LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 

2 dicembre 1943

L'inferno a Bari e

LA CHEMIOTERAPIA

L’iprite è un solfuro di dicloro-etile, un liquido di color bruno-giallognolo dal caratteristico odore di aglio o senape. Si tratta di un vescicante d'estrema potenza che penetra in profondità nello spessore della cute. L’iprite agisce anche attraverso gli abiti, il cuoio e la gomma. Concentrazioni di 0,15 mg d'iprite per litro d'aria risultano letali in circa dieci minuti; concentrazioni minori producono gravi lesioni, dolorose e di difficile guarigione, danni gravissimi all'apparato respiratorio e al sangue. Sono descritte anche forme di cecità da cheratite. La morte può sopraggiungere in tal caso in una settimana circa, a causa di un'immunodepressione acquisita per l'eccessiva diminuzione dei globuli bianchi circolanti (leucopenia), e secondariamente per le lesioni cutanee che aprono la porta ad infezioni diffuse.

  One of the most disastrous bombing attack against allied ships during the entire war took place at Bari, Italy, on December 2, 1943. This port was in the British theater of operations, but several American [merchant] ships with [U.S. Navy] Armed Guards aboard were at Bari on that fateful day [when a German air raid occurred]. When the last bomb had fallen, and the last ship exploded, and the large fires had run their course, 17 ships had been sunk and six damaged. There were five United States ships sunk and one damaged. One other United States ship came through unscathed. The Joseph Wheeler had her starboard side blown out and was on her port side when her Armed Guard officer, who had been ashore arranging for the pay of his men, last saw her. The only Armed Guard survivors were the officer and twelve men who were taking a well-earned liberty in the town. There were 15 Armed Guards dead or missing and 26 of the merchant crew missing.
The Samuel J. Tilden was bombed and then sunk by two British torpedoes to prevent danger to other ships. A bomb crashed through to the engine room at about 1920 and an incendiary bomb hit forward of the bridge. The German pilot [of the attacking aircraft] strafed the deck [with machine gun fire]. Anti-aircraft fire from ashore also hit the ship. A searchlight was [shined] on the ship for seven minutes after the attack began, apparently because somebody ashore forgot to turn it off. All of the Armed Guards survived but the dead and missing among the merchant crew numbered 10 and there were also casualties to Army personnel [who were on board]. All of the Armed Guards were lost with the John Harvey [which was carrying mustard gas]. Most of the merchant crewmen were also missing. Apparently the only people who survived were those who were ashore......
Bari was one of those sudden blows which did great damage but did not long delay the victorious march of the allies in Italy. The blow was too sudden for Armed Guards to do much to defend their ships. It well illustrates the danger which was always just around the corner for all Armed Guard crews. Men who go through such actions have to be highly disciplined and trained, and to have superb courage.
Note: Among the ships sunk when German JU-88 bombers attacked the port of Bari on the night of 2 December 1943 was John Harvey, which was carrying mustard gas intended for use in retaliation by the Allies if German forces initiated gas warfare. Most of the released gas was carried out to sea by an offshore breeze, but many military and civilian personnel were temporarily incapacitated or killed by undetermined amounts of the gas which were held in solution in oil that was floating on the water. Of the more than 800 casualties hospitalized after the raid, 628 suffered from mustard gas exposure. Sixty-nine deaths were attributed in whole or in part to this cause.
Medical officers and aidmen treating the casualties were unaware of the presence of the gas, which was diluted sufficiently to be detected by odor. In the belief that casualties covered with oil but showing no physical damage were suffering from exposure and immersion, they were wrapped in blankets, still in their oil-soaked clothing, given hot tea, and left as they were for twelve to twenty-four hours while the more urgent blast injuries and surgical cases were treated. Those with the energy and will to clean the oil from their own bodies suffered no serious damage, but the remainder suffered varying degrees of mustard burns. Eyes began to burn about 6 hours after exposure, and were so badly swollen in 24 hours that many of the patients thought themselves blind. The first deaths occurred without warning 18 hours after exposure. About 90 percent of the gas casualties were American, the bulk of them merchant seamen. Since no U.S. hospital facilities were yet available in Bari - equipment for all but one of the U.S. hospitals scheduled for the area were destroyed in the bombing - casualties were hospitalized in British installations
.
 
Dans l’après-midi du 2 décembre 1943, le premier-lieutenant Werner Hahn pilotait son Messerschmitt Me-210 de reconnaissance au-dessus du port de Bari, dans le sud-est de l’Italie. Il croisait à près de 7000 mètres, son avion révélant sa présence par une traînée de condensation, mais les équipes DCA alliées ne prenaient garde. Pas encore attaqué, le pilote allemand fit un second passage sur la cité avant de mettre le cap au nord pour rentrer à la base. Si le rapport de Hahn était concluant, la Luftwaffe lancerait un bombardement majeur sur le port. http://www.checkpoint-online.ch/CheckPoint/Histoire/His0018-RaidLuftwaffeBari.html
 
Armi biologiche 

L’utilizzo delle prime armi a tutti gli effetti biologiche risale addirittura al Medioevo, quando si inizia a capire che, gettando cadaveri infetti nei pozzi, o al di la delle mura, si può arrecare un danno assai superiore a quello inferto dalle armi convenzionali, come accade per l’epidemia di peste che sconvolge l’Europa nel XIV secolo. A farla sbarcare sono infatti i genovesi, che l’avevano portata con loro mentre fuggivano dalla roccaforte di Caffa, in Crimea, proprio perché i mongoli che assediavano la città avevano scagliato all’interno cadaveri di malati. Ci sono poi prove certe che più tardi, nel XVIII secolo, si diffonde un’altra arma letale: le coperte contagiose. A farne le spese sono soprattutto le popolazioni indigene dell’America, decimate dal vaiolo, dalla peste e da altre malattie con cui non erano mai venute in contatto. In tempi più recenti il ricorso alle armi biologiche ha conosciuto diversi momenti di grande successo. Nella grande guerra all’Iprite, dal nome della cittadina del Belgio (Ypres) distrutta nel 1915, si affianca l’antrace che i tedeschi hanno usato per infettare pecore rumene da inviare in Russia e bestiame argentino destinato agli inglesi: il progetto viene portato a termine, ma il risultato è inferiore alle aspettative. Nonostante il Protocollo di Parigi, da tutti sottoscritto nel 1925, gli esperimenti e i test (pubblici) continuano. Carta d'identità di un'arma chimica e biologica: Facile da produrre e usare e relativamente sicura. Riconoscibile solo quando ha già agito, resistente alle manipolazioni e adatta a essere confezionata e immagazzinata: questo sembra essere il primo identikit dell’arma biologica del XX secolo. Nocività: si può passare dai polmoni, dagli occhi, dal sangue, dalla pelle: l’importante è far danni e impegnare il nemico a tutt'altre cose che attaccare o difendersi. Si cercano composti piuttosto semplici, che contengano uno o più alogeni (cloro, bromo, iodio) oppure zolfo, arsenico, fosforo o gruppi cianuro. Questo enorme potenziale offensivo non viene usato nella Seconda guerra mondiale (39/45), ma riesce lo stesso a far danni, come dimostra l’episodio del porto di Bari. Nel 1972 viene firmata da 160 paesi una nuova convenzione (ratificata da 140) ma le cose non sono tanto migliorate. Si cercano nuove strade non normate, quella delle immense potenzialità offerte dall’impiego delle biotecnologie nella ricerca a fini bellici. Agnese Codignola

  Source: Office of the Chief of Naval Operations. "History of the Armed Guard Afloat, World War II." (Washington, 1946) brani 

Sunto Traduzione:Uno degli attacchi più disastrosi sferrati dai tedeschi contro le navi alleate si ebbe a Bari il 2 dicembre 1943, alle 19,30. Questo porto era si nel settore inglese delle operazioni, ma parecchi mercantili Americani erano in banchina o in attesa, perchè qui (Foggia) aveva sede il XV bomber command in cui  Doolittle doveva prendere comando il 1 dicembre. Quando anche il fuoco dell’ultima nave fu spento (l'attacco era durato in tutto 20 minuti) si fece la conta dei danni. 17 navi erano stato affondate e sei danneggiate. C'erano cinque navi degli Stati Uniti affondate ed una danneggiata. Si disse che ad essersi salvato fu solo il personale sbarcato. Il Samuel J. viene affondato da due siluri inglesi per evitare il pericolo alle altre navi. Un proiettore rimasto acceso per le operazioni di scarico facilitò il pilota tedesco che bombardava. La John Harvey, bombardata quella notte dagli Ju 88 (erano in 105 partiti da 4 aeroporti), trasportava iprite in previsione di un ugual uso da parte tedesca. La nave venne trascinata su una secca, ma l'iprite (in fusti) finita a mare con la nafta galleggiava sull’acqua. L’improvviso attacco non determinò ritardi nella campagna d’Italia. Circa 800 persone vennero ricoverate e di queste 628 per contatto con l’Iprite. 69 morirono a causa di questa. Nessuno si rese conto dell’incidente per molte ore, poiché la sostanza con l’olio aveva perso il suo caratteristico odore di senape, che la rendeva così caratteristica, e che gli dava il nomignolo di Moustard Gas (gas Mostarda). I panni indosso alla gente favorirono gli effetti secondari dell’avvelenamento (bruciature vesciche). Le coperte che vennero fornite (era una notte di inverno anche al Sud) per riscaldarsi non fecero che peggiorare la situazione. Chi si tolse i vestiti spesso si salvò, mentre i dottori si occupavano degli ustionati dal fuoco. 18 ore dopo l’esposizione la gente cominciò a morire, ma già dopo sei gli occhi bruciavano. La maggior parte dei ricoverati era americana, ma nessun ospedale Usa era stato attrezzato in loco. Ai feriti si aggiungono, nelle ore seguenti, molti dei soccorritori giunti sul posto. Quando, a 24 ore dall’attacco, si registrano i primi decessi, l’esercito americano corre ai ripari e convoca in tutta fretta il colonnello Alexander, un chimico militare che stila un primo rapporto, rimasto segreto fino a pochi mesi fa e tradotto di recente. I fusti tuttora giacenti al largo di Bari sono un pericolo per i pescatori che spesso se li ritrovano nelle loro reti, in zone di pesca che comunque vengono segnalate e proibite o in periodi non consentiti. Da quel dicembre del 1943 a oggi ci sono stati altri morti e più di 250 contaminati ufficiali cui si sommano, con ogni probabilità, molti altri che hanno preferito non ricorrere alle cure di un medico.

 

PROSPERO FRERI

Così gli inglesi la descrivevano dopo i primi impieghi (considerati deludenti da gli italiani che non avevano quasi ricognizione per controllarne gli effetti) del giugno 1941 e l’ultimo dell’agosto del 42 (Spartivento) in una direttiva top secret ai comandi marittimi della Cirenaica, dell’Egitto e del Mar Rosso: Descrizione delle bombe - Il nemico impiega piccoli siluri con moto rotatorio contro navi nei porti. Essi vengono lanciati con paracadute da una altezza di circa 180 metri [...] Il siluro si muove o sulla superficie o immediatamente al di sotto di questa … con spostamento automatico del timone di direzione ogni 4 minuti …. due spolette e dispositivo per l’autoaffondamento al termine della corsa. Misure precauzionali:
1) Tutti gli oggetti lanciati con paracadute sono da prendere sotto il fuoco delle mitragliere delle navi .
2) Sulle navi debbono essere approntati gruppi di fucilieri .
3) Approntare reti per il recupero dei siluri che, a causa del cattivo funzionamento, rimangono in superficie...
4) Ancorare barconi ed imbarcazioni intorno alle navi per protezione [...].

 
Dopo la tardiva preoccupazione per i feriti di Bari i vertici militari alleati si posero un punto d’orgoglio: Quello di conoscere l’inventore della bomba motorizzata sganciata dagli Junker 88. Dopo la liberazione di Roma, l’intelligence Service britannico andò alla ricerca di questo uomo per avere informazioni dettagliate sull’arma che si era dimostrata tanto efficace sia contro naviglio in rada che in navigazione. Costui era il Col. Prospero Freri già inventore del paracadute Salvador, ex bersagliere della Grande Guerra (vedi profilo sotto). La motobomba FFF, dal nome dei suoi creatori (Freri, Filpa Fiore) derivava dal siluro elettrico, navale (dopo un breve percorso rettilineo in acqua eseguiva una rotta a spirale che andava sempre più espandendosi; un’arma particolarmente adatta contro formazioni navali e grossi convogli o rade portuali), del conte Elia. Il “siluro Elia”, trasformato in bomba d’aereo, giungeva in acqua rallentato nella discesa da un paracadute agganciato al corpo centrale dell’arma. Una volta in acqua, entrava in funzione un sistema di propulsione costituito da un motore elettrico alimentato da batteria a secco che poneva in rotazione un’elica spingente poppiera. Il motore da 3,5 hp imprimeva all’arma una velocità di 6 m/s (circa 12 nodi) per una durata variabile fra i 15 e i 30 minuti. Disponeva di una carica di 120 kg di esplosivo; il diametro del corpo della bomba era di 500 millimetri ed il suo peso totale di 360 kg.; per questo motivo la designazione completa dell’arma fu Mb.FF (120-500-360).
Già prima dello scoppio della guerra la funzionalità di questa bomba era stata messa in forse, da esperimenti malriusciti e dalla impossibilità di avere bombardieri a largo raggio, per arrivare ad Alessandria e Gibilterra (dall’Italia). Un solo tipo di velivolo aveva un raggio di azione sufficiente, l’SM.82, ma di questo aereo erano stati approntati solo pochi esemplari per le necessità del trasporto. In tutta la durata del conflitto furono prodotte per la Regia Aeronautica circa 500 bombe, ma ne furono impiegate solo poche decine.
I tedeschi chiesero di poter avere una presentazione dell’arma in Germania e l’allora T.Col. Freri si recò a Travemùnde, sul Baltico, sede del centro sperimentale della Luftwaffe, per gli opportuni accordi. La presentazione fu poi effettuata nel golfo di Lubecca ed ottenne pieno successo, tanto che le autorità germaniche chiesero di poter acquistare un certo numero di bombe prodotte a Roma dalla Ditta Contin. Fu in breve stipulato un accordo in base al quale i tedeschi potevano acquisire 2.000 bombe Mb.FF a condizione che fornissero alla ditta le necessarie quantità di materiali definiti strategici e rari. I tedeschi, per parte loro, acquistarono 2.000 motobombe ed insignirono il colonnello Freri della onorificienza dell’Aquila Imperiale. La ditta Contin già dall'inizio del 43 riforniva quindi i tedeschi che usavano le bombe italiane per colpire Tripoli in mano inglese, dopo il 24 gennaio, poi Algeri e Bona (Algeria) per colpire il naviglio alleato sbarcato sulle coste del Nordafrica. Quando gli americani sbarcarono in Sicilia anche Siracusa venne colpita con queste bombe. 
 XV Bomber Command: IX Bomber Command was part of the Ninth Air Force and had started life as the heavy bomber unit contingent of the U.S. Army Forces in the Middle East (USAFIME) fighting in the Egypt-Libya Campaign during 1942. When in 1943, the Ninth Air Force moved from the Mediterranean Theater of Operations to the United Kingdom to become a tactical air force in the European Theater of Operations, they left behind the heavy bombers of IX Bomber Command which joined the newly created Fifteenth Air Force as XV Bomber Command. Initially the bombers flew from bases in the Middle East and North Africa, but after the invasion of Italy they relocated the bulk of the bombers to bases in Southern Italy. From there they were able to launch raids all over Axis occupied Europe and Germany as far afield as Poland. da Wikipedia

PROSPERO FRERI

Prospero Freri  era nato a Napoli il 25 marzo 1892 ed era diventato ufficiale dei bersaglieri nel 1912; successivamente aveva seguito un corso di pilotaggio (1 dicembre 1914) e cominciato la grande guerra quale pilota di Farman nel maggio 1915. Freri si rese conto della necessità di un paracadute quando in Albania (1917) un suo uomo precipitò al suo fianco sull’aereo incendiato da 2000 sino a circa 300 metri; qui, col gesto della disperazione per le fiamme divoratrici che lo avvolgevano, si gettò dal velivolo in fiamme e si sfracellò al suolo. Se avesse avuto il paracadute! !. Quel fatto lo rimuginò ancora nella mente e stavolta proprio a lui doveva succedere. Il 17 maggio 1921, nel cielo di Capodichino, Freri stava volando a bordo di un vecchio bimotore Caudron G 4, insieme ad un motorista; ed ecco che a 1000 metri di quota di colpo l' aeroplano, forse per la rottura dei comandi del timone, cominciò a precipitare in vite. Inutile dire che la corsa si fermò al suolo, fortunatamente in un bosco. Il motorista sfortunato morì nell' incidente e Freri, ferito in modo grave, decise durante la degenza di dedicarsi a studiare un tipo di paracadute veramente efficace e facile da usare. L’arte del paracadute non era nuova, già si faceva risalire a Leonardo e durante il grande conflitto era stato usato dai palloni d’osservazione per mettersi in salvo e da nuclei speciali di commandos dietro le linee nemiche (uno di questi nuclei era costituito dal Tenente degli Alpini Barnaba paracadutato al di là delle linee austriache, dopo Caporetto). La notte del 9 agosto 1918 invece il tenente degli arditi Tandura fu paracadutato nella zona di Conegliano. Era quello uno dei primissimi lanci in assoluto e il primo per l'ufficiale. Gli inglesi, che c'insegnavano questa nuova specialità, s'erano portati 4 paracadute in tutto. Ci si lanciava con denaro italiano e austriaco e una gabbietta di piccioni per i messaggi. Dietro le linee i commandos degli arditi cercavano di sabotare ponti e ferrovie per far deragliare treni di munizioni e di soldati e cambiare le segnaletiche stradali mettendo nel caos i trasporti austriaci. A quel tempo però i paracadute erano pesanti ed ingombranti e non era assolutamente possibile sistemarli nel piccolo vano del pilota. Dopo qualche dissapore con il suo primo socio di sodalizio l’iniziativa si ricompose con un ingegnere di origine polacca, Giuseppe Furmanik col quale mise a punto il secondo progetto denominato Salvator. Finalmente nel 1926 l' aeronautica militare accettò il "Salvator B" e risolse il problema del salvataggio degli uomini in volo. Le prime unità di paracadutisti nacquero in Libia nel marzo del 1938. Ai corsi si presentarono in gran numero libici delle truppe coloniali per essere ammessi ai corsi e superare le impegnative prove attitudinali. Alla fine furono solamente in 450, insieme ai 30 ufficiali e sottufficiali Italiani a superarle. Come insegnante particolare, nonostante l'età, avevano il Ten. Col. Prospero Freri che gli illustrava l'ultimo modello « Salvator D.37 », allora ancora in uso nei reparti della Regia Aeronautica. Freri morirà a Roma il 16 ottobre 1965.

  Le bombe erano state provate dagli italiani a partire dal 5 giugno 1941, ma solo un aereo aveva potuto sganciare il carico su Gibilterra perchè l'altro si liberò del carico quando i motorini entrarono in funzione da soli (naturalmente le bombe erano agganciate e l'unico inconveniente furono vibrazioni). 7 e 9  giorni dopo altre due missioni, prima su Gibilterra poi su Alessandria. Il vento fece cadere una bomba sulla terra ferma ad Algesiras (Spagna) e questa entrò in un bar. Le altre non scoppiarono. Su Alessandria andò meglio, ma non sapremo mai, come negli altri casi, gli effettivi danni, non avendo noi un servizio ricognitore fotografico. Se confidavamo che gli inglesi dessero alla stampa un comunicato ufficiale, pensavamo male. I tedeschi un servizio ricognitore fotografico lo avevano e anche dagli errori aggiustarono il tiro per l'efficacia di questo ordigno.

LA CHEMIOTERAPIA

Il disastro della John Harvey, ebbe almeno un risvolto positivo. Nel rapporto segreto si faceva notare che le persone colpite sviluppano una grave aplasia del tessuto linfoide e, soprattutto, del midollo osseo. Avendo osservato l’insorgere della leucopenia nei membri dell’equipaggio di una nave da guerra statunitense esposta all’iprite nel golfo di Bari nel 1943, Goodman e i suoi collaboratori somministrarono un derivato dell’iprite, la mostarda azotata, in sei pazienti affetti da linfoma maligno. In seguito a tale somministrazione si registrò un miglioramento delle condizioni cliniche ed una riduzione delle lesioni neoplastiche in questi pazienti, seppur non a lungo termine. E’ quanto basta perché qualcuno si ricordi di uno studio pubblicato più di vent’anni prima, nel 1919, sul Journal of Medical Research da E. Krumbhaar, dell’Università della Pennsylvania (retaggio dell'uso nella Grande Guerra) . Nel settembre del 1946, un gruppo di ricercatori (Gilman, L.S Goodman e T.F. Dougherty) coordinati da Goodman pubblicava uno studio di importanza epocale (ma già dal 42 sperimentavano) sull’effetto della iprite nei linfomi. Il loro studio compare sulla rivista Science, nel 1946, ed è intitolato: Azioni biologiche e indicazioni terapeutiche delle beta-cloroetilamine e dei sulfidi. In esso si prevedono appunto le applicazioni terapeutiche delle mostarde e dei loro derivati ora azotati (non più zolfo), e ciò è sufficiente per dare il via alle sperimentazioni, soprattutto sulle neoplasie del tessuto linfoide. Si vede così che i linfosarcomi trapiantati in animali regrediscono, ma anche che i farmaci, a quelle dosi, sono letali. Si cercano quindi sali meno aggressivi fino a ottenere forme iniettabili, e si dà il via alle sperimentazioni sull’uomo. I primi volontari sono sei malati terminali di linfoma di Hodgkin, linfosarcomi e leucemie. I risultati più incoraggianti si hanno nella malattia di Hodgkin, che in alcuni è scomparsa in seguito a diversi cicli di chemioterapia e radioterapia combinate, mentre nelle altre forme l’esito è meno felice.

INDIETRO