale
1. Ovunque in questi termini sia stabilito che le truppe italiane si arrenderanno, esse lo faranno alle forze designate delle Nazioni Unite come prigionieri di guerra.
2. Tutte le forze armate italiane, tranne quelle che questi termini specificamente stabiliranno doversi arrendere e tranne quelle più oltre specificate, saranno smobilitate al loro arrivo entro i confini territoriali dell'Italia metropolitana e la smobilitazione dovrà essere completata entro un periodo di tempo che sarà successivamente fissato dalle Nazioni Unite.
3. Le forze italiane sottoelencate sono esentate dalle misure del par. 2 sopradetto. Il numero esatto, la composizione e l'armamento delle truppe italiane trattenute permanentemente saranno fissati successivamente.
a. Esercito metropolitano.
b. Carabinieri.
c. 250 ufficiali e 7000 soldati della Guardia di Finanza.
d. 500 ufficiali e 5000 soldati della Pubblica Sicurezza.
V. Sistemazione e trattamento dei prigionieri e dei feriti
1. Rimpatrio, entro un periodo da specificarsi, senza reciprocità e secondo condizioni specifiche da stabilire, di tutti i cittadini delle Nazioni Unite e dei paesi occupati dall'Italia ora in mani italiane, compresi gli ostaggi e le persone condannate.
2. Gli italiani malati o feriti che non possono essere trasferiti dai territori evacuati dalle forze italiane saranno presi in cura dal personale italiano che sarà lasciato sul posto con l'attrezzatura necessaria.
3. I malati e i feriti delle Nazioni Unite in mani italiane che non possono essere trasferiti saranno presi in cura dal personale italiano sino a quando saranno adeguatamente soccorsi.
VI. Occupazione, ordine pubblico e governo del territorio
1. L'intera area dell'Italia settentrionale, come pure le acque territoriali confinanti a nord della linea Genova-Bologna-Ravenna, formeranno una zona di operazioni belliche delle Nazioni Unite. All'interno di questa zona il comandante militare nominato dal comando supremo delle Nazioni Unite sarà pienamente autorizzato a prendere tutte quelle misure da lui stimate necessarie per la condotta delle operazioni belliche. Egli avrà il diritto di requisire, acquartierare truppe, evacuare la popolazione civile, esercitare tutte le funzioni di governo, sia militare che civile, regolamentare e far funzionare tutti i mezzi di trasporto e i servizi pubblici. Le Nazioni Unite avranno inoltre il diritto di presidiare questa area con tutte le forze da loro stimate necessarie per il proseguimento della guerra e la difesa del territorio italiano. Le Nazioni Unite assumeranno il controllo di tutti i porti, installazioni navali, fortificazioni, aeroporti, depositi, arsenali, opere di difesa di ogni tipo a terra o nelle acque territoriali, di tutti i magazzini dell'esercito e della marina, arsenali e depositi e di tutte le armi ed equipaggiamenti delle forze italiane o tedesche in questa area. Le forze italiane rimarranno in questa area sino a quando saranno sostituite dalle truppe delle Nazioni Unite, allorché saranno ritirate a sud dei confini di questa zona....

 

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