LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 

Profughi d'Istria

Doc

    

Quella mattina a Montona passava la commissione alleata che doveva stabilire (ma doveva solo ratificare secondo gli accordi decisioni già prese) che a Montona non vivevano più italiani. La maestra, altra testa calda, aveva distribuito dei gessetti colorati ai bambini delle elementari e fatto disegnare sul palmo della mano la 

bandiera tricolore

A pugni chiusi, per non farsi scoprire da qualche slavo (pena l’infoibamento), i bambini uscirono dalle classi in strada e al passaggio dei commissari aprirono le mani in segno di saluto. Fu così che una selva di bandierine tricolori sventolò in strada costringendo la commissione alleata ad una dolorosa bugia. Fra quei bambini ce n’era uno particolare, Mario Andretti     

 

 

si chiamava
Mario Andretti

Mario Andretti è nato il 28 febbraio del 1940 a Montona, città italiana nella penisola d'Istria e è diventato un mito nel suo paese d'adozione grazie alla passione per la velocità, ma non ha mai dimenticato la sua travagliata infanzia di italiano straniero in patria. Figlio di Rina e Alvise Luigi Andretti, condivise la sua infanzia di guerra con il fratello gemello Aldo e la sorella Anna Maria e dal 1948 al 1955 dovette adattarsi a vivere in un campo profughi in Toscana. In quegli anni bui vissuti praticamente da prigionieri, la famiglia Andretti maturò giocoforza la decisione di abbandonare l'Europa per trovare briciole di serenità al di là dell'Oceano. La sua passione per le auto si fa risalire ad un viaggio a Monza nel 54 dove ebbe l’occasione di vedere lui 14 enne le macchine da corsa e Ascari. Gli Andretti si stabilirono quindi a Nazareth in Pennsylvania avendo a disposizione soltanto 125 dollari e nessuna conoscenza dell'inglese. La grande passione per i motori dei fratelli gemelli divenne una vera e propria benedizione per gli sfortunati profughi istriani. Mario e Aldo Andretti esordirono nel mondo delle corse nel marzo del 1959, ma dopo pochi anni le loro strade si divisero a causa di un grave infortunio occorso ad Aldo. Il gemello abbandonò le corse e divenne il primo tifoso di Mario, ormai lanciato alla conquista nel mondo della velocità. Mario Andretti trionfò nella Indy 500 sul circuito di Indianapolis, nella Daytona 500, nella Indy Championship 4 tempi, lasciando ovunque la sua scia di campione di razza delle quattro ruote. Passò poi nel 1971 alla Ferrari, ma la carriera con il cavallino rampante di Maranello si spense mestamente dopo due anni passati senza gloria né infamia. Continuò la sua carriera di Formula con altri team fra i quali nuovamente la Ferrari.  Nel 1982, all'età di 42 anni Andretti divenne il più anziano tra i piloti in gara nella Formula 1, ma la sua carriera era ben lontana dalla conclusione. In quello stesso anno egli vinse ancora una volta a Indianapolis e poi continuò a stritolare avversari fino all'età di 54 anni. Fu inserito negli annali e ancora oggi è considerato tra i 500 piloti più famosi di Indianapolis. Il suo nome è oggi sinonimo di aziende di vini, (Andretti Winery) e di imprese petrolifere.  http://www.ddavid.com/formula1/mario_bio.htm  in inglese. 

Ottavio è considerato il primo cittadino “sindaco” del libero “Comune di Zara", come dice lui:. 

*Ricorda il suo ultimo giorno a Zara?. *Certo, era il Natale del 1941. Poi partii per l'Africa….. Non ci sono mai più tornato, sono diventato esule quasi senza accorgermene. Seppi di quel che era accaduto quando raggiunsi la mia famiglia a Trieste, dai racconti dei miei amici. Quelli ancora vivi. 

*Cosa accadde a Zara quando arrivarono gli uomini di Tito? *Iniziò la caccia agli italiani, li prendevano, gli legavano una pietra al collo e li affogavano, altri erano già morti sotto i bombardamenti, altri scappavano. Questa è stata la nostra "liberazione", ventimila persone in fuga, mentre in Istria tanta gente innocente veniva infoibata. Da cosa siamo stati liberati? 

*I suoi genitori cosa le hanno raccontato?  *Mia mamma, per tanto tempo, non mi ha detto nulla. Però ogni volta che passava un aereo sulla nostra casa lei tremava. Era sopravvissuta a 64 raids, capisce? 


* Cosa si porta dietro oggi della sua Dalmazia, della sua Dubrovnik? *Vuol dire Ragusa. Così è stata chiamata per otto secoli, quando era una repubblica sovrana e indipendente. Perché dobbiamo chiamarla Dubrovnik? Questa cosa mi fa veramente arrabbiare. Ma perché se andate a Londra la chiamate London? Quella era una città italiana e il nome gli l'hanno dato i veneziani: Ragusa. 

*Non mi ha risposto: cosa c'è della sua terra d'origine nella sua vita, nel suo lavoro, nelle sue creazioni di moda? *I colori, quelli che mi hanno accompagnato per tutta la mia giovinezza. Se fossi nato in Finlandia, mi creda, non sarei diventato creatore di moda.

 

  Ottavio Missoni: la piccola differenza 

Ottavio la chiama "la piccola differenza", la differenza tra l'essere liberati dagli americani piuttosto che dai comunisti di Tito: Il grande stilista italiano simbolo degli esuli di Zara odia la retorica e salta a piè pari le domande sul dolore, come quando si batteva nei 400 ostacoli alle Olimpiadi (23 volte la maglia azzurra: la finale olimpica negli ostacoli a Londra, nel 1948). Usa la lingua per colpire il nemico invisibile scagliandola come quel giavellotto che faceva mulinare negli stadi di tutto il mondo. Missoni, triestino d'adozione, nasce a Ragusa (oggi Dubrovnik) da padre capitano di lungo corso e da madre Veneta, della antica casata dei conti de’Didovich, che scelsero la cittadinanza italiana quando il territorio fu assegnato all’Italia dopo il trattato di Rapallo del novembre 1920. Quando cresciuto ebbe la necessità di frequentare le scuole superiori la famiglia si trasferì a Zara, dove la scelta era maggiore (successe anche a Enzo Bettiza spalatino). A vent’anni, alla fine del ’41, Ottavio, già buon atleta, partì per il servizio militare col grado di caporale di fanteria, e dopo un breve addestramento fu inviato in Africa, dove partecipò alla battaglia di El Alamein. Fatto prigioniero dagli Inglesi e non "collaborativo", fu rinchiuso in un campo “di rieducazione” dove restò fino al ’46.
Cosi dice lui:“Che cosa intendessero per “rieducazione” non l’ho capito: il fatto è che hanno scippato 4 anni della mia vita relegandomi nell’inattività. Passavo il tempo a leggere e a riflettere, su me, sulla vita, sul futuro". La mia famiglia si era intanto trasferita nella zona -A- di Trieste, l’unica rimasta italiana: quando li riabbracciai mi parvero mutati, soprattutto di dentro, come marchiati a fuoco dagli orrori cui avevano assistito. Da parte mia non avevo vissuto in prima persona i momenti drammatici e le sofferenze dell’esodo, né avevo patito l’odio feroce contro noi Italiani: tuttavia il racconto dei superstiti, la loro umiliazione, lo sfacelo che mi circondava, mi hanno risucchiato nel dolore comune che è diventato anche mio. Soprattutto mi ha indignato la colpevole debolezza di chi avrebbe avuto il dovere di difendere i nostri diritti, e invece ha accettato supinamente il nostro annullamento". Ragusa

Ottavio riprende gli allenamenti e già nel 47 è campione nei 400 ostacoli. "Quei traguardi raggiunti con determinazione assunsero per me il sapore della rivalsa, come se avessi gareggiato a nome della mia gente, dei sopravvissuti e degli innocenti massacrati. A Londra si delineò il mio futuro: tra gli spettatori c’era una sedicenne che le monache con cui studiava avevano condotto ad assistere alle gare: era Rosita, una ragazzina dai grandi occhi colmi di sogni, che nel ‘53 divenne mia moglie". Di far maglie e indumenti non toccò a lui decidere, poiché i genitori avevano già avviato una piccola produzione, ma di portarla ai vertici mondiali questo si sa è merito suo. Oggi i suoi modelli sono esposti perfino nei grandi musei di tutto il mondo, come il "Metropolitan Museum of Art" di New York” 

Così dice
Nino Benvenuti
 

(nella giornata nazionale della memoria promossa per ricordare le vittime delle Foibe) 

Giovanni "Nino" Benvenuti e' nato a ISOLA d'Istria il 26 aprile 1938.

 

Mi hanno cacciato dal mio paese quando avevo tredici anni

Si chiamava Isola d'Istria, Oggi è una cittadina della Slovenia. 

Nel paese dove sono nato le uniche scritte ancora in italiano sono solo al cimitero. A parlare la mia lingua è rimasto qualche vecchio pescatore giù al porto. Ogni tanto ci ritorno per portare i fiori sulla tomba dei miei cari. Nella mia carriera sportiva ho girato il mondo, ho vinto nella boxe tutto quello che c'era da vincere e molti mi ricordano come il campione originario di Trieste. Una città che m'ha adottato, e alla quale sono grato, ma resto un istriano. Un esule. La casa dei nonni sorgeva nel centro storico del paese, al numero 13 di via Contesini. Fino a nove anni non avevo mai sentito una persona che parlasse slavo. Poi vennero loro. Nei ricordi di bambino sono rimasti impressi quei colori che associavo al terrore. Ricordo il blu delle divise dei soldati jugoslavi, e il copricapo dall'inconfondibile stella rossa. Ma ancor più angosciante era l'innocente color carta da zucchero. Era il colore degli abiti civili dei funzionari dell'Osna, la polizia politica titina. Erano in due quel pomeriggio d'estate del '47 quando vennero a prendere mio fratello Eliano. Aveva diciassette anni e nessuna colpa se non quella di essere italiano. Lo portarono via. "Solo per poco tempo" dissero. Non rientrò, nè quella sera, nè nei giorni successivi. Venne rinchiuso nel carcere di Pirano, prima, e di Capodistria poi. Solo dopo due mesi di silenzio e di attesa estenuante sapemmo che almeno era ancora vivo. Dopo sette mesi si tenne una specie di processo. Il verdetto fu di assoluzione e Eliano tornò a casa. Altri giovani invece erano spariti nel nulla per sempre. 
Quattro anni più tardi si presentarono alcuni emissari della Polizia Militare. La casa fu requisita per assegnarla a un alto ufficiale jugoslavo. Iniziò l'esodo della famiglia Benvenuti, comune a quello del popolo istriano. La prima tappa era per tutti Trieste. La mia famiglia si stabilì in città, molti altri si diressero nei luoghi più disparati: Roma, la Puglia, l'America, il Canada o addirittura l'Australia. 

 Altri  celebri esuli:
Orlando Sirola, tennista campione di livello mondiale nella specialità del doppio
Abdon Pamich, marciatore campione olimpico su 50 km il 1964
Agostino Straulino, velista campione olimpico di classe star il 1952 e campione mondiale
Alida Valli, attrice
Laura Antonelli, attrice
Sergio Endrigo, cantante di musica leggera
Enzo Bettiza, scrittore
Fulvio Tomizza, scrittore
Leo Valiani, politico
Ezio Loik, calciatore della nazionale
Giorgio Luxardo, industriale e produttore del maraschino di Zara
 
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