Combustibili: gli altri autarchici
questo è provvisoriamente un deposito di articoli in attesa di ricomposizione sull'intera storia delle energie fra le due guerre
Per sapere come s'era giunti a questo punto è
necessario fare un piccolo excursus storico dell'impiego delle fonti
energetiche moderne (post legno). Il carbone affiorante esisteva da
millenni ed era conosciuto dalle popolazioni che ne facevano però un uso
limitato per il contenuto solforoso che provocava odore e morte. Finché l'uso del
legno fu possibile lo si preferì al carbone specialmente nelle classi
nobili. Accendere un camino col carbone in una sala affrescata non era il
massimo. Si dice che Londra alla fine del 1600 d'inverno fosse già sotto
una cappa di smog perchè nel frattempo l'industria
navale aveva saccheggiato gli ultimi
grandi boschi inglesi. Si ricorse a quelli americani per un altro secolo e
cosi fecero questi per il riscaldamento nonostante fossero entrambi grandi
detentori di riserve di carbone. Il primo carbone lo si estraeva da pozzi poco profondi ma i problemi non erano
indifferenti. Primo la ventilazione là sotto, poi le infiltrazioni
d'acqua, il trasporto in superficie e non ultimo il suo impiego che
restava limitato ai circondari d'estrazione o poco più. L'uso del carbone
e del suo derivato il coke s'era reso necessario in tutta una serie di
lavorazioni come la lavorazione del ferro e dell'acciaio, del vetro, dei
mattoni, della ceramica e via scendendo fino alle prime macchine a vapore.
Il coke, come il carbone di legna, sviluppava temperature mai raggiunte
prima per fondere acciai migliori e torni migliori che creavano altre
macchine che scavavano meglio, caldaie più robuste etc. S'era in parole
povere innescata una catena di cui non si vedeva la fine. Uno dei primi
provvedimenti presi fu la creazione di rotaie in acciaio per il
traino animale di carrelli dalle gallerie alla superficie poi una
pompa a vapore che prosciugava le gallerie. Dal connubbio di questi due
elementi quasi 100 anni dopo nasceva il treno di Stephenson. Per la
navigazione a vela era iniziata l'era del tramonto così come per
l'illuminazione fino a quel momento prevalentemente a olio di balena. Le
balene "commerciali" stavano scomparendo e un sottoprodotto della cokeria era un
gas che era adattissimo per l'illuminazione. Ogni città s'era munita del
suo piccolo impianto in periferia, solitamente chiamato gasometro, che
servi dopo l'utenza pubblica anche quella privata. I battelli a vela e
legno passarono in breve a ferro e vapore consentendo di dimezzare i
tempi di trasporto e di trasportare il triplo di merci. Era iniziata l'era
della globalizzazione. L'uso del carbone era così esteso
in Inghilterra, a metà dell'800 , da far dire a un economista inglese, Stanley Jevons che questo si sarebbe
esaurito nel giro di 100 anni (ma i pozzi non erano ancora arrivati ai
1.000 metri come arrivarono, perchè per questo si inventò l'ascensore o
montacarichi). Nel 1800 la produzione mondiale annua era di 15
milioni di tonn., 100 anni dopo era salita a 700. In due anni, nel 1899 e
1900, s'era usato più carbone che in tutto il '700. A fine 800 la
dipendenza energetica dal carbone era del 90%. Se il carbone fosse stato
eterno il nuovo colonialismo, che prelevava materie prime dal terzo mondo
per scaricarvi poi prodotti finiti, sarebbe durato in eterno. Il fatto che un
paese avesse giacimenti non lo escludeva dalla povertà se non aveva i grandi capitali
necessari per l'industrializzazione. I vecchi colonialisti usavano l'oro
delle americhe per acquistare beni finiti di fatto avviando un
trasferimento di ricchezza che li portò alla miseria (Spagna e
Portogallo). Ma il carbone non era una fonte rinnovabile come il legno e
l'estrazione era estremamente pericolosa richiedendo un alto tributo di
vite umane. Nel 1850 però metà del ferro Usa proveniva ancora da altiforni
a carbone di legna !!! e la meccanizzazione agricola era lontana poiché
non c'era nulla di più economico che far lavorare gratis uno schiavo (al sud). Il discorso
cambiava al nord che viveva in pieno clima anglosassone e non stupisce che
su due rotte così divergenti poi scoppi la guerra civile. Ma mentre il
carbone denunciava i suoi limiti le strade cominciavano ad essere
illuminate con l'elettricità e pure le ferrovie vi si convertirono anche
se lentamente.
Come gli esordi del carbone furono difficili così fu per quel liquido nero oleoso che fuoriusciva dal terreno: il Petrolio. Il petrolio è un liquido denso di colore scuro, infiammabile, dall'odore pronunciato composto prevalentemente da una miscela d’idrocarburi (sostanze organiche costituite da carbonio e idrogeno). Le ipotesi sulla formazione del petrolio, di altri idrocarburi e dello stesso carbone sono diverse e non del tutto concluse e concordanti. L'ipotesi più accreditata è quella dell'origine organica da melma che si forma nelle paludi. Quando prevalgono i resti organici animali, soprattutto organismi marini e solo subordinatamente quelli vegetali (alghe e piccole piante acquatiche), si ha la successiva formazione delle rocce madri petrolifere, nell’inverso si ha la formazione dei carboni fossili di varia purezza. I carboni sono costituiti da grandi molecole composte da carbonio combinato con pochi atomi di idrogeno, circa 1 atomo di idrogeno ogni 2 atomi di carbonio, mentre i prodotti petroliferi sono l’inverso. Abbiamo detto dei treni e delle macchine a vapore che per far girare i pistoni avevano bisogno di lubrificanti, fino a quel momento di origine animale, Abbiamo detto dell'illuminazione a gas che però non poteva raggiungere le campagne, così l'energia costava più al povero che al ricco e non abbiamo detto di un nuovo motore che era nato e che in breve rivoluzionerà il mondo: Il motore a scoppio. Il petrolio era conosciuto da secoli ma fino al 1859 a nessuno era venuto in mente che potesse servire per tanti altri scopi che non fossero la lotta al pidocchio o il catrame per sigillare (calatafare) velieri. Con le perforazioni in profondità di Drake, in Pennsylvania (Usa) erano aumentate le quantità e dalla distillazione era uscito un prodotto il kerosene che aveva definitivamente soppiantato l'olio di balena e il sego. Erano usciti lubrificanti migliori e uno strano prodotto molto infiammabile che per il momento veniva usato come solvente: la benzina. La guerra del petrolio, ovvero la capacità di assicurarsi i diritti d'estrazione sui giacimenti, vide schierati in america i Rockfeller (o Standard Oil) e in Europa i Rothschild e i Nobel. La guerra del petrolio passava da pratiche che di legale avevano ben poco come si può intuire anche dal recente film " il Petroliere" (da spostare un po' indietro nella datazione della vicenda). Una delle pratiche più conosciute era il cartello o Trust per far fallire il piccolo perforatore alla Drake (che in effetti fallì) abbassando i prezzi sotto la soglia di costo o assicurandosi la proprietà della ferrovia che trasportava il petrolio (il petroliere si invento la pipe line). La guerra in breve si estese all'altra zona petrolifera conosciuta il caucaso e il medio oriente. Nel 1880 la Standard Oil controllava comunque il 90% della produzione mondiale. Il Kerosene viaggiava per l'Europa sulle navi in latte metalliche e dentro cassette di legno. In una occasione di un mio restauro d'un vecchio comodino francese dell'800 il legno del ripiano inferiore proveniva da una di queste casse. A Baku nel Caucaso (Russia) il petrolio venne scoperto nel 1871. Il primo a mettere le mani sul petrolio russo fu Ludwig Nobel fratello di Alfred (svedese, quello del premio) ma il suo problema erano i trasporti che nel caucaso erano un "grosso" problema non solo geografico. >>>>>>> |
Arrivarono in soccorso i Rothschild, ricca famiglia di banchieri ebrei francesi (ma in tedesco significa scudo rosso), già proprietari della raffineria di Fiume, che costruirono un Porto petrolifero sul mar Nero, Batum, e la ferrovia di collegamento. Nel 1876 il petrolio russo della Nobel Bros iniziò a rifornire il mercato interno dell'illuminazione poi l'Asia e l'Europa. In soli dieci anni, nel 1885, la Nobel Brothers riuscì a raggiungere una produzione annuale di 9 milioni di barili, pari a un terzo di quella americana. I Rothschild fecero in questo modo la loro comparsa sui mercati russi (e mondiali) tramite la fondazione della Caspian and Black Sea Petroleum (Bnito). La guerra del petrolio si trasferì allora in medioriente dove comandavano i turchi ma non avevano i capitali e nell'estremo oriente su colonie olandesi con una società che per simbolo aveva una conchiglia, la Shell. Alla fine del 19°secolo, Baku era la maggior area di produzione di petrolio del mondo (per concentrazione), superando anche i grandi centri Americani del tempo. Per colmare le grandi distanze del continente russo e dei mercati si utilizzarono quindi le prime petroliere della storia o bettoline sui fiumi tagliando enormemente i costi di trasporto del greggio. Ma se fino a questo momento il consumo del petrolio e dei suoi derivati era un concetto stimabile con lo sviluppo del motore a scoppio e della sua rivoluzione, evoluzione diventava inquantficabile, tanto da poter portare nel giro di 50 anni alla previsione di esaurimento. Quella piccola frazione chiamata benzina venne allargata ed esplose il consumo e la produzione di automezzi. Anche le navi si convertivano a olio pesante più pratico del carbone. Nel 1912 la famiglia dei Rothschild fu costretta dalla crisi a vendere tutti gli stabilimenti russi alla Royal Dutch/Shell. La produzione petrolifera russa continuò comunque a calare. Lo scoppio della prima guerra mondiale segnò un declino dell'industria petrolifera di Baku. Tra i fomentatori rivoluzionari che contribuirono alle lunghe manifestazioni e agli scioperi si annovera anche il nome del giovane Stalin. Il valore strategico dei giacimenti del Caucaso era quindi ancora importante nella prima guerra mondiale, quando la carenza di petrolio e in genere il blocco delle materie prime fu uno dei fattori che causò la sconfitta degli imperi centrali (Hitler nella seconda guerra fra gli obiettivi primari s'era posto quello della conquista del Caucaso con l'operazione Blau o Edelweiss).
Nel 1908 venne scoperto il primo grande giacimento petrolifero sul territorio persiano, si trovava a Masjid-i-Suleiman. Il consorzio della Burmah Oil si trasformò in Anglo-Persian Oil Company (APOC) che si aprì all'azionariato pubblico riscuotendo grande successo e la "protezione" ufficiale del governo britannico. La APOC sarebbe stato difeso ora anche con la forza come lo fù. http://www.ecoage.it/petrolio-medio-oriente.htm |
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http://209.85.135.104/search?q=cache:mKsoBUhdyMoJ:www.istituto-santanna.it/Pages/LiceoScientifico/Materiale/STORIA%20DEL%20PETROLIO%20-1-.doc+petrolio+da+illuminazione+1890&hl=it&ct=clnk&cd=6&gl=it | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La guerra (la grande) scatenata per il controllo di rotte e petrolio s'era conclusa con una completa debacle per le potenze dell'Intesa. Era saltato lo Zar di Russia portando l'incubo comunista nel cuore d'Europa. La Francia non aveva migliorato di una virgola le sue posizioni, se non territorialmente spostando il confine al Reno e l'Inghilterra, prima potenza mondiale sui mari, si vedeva presto sorpassata dalla ex colonia Usa e minata nelle sue stesse colonie (ma non solo: perde l'Irlanda). Per altri minori, e in questi ci mettiamo anche l'Italia, era andata anche peggio. L'unico petrolio conosciuto restava quello Usa e in genere quello centro americano sotto la loro protezione e quello mediorientale diviso con la Russia. Quello Russo era però rimasto in mano all'anarchia per molto tempo e quello mediorientale, più oggetto di sogni di nazionalismo arabo che altro, disputato tra varie compagnie petrolifere in un contesto politico molto, molto instabile. In Europa restava la piccola produzione romena, gestita in parte dall'Agip in un paese che s'era già schierato per le destre europee. Non esisteva altro petrolio conosciuto, sopra e sotto i mari se non nel lontano oriente a casacca olandese (Shell), e le prospettive allora come oggi erano nere. Se a questo aggiungiamo che il canale di Suez pagava pedaggio agli Inglesi e che la motorizzazione europea era al palo rispetto a quella Usa, era comprensibile che una "briciola" d'angoscia attraversasse l'Europa. Paesi mediterranei come Italia, Grecia, Spagna, Jugoslavia erano praticamente tagliati fuori. Anche paesi nordici come Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca non lo erano da meno, ma tutti assieme questi non facevano in abitanti 1/3 di noi. In paesi ricchi di carbone e colonie (come Belgio e Francia) la situazione non era migliore. Ricca di "solo" carbone e ferro era la Germania, ma per il momento era presidiata dalle potenze vincitrici nei suoi distretti industriali migliori. Era piena di debiti di guerra come noi che l'avevamo vinta ma avevano un asso nella manica: l'industria chimica e la fisica. Partendo da queste premesse faremo un giro d'orizzonte sulle scoperte e sull'impiego di combustibili alternativi messo in atto da paesi diversi dal nostro molto prima che la parola autarchia venisse attribuita al regime fascista. Dal pozzo d'estrazione per arrivare al consumo la via del carburante era lunga. Il greggio doveva essere portato agli imbarchi e alle raffinerie e questo era già un grosso problema. La catena distributiva in un paese povero di macchine era difficile e lo era ancor di più per le zone disagiate o in colonia. Ci si adattava con taniche, serbatoi e altro con perdite di travaso, evaporazione etc che peggioravano ulteriormente la disponibilità. Al tempo in Italia ad esempio un pieno costava tanto quanto 4 giornate di lavoro (oggi arriva ad una e poco più, ma il prezzo italiano è sempre superiore a tutti). Supplivano ai problemi di mobilità della gente e delle merci le ferrovie che avevano e continuavano a sviluppare una rete capillare impensabile ai giorni nostri. Ma anche treni e navi riconvertivano spesso l'alimentazione (era una tendenza, Il Rex montava Diesel Franco Tosi) da carbone a gasolio per praticità quando non era disponibile l'elettrico (vedi Littorina). Il carbone era di difficile gestione, teneva spazio, necessitava d'acqua per il vapore, sporcava ed era comunque d'importazione. Una passeggiata su un ponte del Titanic (4 fumaioli), più che un incontro romantico, equivaleva a un bagno di nerofumo. |
Cleveland (Ohio) 1870 - Raffineria Standard Oil Una raffineria di petrolio è uno stabilimento dove si trasforma il petrolio greggio. Questo si fa mediante una distillazione nel corso della quale vengono raccolte separatamente benzine, kerosene, gasolio, olio combustibile e infine peci, asfalti, paraffine solide. A loro volta greggi pesanti che darebbero più gasolio vengono col cracking ricondotti a dare altra benzina, mentre quelli leggeri, che ne darebbero troppa (di benzina) rispetto alla legge della domanda e dell'offerta, col reforming vengono invertiti. Questa in parole povere la raffinazione. Delle famose 7 sorelle dell'epoca Eni Mattei la Standard Oil era nelle sue filiazioni per la legge antitrust i 3/7 le altre erano la BP, la Texaco (che si fonderà poi in standard Oil), la Shell e la Gulf Oil |
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Petrolio (La produzione mondiale del). - Fra i tanti minerali utili che la terra tiene celati nelle sue viscere, e che l'uomo ad uno ad uno va discoprendo, il petrolio è, si può dire, uno fra gli ultimi venuti in luce. Era certo conosciuto anche all'epoca romana perché, tra l'altro, Sassuolo, nel Modenese, dove appunto vi sono dei giacimenti di petrolio, proprio da essi ha avuto l'antico nome di Saxoleum. Ma la conoscenza economicamente vantaggiosa del petrolio è cosa relativamente recente. Poco dopo il 1850, mentre si stava scavando un pozzo in Pennsilvania (Stati Uniti) per un caso fortuito fu trovata una sorgente di nafta. Se ne riconobbe il valore illuminante e da quell'epoca la produzione del petrolio andò sempre crescendo. Si potrebbe anzi dire che il petrolio abbia voluto rifarsi in pochi anni della dimenticanza in cui era stato lasciato fino allora. Scorrendo le statistiche della produzione mondiale noi troviamo di dieci in dieci anni le seguenti cifre: Produzione mondiale del petrolio 1857 250 tonnellate 1867 400.000 1877 1.800.000 1887 10.400.000 1897 16.000.000 1907 29.000.000 1917 65.400.000 1918 73.650.000
pood russo = 16,38 kg Long ton americano. 1,020 kg densità petrolio 0, 84/0,85 Il petrolio è abbastanza diffuso in natura, forse più che non si creda: se ne trova un po’ dovunque: e chissà quanti ricchi giacimenti sono ancora sconosciuti nei paesi fin qua poco studiati. Ma se molti sono gli Stati produttori di petrolio, ben pochi sono quelli che ne producono in considerevole quantità. Fino al 1880 gli Stati Uniti ebbero il primato nel mondo, anzi, si potrebbe dire, il Monopolio quasi assoluto dei petroli, perché dal loro suolo si estraeva il 90% della produzione mondiale. Ma dopo quest'epoca la Russia, co' suoi ricchi pozzi della Caucasia, tolse agli Stati Uniti il primato, e si mantenne come prima produttrice di petrolio fino al 1901. In quell'anno la Russia era arrivata a produrne 85 milioni di barili e gli Stati Uniti 69 milioni. Fu questa la massima produzione raggiunta dalla Russia. Da allora in poi essa, pur mantenendosi una grande produttrice, non toccò più una cifra così elevata. Gli Stati Uniti invece continuarono ad aumentare la loro produzione di maniera che ripresero il primato che fin da principio avevano goduto. Ma nel tempo in cui duravano le competizioni fra questi due Stati, molti altri paesi cominciarono a produrre petrolio in quantità non trascura bili ed ogni anno crescenti. La Galizia (Polacca), la Romania, l'India, Sumatra, il Giappone, il Perù, la Germania, il Messico, la Persia e vari altri paesi, stimolati dalla richiesta sempre più incalzante del petrolio e de' suoi derivati, per uso delle navi, delle automobili, dei motori, dell'aviazione, ecc. andavano allargando le loro ricerche e i loro impianti. Fra tutti questi paesi il Messico, uno degli ultimi ad entrare in gara, ha fatto in pochi anni maggiore strada degli altri. Per avere un'idea della posizione che ai nostri giorni ciascuno Stato ha nella produzione mondiale, si può scorrere la seguente tabella: Produzione mondiale del petrolio nel 1918 in barrels di litri 159 in milioni. Usa 338 Russia 67 Messico 60 Indie Ol. 15,5 Romania 11 India 8,5 Galizia 5 ------------------------- Totale (+altri) 522
Come si vede della produzione mondiale gli Stati Unili forniscono circa il 65%, la Russia il 13%, il Messico l'11.5% e tutti gli altri paesi riuniti insieme appena il 10.5%. I grandi produttori sono dunque tre: Stati Uniti, Russia e Messico e tra i piccoli hanno discreta importanza iu Europa la Romania e la Galizia. Vediamo ora in quali condizioni si trovino questi centri di produzione. Gli Stati Uniti durante il 1918 hanno fatto dei veri prodigi. Gli Alleati chiesero al mercato americano 365 milioni di barili, vale a dire 27 milioni di barili in più della quantità di petrolio prodotta durante l'annata. Gli americani non si perdettero d'animo e cercarono di rispondere al meglio possibile alle richieste. Per far ciò furono presi i seguenti provvedimenti: 1° Si cercò di intensificare la produzione, sfruttando al massimo i pozzi già esistenti e ricercandone febbrilmente di nuovi. Infatti nel primo semestre del 1918 furono completati i lavori di installazione di circa 12.000 nuovi pozzi dei quali 8390 diedero risultati soddisfacenti. Nel secondo semestre la ricerca è continuata con altri , ma più modesti i risultati. 2° Si cercò di migliorare la qualità del prodotti, applicando più largamente che fu possibile i metodi scientifici più perfezionati di raffinamento. Oggi negli Stati Uniti esistono 359 raffinerie di petrolio, la cui capacità produttiva giornaliera è di 1.250.000 barili (pari a 2 milioni di ettolitri) di prodotto raffinato; vale a dire di circa 450 milioni di barili all'anno. Inoltre sono in via d'impianto altre 118 raffinerie, capaci complessivamente di altri 40 milioni di barili all'anno. 3° Non bastando i detti provvedimenti, si intaccarono fortemente gli stocks di petrolio esistenti in paese. Naturalmente la grande richiesta ha innalzato anche il prezzo della nafta, o petrolio greggio, che da dollari 1,80 il barrel, com'era prima della guerra, è salito a 4 dollari. Ma oggi in America si agita un'altra questione. Della grande flotta mercantile, che gli Stati Uniti ora stanno allestendo, un gran numero di navi useranno come combustibile, o fondamentale o ausiliario, il petrolio. Oltre al provvedere dunque alla richiesta normale, gli Stati Uniti sono chiamati a fornire il prezioso liquido alle nuove navi. Come riuscirvi? La maggior parte degli industriali pensano che la produzione greggio del Messico potrà colmare l'inevitabile deficienza nordamericana. E a questo scopo gli industriali sono decisi di impostare nei cantieri delle nuove navi-cisterna per il trasporto della nafta dal Messico agli Stati Uniti. In armonia poi con quelle vedute è anche l'incremento sopraccennato delle raffinerie che, come s'è veduto, raggiungeranno tra breve una potenzialità di 490 milioni di barrel all'anno, mentre la produzione locale della nafta è ancora lontana dal toccare questa cifra. Riguardo alle condizioni della produzione di petrolio russa nulla sappiamo di positivo. Pare però che i pozzi di Baku, che sono sempre i più importanti, non siano così rovinati, come si andava dicendo per l'addietro (la rivoluzione poi la guerra civile ne inibirono la produzione per alcuni anni), e che sarà possibile tra non molto riprendere l'estrazione in grande quantità. Certo l'irrequietezza della Russia è, e sarà ancora per qualche tempo, un ostacolo gravissimo al libero svolgimento dell'industria. Anche nel Messico le agitazioni interne che da vari anni, indipendentemente dalla guerra mondiale, tengono quel paese in uno stato di anarchia, sono causa di ritardo allo sviluppo che l'estrazione del petrolio vi potrebbe prendere, specie nei dintorni di Tampico. Non di meno nei due ultimi anni vi si è lavorato abbastanza e con buoni risultati, tant'è vero che le azioni della « Mexican Eagle Company » (The Company was founded by Weetman Pearson in 1900 to develop the newly found Mexican oil fields. Mexican Eagle had the exclusive right to explore for oil in several Mexican states. In 1912, Pearson created Eagle Oil Transport Company in order to build tank steamers to carry the production of Mexican Eagle.The company was bought jointly by Royal Dutch Petroleum Company and Shell Company (now Royal Dutch Shell) in 1919, in a 75M deal. Mexican Eagle was the dominant firm in the Mexican petroleum industry until March 18, 1938, when it was nationalized by the government of Lázaro Cárdenas, changing its name to Petróleos Mexicanos (PEMEX). The Company was formally dissolved on May 24, 1963) che due anni fa si negoziavano a circa 50 lire, oggi a Parigi valgono più di 120. Ma è certo che non appena sarà instaurato un governo solido e ragionevole, l'industria estrattiva farà nuovi passi giganteschi con grande beneficio dell'industria locale. La Romania ha sofferto non poco dalla guerra, perché si è trovata costretta a guastare essa stessa vari impianti prima che cadessero nelle mani dell'invasore. Tuttavia il grosso della sua industria è sopravissuto, e da vari mesi a questa parte l'esportazione del petrolio è stata ripresa, sia pure in quantità notevolmente inferiore a quella che si praticava prima della guerra. La Galizia ha sentito anch'essa i contraccolpi della guerra, ma si può ritenere che gravi danni non abbia sofferto, essendo sempre stata chiamata a soddisfare ai bisogni degli Imperi Centrali. Se ora rivolgiamo la considerazione sulla grande ricerca imminente dei prodotti derivati dalla nafta (petrolio, benzina, olio pesante, ecc.) da parte dell'industria europea e dei commercianti che hanno bisogno di rifornire i loro depositi, comprendiamo come il problema presenti serie difficoltà. Gli Stati Uniti si preoccuperanno prima di tutto di rifornire i loro depositi, esauriti l'anno scorso per le necessità della guerra, e di garantire come si è detto prima il combustibile alla nuova flotta commerciale colla quale vogliono cominciare a competere colle altre potenze marinare nel mercato dei trasporti marittimi internazionali, La Russia e la Romania tarderanno certo un anno almeno per riaversi dei danni patiti. I lavori d'impianto dei ricchi giacimenti petroliferi del Golfo Persico, sui quali in passato la Gran Bretagna faceva tanto assegnamento, avendo subito il lungo ristagno della guerra, sono ben lontani dal soddisfare ai bisogni del momento. Avverrà pertanto che per un anno almeno continuerà la penuria del petrolio, colle relative commissioni statali e internazionali per l'equa distribuzione del prezioso liquido, colle restrizioni del consumo domestico, cogli alti prezzi e coll'impossibilità, da parte degli importatori privati o dei governi, di garantire alla clientela una fornitura continuativa e illimitata, come si era abituati in passato. G. ASSERETO
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Nel 1920 il craking del petrolio dava: benzine (26%); kerosene (13%) gasolio e distillati vari. La rivoluzione industriale, basata sul carbone, era stata una rivoluzione europea, che aveva visto come protagonisti i paesi carboniferi: Germania, Francia, Inghilterra, Russia. Con l'era postbellica il centro dello sviluppo industriale ed economico passava agli Usa, dove si trovavano i pozzi e la tecnologia oltre che i capitali.
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IL PETROLIO ITALIANO |
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La presenza e lo
sfruttamento del petrolio in Italia è molto antica (Argille Scagliose Liguridi). Le manifestazioni petrolifere naturali nell'Appennino
settentrionale (Piacenza: La Romana Velleia) erano da tempo sfruttate come
combustibile ed impermeabilizzante (catrame). L'estrazione organizzata al fine di
una produzione regolare di olio inizia dal 1860. Qui ad Ozzano di Parma,
la ditta Achille Donzelli scavò i primi pozzi profondi 32 e 45 metri,
ottenendo 25 kg. di petrolio al giorno.
Nel 1864 fu perforato a Vallezza,
tra Respiccio e Neviano de’ Rossi, il primo pozzo (40 metri)
per idrocarburi. Per l’epoca l’Italia era diventata il
secondo produttore mondiale di petrolio e le nostre speranze svanirono
quando gli Usa, 3 anni dopo, comprarono l'Alaska dai Russi.
Il culmine di questa attività
si ebbe ai primi del Novecento, quando venne realizzato un oleodotto che
trasportava il petrolio sino a Fiorenzuola. Le località maggiormente
interessate dalle trivellazioni furono Montechino in Val Riglio e
Velleia in Val Chero, dove sorsero ben 354 pozzi. Nel 1905, su
iniziativa del maestro piacentino Luigi Scotti, fu costituita la Società
Petrolifera Italiana, che dopo un primo periodo pionieristico, procedette allo sfruttamento industriale della miniera di Vallezza negli
anni ‘20. Nel 1932 la Società Petrolifera Italiana, disponendo
finalmente di moderne attrezzature, superò la produzione di 20.000
tonn. di greggio, pari all’82% della produzione italiana. Gli
altri pozzi erano passati per più mani e nel 27 ne divenne
azionista la Standard Oil Company del New Jersey.
Rileviamo alcuni dati da una rivista del 1922 (rif Mortara Prospettive economiche per il 1922 Univ. Bocconi). La produzione italiana di petrolio, per la maggior parte data dall'Emilia, ha raggiunto un massimo di 10 mila tonn. per poi ridiscendere. La distillazione degli schisti bituminosi e della roccia asfaltica, di cui esistono notevoli giacimenti in alcune regioni, può fornire qualche contributo alla produzione degli oli minerali: informazioni private farebbero ascendere a circa 10.000 tonnellate la quantità degli oli minerali così ottenuti nel 1920; può certamente essere aumentata. Finora il fabbisogno nazionale è soddisfatto quasi interamente mediante importazioni. Il consumo annuo di oli minerali in Italia non raggiungeva le 90 mila tonn. nel 1889-93. Vent’anni dopo era salito a circa 210 mila. Il massimo prebellico è segnato dal 1913, con un consumo di 260 mila tonnellate. Dopo le cifre sono in continua ascesa ma non si può distinguere quanto importato per le navi alleate all’attracco nei nostri porti. Secondo una statistica più veritiera (traffico marittimo) nel 1919/20/21 le quantità annue hanno sempre superato le 400 mila con una punta oltre le 500 mila nel 1920. Se la statistica del traffico è attendibile, gli oli importati nel 1920 si suddividerebbero press’a poco in parti uguali fra vari impieghi: propulsione di automobili e d’aeroplani, altre forme di propulsione di forza motrice, illuminazione, lubrificazione. Sarebbero state importate, infatti, 136 mila tonnellate di benzina, 34 mila di nafta, 132 mila di petrolio, 133 mila di oli lubrificanti. L’Italia prima della guerra era provvista di oli minerali principalmente dall’America: su 255 mila tonnellate importate nel 1913, provenivano dagli Stati Uniti 135 mila, dalla Romania 82 mila ed altri minori. Dopo la guerra sempre gli Usa 324.000 su 429 mila. Minori Persia, Romania, Messico. |
1815 1848 First modern oil well is drilled in Asia, on the Aspheron Peninsula north-east of Baku, by Russian engineer F.N. Semyenov. 1849 Distillation of kerosene from oil by Canadian geologist Dr. Abraham Gesner. 1850 Oil from hand-dug pits in California at Los Angeles is distilled to produce lamp oil by General Andreas Pico. 1854 First oil wells in Europe are drilled 30- to 50-meters deep at Bóbrka, Poland by Ignacy Lukasiewicz. 1854 Natural Gas from a water well in Stockton, California is used to light the Stockton courthouse. 1857 Michael Dietz invents a kerosene lamp that forces whale oil lamps off the market. 1858 First oil well in North America is drilled in Ontario, Canada. 1859 First oil well in United States is drilled 69 feet deep at Titusville, Pennsylvania by Colonel Edwin Laurentine Drake. |
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DAL SITO AGIPPETROLI ANNI 20/30: Il 3 aprile 1926 nasce l'Agip, Azienda Generale Italiana Petroli. L'Agip, costituita con struttura di holding, opera per conto dello Stato in competizione con il duopolio che domina il mercato italiano: la Siap, Società italo-americana per il petrolio, filiale della Standard Oil of New Jersey costituita nel 1891, e la Nafta, filiale della Royal Dutch-Shell, attiva dal 1912. Fin dall'inizio della propria attività, in virtù di una convenzione stipulata dal governo italiano con i sovietici nel 1923, l'Agip distribuisce in Italia la benzina Victoria: la “benzina russa” viene distribuita tramite la Snom, Società Nazionale Oli Minerali, che fa parte della holding insieme alla Romsa, Raffineria Oli Minerali. La Snom e la Romsa controllano le raffinerie di Trieste e di Fiume, passate sotto la giurisdizione italiana dopo la guerra. Nel 1933 sondaggi ed esplorazioni vengono effettuati in diverse località del territorio italiano ed in Iraq, dove vengono scoperti giacimenti petroliferi; programmi di studio vengono avviati anche per verificare la possibilità di sfruttamento del gas naturale nel sottosuolo della Pianura Padana; l'olio lampante, il principale prodotto venduto fino al 1920, viene via via sostituito dalla benzina (benzina Littoria) col boom della motorizzazione; nella raffineria di Fiume viene completata la realizzazione di un impianto per la produzione di lubrificanti (Italoil). Successivamente, sotto la spinta autarchica del tempo ed in linea con la politica del governo italiano volta a valorizzare lo sforzo finanziario e bellico per la formazione dell'impero coloniale, l'Agip sposta il teatro delle proprie attività in Africa Orientale, nel territorio del Sahel, abbandonando l'area irachena soggetta a forti tensioni internazionali. |
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Fornovo raffineria del Petrolio dell'Appennino sotto bombardamento nel 1945 Per il 1940 abbiamo un stima che parla di 50 milioni di mc, ma il consuntivo del '39 era di 21. Per fare un confronto col 1993 la lignite estratta è ca 1.000.000 di t., il petrolio 4,6 milioni di t. e il gas metano 19 milioni di mc. |
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Una legge fondamentale della industria estrattiva del petrolio è che la ricerca costa e una volta trovato il petrolio il pozzo deve buttare per ammortizzarlo ed è meglio aver estratto se il mercato "tira", altrimenti niente ricerca niente petrolio e aziende fallite. Il primo dopoguerra, caratterizzatosi per una esplosione di consumi dovuti alla meccanizzazione bellica, vide anche una esplosione della ricerca e produzione dei paesi allora pompanti come Usa, Urss, Romania, Georgia (Bakù-Russia), Persia, oriente (indie olandesi) e america latina (Venezuela e Messico) che portò in pochi ani a un surplus che si sposò benissimo con la crisi del '29. Se nel 1924 la produzione mondiale era di 207 milioni di tonn negli anni successivi al 1929 era scesa a 182. Gli Usa per parte loro coprivano il 68% con 138 milioni ridotti poi a 108 nel 1932. In controtendenza gli altri per soddisfare un consumo interno o per miglior capacità commerciale penetrante nel mercato europeo vicino (Russia e Romania). Le scorte strategiche si erano ulteriormente incrementate arrivando nel 1930 a 74 milioni di invenduto solo nel grezzo!!! (per tenere anche il prezzo alto). Non restava che una soluzione chiudere i pozzi, ma chi continuò si trovò ad incassare 10 cents al barile da 42 galloni (160 litri) come nel Texas quando si prese la decisione di tenerli chiusi 15 giorni ma non servì a molto. Dal grafico a fianco si evince che il governo fascista si sposava benissimo con quello comunista tanto che l'import dalla Russia passava da un 23 % del 1928 al 39% (57.495 tonn del 1931 che in campo bilancia dei pagamenti vuol dire averlo bilanciato con altrettanto (o quasi) export. Una egual quota andava alla Romania (e destinata poi a crescere a svantaggio degli Usa) |
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Impianti d'estrazione e raffineria dei Nobel a Baku nell'800 |
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Gassogeno
Impianto per la trasformazione in gas di un combustibile solido. Il gas
di gasogeno si ottiene bruciando combustibile a basso potere calorifico
(ad esempio la lignite) in un recipiente chiuso, attraversato da un
flusso di vapore e d'aria. Contiene circa il 50% di azoto non
combustibile, che deriva dall'aria presente nel recipiente, e ha perciò
un basso potere calorifico. Tuttavia, in periodi di scarsa disponibilità
di derivati del petrolio (ad esempio, durante la seconda guerra
mondiale), è stato usato anche come carburante per motori a combustione
interna: in quei casi veniva prodotto da un piccolo gassogeno installato
direttamente sull'autoveicolo. L’impianto era semplice: occorreva una specie di pentola-stufa con fornelletto e un recipiente per la legna.
Da un bruciatore arrivava un getto di vapore d’acqua che a contatto con il carbone ardente produceva il gas carburante che veniva pompato al motore. Per la verità, il sistema non riscontrò mai i consensi degli automobilisti: troppo inferiore il rendimento rispetto al carburante. Per quante modifiche avesse sperimentato la Saf (Società Autogasogeni Ferraguti, con sede a Roma in via Francesco Crispi, 9), non si poteva evitare quella perdita di potenza fisiologica del 30 per cento. Il nuovo propellente che era stato denominato “gas power”, “gas arricchito”, venne ribattezzato dalla gente “gas povero”. Il processo di gassificazione consisteva nel trasformare legna e carbonella (carbone di legna ottenuto in genere da Acacie) in ossido di carbonio mediante combustione incompleta, esotermica (che avviene cioè con lo sviluppo di calore). All’interno dei gassogeni, il gas veniva filtrato e raffreddato prima di essere inviato al motore. Qualora l’operazione si fosse limitata a produrre ossido di carbonio, si sarebbe ottenuto un gas eccessivamente povero, sia per il basso potere calorifico che per l’eccessiva quantità di azoto introdotto con l’aria di combustione. A questo problema poneva rimedio la dissociazione di una certa quantità di acqua, presente nel carbone umido e ancor di più nella legna. La reazione, questa volta endotermica, recuperava il calore necessario dalla reazione precedente. In questo modo, l’azione combinata, aumentava il potere calorifico del gas. Il potere calorifico inferiore che si otteneva in questo modo era di circa 1600 cal/kg, ben lontano però da quello della benzina che oscillava sulle 10.500. Nel carburatore il rapporto di miscelazione con l’aria diventava di 1 a 1, contro l’1 a 2 del carburante. L’unica soluzione e anche la più semplice, era di aumentare la compressione nei cilindri abbassando la testata. Il surrogato restava comunque poco convincente, specie in un periodo ancora distante dalle ristrettezze della guerra. Mario Scelba |
Nel 1939 anche l'Ansaldo si propose come costruttore di automotrici leggere e si propose anche in una motorizzazione autarchica per ora di prototipo: un lotto di 3 ALg 56 caratterizzate dal motore alimentato a gas povero, ottenuto dal carbone di legna in un gasogeno installato all'incirca a metà della cassa di fronte al WC. (foto sotto) |
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Da un articolo di Luciano Bonacossa: ... già l'applicazione agli autobus cittadini ed interurbani costituiva un servizio abbastanza impegnativo e rigoroso - un funzionamento regolare come se il gas, anziché essere approntato dal generatore man mano viene richiesto, potesse venir prodotto con tutta comodità qualche tempo prima ed immagazzinato per il momento del bisogno: no, ciò evidentemente non avviene, e così la produzione del gas deve procedere di pari passo col funzionamento dei motori. seguendoli in ogni loro variazione di richiesta. Quale combustibile si è scelto il carbone di legna anzitutto perché se si fosse adottata la legna se ne sarebbe dovuta trasportare molto di più dato il suo minore potere calorifico: colla carbonella, l'autonomia di 400 km. è ottenuta col carico di 600 kg. mentre se si trattasse di legna salirebbe a circa 1000 kg.... I motori derivano sostanzialmente da precedenti tipi progettati per l'alimentazione a benzina ed hanno pertanto accensione a candela con magnete: sono costituiti da otto cilindri collocati su due file disposte a V stretto (apertura di 20') allo scopo di risparmiare nell'ingombro, ed al regime di 1500 giri al minuto primo, ogni motore sviluppa la potenza di 130 cv. Ciascuna automotrice dispone di due di tali motori, ognuno alimentato con gasogeno proprio e totalmente indipendente - anche negli organi ausiliari - dall'altro così da avere assicurata la possibilità di marciare sia pure ad andatura ridotta in caso di avaria ad un gasogeno oppure ad un motore. La velocità normale raggiungibile è di 110 chilometri all'ora, valore ottimo e perfettamente paragonabile a quello delle altre automotrici - elettriche o a motore ad iniezione di nafta - pur considerando che queste a gasogeno hanno un maggior peso morto da trasportare data l'esistenza a bordo del generatore del gas e della relativa scorta di combustibile il che implica l'adozione di motori di maggior potenza. Il riscaldamento dell'automotrice è poi assicurato quando ve n'è bisogno. mediante la circolazione in appositi radiatori dell'acqua calda che esce dal circuito di raffreddamento dei motori e tale soluzione significa un buon risparmio di combustibile. Vediamo adesso qualche dettaglio di indole economica: ufficialmente si conferma il consumo medio di 1500 grammi di carbonella per chilometro, il che vuol dire che se i motori funzionassero invece a nafta secondo il ciclo ad iniezione Diesel ne consumerebbero circa 500 grammi mentre alimentati a benzina - dato il minor rendimento termico rispetto al ciclo Diesel - il consumo salirebbe ad almeno 700 grammi sempre per chilometro. Tradotti in moneta tutti questi numeri vogliono dire che le nuove automotrici vengono a costare per il solo combustibile (posta la carbonella sulla base di 50 lire al quintale) intorno a lire 0.75 per chilometro contro lire 0.40 nel caso dell'alimentazione a nafta, e lire 0.80 per la benzina (ma questa è pericolosa). Il vero confronto fra i diversi tipi di combustibili deve appunto essere fatto così poiché,in caso contrario è assolutamente fuori del vero constatare che il gasogeno è molto più conveniente della benzina e della nafta quando si è trascurato il particolare delle parecchie centinaia di lire gravanti sotto forma di dogana e tasse varie sopra ogni quintale di questi due combustibili mentre la carbonella o la legna non pagano nulla di ciò. Ed è quindi motivo di maggior compiacimento il poter concludere che a conti fatti il costo del gasogeno - anche se dalle cifre risulta essere il doppio rispetto alla nafta - non è poi superlativo ed inaccessibile, anzi è accettabilissimo tanto più poi che ha un esercizio ultra-autarchico in quanto non fa mandare all'estero neppure un centesimo per la materia prima di cui si nutre.... |
la sezione degli impianti del gasogeno posta ai 2/3 (dietro) della littorina
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Nell'Europa orientale (Polonia), a metà '800, si cominciò a raffinare il petrolio grezzo per ricavarne petrolio adatto all'illuminazione in sostituzione di quello di balena. |
LA
BENZINA SINTETICA La Germania, che sul nuovo businness non aveva investito o era stata proprio tagliata fuori (vedi grande guerra capitolo Lawrence d'Arabia) si chiese se non fosse possibile con le conoscenze scientifiche in campo chimico trasformare il carbone solido in combustibile liquido. In definitiva la differenza fra i due tipi di combustibili sono i componenti a quantità invertite. Trattando il carbone con idrogeno (un gas che si ottiene industrialmente da varie fonti, fra l'altro per scomposizione dell'acqua che contiene due atomi di idrogeno per ogni atomo di ossigeno) si sarebbero dovuti ottenere dei composti liquidi con le proprietà dei prodotti petroliferi. La via dell'idrogenazione del carbone fu affrontata da Friedrich Bergius (1884-1949) alla vigilia della prima guerra mondiale. Bergius aveva lavorato con i due premi Nobel, H.W. Nerst (1864-1941) e Fritz Haber (1868-1934) che nei primi anni del 1900 avevano inventato un processo per produrre sinteticamente l'ammoniaca, essenziale per gli esplosivi e i concimi azotati (combinando idrogeno e azoto sotto pressione). L'invenzione dell'ammoniaca sintetica liberava la Germania dalle importazioni di materie prime per esplosivi, che non era poco. Le tecniche impiegate per produrre l'ammoniaca sintetica avrebbero potuto essere applicate anche per trasformare il carbone in idrocarburi. Bergius, ad Hannover nel 1910, riuscì a ottenere prodotti petroliferi sintetici identificando anche quali tipi di carbone consentivano di ottenere maggiori quantità di benzina e in quali condizioni la produzione era maggiore. Nel 1914 Bergius cominciò a collaudare il processo su scala industriale in una piccola raffineria di Essen. Il 1 agosto 1914 scoppiava la Guerra. Nel 1916 Bergius poté costruire uno stabilimento vicino a Mannheim, ma l'importanza dell'idrogenazione del carbone passò in seconda linea dopo che la Germania (e l'Austria) ebbero conquistato i giacimenti petroliferi romeni. Nel 1918, con la sconfitta, cominciò in Germania un lungo periodo di crisi con alti e bassi produttivi. Nel 1925 la produzione di benzina sintetica attrasse l'attenzione della grande compagnia tedesca Badische Anilin und Soda Fabrik (BASF), produttrice di nastri per registratori (avevano inventato loro il magnetofono). Le grandi fabbriche chimiche tedesche decisero di consorziarsi dando vita, il 9 dicembre 1925, a un gigantesco "cartello" monopolistico la IG Farben che tanto peso avrebbe avuto nel nazionalsocialismo e nella guerra. Il direttore generale della IG Farben, Carl Bosch (1874-1940) prese in mano lo sviluppo del processo Bergius costruendo a Leuna la prima grande fabbrica di benzina sintetica in grado di produrre nel 1931 300.000 tonnellate annue. Nello stesso anno a Bosch e Bergius venne assegnato il premio Nobel per la chimica. Quasi negli stessi anni altri due chimici tedeschi, Franz Fischer (1877-1947) e Hans Tropsch (1889-1935), inventavano un differente processo di produzione della benzina sintetica. Già alla fine del 1933 il ministero dell'economia del terzo Reich e le industrie IG Farben si accordarono per la produzione entro il 1935 di 400.000 tonnellate di benzina sintetica all'anno fino al 1944; lo stato avrebbe pagato alla IG Farben la differenza fra il costo di produzione e il prezzo sul mercato libero della benzina. Con il finanziamento governativo furono costruite altre fabbriche di benzina sintetica. In questa operazione fu coinvolta anche l’Italia con l’ANIC, Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili, per trasformare i carboni italiani e i bitumi albanesi (scadenti) in benzina. Furono costruiti due stabilimenti gemelli, uno a Livorno e uno a Bari. I processi di idrogenazione a Bari mossero pochi passi. Livorno non entrò mai in produzione. La produzione di benzina sintetica in Germania continuò negli anni successivi fino a raggiungere nel 1944 i tre milioni di tonnellate annue; di queste, due milioni di tonnellate erano di benzina ad alto numero di ottani, adatta per i motori d'aviazione. Scisti bituminosi Non parificabile ai precedenti combustibile sono gli Scisti bituminosi presenti in Italia in Val Resia. Sulle pendici del monte Plauris, a circa 1000 m. di quota si estraevano scisti bituminosi stratificati nella dolomia. Dal minerale si ricavavano vari olii tra cui l’ittiolo usato in farmacia. In quest’area per 50 anni, fra la fine del XIX secolo e la seconda guerra mondiale le cave di scisto hanno fornito dopo la lavorazione olio da lampada e ittiobenzina o ittiolo.
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IL
METANO e gli altri nostrani Il metano è il più semplice degli idrocarburi. La sua molecola comprende 4 atomi di Hidrogeno e uno di carbone (Ch4). In natura il metano è disponibile, in grandi quantità, in giacimenti sotterranei che possono essere di solo gas naturale o di gas e olio, a seconda dell’origine vicino o in corrispondenza dei giacimenti di petrolio ma anche nelle miniere di carbone (il cosiddetto grisù, miscela esplosiva aria gas) e in corrispondenza dei trafori alpini dove si sono formate piccole sacche pericolose. Era detto anche gas delle paludi per la sua localizzazione. Il comasco Alessandro Volta lo aveva infatti individuato su una sponda paludosa vedendo salire bollicine dal fondale. Il metano una volta estratto e trattato (viene depurato e odorizzato per meglio individuare le fughe di gas ) viene anche miscelato per permetterne un uso domestico. Il butano commerciale è una miscela complessa di idrocarburi ottenuta dalla distillazione di petroli: butano e isobutano, contenuti nel grezzo. Il butano commerciale oltre che in cucina (bombole) è anche utilizzato come carburante per motori a scoppio, avendo un numero di ottano molto elevato (Il GPL miscela di PROPANO e BUTANO). |
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Il gasolio è un liquido oleoso, ricavato dalla raffinazione
del petrolio. Esso è usato come combustibile per riscaldamento
domestico e come carburante per motori Diesel (nell'uso comune è anche
chiamato impropriamente "Nafta"). Il nostro paese può contare
su riserve di petrolio grezzo pari a 621 milioni di barili, che
dovrebbero essere sufficienti per almeno altri 20 anni, con gli attuali
consumi. Coi carboni sardi del Sulcis (di qualità merceologica scadente,
bruciano male) pari in riserve a 400 milioni di tonn. equivalenti petrolio,
le tecniche di idrogenazione
consentirebbero di ottenere combustibili liquidi o gassosi, non
inquinanti. Su scala mondiale
le riserve di carbone contengono cinquanta volte più energia di tutte
le riserve di petrolio, gas naturale e uranio messe insieme
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