LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 

 STRAGI 1944  2a parte

L'Armadio della vergogna o la vergogna di Carlo Lucarelli

Qualcuno, guardando la puntata di “BLU NOTTE – MISTERI ITALIANI” di Domenica 2/9/07 di Lucarelli - su Rai 3 L’Armadio della Vergogna”  avrà pensato "ecco dove copia il sottoscritto!" - Non disperatevi è esattamente il contrario. Questi file sono on line da aprile 2007. Alla fine del servizio l'autore Lucarelli è solito citare libri che non ha mai letto e ringrazia gente che passa alla cassa degli abbonamenti televisivi senza lavorare. Da uomo di qualsiasi regime (da quando hanno assolto il padre ematologo per la morte di 9 pazienti !!!) omette anche quello che ritiene opportuno gli italiani non sappiano. Le mie mail di protesta a lui, al capo delle relazioni esterne della Rai, così come al Presidente della Rai e al Ministro delle Comunicazioni sono rimaste senza risposta. Come si dice "Chi tace acconsente".

Da http://www.anfim.it/index.html famiglie italiane martiri per la libertà.  Nell'ottobre 1999  la Suddeutsche Zeitung (Baviera), pubblicò un articolo sensazionale (ndr. sensazionale per loro che non si erano studiata la storia tedesca del dopoguerra e relativi reduci, rigenerati e sensazionale perché riportava in ritardo di 5 anni il caso "Armadio della vergogna") in cui denunciava che l'Italia, governata dalla DC., negli Anni 50 evitò di perseguire molti criminali nazisti per non danneggiare i rapporti politici con la Germania, alleata in seno alla NATO. "In Italia a tutt'oggi", scriveva il quotidiano: "centinaia di criminali di guerra tedeschi non sono stati puniti poiché, dopo la guerra, non si è indagato seriamente su di loro... (anche qui per quei pochi che si indagava e processava o erano uomini di chiesa o vivevano liberi e felici in Germania: notizia di agenzia E' stata rinviata al 27 settembre 2006, a causa di uno sciopero delle camere penali spezzine, il processo a carico di Klaus Konrad, 92 anni, notaio, ex deputato socialdemocratico del Parlamento federale tedesco dal '69 al '80 con Willy Brandt (non è un fascista, è un socialista). L'udienza avrebbe dovuto tenersi stamani al tribunale militare della Spezia. Konrad è accusato della strage di San Polo (Arezzo) del 14 luglio. Imputato insieme a Konrad, per la stesa strage, è l'ex sottufficiale dell'esercito tedesco Herbert Handsk, 86 anni, viennese. Entrambi gli imputati sono contumaci e poiché in Italia i nonni non vanno in galera non c'era nemmeno il bisogno di presentarsi)". E citava documenti del Centro di documentazione degli Alleati e del Centro per la ricerca dei criminali nazisti di Ludwigsburg, oltre ad atti istruttori, rapporti d'inchiesta italiani in suo possesso e dichiarazioni dell'ex-ministro degli Esteri del tempo Gaetano Martino:

"Le prove raccolte già a partire dall'autunno 1944 dalle Autorità militari americane e inglesi non sono state prese in considerazione dalle Autorità di Roma per un riguardo politico nei confronti della Germania, entrata nella NATO nel 1955…" Gaetano Martino

Così, quando l'anno successivo il Procuratore Militare di Roma cercò d'inviare una missione in Germania per indagare su alcune stragi di civili nelle quali erano coinvolti militari tedeschi, il capo della diplomazia italiana Martino (padre di Antonio Martino deputato di Forza Italia), si oppose. In una lettera del 10 ottobre 1956 egli scrisse che indagini del genere potrebbero soltanto "stimolare critiche sulla condotta dei soldati tedeschi" e rafforzare nella Repubblica Federale "le resistenze interne all'adesione alla NATO". Le lettere del ministro Gaetano Martino del 10 ottobre 1956 ma anche del 23 gennaio 1957 ebbero la piena approvazione del ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani (Dc). Da quel momento scomparvero dagli archivi della Procura Militare di Roma circa 2.000 incartamenti.

Contro la ragion di Stato si è ora espresso un documento conclusivo, approvato all'unanimità, il 6/3/2001, dalla - Commissione Giustizia della Camera per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sull'accaduto.  Il maggior responsabile delle stragi italiane (Kesselring) così veniva giudicato a fine conflitto. L’esito del processo a Kesselring, iniziatosi nel febbraio 1947 a Venezia e conclusosi il 6 maggio con una condanna a morte (Corte non italiana, gli Italiani non potevano processare gli alti gradi del Reich), si collocò in un contesto internazionale già segnato dalle prime avvisaglie della guerra fredda: il giorno successivo alla condanna a morte dalla segreteria del primo ministro inglese si scriveva all’Ufficio di guerra che Mr. Churchill had telephoned to say that he was distressed about the sentence on Kesselring and that he might be raising the matter in the House of Commons” (documento 10). L'8 maggio intervenne a favore di Kesselring anche il generale Alexander, che scrisse dal Quebec al primo ministro di essere rimasto colpito dalla sentenza e di sperare che venisse commutata poiché Kesselring ed i suoi soldati avevano combattuto “hard but clean” ( duramente ma pulito doc. 11 ma riferito alle sole operazioni belliche). È chiaro che nel nuovo contesto internazionale che si andava delineando la Germania occupata dagli alleati occidentali, quella che sarebbe diventata poi la Repubblica federale tedesca, diventava un tassello importante di uno schieramento che si contrapponeva decisamente ad un altro, e non conveniva perciò insistere sul tema dei crimini di guerra tedeschi. Churchill scriveva così al primo ministro Attlee (documento 12) che era sua opinione che la condanna a Kesselring configurasse un problema di politica generale, domandandosi retoricamente se simili processi non avessero ormai perso “any usefulness it may have had” (una qualsiasi utilità che mai avessero avuto). La mobilitazione a favore di Kesselring ottenne il risultato voluto: il 9 maggio il Segretario di Stato per la guerra scriveva al generale Harding, comandante in capo delle forze del Mediterraneo centrale, che aveva la competenza per la notifica delle condanne e a morte di Kesselring, von Mackensen e Maeltzer, sottolineando il grave imbarazzo del ministero degli esteri britannico se tali condanne fossero state confermate, avendo invece l’Italia abolito la pena di morte (tranne che per i reati di alto tradimento) (documento 13). Ed il 29 giugno 1947 il generale Harding, commutò la sentenza di morte per i tre alti ufficiali tedeschi in ergastolo (documento 14), con una serie di argomentazioni che dimostrano le difficoltà (politiche, ma anche culturali) degli stessi Alleati nell'affrontare processi che presupponevano un’elaborazione giuridica in merito ai crimini di guerra, e a quelli contro l'umanità, che era appena all’inizio. Il generale Harding riconosceva a Kesselring di essere stato un combattente leale, richiamando esplicitamente la dichiarazione scritta di Alexander, e il diritto di proteggere le proprie truppe dalle attività partigiane. Aggiungeva che nella seconda guerra mondiale era stato difficile distinguere tra civili e combattenti, dato che si trattava di una guerra globale e, a seguito dell'attività partigiana, i civili potevano trovarsi implicati in un'azione di sostegno ai partigiani.

(ndr apro una parentesi per evitare che chi non conosce il mondo militare prenda un abbaglio. Prima o poi che sia inglese o tedesco (ma anche americano vedi 15 anni dopo il Vietnam) un generale finisce sotto inchiesta e questo gli inglesi lo sapevano bene dovendo governare col bastone il loro immenso impero coloniale. Creare un precedente non gli giovava. Da qui la sortita. Un po come i neofascisti odierni che inneggiano alla clemenza nei confronti di Saddam Hussein dopo averla deprecata, la non clemenza, nei confronti di Mussolini)
....... Non si possono concludere i lavori di questa Commissione senza ricordare l'entità di quella che un'autorevole corrente storiografica ha definito «guerra ai civili», condotta da coloro che hanno eseguito l'ordine del maresciallo Kesselring di fare terra bruciata attorno alle bande partigiane: un ordine che nazisti e fascisti eseguirono in maniera puntuale, spietata e direi con disumana solerzia. Da qui le stragi, gli eccidi, le esecuzioni sommarie a scopo dimostrativo, le violenze, i saccheggi, gli incendi, i furti. Pagarono i più deboli, le donne fuggite coi figli dagli orrori della guerra, i bambini, i ragazzi, i vecchi. Questa guerra ai civili, pianificata per terrorizzare e rompere i legami naturali tra il territorio e le formazioni resistenti, fece registrare oltre 400 stragi (se ci si limita a quelle con almeno 8 morti) e circa 15 mila vittime. Ma in realtà si tratta di numeri approssimativi per difetto, perché nessuno è mai stato in grado di quantificare con precisione gli episodi di violenza come le uccisioni singole. Uccidere, anche persone inermi, diventava una prova di coraggio e non un crimine. Quale valore avesse la vita umana per chi aderiva a quelle aberranti ideologie, nazismo e fascismo, lo si può dedurre dalla lettura di un passo di uno dei 2.274 dei fascicoli del registro generale, quello relativo alla strage di Massaciuccoli, in Toscana, del 1o settembre 1944. Ritengo utile riportare alcuni passi dell'interrogatorio di un SS catturato alcuni giorni dopo la strage. Ecco il racconto di un ragazzo di soli 17 anni appartenente alle SS: «Domanda. Ditemi con parole vostre e in ordine cronologico cosa è successo esattamente a Massaciuccoli, il 1° settembre 1944. Risposta. "Arrivammo a mezzanotte a Massaciuccoli. Sul ponte ci attendeva una compagnia guastatori della nostra divisione. Quest'ultima aveva impiccato parecchi uomini su quel ponte e aveva dato fuoco a diverse case nella zona. Questo paese è proprio quello in cui si sono verificati diversi avvenimenti e di cui descriverò quanto è a mia conoscenza. Si trovava vicino a un lago. Insieme con detta compagnia, i nostri due plotoni entrarono nel paese, prelevando tutte le donne e i bambini dalle loro case. Le donne e i bambini, riuniti in un bosco vicino furono fucilati da un soldato della nostra compagnia". Domanda. Avete sentito dire che erano stati uccisi? Risposta. Il soldato Drexler del 1o plotone, 2a Compagnia del 16o Battaglione SS ci disse più tardi di essere stato lui. Domanda. Il soldato Drexler disse che gli era stato ordinato di uccidere donne e bambini? Risposta. Drexler fu prima interrogato dal tenente Siyska se se la sentiva di uccidere a sangue freddo donne e bambini. Egli rispose "No". Il tenente gli rispose "Se non lo potete fare, non siete un soldato". Drexler, come per provare di essere un soldato, accettò la sfida. Domanda. Drexler ha detto quante persone in tutte uccise? Risposta. Drexler disse che tutte le persone riunite da noi nel bosco erano state uccise. Poi soggiunse: 'Da questo momento, non potrò più uccidere un essere umano'. Domanda. E il soldato Drexler, dichiarò di essere stato lui a ucciderle? Risposta. Drexler disse di averlo fatto e aggiunse che dopo aver sparato a tre o cinque donne si rivolse al comandante e disse: 'Non posso più continuare'. A queste parole, il comandante rispose: 'Se non puoi uccidere donne e bambini, non sei un vero soldato'. Drexler continuò a uccidere».   

dai resoconti della commissione parlamentare  punto 25 http://es.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenbic/57/2006/0124/s030.htm  http://www.stm.unipi.it/stragi/Processi/Documenti/Storiaememoria1.htm
25. Il diritto penale tedesco nei confronti dei crimini di guerra: teoria e prassi
Nessun militare tedesco è stato condannato da un tribunale della Repubblica federale tedesca per crimini commessi in Italia durante l’occupazione tedesca – nonostante un notevole numero di istruttorie aperte presso la Procura Centrale e le varie Procure locali. Questo fatto richiede una spiegazione. Il diritto penale tedesco nei confronti dei crimini di guerra deve essere visto in connessione con la complicata interpretazione giuridica, dopo il 1945, dei crimini del regime nazionalsocialista, e in primis dell’olocausto. Molto schematicamente questa interpretazione si può riassumere nei seguenti termini: il nucleo del concetto giuridico dei tribunali tedeschi postbellici fu la tesi che lo sterminio degli ebrei sarebbe da considerare un crimine, anche per quanto riguarda l’ordinamento giuridico in vigore durante il nazismo. Gli assassini vennero accusati di aver lesi il diritto in vigore all’epoca. Fu una soluzione di praticità che evitò il problema del divieto di retroattività della legge (il legislatore tedesco non voleva ripetere la scelta del tribunale di Norimberga di introdurre una nuova figura di crimine con validità retroattiva, una scelta criticata dall’opinione pubblica tedesca durante e dopo il processo). Ma la scelta di limitarsi all’applicazione delle leggi dell’epoca fu una scelta problematica non soltanto perché creò una continuità del diritto tra Terzo Reich e Bundesrepublik, e amnistiò di fatto tutti i giuristi del regime: tolse anche il discorso sulla ingiustizia del “diritto” nazista e invitò a tacere sulla nazificazione del diritto. In questa lettura, i colpevoli e determinatori maggiori (Haupt-Täter) furono Hitler e i suoi gerarchi più stretti. Furono considerati colpevoli di omicidio aggravato doloso nel senso dell’articolo 211 (nella versione del 1941). A parte di questi (pochi) colpevoli ci furono migliaia di “complici” che eseguirono gli ordini impartiti dai colpevoli. Soltanto chi dimostrò zelo particolare o andò oltre gli ordini impartiti
effettuando degli eccessi, fu considerato “autore” (Täter). tutti gli altri furono considerati “semplici esecutori materiali” e perciò “complici”, cioè colpevoli solo di una partecipazione secondaria (Gehilfen). Sia gli “autori” che i “complici” avrebbero saputo di aver commesso durante il nazismo degli omicidi nel senso dell’art. 211 del Codice penale del 1941 e si sarebbero perciò resi colpevoli anche di fronti al diritto nazionalsocialista. Con questa interpretazione si rischiava di riabilitare in parte la ‘legge tedesca’ di allora – come se lo sterminio fosse una devianza, e quindi un’eccezione, anziché la pratica ordinaria e sistematica di un sistema di ordini. Chi aveva eseguito degli ordini, fu automaticamente considerato un complice: persino quegli accusati che avevano uccisi centinaia di persone con un colpo alla nuca o attraverso l’apertura dei tubi del gas nelle camere di sterminio. I “complici” vennero condannati spesso a pene afflittive estremamente miti: p.es. 4 o 5 anni di reclusione. I veri complici, quelli che avevano per esempio contribuito alla deportazione degli ebrei, non vennero neanche accusati. Questo meccanismo interpretativo della partecipazione ha suscitato la nascita di un meccanismo di giustificazione, ampiamente utilizzato nel secondo dopoguerra in Germania da parte di membri della Wehrmacht e delle SS in occasione di processi od istruttorie per crimini di guerra: gli accusati o indiziati sostenevano di aver ricevuto un ordine dall’alto e di essere stati costretti ad eseguirlo, in quanto, in caso contrario, lì sarebbe attesa la pena di morte. Per tale meccanismo di discolpa si inventò allora un nuovo termine giuridico, “Befehlsnotstand” (impossibilità di disubbidire). 

(ndr il giornalista della Suddeutsche Zeitung avrebbe quindi fatto meglio farsi un excursus qui per spiegare ai suoi lettori come funzionavano le cose:... notizia di agenzia E' stata rinviata al 27 settembre 2006, a causa di uno sciopero delle camere penali spezzine, il processo a carico di Klaus Konrad, 92 anni, notaio, ex deputato socialdemocratico del Parlamento federale tedesco dal '69 al '80 con Willy Brandt (non è un fascista). L'udienza avrebbe dovuto tenersi stamani al tribunale militare della Spezia. Konrad è accusato della strage nazifascista di San Polo (Arezzo) del 14 luglio 1944.Teodor Emil Saevecke era un potente gerarca del Terzo Reich, comandante dell’Aussenkommando di Milano, spietato governatore di San Vittore. Aveva 32 anni quando giunse la prima volta in Lombardia. Dal settembre del 1943 all’aprile del 1945, periodo del suo soggiorno in Italia, Milano visse una stagione di terrore e sangue. Al termine del conflitto si ritirò indisturbato in Bassa Sassonia, pensionato dal 1971, dopo aver prestato i propri servigi alla Cia (1948) e aver percorso una brillante carriera nella polizia di Bonn. Strappato al suo quieto vivere, ricacciato col peso dei suoi crimini in un passato che non aveva mai rimosso, davanti all’accusa dell’eccidio di piazzale Loreto aveva reagito infastidito dicendo che si trattava di una montatura, che il magistrato italiano non aveva alcun diritto di frugare nella sua vita. Aveva poi aggiunto di essere stato già assolto anni prima dai tribunali inglesi e tedeschi. Godeva di notevoli protezioni da parte del governo tedesco, tanto che negli anni ‘60 fu velocemente archiviata un’inchiesta contro di lui.).

DATA LOCALITA' DATA LOCALITA'
VITTIME NOTE VITTIME NOTE

22-7-1944

Strage si ma americana

 

QUESTA LAPIDE RICORDA NEI SECOLI

IL GELIDO ECCIDIO PERPETRATO DAI TEDESCHI

IL 22 LUGLIO 1944

DI SESSANTA VITTIME, INERMI, VECCHI, INNOCENTI

PERFIDAMENTE SOLLECITATI A RIPARARE NELLA CATTEDRALE

PER RENDERE PIÙ RAPIDO E PIÙ SUPERBO IL MISFATTO.

NON NECESSITÀ DI GUERRA, MA PURA FEROCIA

PROPRIA DI UN ESERCITO IMPOTENTE ALLA VITTORIA

PERCHÈ NEMICO DI OGNI LIBERTÀ, SPINSE GLI ASSASSINI

A LANCIARE MICIDIALE GRANATA NEL TEMPIO MAGGIORE.

ITALIANI CHE LEGGETE, PERDONATE MA NON DIMENTICATE !

RICORDATE CHE SOLO NELLA PACE E NEL LAVORO

È L'ETERNA CIVILTÀ . IL COMUNE NEL X° ANNIVERSARIO

 

60

SAN MINIATO (Pisa)

Opera tedesca la versione ancora valida per i cittadini di San Miniato. Nelle prime ore del 22 luglio, dopo lunghe trattative tra il comando germanico ed il Vescovo della Città, viene revocato lo sfollamento di S. Miniato ormai sulla linea del fuoco. Tutti gli abitanti devono però  raggrupparsi nella Cattedrale, per salvarsi dai bombardamenti alleati. Dopo alcune ore l'artiglieria tedesca, nell'iniziare il fuoco contro le Forze anglo-americane avanzanti, dirige il fuoco contro la Cattedrale e la centra con una granata, causando l'uccisione di 54 innocenti. (ndr. nei casi fin qui esaminati e nei successivi era difficile individuare un tal modus operandi, specialmente a contatto del nemico. Gergalmente parlando mentre gli americani ti sparano e avanzano, centrare il Duomo pieno civili non può che far perdere la guerra più in fretta). da qui parte Paolo Paletti che arriva a confutare anche il film dei F.LLI Taviani. http://fermi.univr.it/iperstoria/rubriche/ricerca/testi/testi9.htm

  da LA NAZIONE Quotidiano del 24 Luglio 1997; E' "americana" la verità sulla notte di San Lorenzo. Fu una granata degli "alleati" e non delle truppe tedesche ad entrare nel rosone del Duomo e a causare 56 vittime. .... «perizia» del tenente di fanteria americano Charles Jacobs. Il poverino per far quadrare il cerchio aveva dovuto inventarsi una granata tedesca assassina ed una innocua americana. A riprova della sua buona fede (e della sua ignoranza) forniva anche il DNA della bomba statunitense: spoletta «Fuse P. D. M43». Trattandosi di materia tecnica ci siamo rivolti a due generali, Sabino Malerba e Ignazio Spampinato e ad un colonnello, Massimo Cionci, tutti d'artiglieria, ma con specializzazioni diverse (balistica, esplosivi e munizionamento). Il responso dei tre è stato unanime, quella «spoletta Fuse a percussione (P. D.) avente il numero di modello 43 non è mai esistita». Inoltre, dice l'esperto di munizionamento, col. Cionci, «è impossibile che il proietto munito spoletta del tipo PD fosse un fumogeno». «La scritta punzonata sulla spoletta poteva essere soltanto "P. D. M48"».....http://www.noreporter.org/dossier/SanMiniato.htm 

Cosi L’Anpi Associazione nazionale partigiani …. Dal presente elenco (bibliografia), che raggruppa le pubblicazioni più importanti, a livello locale e nazionale, sulle stragi effettuate dai germanici in Toscana, non abbiamo ritenuto di aggiungere quelle che riguardano la strage di San Miniato al Tedesco, che riteniamo ancora non ben chiarita nelle sue modalità. …

 

.... In altra parte ….Nel dopoguerra, una commissione d’inchiesta venne chiamata a decidere sulle ipotesi di questa esplosione. Esse erano 1) Mina precedentemente istallata in duomo dai tedeschi. 2) Granata di mortaio tedesco sparata in Duomo. 3) Proietto di obice americano sfortunatamente entrato nella chiesa. Mentre la commissione scartava subito la prima ipotesi, sulle altre due il dibattito è ancora aperto, ma a nostro parere il ritrovamento negli Stati Uniti, da parte dell’autore di queste note, di un documento importante, il Diario di Guerra del 337° Battaglione di artiglieria da campo statunitense, della 88a divisione di fanteria, comprova che ad uccidere i civili fu un colpo, assolutamente accidentale, di obice da 105 mm. che entrò sfortunatamente nel duomo durante un cannoneggiamento.Il 22 luglio 1944, alle ore 10,30, infatti, le batterie del 337° aprivano il fuoco su postazioni di mitragliatrici MG42 tedesche, posizionate praticamente sotto la chiesa, vicinissime in linea d’aria (quindi in linea con la prima versione i tedeschi sparavano, oltre che sui civili su se stessi). Esse erano state segnalate da uno degli osservatori avanzati di uno dei battaglioni di fanteria operanti in zona. Il 23 luglio, alle 22,10, il diario del reparto di artiglieria riporta che "Partigiani riferiscono che ieri qualcuno sparando presso S. Miniato ha colpito una chiesa e ucciso 30 italiani, ferendone circa un centinaio. I feriti sono all’ospedale nel punto carta 4699/5998 (ospedale di San Miniato n.d.a.) non ci si deve sparare sopra."

01.7-31.07.44

Neviano - Pr 

3/11-07-1944

Bucine (Ar)

33

19.07.44
Strela di Compiano - fucilati 17 civili
 

Tra il 30 giugno e il 7 agosto 1944 si svolse il primo grande rastrellamento dell’Appennino tosco-emiliano dall’inizio dell’occupazione. L’Operazione Wallenstein, come venne denominata l’offensiva tedesca, si articolò in alcune fasi corrispondenti ad altrettanti obiettivi militari: la riconquista del controllo sulle statali 62 (della Cisa) e 63 (del Cerreto) e sulla linea ferroviaria Parma-La Spezia e la distruzione delle repubbliche partigiane di Montefiorino nel Modenese e del parmense. In poco più di venti giorni vennero compiuti 39 eccidi e fucilazioni, provocando la morte di 134 persone: 11 partigiani e 123 civili. – 33 le vittime - dei tedeschi e dei militi di Salò nei villaggi intorno al Monte Fuso durante il rastrellamento che iniziò nella notte del 30 giugno e si concluse verso la fine di luglio. I tedeschi cercavano i partigiani ma trovarono solo civili, perlopiù persone anziane o ragazzi, donne e bambini. La strage avvenne in poche ore ma in uno spazio vasto e macchiò con una lunga scia di sangue frazioni e casolari sparsi sulle colline di Neviano degli Arduini.

21

Nella frazione "BADIA A RUOTI" un plotone di SS cattura nelle rispettive abitazioni 7 uomini e, accusandoli di essere partigiani oppure favorevoli ai partigiani, li uccide sul posto, alla presenza dei familiari terrorizzati ed urlanti. 7 luglio In località "Campitello - Perelli Vignali", per il bombardamento dell'artiglieria alleata, restano uccisi da schegge di granata due militari germanici. la soldataglia nazista, ritenendo che i "camerati" siano stati uccisi dai partigiani con il lancio di bombe a mano, esegue un rastrellamento, catturando undici abitanti del luogo, sette dei quali vengono fucilati subito. Il giorno successivo, 8 luglio, vengono trucidati con una pistolettata alla nuca i rimanenti 4 prigionieri. Il comandante del reparto nazista, dopo l'Eccidio, constata che i due suoi militari erano rimasti uccisi dal bombardamento alleato, ma, in luogo di dolersi per l'uccisione di tanti innocenti, afferma che "un provvidenziale errore", gli ha fornito l'occasione per stroncare la vita di 11 Italiani" ...

6 luglio 1944

Loro Ciuffenna, loc. Orenaccio, Ar .

18.07.44

Boschi di Ciano - Mo

31

C’è un antefatto alla strage del 6 luglio.  Rowbottom e due soldati inglesi del L.R.D.G. piazzarono una mina nella strada fra Castiglion Fibocchi e San Giustino", e se ne andarono, per poi sabotare, insieme a due francesi la linea telegrafica. Il diario di guerra del "L.R.D.G." aggiunge: "a truck caught fire an burned for over two hours...", un autocarro bruciò per più di due ore. "Più tardi mi fu riferito che si trattava di una cisterna tedesca e che quattro tedeschi erano rimasti uccisi". Al mattino. verso le 9 iniziò caoticamente il rastrellamento dei civili. Un distaccamento tedesco fucilava 9 persone lasciandole sul luogo della fucilazione. Gli abitanti si accingevano a seppellirli, quando sopraggiungevano ancora i tedeschi con al seguito 10 ostaggi. Tutti i civili vennero massacrati a colpi di mitragliatrice.

20

Rappresaglia di Ciano di Zocca con l’impiccagione di 20 ostaggi di cui 19 della Brigata Matteotti e uno della Brigata A. Corsini. Nel corso di un rastrellamento compiuto dalla compagnia della GNR di Castello di Serravalle, nella zona appenninica che va da Castello a Zocca vengono catturati una quarantina di partigiani e civili. Ai condannati, in località Boschi di Ciano nei pressi di Monte Ombraro  in piedi sul cassone di un camion fu fissato un cappio al collo. Quando il camion partì caddero nel vuoto. A tutti fu sparato un colpo alla nuca.
Da cultura Toscana: diario di guerra del Long Range Desert Group': Il 'commando' speciale paracadutato nella zona di Castiglion Fiorentino, per errore scese al Ponte a Buriano nella notte fra il 12 ed il 13 giugno 1944. La pattuglia si smembrò e solo il comandante Cap. G.F. Rowbottom e due dei suoi 7 uomini riuscirono a raggiungere la base partigiana di Roveraia. Rowbottom, che dal diario di guerra emerge come un pasticcione (credeva di essere a Palazzo del Pero e di marciare su Lignano, mentre era vicino a Pontenano), partecipò a diverse azioni a fuoco con i partigiani locali, entrando presto in rotta di collisione con il capo-partigiano Raul  più che altro per la tecnica di attacco. L'inglese voleva mettere le mine nella strada e ritirarsi, mentre l'italiano voleva minare, attendere e poi attaccare i tedeschi, occultando eventuali caduti. Poi il capo partigiano compì atti che non trovarono il consenso dell'Inglese, che decise di andarsene, accusando gli italiani di "applicazione intenzionale di una falsa idea del metodo democratico" (dove tutti dicevano la loro). Se ne andò anche per l'avvenuta fucilazione di tre prigionieri tedeschi e per le liti fra bande per il possesso di armi. Se ne andò con 11 uomini e tre guide italiane e una sovvenzione di 10 mila lire, che erano un patrimonio, e due asini. Invece di ripassare il fronte si fermò a Gello Biscardo, sopra Castiglion Fibocchi nascondendosi dai montanari di Casale, di Campovecchio, e si mise a mettere mine. Fra queste, appunto, quella di Orenaccio e di Fontaccia che scatenarono la rappresaglia. Piantina operazioni italia centrale estate 44  http://www.lib.utexas.edu/maps/historical/rome-arno_river_1944.jpg

14-7-1944

S. Polo Pietramala

17.07.44

Crespino del Lamone Marradi

58

E' stata rinviata al 27/9/2006, a causa di uno sciopero delle camere penali spezzine, il processo a carico di Klaus Konrad, 92 anni, notaio, ex deputato socialdemocratico del Parlamento federale tedesco dal '69 al '80 con Willy Brandt (non è un fascista).  L'udienza avrebbe dovuto tenersi stamani al tribunale militare della Spezia. Konrad è accusato della strage nazifascista di San Polo (Arezzo) del 14 luglio 1944. Imputato  per la stesa strage, è Herbert Handsk, 86 anni, viennese. Entrambi gli imputati sono contumaci. Fra le parti civili costituite, ci sono la Regione Toscana e la Provincia di Arezzo.

http://www.romacivica.net/anpiroma/dossier/dossier1d1.htm stragi in Toscana:

Questa strage, benché abbia coinvolto anche dei partigiani, viene qui esaminata per le efferatezze che furono compiute sugli uccisi. La narriamo con le parole di Ugo Jona:" Nel pomeriggio del 14 luglio una lunga colonna di 48 infelici, con le vesti a brandelli o seminudi, partigiani per la massima parte, con le mai legate sul dorso con filo di ferro, lascia Molin dei Falchi e giunge a San Polo di Arezzo. Tradotti in un campo sono costretti a scavare una profonda fossa, nella quale tutti devono scendere. Indosso a Calò, a Ricapito ed a qualche altro, vengono messi tubi di tritolo, poi i nazisti con le pale riempiono la buca e quegli sventurati sono seppelliti vivi, meno Calò, Ricapito ed altri, le cui teste affiorano dal terreno. Quindi un contatto elettrico provoca l’esplosione del tritolo e così ha termine la rappresaglia ad opera dei criminali del terzo reich! Nella mattinata del 15 luglio 1944, un ufficiale tedesco, d’ordine del proprio colonnello, comunica all’Arciprete di S. Polo che "47" (invece sono 48) uomini sono stati fucilati nel pomeriggio del giorno prima. L’Arciprete richiede le salme per la sepoltura. L’ufficiale risponde con le seguenti parole: "E’ gente morta senza onore. Quando arriveranno gli inglesi li seppellirete se li troverete: per ora no..." La rappresaglia era scaturita da una serie di operazioni militari contro i partigiani della zona di San Severo e Molino dei Falchi. La 6a div. corazzata sudafricana, che raggiunse la zona, in una prima inchiesta dichiarava in data 21 luglio 1944:" I civili riportano che il comandante delle truppe responsabile della morte e delle mutilazioni di 48 italiani a San Polo fu Ewert. Egli è il comandante della 94a divisione fanteria. I suoi accoliti Manitz e Wog potrebbero sapere qualche cosa di questo affare." In realtà, Ewert era all’epoca comandante del 274° reggimento granatieri della 94a, inserito in un settore tenuto dalla 305a divisione fanteria. "Die Sachsenschwerter" giornale della divisione del 25 ottobre 1944 ci fa sapere che Il capitano Hans-Horst Manitz (comandava il I battaglione) ha ricevuto la "Ritterkreuz",  mentre al nome "Wog" corrisponde quello del maggiore Woock del III battaglione. I morti totali furono 58, infatti ai 48 di San Polo bisogna aggiungerne 10 di Pietramala. Prima di essere uccisi, i partigiani erano stati picchiati con tubi di gomma da irrigazione.

42

 

 

 

 

 

 

 

 

S. Polo

Questa piccola frazione di Marradi viene ricordata dagli storici della Resistenza per un eccidio avvenuto il 17 luglio 1944, in cui 42 persone vennero uccise per mano nazista. Le spoglie delle vittime del massacro sono custodite nel Tempio-ossario dei Caduti di Crespino. Lunedì 17 luglio 1944, due militari tedeschi della guarnigione del posto, vengono attaccati ed uccisi da una squadra di partigiani. Subito scatta la reazione, e ha inizio un rastrellamento casa per casa della frazione di Crespino. Gli uomini sono catturati e trasportati altrove nella gran parte. Qualcuno, e anche qualche donna, viene ucciso sul posto. La chiesa viene profanata. I prigionieri vengono massacrati a colpi di mitragliatrice, poi i tedeschi catturano l’anziano parroco, don Fortunato Trioschi, e altri due uomini già in là con gli anni. Li costringono a raggiungere il luogo dell’eccidio e gli ordinano di scavare una fossa. I tre malcapitati riescono a stento, causa l’età, a finire il lavoro. Poi i germanici fanno andar via uno dei tre e uccidono il prete e l’altro a colpi di fucile seppellendoli. Ma dal groviglio di corpi, esce un superstite coperto di sangue, e sarà lui a scrivere la testimonianza di quella atrocità. Morirà nel 1948 a causa delle tremende ferite inflittegli in quella circostanza. 42 le vittime, di cui sei non identificate. In questo elenco c’è compreso anche il superstite morto quattro anni dopo.

18.07-13.8.44

Firenze (provincia) e Empoli

21-7-1944

Malga Pramosio e Bosco Moscardo (Paluzza)

29

16 LUGLIO 1944 - Cascine, Piazzale del Re
Sul greto dell'Arno vengono fucilati e sepolti in una fossa comune, rinvenuta solo nel 1957, 17 prigionieri della Banda Carità, fra i quali 8 gappisti, un sacerdote (Don Monari) e un ufficiale italiano, catturati sull'Appennino modenese durante un rastrellamento; 4 giovani di Roma, rastrellati alla stazione di Firenze; 3 civili, di cui è uno rimasto sconosciuto
.

 

24 luglio 1944

Empoli

 Nella provincia di Firenze, se le stragi non furono né numerose, né delle dimensioni di quelle che si ebbero nell'Aretino, in Versilia o in Apuania, si verificò una miriade di episodi che investi tutto il territorio, inasprendo lo scontro coi nazifascisti. Ai primi di dicembre del ‘43, per rappresaglia contro l'eliminazione del comandante del Distretto militare si ricorse alla fucilazione al Tiro a segno delle Cascine, di cinque detenuti politici, in carcere dall'ottobre precedente. Altri episodi in provincia di quel luglio e Agosto 44 che precedono la liberazione in cui cadono 205 partigiani, 400 restano feriti e 18 dispersi.
18 LUGLIO 1944 - Fantino e Lozzole Durante un rastrellamento vengono catturate 13 persone, subito fucilate per rappresaglia
23 LUGLIO 1944 - Pratale Vengono fucilati dai tedeschi 12 uomini, appartenenti a 4 famiglie del luogo
5 AGOSTO 1944 - Istituto Chimico Farmaceutico Militare Vengono fucilati 12 civili
5 AGOSTO 1944 - Ontignano Fucilati dai nazifascisti 11 civili
13 AGOSTO 1944 - S. Piero a Ponti Passati per le armi per rappresaglia, 13 civili

ma il più grave oltre a Marradi è a Empoli il 24 luglio 1944
Il 23 luglio 1944, con il fronte di guerra molto vicino, una auto tedesca stava percorrendo una strada vicinale in località Pratovecchio, alle porte di Empoli. Durante uno scontro a fuoco con uomini armati, alcuni soldati caddero uccisi. Uno, ferito gravemente, riusciva a raggiungere il suo comando in località Terrafino dando l’allarme. Subito, il reparto tedesco imbastiva una azione di rastrellamento e catturava un gruppo di uomini, molti dei quali sfollati dalla città, presenti in zona. Una trentina di essi venne inviata sotto scorta, verso Empoli. Un primo tentativo di fucilazione nei pressi del posto dove c’era stato l’attacco, venne sventata dall’intervento della ricognizione aerea alleata che, vista questa lunga colonna di persone, chiese l’intervento dell’artiglieria. Durante il tragitto del viaggio, che era ripreso, alcuni uomini riuscirono a scappare. Giunti in centro Empoli, in piazza Francesco Ferrucci, i 30 superstiti furono fatti mettere tra alcuni alberi. Seguiva una concitata serie di eventi. Mentre i tedeschi aprivano il fuoco con armi automatiche, uno degli ostaggi riusciva a fuggire benché ferito. La città, in quel momento, era deserta perché gli abitanti erano, in gran parte, sfollati. Sulla piazza rimasero 29 corpi che furono pietosamente raccolti dal proposto don Ascanio Palloni. Si presume che autori di questa strage siano stati soldati della 3a Pzgr div. probabilmente del Pionier Bataillon, che aveva la responsabilità del settore.

50

http://www.tischlbong.org/timau/pdf/libri/testimone.pdf  Di Centa

Altra azione dai risvolti inquietanti è questa del 21 luglio 1944 dove un gruppo di SS italiane e tedesche travestite da partigiani e provenienti dal vecchio confine italo-austriaco uccisero (dopo averli «seviziati in orribile modo» 16 civili, uomini e donne una delle quali «in stato di avanzata gravidanza», mentre «stavano consumando il magro pasto meridiano». Proseguendo, la banda omicida incontrava ed ammazzava due donne dopo averle violentate. Arrivati in località Moscardo le SS, così vennero classificate, abbatterono a pugnalate 2 operai che tornavano dal lavoro e quindi, attraversata Paluzza, sempre spacciandosi per partigiani, proseguirono alla volta di Cercivento dove massacrarono 3 persone. Il giorno dopo, 22 luglio, un reparto delle SS «fra cui molti italiani» uno dei quali è il cap. Occelli, irrompevano in Paluzza, prelevavano dalle case decine di persone trascinandole al Municipio dove già si trovavano il podestà, il segretario comunale, il direttore didattico e alcuni impiegati e qui iniziarono «l'orrenda flagellazione». I corpi degli sventurati erano colpiti da pugnalate, calci, morsi e dai fucili usati come clave. Sopraggiunto anche il gruppo dei falsi partigiani di Pramosio «l'orgia di sangue raggiunse il parossismo». Nel pomeriggio verso le 16 il reparto lasciava Paluzza e prima di rientrare a Tolmezzo uccideva 7 ostaggi in località Ponte di Sutrio e depredava le vittime di tutti gli oggetti di valore. Altre 11 persone innocenti (di Paluzza, Arta e Cercivento) venivano assassinate lungo la strada. Tutto questo veniva riferito personalmente al Berater tedesco di Udine dallo stesso segretario comunale di Paluzza Virgilio Candido, presenti all'incontro i segretari comunali di Forni Avoltri, Rigolato, Ovaro, Lauco e gli ingegneri minerari Cioni e Franz Gnadlinger, incontro autorizzato dal comando partigiano garibaldino. da: "Dallo squadrismo fascista alle stragi della Risiera", ANED Trieste Lo squadrone, composto da circa una ventina di uomini, molto probabilmente fu lo stesso responsabile delle stragi alle Malghe Lanza e Cordin, sopra Paularo. Oltre ai saccheggi, qui vennero uccisi sei pastori, fra il 17 e il 18 luglio.

Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione Alla fine della Guerra di Liberazione la neonata Repubblica ha sentito l’obbligo di segnalare come degni di pubblico onore gli autori di atti di eroismo militare (come riporta il Regio Decreto 4 novembre 1932, n. 1423 e successive modificazioni, oltre che ai singoli combattenti, anche alle istituzioni territoriali, le Città, i Comuni, intere Regioni, Università

22.07.44

Tavolicci - Fo

22.07.44

Pian di Setta - Grizzana Bo

64

Verghereto: all’alba di quel giorno, una spedizione nazi-fascista irrompe nella frazione di Tavolicci, sull’appennino cesenate e nel giro di poche ore uccide in maniera efferata 64 persone, donne, anziani e bambini, su un totale di 82 abitanti. Fuggendo, gli assassini seminano la distruzione nelle piccole località che incontrano. L'episodio è un giallo storico perchè il motivo dell'eccidio sfugge anche alle crudeli regole della guerra (non fu una rappresaglia nè un'intimidazione) e perchè l'identificazione dei responsabili non è certa nè univoca (I fascisti processati vennero assolti per questa strage). Vittorio Dall'Amore, all’epoca dirigente del Msi: «Un delitto così efferato non può essere stato commesso da soldati italiani. Nel dopoguerra ho incontrato tanti reduci della Rsi e nessuno mi ha mai parlato, neppure per sentito dire, di azioni compiute a Tavolicci. La crudeltà dell'eccidio indica però i probabili autori: bande di slavi 'alleati' dei partigiani, anche se in realtà erano semplici predoni. La firma è la stessa dell'assalto alla caserma della Gnr di Galeata nel febbraio 1944: otto soldati seviziati e uccisi con inaudita crudeltà». Mussolini: «E' colpa delle SS germaniche» Nella zona furono dunque visti agire in quei giorni reparti della Gnr di S.Agata Feltria e un distaccamento di SS italiane (alle direte dipendenze germaniche) proveniente da Sarsina. Il mistero continua ?

27

Area: Monte Salvaro, Veggio Per gli abitanti delle vallate del Setta e del Reno, presi tra i due fuochi degli attentati partigiani e delle ritorsioni tedesche, quelli furono giorni spaventosi. Il 21 luglio 1944 a Pian di Setta i Tedeschi effettuarono arresti, perquisizione e incendiarono delle case. Il 23 luglio fucilarono sette ostaggi a Molinelle di Veggio e dieci a Malfolle. Pochi giorni dopo, a Sasso Pontecchia, altri dieci ostaggi finirono al muro.

23-7-1944

BUTI (Pisa)

19

In località Monte Piavola nel Comune di Buti le SS naziste in azione di rastrellamento, catturano un folto gruppo di persone. Da tale gruppo, con la collaborazione di spie repubblichine, vengono scelti 19 uomini, giovani ed anziani che sono ritenuti in relazione con il movimento partigiano. Allineati contro un muro i 19 vengono trucidati compreso un ragazzino di 13 anni che stava portando del cibo al padre. La strage fu compiuta con molta probabilità come rappresaglia per l’uccisione di due soldati tedeschi da parte di un piccolo gruppo di partigiani che operava sul monte Pisano.

25-7-1944

Passo del Carnaio

2 agosto 1944

San Biagio Cisanello

32

Dopo un fitto rastrellamento, i tedeschi radunano sulla piazza tutti gli abitanti del luogo e incendiano le case. Un ragazzo che cercava di nascondersi è impiccato a un albero come esempio. Le donne vengono allontanate. Vengono riuniti ai catturati altri rastrellati e ne vengono fucilati 32 compreso il Parroco che protesta.

23

Una squadra di SS naziste irrompe in una casa popolare e, con il lancio di numerose bombe a mano, provoca una strage di persone inermi ed innocenti. Dodici risultano i martiri di quell'azione criminale. subito dopo in altra località di S. Biagio vengono uccise altre 11 persone. 

30.07.44

Modena  Fucilati in piazza Grande 

 30.07.44

Villa Minozzo - Re

20

 

 

 

 

Assalto al carcere di Bologna

20 detenuti nel carcere di S. Eufemia di Modena vengono trucidati dai fascisti in Piazza Grande per rappresaglia. dopo un sabotaggio ad automezzi tedeschi, che aveva causato il ferimento di un militare. La dura rappresaglia segnò l'estate del 1944, quando in poche settimane (tra la metà di luglio e la metà di agosto) vennero eliminate, da tedeschi e fascisti, 167 persone. Tra questi 9 erano partigiani e gli altri si trovavano in carcere per diverse cause, magari per non avere rispettato il coprifuoco. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre 1943, l’Accademia militare viene sciolta e il Palazzo Ducale occupato dai tedeschi, che dal 25 settembre vi collocano il Platzkommandantur I (Comando del presidio militare tedesco della provincia di Modena); dal 12 dicembre dello stesso anno vi ha sede anche il Comando militare provinciale dell'Esercito italiano. Autunno 1944: questo luogo diventa tristemente famoso perché vi si stabilisce l'Ufficio politico investigativo (UPI) della GNR; nelle sue carceri, collocate nel sottotetto (denominato quota pipistrello), vengono torturati partigiani e civili arrestati.

9 agosto 1944: liberazione degli antifascisti detenuti nel carcere di San Giovanni in Monte: la notte del 9 agosto 1944 12 partigiani, che fingono la cattura di alcuni ribelli, si presentano al portone del carcere di San Giovanni in Monte travestiti da tedeschi e repubblichini. Sopraffatta la guardia vengono liberati più di 400 persone: in parte sono detenuti politici, ma anche i detenuti comuni vengono fatti evadere per creare una maggior confusione. Una telefonata di allarme giunge al famigerato capitano Tartarotti dal carcere femminile. Questi però non si preoccupa di intervenire subito. L'azione ha pieno successo: solo un partigiano rimane lievemente ferito.

22

È durante l’estate del 1944 che la Resistenza reggiana comincia ad avere un’elevata consistenza numerica, alla quale purtroppo non corrisponde un’adeguata qualità di mezzi e di addestramento. I partigiani lo scopriranno a proprie spese durante quegli stessi mesi quando, forse troppo sicuri di se stessi, danno vita insieme ai patrioti modenesi alla Repubblica di Montefiorino: un vasto territorio appenninico al confine fra le province di Modena e Reggio Emilia. Fra luglio e agosto una serie di massicce offensive nemiche provoca il primo grave sbandamento delle formazioni partigiane: il Corpo d’armata centro Emilia, appositamente costituito per la difesa di Montefiorino, non ha l’esperienza, l’addestramento e le armi adeguate per opporsi con efficacia alle agguerrite truppe tedesche. Le battaglie che si susseguono in quelle settimane sono fra le più sanguinose di tutta la guerra di Liberazione: decine di partigiani muoiono in combattimento e oltre 200 civili sono deportati in Germania. Interi comuni, come Villaminozzo e Toano, sono passati al setaccio alla ricerca dei ribelli e i loro abitati rasi al suolo dai bombardamenti. I partigiani riescono a riorganizzarsi, ma sono costretti a sciogliere il comando congiunto con Modena, dando vita ad un Comando Unico delle due brigate Garibaldi reggiane (in pianura operava un Comando Piazza che coordinava Gap e Sap). Anche i fascisti si riorganizzano in quel periodo, affiancando alla Gnr e all’esercito di Salò la brigata nera. Alla fine dell’estate sorgono anche i primi problemi di carattere politico all’interno della Resistenza. Inizialmente si decide di fondare un battaglione di Fiamme Verdi coi combattenti cattolici, ma comunque in seno alle brigate Garibaldi; in realtà le Fiamme Verdi diventeranno una vera e propria brigata autonoma alle dipendenze del Comando Unico. Alla sua guida c’è un sacerdote: don Domenico Orlandini, da tutti conosciuto con il nome di battaglia “Carlo”.
8.08.1944

MILANO

10.8.1944

MILANO (Piazzale Loreto)
  Strage controstrage e saldo finale: 8 agosto 1944, ore 9 del mattino, a Milano  in Piazzale Loreto angolo viale Abruzzi esplode una bomba posta sul sedile di un camioncino tedesco che rifornisce di latte le famiglie. Muoiono nell’esplosione sei bimbi, una donna e due giovani padri. Tredici i feriti gravi, sei di loro moriranno il giorno dopo. Il bilancio finale sarà di 15 morti, 7 feriti gravi e una decina di feriti leggeri. Nessun tedesco muore nell’attentato ma l’efferatezza è tale che il Comando germanico chiede di procedere ad una rappresaglia in misura di uno per uno. Non tutti sono d’accordo. Il prefetto, Piero Barini, si dimette. Mussolini interviene e protesta con violenza. Anche il cardinal Schuster interviene. Malgrado ciò al mattino del 10 agosto in piazzale Loreto un plotone della Muti fucila quindici persone sospettate di aver rapporti con i partigiani e per questo da tempo incarcerate a S. Vittore.

http://www.rainews24.rai.it/ran24/rainews24_2007/speciali/piazzale-loreto_10agosto1944/index.asp   

Ed ecco che scatta immediatamente la rappresaglia partigiana, infatti lo stesso giorno da parte della Delegazione per la Lombardia del Comando Generale delle Brigate Garibaldi viene impartito l’ordine alle formazioni partigiane di fucilare militari fascisti e tedeschi loro prigionieri nella misura di tre ad uno .

15

Per dare un esempio alla città di Milano la "brigata nera" di Ettore Muti su richiesta di Saevecke, ., noto in seguito come boia di Piazzale Loreto, fucila davanti a una notevole folla 15 antifascisti prelevati dal carcere di S. Vittore.  È lo stesso luogo in cui, a liberazione avvenuta, verranno esposti i cadaveri di Mussolini, di Claretta Petacci e dei più noti gerarchi fascisti in numero preciso di 15.
Teodor Emil Saevecke era un potente gerarca del Terzo Reich, comandante dell’Aussenkommando di Milano Dal settembre del 1943 all’aprile del 1945, spietato governatore di San Vittore.  Al termine del conflitto si ritirò indisturbato da pensionato in Bassa Sassonia (1971), dopo aver prestato i propri servigi alla Cia ( '48) e aver percorso una brillante carriera nella polizia di Bonn. Strappato al suo quieto vivere, ricacciato col peso dei suoi crimini in un passato che non aveva mai rimosso, davanti all’accusa dell’eccidio di piazzale Loreto aveva reagito infastidito dicendo che si trattava di una montatura, che il magistrato italiano non aveva alcun diritto di frugare nella sua vita. Aveva poi aggiunto di essere stato già assolto anni prima dai tribunali inglesi e tedeschi. Godeva di notevoli protezioni da parte del governo tedesco, tanto che negli anni ‘60 fu velocemente archiviata un’inchiesta contro di lui. Nel marzo del 1963 però il consigliere di stato Gerhard Wiedemann fu inviato in Italia per fare chiarezza sul passato di Saevecke. Una sua foto ritrovata in modo fortunoso dal Comitato Combattenti Antifascisti di Berlino ed inviata a Milano per il riscontro, contribuì a togliere ogni dubbio. Saevecke era emerso a tutto tondo dai ricordi delle vittime come un criminale che aveva coordinato diverse stragi a cominciare da quella di Meina sul Lago Maggiore del 22 settembre 1943, quando 54 ebrei vennero massacrati da soldati della Divisione “Adolf Hitler”. L’elenco dei suoi crimini è incredibilmente lungo e agghiacciante, ricordiamo il caso più agghiacciante, quello di Salomone Rath sbranato da un cane durante un interrogatorio. Ai sabotaggi e alle azioni partigiane aveva risposto il Comando SS con una serie di stragi cominciate proprio nel luglio del 1944: il 15 tre fucilati a Greco, il 20 altri 3 a Corbetta, il 21 cinque fucilati e 58 deportati a Robecco sul Naviglio….. fino a quel 10 agosto 1944.

7.08.1944

S. Giuliano Terme

17.08.1944

Monte Faudo Dolcedo Imperia

28

 

5 agosto:All'imbrunire di questo giorno, una formazione di SS naziste, al comando del colonnello Kuhnel, cattura quattro giovani ritenuti partigiani; per due giorni quegli sfortunati prigionieri vengono sottoposti a stringenti interrogatori e ad inenarrabili torture, poiché i nazisti vogliono conoscere quanti sono i partigiani che operano sui monti pisani e dove si trova il loro comando. I quattro malcapitati non parlano e le criminali SS, inferocite, decidono di fucilarli.
La notte tra il 6 ed il 7 agosto 1944, SS naziste guidate da spie repubblichine salgono in località chiamata "La Romagna" solitario altopiano dei Monti pisani, a Molina di Quosa, in azione di vasto rastrellamento. I tedeschi irrompono negli abitati e catturano centinaia di uomini qui sfollati da Pisa e Livorno. Gli sventurati vengono selezionati a RIPAFRATTA: gli abili al lavoro inviati ai campi in Germania, i rimanenti trascinati a Nozzano (Lucca) presso il comando. Sono 68 uomini ed una donna di età differente il cui destino verrà deciso giorni dopo. L'11 agosto dopo ogni sorta di tortura vengono uccisi. Il 29 a Ponte di Ripafratta, comune di San Giuliano Terme (Pisa) 24 uomini, tra cui il parroco di Bargecchia don Giuseppe del Fiorentino, e una donna che erano stati catturati in precedenza dai tedeschi, furono uccisi e gettati in una fossa.

68

.... Con l’afflusso continuo di nuove forze, nel giugno del 1944 venne costituita ad Imperia la IX Brigata d’assalto Garibaldi comprendente 21 distaccamenti. Poco dopo si trasformerà nella II Divisione d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione” suddivisa in tre Brigate. Agli inizi di luglio del 1944 si ebbe la prima grande operazione di rastrellamento nazi-fascista tesa a stroncare la Resistenza in tutta la provincia: rappresaglie, devastazioni, incendi, strage di civili a Triora e Molini di Triora (4 luglio-17 morti).Tra le azioni partigiane più temerarie del periodo vi furono l’assalto alla caserma “Comandone” di Diano Castello con ingente bottino di armi, tanto necessarie alla Resistenza che ne era carente, e la liberazione di 80 prigionieri politici dalle carceri di Oneglia, segnalata anche da “Radio Londra”. All’inizio del mese di Agosto vi fu un rastrellamento contro la I° Brigata dall’Alta Val Tanaro alla Valle Arroscia da cui le formazioni partigiane guidate dal Comandante SilvioBonfante “Cion” – medaglia d’oro al V.M. - uscirono salve attestandosi nelle zone di Piaggia, Mendatica e nel bosco di Rezzo. Nello stesso tempo tragica sorte toccherà a un distaccamento della V° Brigata sul Grammondo, alle spalle di Ventimiglia dove 12 garibaldini caddero in combattimento e altri 15, catturati, vennero fucilati a Sospel il 12 agosto. Il 17 venne perpetrato l’eccidio di Monte Faudo dove, nel corso di un infruttuoso rastrellamento antipartigiano partito da Badalucco e Montalto, i nazifascisti si sfogarono trucidando a freddo numerosi civili: 11 tra Badalucco e Montalto tra cui due sacerdoti presso il Santuario dell’Acqua Santa, altri 13 inermi sul Faudo in località Bramosa intenti a tagliare il fieno. Il 24 dello stesso mese un gruppo di garibaldini eliminò un'importante postazione della divisione “S. Marco” nella zona di Diano; con altri delle zone vicine furono catturati circa 120 “sanmarchini” buon numero dei quali resterà con la Resistenza,assieme al bottino di alcuni mortai che contribuiranno alla grande vittoria partigiana nella battaglia di Monte Grande del 4 – 5 settembre 1944.

3.08.1944

Zeri - Massa

18

In località "ADELANO" una pattuglia di SS naziste, perquisisce la Canonica della Chiesa parrocchiale e vi trova oggetti di proprietà di partigiani e di paracadutisti americani paracadutati nello Zerasco alcuni giorni prima. Per rappresaglia passano subito per le armi l'anziano Parroco. Nello stesso giorno le SS iniziano una vasta operazione di rastrellamento, che si concluderà l'indomani 4 AGOSTO 1944. In tale azione orrenda, quella banda criminale distruggerà le località di NOCE, PATIGNO, COLORETTA, CASTELLO, BERGUGLIARA, la ripetuta ADELANO, CHIESA DI ROSSANO VAL DI TERMINI e BOSCO DI ROSSANO, mentre verranno barbaramente uccisi altri 18 infelici, tra i quali un Sacerdote del Seminario Vescovile

16.08.1944

Carpi - Mo 

11.08.1944

Loc. "La Sassaia", Massarosa (Lucca)

16

Dopo un ampio rastrellamento nella zona, rappresaglia in Piazza Martiri a Carpi con la fucilazione di 16 ostaggi di cui 8 partigiani della Brigata Dimes e 8 cittadini.

59

 
Dopo essere stati catturati in provincia di Pisa, vennero fucilati 59 uomini e una donna. Essi erano stati catturati dalle 16a SS Pzgr e portati nella loro prigione a Nozzano Castello, sede del comando divisione, dove erano stati sottoposti a tortura. Vennero fucilati con l’accusa, infondata, di essere sostenitori dei partigiani o addirittura di aver sparato contro militari tedeschi.

11.08.1944

Nodica

21.08.1944

Meldola - Fo

27

 

160

 17.8.1944

Valla

Bonifica di Nodica, di Migliarinoe e Vecchiano (Pisa)
"rappresaglia per attacco partigiano ad un comando di compagnia" I tedeschi sparano agli operai  dai camions lasciando sul terreno 18 persone Lo stesso fanno a Migliarino dove vengono uccisi altri 9 contadini.

Questa operazione viene considerata coda di S. Anna di Stazzema (vedi 3a parte) In una rappresaglia, sono massacrati a Bardine di San Terenzio (Fraz. di Fivizzano - Massa) 53 civili rastrellati in Versilia, 107 persone sono assassinate a Valla, nel corso della stessa azione, totalizzando 160 uccisi per vendicare i 16 militi SS, vittime di un agguato partigiano avvenuto in quel luogo due giorni prima.

18

Catturati a Pieve di Rivoschio, nel corso del rastrellamento del 20 vennero portati alla Fornace di Meldola in180. Selezionati gli abitanti di Pieve di Rivoschio (qui aveva sede il comando della VIII brigata partigiana), vennero fucilati in 18 nel tardo pomeriggio del giorno 21 agosto per rappresaglia. L’estate del 1944 fu tragicamente segnata da un’impressionante serie d’eccidi Tavolicci (22 luglio) con l’uccisione di 64 persone: 20 uomini, 25 donne e 19 bambini; del Carnaio 25 luglio con 27 persone uccise; di Pievequinta (26 luglio) con dieci fucilati. In agosto, il 18, furono catturati, a Ca Cornio (Tredozio), Silvio Corbari, Iris Versari, Arturo Spazzoli, Adriano Casadei. Già morti o gravemente feriti furono portati nella piazza di Castrocaro e impiccati. Trasportati a Forlì, furono nuovamente impiccati in Piazza Saffi.

24/5.08.1944

Valle del Lucido Vinca

23.08.1944

Padule di Fucecchio

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Dopo l’azione di Valla (vedi sopra) il comando della 16a Waffen SS Pzgr, unito a militi della Brigata Nera di Massa, organizzava una operazione antipartigiana nella zona di Vinca, ritenuta una base partigiana.

Il 18 agosto un automezzo tedesco è attaccato lungo la strada tra Monzone e Vinca: nell'episodio perde la vita un ufficiale nazista. Gli Stati generali della 16a pzgr Division RF SS, riuniti a Massa, decidono di reagire pianificando un ampio rastrellamento sul massiccio montuoso delle Apuane. Dal comando del Maggiore Walter Reder, responsabile del 16° Btg. Esplorante, dipendono diverse compagnie appartenenti alla Divisione SS e un centinaio di brigatisti neri carraresi, messi a disposizione dallo zelante colonnello Giulio Lodovici.  Il raid antipartigiano esordisce la notte del 24 agosto per terminare soltanto tre giorni dopo. Ogni paese è raso al suolo, le abitazioni date alle fiamme, le chiese demolite, mentre coloro che non sono riusciti a fuggire in tempo nei boschi vicini - anziani, malati e infermi, uomini e donne colti alla sprovvista dal rastrellamento - sono fucilati senza pietà. - 26 bambini dai 2 giorni ai 14 anni di età; - 37 giovani dai 15 ai 30 anni; - 57 donne, 54 uomini  sopra i 30 Il massacro tocca il proprio climax a Vinca: punto di convergenza di più direttrici di attacco, il paese è raggiunto una prima volta nel pomeriggio del 24 agosto dalla I Compagnia del 16° Battaglione Esplorante Aufklarungs Abteilung, guidata dal tenente Segebrecht. Occupato il centro, il giorno successivo lo stesso Reder, rinforzato dalla II e III compagnia e da un plotone di brigatisti neri, si dedica all'annientamento definitivo di ogni forma di vita esistente nella vallata. stanandoli  nelle grotte e nei boschi con i lanciafiamme, mitragliatrici e granate, decine e decine di persone. Il 26 agosto la "battaglia del Sagro"(scontro a fuoco fra i tedeschi e alcuni partigiani appartenenti alla Brigata Muccini), distoglie gran parte delle truppe dall'occupazione del paese. Ma il giorno successivo i nazifascisti tornano a Vinca, uccidendo buona parte dei superstiti, rientrati in paese, saccheggiando le case ed incendiando l'intero abitato. Per ben 4 giorni consecutivi, dunque, le truppe tedesche continuano a massacrare, caso unico in tutta la Toscana occupata. Soltanto il 27 i tedeschi abbandonano il paese per rientrare ai presidi di Carrara.

 

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Lungo la linea dell’Arno, nel settore che andava da Santa Maria a Monte (Pisa) a Fucecchio (Firenze) si erano istallati i reparti della 26a divisione corazzata, agli ordini del generale Peter Eduard Crasemann. Nella vasta zona denominata "padule di Fucecchio", posta a cavallo delle province di Firenze e Pistoia, si era riversata una gran massa di popolo, per cercare di sfuggire alla guerra. In questa zona, erano presenti  circa 40 partigiani che “disturbavano” e, tenevano in allarme i tedeschi. Il 21 agosto 1944, alcuni partigiani assalivano e ferivano un tedesco in una zona interna della palude. Egli, con altri tre, era venuto a razziare con un camioncino. Le truppe tedesche in ritirata inferocite per la sconfitta, saccheggiano case, molte ne distruggono. Il 23 agosto, nel diario della 14a armata tedesca, si legge: " Situazione bande. Nell’area 136/37 dovrebbe trovarsi, secondo l’informazione di un confidente, un raggruppamento di bande di forza di circa 2-300 uomini, in attesa di ordini da parte inglese per riunirsi e piombare alle spalle delle truppe tedesche in concomitanza con l’avvicinamento del nemico. Il colonnello Krasemann ordina al maggiore Strauch del 26° Aufklarungs Abteilung (reparto esplorante della 26° Panzer): distruggere case, ricoveri ed esseri umani esistenti nella zona - Vernichten (annientare) la zona viene segnata sulla carta geografica e delimitata da picchetti. Il 24 mattina quando la luce dell'alba rischiara il Padule avviene la strage. L'operazione terminerà a mezzogiorno. I morti furono 175 o 176, tra cui un solo partigiano. I reparti tedeschi si resero subito conto di uccidere civili, ma continuarono lo stesso.  Il comandante Crasemann, al suo processo dopo la guerra, dichiarava di aver messo su una corte marziale militare per stabilire i fatti. Ma la divisione, dopo un giorno, partiva per il fronte dell’Adriatico e nessuno, ammesso che si intendesse farlo, fu punito. Anzi, in una dichiarazione spontanea rilasciata dopo la guerra, Kesselring disse di considerare il fatto di Fucecchio niente più delle" chiacchere da caserma". Crasemann e Strauch, processati nel dopoguerra, furono condannati a pochi anni di prigione.
L’inchiesta di Fucecchio

25-26 AGOSTO 1944

Consuma - Villa e Podere di Podernuovo, Villa Lagacciolo

 

Già pochi giorni dopo la strage, il 12 settembre 1944, il maresciallo dei Carabinieri della stazione di Monsummano Terme, Giuseppe Vitali, informava dell’eccidio il comando delle forze armate anglo-americane (Record Group 153, National Archives, Washington D.C.). Il maresciallo valutava in 314 le persone uccise, di cui 84 quelle appartenenti al Comune di Monsummano. La Commissione Usa d’inchiesta per i crimini di guerra, già istituita in seno alla 5.a Armata americana apriva un’inchiesta nell’ottobre 1944. Nel corso degli interrogatori della Commissione veniva sentito il Sindaco del Comune di Monsummano, Fulvio Zamponi, che consegnava l’elenco delle vittime del Comune di Monsummano, ed insieme l’elenco delle vittime del Comune di Larciano, firmato dal Sindaco Foscolo Monti, datato 18 settembre 1944, ed appena giunto al Sindaco Zamponi. Alla fine la commissione riportava inopinatamente circa 300 gli uccisi, un numero circa doppio del reale. Si era appena conclusa l’inchiesta americana che una nuova istruttoria veniva aperta dalla Special Investigation Branche (S.I.B) dell’esercito inglese, che condusse le sue indagini dal 7 febbraio al 16 aprile 1945 (P.R.O., War Office 204/11475), coordinata da C. Vaugham Edmonson. Tale inchiesta porterà al processo dei responsabili dell’eccidio che si tenne a Venezia nel 1947 contro Kesselring. La Commissione d’inchiesta britannica interrogò 169 testimoni e stilò un elenco di 184 vittime, compresi i caduti dell’eccidio avvenuto il 6 luglio 1944 a Ponte Buggianese e l’impiccagione di 3 partigiani. I caduti nel Padule di Fucecchio secondo l’elenco britannico sono dunque 176. (36 furono le persone uccise qui a Castelmartini, 77 a Cintolese, 24 a Stabbia, 6 a Massarella, 1 a Querce e 31 a Ponte Buggianese).

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da http://www.eccidi1943-44.toscana.it/geografia_stragi/pagine/022.htm 
Alla fine di luglio, i tedeschi attestati sul Passo della Consuma sono incalzati dall'artiglieria e dall'esercito alleato. Il 10 agosto l'intera zona viene evacuata. La notte del 22 agosto soldati tedeschi sgomberano la fattoria della Moscia: le suore cacciate, insieme ad alcuni padri vallombrosani presi prigionieri sulla strada, sono trasferite con la forza nella villa di Podernuovo. Una successiva selezione riduce gli ospiti della villa a  5 suore e il parroco. Il 24 agosto i soldati si danno a furti e requisizioni. Una pattuglia formata da 4 soldati con a capo un ufficiale in uniforme grigio-verde, appartenente con ogni probabilità al 754° Grenadier Regiment della 334a divisione Fanteria, comandato dal tenente colonnello Ortlieb, di stanza a Villa Podernuovo sino a due giorni prima, arriva la sera del 25 agosto a Villa Lagacciolo, interrompendo la cena degli abitanti. I tedeschi entrano, consumano la cena preparata e rinchiudono nel bagno i presenti, sterminandoli con il lancio di granate. Poi, ubriachi, si dirigono verso Villa Podernuovo e si affacciano alle finestre dell'edificio tirando bombe a mano e sparando all'impazzata. Alcuni dei presenti cercano rifugio nella cantinetta ma, sorpresi nel loro nascondiglio, sono uccisi da raffiche e bombe.Poco distante, in una fattoria vicina, vengono uccisi con un colpo alla testa due anziani coniugi. La mattina dopo, nelle vicinanze, viene rinvenuto il corpo senza vita del sessantenne Giuseppe Beccacci. Soltanto due giorni dopo, la villa è raggiunta dai partigiani che si offrono come sentinella fino alla liberazione, avvenuta il 28 agosto, con l'arrivo di un carro armato inglese. vittime : 9 uomini (5 bambini, 2 adulti e 2 anziani) e 10 donne (2 bambine, 7 adulte e una anziana).

29 agosto 1944

LA MORRA (Cuneo)

29 agosto 1944

Sant’Antonio in Alpe – Molazzana

28

28 partigiani giovanissimi che si erano arresi e a cui era stata promessa salva la vita, vengono tutti immediatamente fucilati da un reparto della divisione "Monterosa" presso la cascina Averame in località Cerequio. Non si reperiscono dati dal diario della divisione ne dal sito del comune. Ritorsione ? Dal diario di Don Delpodio: Verso la metà di settembre 1944 vennero passati per le armi, dai partigiani garibaldini, 14 repubblicani catturati a La Morra; i cadaveri gettati in un burrone che dai Chiappella guarda verso la casa Porazzo. Le salme verranno riesumate ai primi di luglio del 1945 e traslate nei loro paesi d'origine nei dintorni di Gualtieri (Re)

19 

In una furiosa battaglia in località Colle a Panestra contro ingenti forze nemiche, caddero 19 partigiani della Brigata “Gruppo Valanga delle Alpi Apuane” di cui 4 modenesi: Bruni Ettore e Sassi Renzo, M. d’Argento, e Bergamini Edoardo e Olivieri Rubino.
  25 agosto
TORLANO
(Fraz. di Nimis - Udine)
Per rappresaglia contro la popolazione maschile che era salita in montagna, le SS raccolgono in una grande stalla 33 tra vecchi, donne e bambini. Dopo averli cosparsi di benzina, li bruciano tutti vivi. E questa una delle stragi più inutili e disumane.

Piteglio.

il 2, poi i dintorni di Nocchi e Camaiore. Il 10 settembre sono fucilate in varie località nei pressi di Massa 74 persone, una parte delle quali rastrellata sul Monte Pisano e in Versilia. 

 

Ed ancora Fivizzano (Massa Carrara) che vide più volte colpito il suo territorio il 19 agosto con le 53 vittime
Il 24 e 25 agosto un'operazione di rastrellamento investe la valle del Lucido: Vinca e numerosi altri villaggi sono distrutti, la strage fa quasi 200 vittime civili.

 

Settembre
Farneta (100), Carrara (71),

Il 16 settembre circa 150 detenuti del carcere di Massa sono fucilati a San Leonardo al Frigido.Fosse del Frigido 147 vittime della strage delle Fosse del frigido del 15 settembre 1944. Dopo l'uccisione di un soldato tedesco, il comando militare di Carrara disponeva subito la rappresaglia in zona di Bergiola Foscalina, da dove pareva fosse partito il colpo. I tedeschi, a cui pare si aggreghino militi della Repubblica di Salò, rinchiusero circa 30 persone nelle scuole, le uccidono sparando dalle finestre e lanciano dentro delle bombe a mano. Poi, incendiano tutto. Un episodio simile avvenne in una vicina casa colonica. Alla fine si conteranno 28 salme di bimbi e giovanetti dai 3 mesi ai 17 anni, 43 tra donne ed uomini.

12.09.1944

BOLZANO   Gli invisibili di Bozen

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I FANTASMI DI BOLZANO
Bolzano come tutta la valle dell’Adige era un corridoio da e per l’Austria e la Germania. Da qui passava tutto il traffico militare tedesco ed era estremamente sorvegliato. Il Sud Tirolo o Alto Adige poi era di fatto terra germanica. A Bolzano vi era un campo di concentramento detto di transito per dove si può ben immaginare. Il terminale sud di questo campo oltre che Verona allo sbocco della valle, Fossoli piccolo campo a fianco della Ferrovia Modena Verona e quindi strategico per l’inoltro di gente (ebrei e spie) catturata nel centro e nel nord Italia in più momenti.
E’ il 12 settembre 1944, e non è ancora giorno quando i prigionieri vengono svegliati ed avviati alla spicciolata nel cortile del Lager di Via Resia dove li attende un autocarro. Il viaggio è breve. Il mezzo si ferma in località Oltrisarco di Bolzano, presso la stalla abbandonata dei cavalli della “Mignone”. I 23 attendono sul camion. Non hanno ricevuto accuse specifiche o indagini e condanne ma dai tedeschi non c’è mai nulla di buono da attendersi. Un ordine del vicecomandante del lager maresciallo Hans Haage e, a gruppi di tre, smontano, vengono fatti denudare sopra la cintola e presi in consegna da due SS del Q.G. di Verona, Kurt Hasenstein e Karl Rotter, che già avevano preso parte alle fucilazioni della strage di Fossoli. Essi, con l'ucraino Albert Mayer, armati di sole pistole, afferrano per la cintura un detenuto ciascuno, da dietro, ed entrano nella stalla. All’interno le esecuzioni procedono contemporaneamente nei tre gabbiotti del locale, con ordine e metodo, senza alcuna resistenza da parte dei condannati. Come bestiame al macello. Otto minuti e un colpo alla testa ciascuno, in un’ora il lavoro è terminato. «Li abbiamo tutti fucilati e buttati in un buco nei pressi di Siegmundskron». Da allora il silenzio per 60 anni.
«In cinque anni di ricerche – dice oggi Carla Giacomozzi, funzionaria dell' archivio storico - siamo però riusciti a sapere che le persone ammazzate il 12 settembre 1944 - per più di mezzo secolo sono rimaste dei fantasmi - erano italiani che lavoravano per i servizi segreti degli Alleati. Facevano parte dell' Oss statunitense o del Soe inglese (Special operation executive) e nelle loro missioni erano aiutati dal Sim, il servizio informazioni militari del governo Badoglio. Perché siano stati portati tutti a Bolzano, resta un mistero. Avevano scelto un mestiere difficile una doppia vita sotto copertura che per qualche motivo è saltata. I marconisti venivano individuati da un apposito servizio di ascolto delle SS e degli altri forse è stato trovato traccia o referente.

Caserma Mignone Bz

  I parenti poco sapevano e non poterono mai identificarli. «Io sapevo che mio zio Tito Gentili, di Fano - dice il nipote che porta lo stesso nome e cognome - era un marconista dell' aviazione. Nessuno sapeva, nella mia famiglia, che fosse un agente segreto. Tre anni fa un signore ci aveva chiesto informazioni, e dall' archivio di Bolzano abbiamo saputo che faceva parte del Soe inglese. Ora sappiamo che è morto perché aveva scelto un lavoro difficile ma molto importante. Ne siamo orgogliosi». Erano stati catturati fra la fine del 1943 e i primi mesi del 1944 in più località dell'Italia centrale e settentrionale nel corso delle loro missioni clandestine poi transitati a Fossoli e Verona dove avevano subito gli interrogatori.
Ennio Tassinari venuto come superstite dell’ORI all’inaugurazione della lapide dei caduti di Bolzano disse. «Qui ho trovato, purtroppo, quattro miei colleghi: Domenico Montecchi, Willores Apollonio, Antonio Fiorentini e Domenico Fogliani. Ero assieme agli ultimi due nel sottomarino Platino, che ha sbarcato me al delta del Po e loro due, per errore, al Cavallino di Venezia. Sapevo che erano stati catturati subito, ma non che fossero finiti qui. Noi dell' Oss partivamo da Brindisi, in sottomarino o in aereo. Venivamo portati nell' Italia del Nord, occupata dai tedeschi. Nostro compito era cercare i collegamenti con i partigiani, trovare informazioni, organizzare azioni di sabotaggio e di guerriglia. Io non ho mai creduto che sarei arrivato vivo alla fine della guerra. Alla partenza della missione ci consegnavano una capsula di cianuro. Non avevano nemmeno bisogno di spiegarci cosa dovevamo farne. Ma io la pastiglia la buttavo via subito. Avevo due pistole, le tenevo senza sicura. Se i tedeschi o i fascisti mi fermano, pensavo, sparo e cerco di accopparne il più possibile. Poi mi ammazzano, ma almeno muoio combattendo».
Don Daniele Longhi di Bolzano, anch'egli deportato nel Lager di via Resia nella commemorazione tenutasi nel settembre 1945 ebbe a dire: "In noi, come in ognuno dei nostri condetenuti transitati dal campo di concentramento di Bolzano, resterà conficcato nella memoria, a guisa di pugnale d'acciaio immerso nelle carni, l'angosciosa, straziante visione ultima, dei nostri 23 compagni, che uscivano dal campo diretti alla morte, incamminati verso la soglia dell'eternità. Erano sempre stati altissimi di morale, durante tutto il periodo della loro permanenza in campo, provenienti dai Forti di Verona; pur presentendo, anzi, esattamente consapevoli che ogni giorno poteva segnare la data di una loro tragica fine, non erano mai apparsi afflitti agli occhi dei compagni, che li potevano vedere durante il loro disvago giornaliero, quando era loro consentito passeggiare nel cortile antistante il loro blocco recintato; la sera precedente avevano giocato a calcio, ultimo sollievo che l'avrebbe per un poco distolti dal pensiero preoccupante e nero della morte, anche se questa morte sarebbe stata gloriosa."
Nel 1948 i morti vengono portati al sacrario di Bolzano, città difficile che di morti ha i 33 del Polizeiregimentes Bozen uccisi a via Rasella (poi vendicati con le Fosse Ardeatine). Già un prete di Verona si era presentato con la lista dei nomi ma non aveva altro. E per alcuni questo segreto persiste ancora nonostante i nomi, forse fasulli di copertura o di documenti d’identità falsi.
       

2/4.09.1944

Loc. "Pioppeti", comune di Camaiore (Lucca)

3-4-5.9.1944

Pescia Pt

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Il secondo giorno del mese di settembre, mentre su tutta la linea dell’Arno i reparti alleati riprendevano la loro marcia in avanti, un distaccamento partigiano assaliva un camion di tedeschi, di cui alcuni rimanevano uccisi. Scattava la rappresaglia. Ore 16 del 4: Due camion tedeschi, uno coperto e l’altro scoperto si fermano a Montemagno, in località Pioppetti, sulla via Provinciale, a pochi metri della strada che porta sul monte Pitoro. Le SS spingono a terra 35 civili. Qualcuno tenta di fuggire ma viene abbattuto a colpi di moschetto. Le vittime, catturate quasi tutte qualche giorno prima alla Certosa di Farneta, erano state prelevate da un capannone di Nocchi della fattoria Graziani, trasformato in una camera di tortura. A Nocchi aveva sede il comando tedesco SS del generale Max Simon che stava organizzando la ritirata verso il nord. La strage di Pioppetti fu una reazione inaudita di Simon (condannato a morte dalla Corte britannica -n.d.r) che prese a pretesto due fatti: il primo l’uccisione di un capitano medico tedesco e del ferimento del suo autista ed il secondo detto sopra.

17

Il pomeriggio del 3 settembre 1944 venivano uccisi dai partigiani due soldati tedeschi. In risposta, a sera, 6 uomini detenuti nelle locali carceri venivano impiccati presso il ponte di San Francesco. Il 4 settembre, il comandante del reparto tedesco in città, avvertiva che alle ore 13 tutta Pescia, per rappresaglia, sarebbe stata data alle fiamme. Intervenne il Vescovo Mons. Simonetti con un lettera al comando locale. Il nobilissimo gesto del vecchio Pastore, si scontrava ormai con la realtà della guerra: da una parte i partigiani, i quali erano legittimati al combattimento dal Governo Italiano del Re, dall’altra i tedeschi che si vedevano attaccati da quelli che erano civili, e che adopravano le regole di una conflitto spietato. Il capitano tedesco, chiamato il suo comando a Lucca, sospese la distruzione della città ma diede ordine di continuare la caccia all’uomo. Presso Collecchio furono fucilati i primi: 2 uomini, padre e figlio. Poi, i catturati, furono condotti nel carcere mandamentale. Alcuni furono rilasciati. Il giorno 5 settembre 1944, dopo che il Vescovo aveva tentato, inutilmente, di parlare col capitano tedesco, 9 di essi furono impiccati in Viale Garibaldi. In tutto, 17 morti inutili.

11.9. 1944 

Poppi, loc. Moggiona

16.9. 1944 

Bergiola Foscalina (Mc)

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Su ordine delle truppe tedesche in ripiegamento, i civili dovevano sfollare verso Camaldoli o in paesi del versante romagnolo. Molte sono le persone che dovevano adempiere a quest’ordine, di varie età. Solo in quattordici chiedono, con vari pretesti, di rimanere nella frazione di Moggiona, e i germanici acconsentono. Poi, con una scusa, al momento di ripiegare, li concentrano in una cantina e ne ammazzano 11 a colpi di mitra. Altri 8 li uccidono in loc. Corniolino, mentre se ne stanno andando. Tra questi ultimi, tre bimbi di 10 mesi, 4 anni e 10 anni.

72

Dopo l'uccisione di un soldato tedesco, il comando militare di Carrara disponeva subito la rappresaglia in zona di Bergiola Foscalina, da dove pareva fosse partito il colpo. I tedeschi, a cui pare si aggreghino militi della Repubblica di Salò, rinchiusero circa 30 persone nelle scuole, le uccidono sparando dalle finestre e lanciano dentro delle bombe a mano. Poi, incendiano tutto. Un episodio simile avvenne in una vicina casa colonica. Alla fine si conteranno 28 salme di bimbi e giovanetti dai 3 mesi ai 17 anni, 43 tra donne ed uomini.

 
       
       
       
       
     

 

       
       
   

6-09-1944

FIGLINE (Fraz. di Prato - Firenze)

 

 

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Non si sa quanti fossero i tedeschi ad attendere i Partigiani scesi dal monte Javello, ma certamente erano ben armati e pronti a colpire quella brigata che aveva dato loro tanti problemi. Quei ragazzi allenati a colpire e dileguarsi erano capitati sotto il tiro preciso delle mitragliatrici tedesche. Lo scontro fu durissimo e ai partigiani non restava che sganciarsi e ritirarsi. Fino all’alba durò la violenta sparatoria. Era la mattina del 6 settembre. Poi ebbe inizio il setacciamento del territorio e la caccia all’uomo.Intanto a Figline i partigiani catturati furono alla meglio raggruppati con le mani alla nuca, e condotti almeno in parte a villa Nocchi. Altri quindici partigiani che erano riusciti a confondere i tedeschi affermando di essere degli sfollati, tra i quali anche Salinari, attendevano sotto il portico del contadino di essere trasferiti a Bologna. I condannati furono incolonnati e condotti verso Figline, mentre i tedeschi cercavano le corde per compiere la strage. Sotto le travi della via oggi intitolata ai martiri a Figline furono impiccati 29 partigiani appartenenti alla brigata Buricchi. Quella triste giornata era finita: 7 feriti, 14 dispersi, 13 uccisi nello scontro e complessivamente 29 impiccati.

2 / 10 settembre
COMUNE DI MASSA

Le SS naziste massacrarono in numerose località della periferia di Massa ben 40ostaggi custoditi nel Castello-Carcere di Malaspina. Si trattava di Padri della Certosa di Farneta, di diversi ospiti catturati in quella Certosa e di alcuni prigionieri politici.

16 settembre
FORTE MALASPINA
(Carcere di Massa Carrara)
Il 16 settembre 1944, poche ore prima di abbandonare la zona, le SS sgombrano il Forte di tutti i detenuti: precisamente 159 persone. Questi vengono trasportati presso la Chiesa di S. Leonardo sul Frigido, sulla riva destra del fiume, in un punto in cui si aprivano 3 grandi crateri prodotti da bombe aeree. Qui vengono tutti sterminati a raffiche di mitra e quindi ricoperti con uno strato di terra. Nel 1947 le salme furono esumate e solo148 furono identificate attraverso i registri del carcere. Tutti gli altri rimasero ignoti.

       
       
       
       

05.09.1944

Forlì  Tedeschi fucilano 30 persone    

 

     
  S. Pancrazio - Ra 14.11.44 Tedeschi trucidano 24 civili, tutti abitanti fra cui 13 donne.
Massalombarda Ra 17-l0-44 - fucilate 23 persone
Madonna dell'Albero Ra 27-11-44 - massacro di 56 civili
Fusignano Masiera Ra 23-12-44 - 32 civili
Sabbiuno di Piano -Bo 14.10.44 Fascisti e tedeschi uccidono 35 persone
Sasso Marconi - Bo 18.10.44 Parco di villa Ghisilieri: SS fucilano 19 civili.

Senio a Lugo Cervia Ra 26-10-44 - massacro di 15
Cervia - Ra 22.10.44 Fucilati 14 civili, fra cui 1 donna. Senio Lugo
Sabbiuno di Paderno - Bo 23.12.44 SS fucilati 100 ?
Campiglio - Mo 23.12.44 Nazisti massacrano 17 civili, tra cui 2 donne

I Luoghi

Il Natisone-Le fucilazioni avvenivano sulla sponda destra del Natisone, dietro la caserma “Principe Umberto” di viale Udine, a Cividale del Friuli dov’era piazzato il presidio tedesco, e i corpi sepolti in fosse comuni nell’argilla del fiume. La prima fucilazione è stato il 2 ottobre ’43 (Antonio Rieppi, un operaio di 24 anni), e l’ultima il primo maggio ’45 (il militare Aloisio Zorzi, 22 anni). La maggior parte delle 105 salme recuperate sono rimaste ignote. Vennero all’inizio recuperate a fior di terra dalle fosse esterne alla caserma di viale Udine trenta cadaveri di fucilati. Le esumazioni sono continuate fino al settembre 1947. Su 105 uccisi ne verranno identificati soltanto 29.
 
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       

Nel 1945 il Rapporto finale della S.I.B. Special Investigation Branch sulle rappresaglie tedesche per l’attività partigiana in Italia svelava le prevenzioni e le motivazioni degli investigatori inglesi: “Per assicurarci che le affermazioni fortemente colorate ed esagerate che ci venivano dalle fonti italiane non erano accettate come dati di fatto, gli investigatori della 78° sezione della S.I.B. furono mandati in varie aree non tanto per identificare le persone o le unità responsabili dei massacri [il corsivo è nostro] quanto per verificare se le atrocità si erano effettivamente svolte come ci erano state riportate”. Al di là dei preconcetti, il lavoro svolto dagli inglesi fu eccellente. La qualità delle loro inchieste è nettamente superiore a quella dei colleghi americani. L’ostacolo della “Linea Verde” fermerà il fronte alleato dalla fine d’agosto 1944 all’aprile 1945, per cui le varie sezioni S.I.B. avranno tutto il tempo e i mezzi logistici per indagare sulle numerose stragi avvenute in Toscana e Romagna. Così per la strage di Cavriglia (Arezzo) gli inglesi interrogheranno 226 italiani e faranno 18 schede su altrettanti soldati tedeschi supposti responsabili. Così tra relazioni finali, sommari, deposizioni, schizzi ed elenchi delle prove e delle vittime, il fascicolo arriverà a contare 419 pagine. Per la strage nel padule di Fucecchio la 78° Sezione S.I.B. interrogherà 169 persone per un totale di oltre 300 pagine di verbali. In genere al termine di queste indagini, la relazione finale (“Report and Statements”) recava i nomi e i gradi dei supposti responsabili o quantomeno la compagnia cui apparteneva il militare. E naturalmente vi si facevano anche i nomi dei collaborazionisti fascisti. Facciamo alcuni esempi. Nell'opuscolo Il Martirio di Marzabotto. "Qui oggi commemoriamo i 2.000 morti di Marzabotto, morti per cause belliche varie .... 1.830 sono i morti del nostro Comune fin'ora [il corsivo è nostro] accertati....". Così per decenni si è accettata la cifra "provvisoria" di 1.830, poi tra il 1995 e il 1997 il Comitato Onoranze promosse nuove ricerche per cui i civili vittime della strage avvenuta nei tre comuni di Marzabotto, Grizzana e Monzuno risultarono "770 tra il 29.9.'44 e il 5.10.1944", tra cui "216 bambini fino a 12 anni, 142 ultrasessantenni, 316 donne, escluse le minori fino a 12 anni". Per concludere se i Comuni non si sono fatti carico di fare calcoli (allora) sul momento, oggi nessuna associazione di categoria è in grado di quantificare le vittime belliche senza un margine di errore. Per questo possiamo dire che le cifre sui civili eliminati dalla Wehrmacht e dalle SS in Italia varia di molte migliaia di persone: si va da un minimo di 6.000 a oltre 10.000, anche se fino a pochi anni fa si parlava tranquillamente di 50.000 morti.  http://it.wikipedia.org/wiki/Citt%C3%A0_decorate_al_Valor_Militare_per_la_Guerra_di_Liberazione#Croce_di_guerra  

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