TUTTI GLI UOMINI DEL DUCE

Nato a Quartesana (Fe) il 6 giugno 1896, rappresentò nel quadrumvirato l'elemento squadrista. Impersonò alla perfezione il mito dell'"Uomo Nuovo" e del gerarca coraggioso. Indicato come "numero due" del Fascismo (nel 1939 si parlò di lui come l'eventuale successore di Mussolini ma non si capì se per via "democratica" o congiura, detta anche delle barbette) non mise mai in seria discussione la leadership di Mussolini, con il quale ostentava familiarità dandogli anche del "tu" in pubblico. Di famiglia piccolo-borghese con studi irregolari, mazziniano e massone in gioventù,  fu acceso interventista. Alla vigilia dell’intervento italiano si arruola soldato volontario e dal 19 maggio 1915 presta servizio come motociclista presso la 3a zona costiera, poi dal 4 luglio incorporato nel Corpo Volontari Ciclisti, rimanendo per tutto il periodo a Comacchio.

           

Italo Balbo
(1896 - 1940) Quadrumviro

Il 18 novembre prosciolto dall’arruolamento è rispedito a casa a seguito dello scioglimento di questi volontari. Nel settembre 1916, nuova visita medica militare (la prima era stato riformato per magrezza) ed è riconosciuto abile e assegnato al deposito del 3° artiglieria da campagna. Un mese dopo, superati gli esami di ammissione alla seconda liceo, inoltra domanda per passare ai corsi per ufficiale ed il 15 novembre entra alla Scuola Militare di Modena. Il 28 aprile 1917 è aspirante ufficiale nell’8° alpini e destinato al btg. “Val Fella” in quel periodo dislocato nella Carnia in Val Raccolana, un settore relativamente tranquillo. Promosso sottotenente di complemento in settembre, il 16 ottobre lascia il battaglione perché destinato, a sua domanda, al deposito aeronautico di Torino per imparare a pilotare un apparecchio. Questo primo approccio risulta vano per effetto, pochi giorni dopo, dell’offensiva di Caporetto ed il crollo del fronte italiano. Molto probabilmente per ordini superiori, è costretto a lasciare Torino per tornare al fronte ed il 10 novembre viene preso in forza dal distaccamento di Garessio (Cuneo) dell’8° Alpini ed il 16 passa in forza al battaglione “Monte Antelao” del 7° Alpini in linea nel settore del Monte Altissimo sulla destra dell’Adige, zona non impegnata dal fronte. Con la nomina a tenente, il 12 maggio 1918 viene assegnato al battaglione “Pieve di Cadore” sempre del 7° dove gli è affidato il comando del plotone d’assalto meritando nel corso della guerra 2 Medaglie d'Argento, 1 di Bronzo e la Croce al V.M. Dopo un periodo di riposo in retrovia, con l’offensiva finale sul Grappa iniziata il 24 ottobre, il 27 tutto il battaglione è all’attacco contro il Monte Valderoa. L’attacco, che non riesce a conseguire il successo sperato, vede alla testa il plotone di Balbo che giunge quasi solo ai reticolati nemici, riuscendo a rientrare con la notte.  

Per questo suo comportamento che lo vede volontariamente alla testa del battaglione, gli viene conferita il seconda argento. Alle  17,30 del 31 ottobre 1918, entrò per primo alla testa del Plotone Arditi in Feltre, scacciando all'arma bianca gli ultimi Austriaci. Laureatosi in Scienze Politiche nel 1920 a Firenze, fece poi ritorno nella sua Ferrara, dove si mise a capo delle locali squadre d'azione (1921-22), organizzando, con il sostegno degli agrari ferraresi, numerose spedizioni squadriste che lo elevarono al rango di ras della zona. Dopo la marcia su Roma divenne Comandante generale della Milizia e da deputato eletto Sottosegretario di Stato per l’Economia . Si dimise dopo lo scandalo dell'omicidio di Don Minzoni. Fu sottosegretario all'Aeronautica (1926-29) e ministro (1929-33) dopo aver conseguito il brevetto. Riuscì a sfruttare propagandisticamente molto bene la nuova arma aerea: i record, le trasvolate aeree da lui effettuate con gli idrovolanti a Rio de Janeiro (1930) e a Chicago (1933) gli valsero molti onori (la nomina a Maresciallo dell'Aria) ma anche molte gelosie, probabilmente all'origine della sua mancata nomina a Capo di Stato Maggiore ( posto preso poi da Badoglio). Governatore della Libia nel 1934, cercò di promuovere lo sviluppo economico, urbanistico, turistico, archeologico della colonia promuovendo le élites mussulmane. Contrario all'alleanza con la Germania e alle leggi razziali, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale era comandante delle forze armate in Libia, quando nel giugno 1940 fu abbattuto per errore dalla contraerea italiana a Tobruk. Le voci sulla sua morte circa un presunto complotto ordito da Mussolini, sono ancora sospese ma dimostrarono quanto fosse diffusa l'immagine di un Balbo "scomodo" e più popolare di Mussolini.  

   

Michele Bianchi

Nato in Calabria, a Belmonte Calabro nel 1883, prima socialista (redattore dell'"Avanti!" nel 1903-05) e poi sindacalista rivoluzionario, diresse le Camere del Lavoro rivoluzionarie di Genova e Savona, "Gioventù Socialista" (1905) e "Lotta socialista" (1905-06). Lo troviamo nel 1919, nella redazione del  Popolo d'Italia e, più tardi, in piazza San Sepolcro al fianco di Benito Mussolini. Prima interventista e sansepolcrista, fu il primo segretario del Partito Nazionale Fascista nel 1921-23. Le sue spiccate doti organizzative gli valsero la carica di quadrumviro quando si fece la marcia su Roma. Nei preparativi della Marcia su Roma, fu il fautore della prova immediata di forza. Segretario generale del ministero dell'Interno (1922-24), fu sottosegretario ai Lavori pubblici (1925-28) e all'Interno (1928-29); fu ministro dei Lavori Pubblici dal 1929 fino alla morte nel 1930.  

(1883 - 1930)

Quadrumviro

     
Nato a Casale Monferrato nel 1884, rappresentò la tendenza monarchica e legittimista del Fascismo. Avvocato benestante, interventista, aderì fin dal 1919 ai Fasci di Combattimento. Presidente degli ex combattenti torinesi e capo delle squadre locali, fu deputato dal 1921. Avrebbe voluto rinviare la Marcia su Roma, cercando di arrivare ad un governo Salandra-Mussolini. Sottosegretario al Tesoro e poi alle Finanze, nel dicembre 1922 ispirò le squadre di Brandimarte nella strage di Torino. Nel 1923-28 fu governatore della Somalia, una carica che lo allontanò dalla scena politica. Ottenne il titolo di Conte di Val Cismon (per il suo passato negli arditi sul Monte Grappa del 1918) e la nomina a senatore. Primo ambasciatore presso il Vaticano dopo il Concordato, nel 1935-36 fu ministro dell'Educazione nazionale, facendosi promotore di una storiografia che individuò nei Savoia il collegamento tra la Roma imperiale e quella fascista. Governatore delle isole dell'Egeo fino al 1940 ne fu allontanato per incapacità. La sua marginalizzazione nel regime lo portò a votare nel 1943 la sfiducia a Mussolini. Fuggì poi in Argentina e ritornò in Italia nel 1949, iscrivendosi nel MSI. Morì  a Roma nel 1959.  

Cesare Maria De Vecchi

(1884 - 1959)

Quadrumviro

     
Nato a Tresigallo (Ferrara) nel 1884 da una famiglia proletaria, aderì al sindacalismo rivoluzionario e fu condannato nel 1908, in qualità di segretario del sindacato piacentino dei lavoratori della terra, a 4 anni di reclusione per incitamento all'odio tra le classi sociali. Fuggito all'estero, negli Stati Uniti aderì alla Federazione socialista italiana di Giacinto Menotti Serrati, poi abbandonata per dirigere il giornale nazionalista "La Tribuna", ribattezzato "L'Italia Nostra". Nel 1921 Rossoni aderì al Fascismo. Fautore dell'autonomia del sindacato dal partito, nel febbraio 1922 divenne segretario della Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali. Dopo la Marcia su Roma lanciò la formula del sindacalismo integrale, per far confluire nella Confederazione anche Confindustria e Confagricoltura. Contribuì nel 1925 alla nascita dell'Opera Nazionale Dopolavoro. Dopo la frantumazione della Confederazione in tante federazioni con minore forza contrattuale, divenne nel 1932 sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e nel 1935-39 ministro dell'Agricoltura e foreste. Alla seduta del 25 luglio 1943 del Gran Consiglio votò la sfiducia a Mussolini e fu condannato a morte in contumacia dal Tribunale di Verona. Rientrato dal Canada nel 1947 dopo l'annullamento della condanna all'ergastolo, morì nel 1965.

Edmondo Rossoni vive, con Italo Balbo, nel ricordo di molti ferraresi. La strada che da Ferrara porta al mare è chiamata ancora oggi "Rossonia". A 20 chilometri da Ferrara si arriva a Tresigallo, dove davvero sorprendenti sono gli edifici le opere pubbliche del regime promosse da questo illustre cittadino. Un concentrato di architettura del ventennio che credo si possa riscontrare soltanto a Latina/Littoria. Da Tresigallo agli Usa di Riccardo Marzola in il Ducato terre estensi n. 40/2008

 

Edmondo Rossoni
(1884 - 1965)

 

Edmondo Rossoni: si può davvero parlare di "damnatio memoriae". Eppure esemplare fu tutta la sua vicenda umana. Rossoni conobbe le lotte e il carcere, i processi e l'esilio forzato. Fu emigrante negli Stati Uniti dove lottò per i diritti dei lavoratori italiani immigrati e dove rivelò pienamente la sua statura di leader. L'esperienza americana affinò le sue capacità sia organizzative che teoriche. Negli USA potè sperimentare gli aspetti drammatici del capitalismo. Potè constatare la realtà di una società fondata sul "libero mercato" privo di regole e protezioni sociali. La speculazione selvaggia, lo sfruttamento del lavoro, l'assenza di tutele sindacali protratta fino alla violenza usata per reprimere i moti di rivendicazione gli apparvero come di dati salienti di una società disumana e disumanizzante. Contro questa società che egli definì "capitalistico-borghese" la lotta non poteva che essere senza quartiere. Lo scontro fra sindacato e potere capitalistico era dunque uno scontro epocale fra due visioni dell’uomo e del mondo assolutamente inconciliabili. Da qui la sua decisa confutazione delle istanze e strategie riformiste. Non a caso al Congresso di Parma del 1907 aveva seguito De Ambris e Corridoni nella scissione della CGL ormai egemonizzata dai riformisti. Tuttavia Rossoni pur pronunciandosi in modo radicale contro il capitalismo e lo Stato borghese restò sempre sostanzialmente estraneo all'ideologia marxista. Il sindacalista ferrarese non sposò mai l'internazionalismo apolide che caratterizzava il movimento socialista. All'opposto in lui era forte, già prima della scelta interventista, il sentimento di identità nazionale. Né vedeva nella statalizzazione dei mezzi di produzione il futuro delle classi lavoratrici. All'organizzazione verticistica del capitalismo insomma non doveva subentrare un altro verticismo statuale ma il coinvolgimento dei lavoratori nella proprietà economica. Allo scoppio della Prima guerra mondiale Rossoni tornò in Italia per arruolarsi, cosa che non implicò l'abbandono della politica. Anzi, mentre era sotto le armi iniziò la sua collaborazione al "Popolo d'Italia" di Mussolini.  

Scriveva il ministro da Roma ad un suo "fido" il 13/11/1935 ("XIV dell'E.F."): "Se con un miracolo – come quelli fatti finora – potessimo coprire prima dell'inverno tutti gli edifici che ti ho dato ordine di incominciare, e sistemare tutte le strade e piazzali, avremmo la vittoria a portata di mano…". Si trattava di Tresigallo, piccolo borgo ferrarese che assurgerà all'Eldorado, alla California dei poveri. Contemporaneamente allo sviluppo agricolo industriale (zuccherificio, caseifici, conserviere, macchine agricole ecc.. legate alla produzione principale della canapa). si è andato man mano sviluppando anche il centro con nuove strade, piazze ed edifici pubblici. Tra i più importanti vi è da segnalare il bellissimo edificio della Colonia post-sanatoriale dell'I.N.F.P.S. circondato da un magnifico parco che ne rallegra il soggiorno. Vengono poi le costruzioni del Ricovero, l'Asilo Nido, la Scuola del ricamo le Scuole elementari, La Casa Littoria, quella della G.I.L., il Dopolavoro Filarmonico e l'Albergo. Palazzine e Case Popolari completano l'inquadramento urbanistico di questa piccola cittadina.

   

 

Personaggio sottostimato nella storia italiana,  figlio di un ingegnere garibaldino bergamasco, quando muore il padre lascia l’università di Padova e parte per la Turchia. Ha in tasca pochi soldi, in testa mille idee, un talento innato per trattare. Diventa ricco con il tabacco nel Montenegro e usa il denaro per far nascere le prime società elettriche, come la Adriatica Sade nel 1905 acquisendo una posizione di primo piano nel settore elettrico. Fonda la prima compagnia di vagoni-letto e investe in tutte le novità del primo Novecento: a Venezia non c’era lavoro e lui costruisce il porto a Marghera. Per collegare Venezia alla terraferma, rende stabile il ponte costruito dagli austriaci nel 1846 e riunisce nella Ciga i grandi alberghi veneziani, il Danieli, l'Excelsior, il Gritti, il Des Bains, (a Roma comprò il Grand Hotel e l’Excelsior). Ricco, sostenitore del fascismo, fautore della Biennale del Cinema a Venezia (a lui è intitolata tuttora la Coppa Volpi) e di grandi progetti quali la diga del Vajont. Fu governatore della Tripolitania dal 1921 al 1925 (e perciò insignito del titolo di Conte di Misurata), ministro delle Finanze nel 1925-28, presidente della Confindustria. A Porto Marghera, una sorta di fondaco di terraferma, si produce e si trasforma di tutto, dal riso ai cereali dei molini Chiari e Forti. Grandioso è anche l'emporio del sale e dei tabacchi ma soprattutto la trasformazione di materie prime in rive al mare appare "opera di titani".  

Giuseppe Volpi di Misurata
(Venezia 1877 - Roma 1947) 

Negli anni Trenta gli investimenti superano il miliardo, beninteso di allora, e la società petrolifera "Nafta" imbarca quaranta vagoni ferroviari al giorno. La Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia è invece la più antica rassegna cinematografica del mondo: la prima edizione si tenne nel 1932 nell'ambito della Biennale di Venezia, l'Esposizione artistica istituita nella città lagunare nel 1894. Era la sera del 6 agosto 1932 quando, sulla terrazza dell'Hotel Excelsior del Lido di Venezia, venne proiettato il film di Rouben Mamoulian "Dottor Jeckyll and Mr Hide": fu questa la prima pellicola della lunga storia della Mostra ideata e realizzata dal Conte Giuseppe Volpi di Misurata. I vincitori delle prime edizioni erano scelti direttamente dal pubblico e su "speciale concessione del capo del governo" i film non erano censurati: nel 1933 apparve un nudo di donna nel film "Estasi"; fin dall'inizio la mondanità divise la scena con le proiezioni cinematografiche. Nel 1937 venne costruito il Palazzo del Cinema.  Fu Presidente della Confindustria ma quando nel 1943 le gravi distruzioni apportate alle infrastrutture ed agli impianti industriali italiani dall'offensiva angloamericana - e la coscienza che la guerra fosse irrimediabilmente perduta - misero in crisi il quadro politico ed economico del Paese si ricredette. Tentò due volte di fuggire in Svizzera, (il 26 luglio ed il 16 ottobre 1943), senza tuttavia riuscirci. Fu quindi arrestato dalle SS e trattenuto per qualche giorno nella prigione di via Tasso a Roma, ma visto il peggioramento delle sue condizioni, per intervento diretto del Maresciallo Rodolfo Graziani, fu liberato e riconsegnato alla famiglia. Tentò di nuovo nel Luglio del 1944 riuscendovi. Il suo funerale fu celebrato dal futuro papa Giovanni XXIII e la sua tomba si trova nella Basilica dei Frari a Venezia.

 

 

Luigi Federzoni
(1878 - 1967)

 

E' stato uno dei protagonisti della vita politica e culturale dell'Italia della prima metà del XX secolo. Giornalista di successo, collaboratore di quotidiani e periodici, direttore di riviste prestigiose. Il suo percorso politico rappresenta uno spaccato delle dinamiche e degli approdi della destra conservatrice, nazionale e patriottica. Tra i fondatori del movimento nazionalista sin dal 1910, si batté per l'ingresso dell'Italia nella grande guerra ottenendo decorazioni e successi personali. Deputato liberale nel 1913-21, fu ministro delle Colonie nel 1922-24 e nel 1926-28 e dell'Interno nel 1924-26, e pluripresidente (del Senato 1928-38, dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Treccani 1938-1943 dell'Istituto Fascista dell'Africa Italiana, dell'Accademia d'Italia). Dopo il suo voto all'ordine del giorno Grandi nella seduta del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943, fu condannato a morte in contumacia dal Tribunale di Verona.  

http://web.tiscali.it/studistorici/1995/n3/1995307a.htm i diari

 

CONTE VITTORIO CINI – DAL MINISTERO ALLA FUGA
Sussidiario a Volpi di Misurata era questo altro grande imprenditore che ha lasciato il segno nella geografia della chimica veneziana. Cini si vide affidata la responsabilità di un ministero, quello delle Comunicazioni, nel rimpasto del 5/2/43 che vide l’uscita di scena dei tiepidi a cominciare da Ciano. Ben presto Cini intrecciò però contatti con i dissidenti del partito che erano ancora molti o sedevano nel gran consiglio (Caviglia, Ambrosio, Grandi, De Bono e Bottai), sostenenti l'inevitabilità di «sganciarsi dalla Germania» e senza temere di affrontare il Duce. Le sue previsioni ebbe l’ardire di renderle pubbliche nella seduta del Consiglio dei Ministri del 19 giugno tanto da doverne subire una estromissione (24/6) non resa pubblica e formalizzata il 23 luglio giusto alla vigilia della caduta del regime come volevasi dimostrare. Quello però che riteneva essere nel vero era Mussolini che in settembre lo fa arrestare dai tedeschi e internare a Dachau  La considerazione goduta presso i vertici economici e politici tedeschi, nonché l’intervento determinante del figlio Giorgio (si dice in moneta), gli fecero ottenere il ricovero in una  clinica a Friedrichroda nella Germania centrale, poi un tacito assenso alla liberazione nell’estate del 1944. Qui a Padova prese contatto con la resistenza, CLN regionale veneto, mettendo a disposizione del movimento un cospicuo finanziamento. Da settembre 1944 risulta riparato in Svizzera (fu a Tour de Peilz da settembre 1944 a dicembre 1946).

     
da Camera dei deputati
Libero docente di diritto commerciale nell'Università di Parma nel 1899, prima straordinario e poi ordinario della stessa materia nell'Università di Urbino dal 1899 al 1902 e successivamente nell'Università di Macerata sino al 1905. Nel 1907 diviene ordinario di procedura civile nell'Università di Parma e l'anno successivo in quella di Palermo: dal 1910 al 1925 è ordinario di diritto commerciale nell'Università di Padova ed in seguito ordinario di legislazione economica e del lavoro nell'Università di Roma di cui diventa rettore dal 1932 al 1935. ...Nel dopoguerra guarda con interesse al nuovo fenomeno fascista ed è uno dei primi nazionalisti a cogliere nel movimento delle camicie nere la possibilità di restaurare e riorganizzare lo Stato nel senso voluto. Nel 1921 è eletto deputato a Roma nella lista dei blocchi nazionali e dopo la marcia su Roma è nominato prima sottosegretario al ministero del Tesoro e, dopo il 31 dicembre 1922, al ministero delle Finanze, sino al marzo 1929. Dal marzo al settembre dello stesso anno è sottosegretario per l'assistenza militare e le Pensioni di guerra. Riconfermato deputato alla XXVII legislatura è eletto, il 27 maggio 1924, presidente della Camera e resta in carica sino al 5 gennaio 1925, quando diventa ministro di Grazia e Giustizia. Da questo momento sino al 1932, quando lascia il dicastero, la sua attività si concretizza in una serie di leggi e di provvedimenti che segnano da un lato la fine dello Stato liberale e dall'altro la formazione del regime fascista: dalle leggi fondamentali sulle prerogative del capo del governo alla facoltà per l'esecutivo di emanare norme giuridiche, dalla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro alla riforma generale dei codici. Quando nel 1934 è nominato senatore si può dire che la sua opera sia ormai conclusa. Quando si parla del Codice Rocco (penale processuale) rimasto in vigore per oltre 50 anni si parla di lui.
 

Alfredo Rocco

(Napoli 9/9/1875  Roma 28/8/1935) 

Guido Neppi Modona ex P.M. e giudice a Torino,  poi professore universitario di Diritto e procedura penale. Oggi (17/5/2000) giudice della Corte Costituzionale. “…Paradossalmente il Codice processuale penale Rocco del 1930 assicurava una risposta molto più funzionale ed efficiente alla criminalità di quello attuale, ma non conosceva la "garanzia" di libertà dell’imputato né quella del diritto "di difesa"

     
Indicato come l'ideologo del Fascismo, in realtà la sua concezione filosofica aveva influenzato ampi settori della cultura italiana già nei primi anni del Novecento. Nato a Castelvetrano e laureatosi alla scuola normale superiore di Pisa (ne sarà direttore nel 1932), fu insegnante nei licei di Campobasso e Napoli fino al 1906, quando divenne docente di storia della filosofia all'Università di Palermo. Decisivo era stato l'incontro con Benedetto Croce con il quale, dalle pagine de "La critica" (1903), condusse un'aspra polemica antipositivistica. Membro attivo della Federazione Nazionale degli insegnanti medi, fu un convinto interventista allo scoppio della Grande Guerra . La sua concezione dello stato etico ("Fondamenti della filosofia del diritto", 1916) prevedeva la negazione della libertà dei singoli e riconosceva la supremazia dello stato: erano queste le premesse per la sua adesione al Fascismo, in cui vide l'incarnazione del "vero" liberalismo. Nominato nel 1922 ministro della Pubblica Istruzione (secondo Benedetto Croce, Mussolini aveva messo "l'uomo giusto al posto giusto"), elaborò l'anno successivo una riforma della scuola destinata a durare fino ai giorni nostri. Iscrittosi al P. N. F., fu senatore dal novembre 1922 nonché membro del Gran Consiglio del Fascismo fino al delitto Matteotti. Redasse nel 1925 il Manifesto degli intellettuali fascisti e, sempre in quell'anno, fu nominato direttore dell'Enciclopedia Italiana.( http://www.isit100.fe.it/studenti/percorsi/04-saraserrazanetti/Manifesto_Int_Fasc.htm  Fu presente nei consigli di amministrazione di varie case editrici (Vallecchi. Le Monnier, Bemporad, Sansoni, di cui diventò proprietario nel 1932) e presidente dell'Istituto fascista di cultura.

LA MORTE DI GIOVANNI GENTILE

 

Giovanni Gentile

(1875 - 1944)

Aderì "romanticamente" alla RSI, pur avendo contro i duri del fascismo che lo detestavano, e fu ucciso da un gap guidato da Bruno Fanciullacci a Firenze il 15 aprile 1944 su mandato di Concetto Marchesi (vedi sotto bollo e biografia qui ), e prima ancora già condannato da Togliatti, ma come direbbe Mieli "non è colpa di nessuno, è colpa della guerra"

Bruno Fanciulacci, medaglia d’oro al valor militare, è un eroe. Con le sue idee e le sue azioni ha dato un grande contributo per la libertà degli italiani soggiogati dalla tirannide fascista e dall’occupazione sanguinaria dei nazisti. La segreteria della Cgil Toscana aderisce alla iniziativa che domani, nel capoluogo toscano, ricorda Bruno Fanciullacci che si gettò dal secondo piano di Villa Triste dove era tenuto prigioniero e torturato, preferendo la morte al tradimento dei propri compagni, e i 5 civili, fra loro anche un bambino di 9 anni, che nel luglio di 63 anni fa vennero trucidati in Piazza Tasso a Firenze da una banda di fascisti, la banda Carità. Sono passati tanti anni, siamo in un secolo diverso, ma dobbiamo ricordare il prezzo pagato per la libertà, dobbiamo farlo a garanzia del nostro futuro che vogliamo di pace per noi e per il mondo, un futuro dove i bambini non debbano più morire, un futuro tutto da costruire come dimostrano le cronache di ogni giorno”. http://www.cgil.it/firenze/2007/antifascismo.htm 

Fanciullacci Bruno nome di battaglia"MASSIMO" nasce il 13/11/1919: muore a Firenze il 17/7/ 1944. E' il 26 aprile del 1944, quando cade nelle mani della famigerata banda Carità. Durante gli interrogatori a Villa Triste non si piega; non parla neanche quando un ufficiale fascista, dopo averlo ripetutamente colpito a pugnalate al basso ventre, lo lascia a terra in una pozza di sangue. Viene affidato allora ai "Fratelli della Misericordia", che lo trasportano all’ospedale di S.Maria Nuova dove si riprende lentamente. Se la notizia della sua guarigione arriva alle orecchie di Carità c’è il rischio che venga di nuovo torturato ed allora con una operazione lampo viene prelevato e riportato in clandestinità. Il 9 luglio Fanciullacci stesso, vestito da tedesco, libera un gruppo gappista femminile dal carcere di Santa Verdiana. La rabbia dei fascisti è incontenibile e comincia una caccia accanita a Fanciullacci e ai suoi. Dopo una settimana il gappista cade nella rete: in piazza S. Croce viene riconosciuto e arrestato. Ricomincia il calvario a Villa Triste. Fanciullacci durante un tentativo di fuga, cade dalla finestra; ha il capo fratturato, non sopravviverebbe, ma i fascisti, che temono possa ancora sfuggirgli, infieriscono sul suo corpo a fucilate.

 

Medaglia d'oro al valor militare alla memoria
FANCIULLACCI Bruno

Partigiano  combattente
luogo di nascita: Pieve a Nievole ( Pistoia )
motivo del conferimento: Reduce dal confino per motivi politici, l’8 settembre 1943 iniziò la sua attività partigiana compiendo audaci atti di sabotaggio e temerari colpi di mano che disorientarono l’avversario. Arrestato una prima volta e ridotto in fin di vita dalle pugnalate infertegli dalla sbirraglia, veniva salvato dai compagni accorsi generosamente a liberarlo. Ripreso, ancora convalescente, il suo posto di lotta, veniva nuovamente arrestato. Venuto a conoscenza che le SS. nazifasciste erano in possesso di documenti compromettenti la vita dei suoi compagni, tentava con somma audacia di saltare da una finestra per avvertirli del pericolo che incombeva su loro, ma nel compiere l’atto veniva raggiunto da una raffica di mitra che gli stroncava la vita. Firenze, settembre 1943 - luglio 1944.

... Abbiamo assistito recentemente a una delle più chiassose di queste equivoche operazioni "storiche" tese a rivalutare e a restituire all'antica grandezza la figura di una delle più controverse, ma anche più coerenti figure del fascismo: quel Giovanni Gentile, filosofo idealista, sodale di Croce, fondatore dell'Istituto della Enciclopedia Italiana, presidente dell'Istituto nazionale fascista della cultura, uomo di parte e di partito, che oggi si vorrebbe far passare se non come un oggettivo avversario, per lo meno come un attento critico del totalitarismo fascista, a cui si sarebbe opposto, più o meno apertamente, con la lucidità del grande liberale amante della libertà. Ma Gentile, nonostante gli sforzi dei suoi estimatori appena riesumati dalla pattumiera della storia, non fu affatto quella figura limpida e tollerante che si vorrebbe, e che si è celebrata anche10 anni orsono (1994), nel 50° della morte, con un francobollo della Repubblica, stampato (ma guarda te le coincidenze! dal 1° governo Berlusconi) il 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma. Gentile non fu nulla di tutto questo, ma fu, al contrario, uno dei pilastri ideologici del regime fascista, un intellettuale organico come si sarebbe detto un tempo, un fascista della prima ora che dalle altezze della sua formazione idealista e antipositivista cercò di dare lustro etico e dignità culturale a un regime nato all'ombra dei manganelli e dell'olio di ricino. Un uomo talmente convinto della missione ideale del fascismo e talmente preso dal senso dello stato, da ipotizzare e auspicare lo scioglimento del Partito nazionale fascista nello stato stesso, interpretando questa "conversione" come la massima sintesi e la raggiunta perfezione dello stato etico totalitario e fascista. Massimo Ortalli  

Giovanni Spadolini parlò di «un'altra Italia» il 22.4.1944 quando, dalle colonne di "Italia e Civiltà", commemorando Giovanni Gentile scrisse queste parole:

«Strano e paradossale davvero, il concetto che tanti hanno del traditore d'Italia, secondo il quale, alla fine, traditore, diventa colui che al pari del glorioso scomparso agisce ed opera politicamente sul terreno della realtà e della fatalità storica italiana, colui che rispetta i patti, che riscatta l'onore, che rivendica la tradizione che difende la civiltà classica cattolica, al d fuori e al di sopra di pregiudiziali di partito, colui che soffre e combatte e si impegna perché all'Italia. spregiata e umiliata, avvilita e smembrata e quasi inerme, siano restituiti dignità di Nazione, prestigio di popolo, coscienza di stato, unità di spirito, volontà di potenza, stimolo di grandezza, desiderio ardentissimo di salire, di allargare il proprio respiro, di nobilitare la propria esistenza; e vero patriota chi, invece, si adopera, in un modo o nell'altro, a che l'Italia sia quella terra di straccioni e di pezzenti, di servi e di lacchè, di albergatori e di mezzani che corrisponde ai desideri del la parte più spregevole e degenerata della nostra razza».
     
Nato a Isernia nel 1892 trascorse la sua giovinezza al Nord dove il padre, Commissario di P.S., venne trasferito. E’ anche per questo che quando si dice Farinacci si dice il "Ras di Cremona". Lasciò presto la scuola, causa i continui trasferimenti del padre, per un lavoro che trovò come telegrafista alle ferrovie all'età di 17 anni. Qui a Cremona si fa risalire la sua formazione politica all’interno del Partito Socialista del concittadino Bissolati che, espulso dal PSI con Bonomi in seguito al congresso di Reggio Emilia del 1912, aveva dato vita al Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI). Scrive per il giornale “L'Eco del popolo” e riprende anche gli studi. Si iscriverà all’Università di Modena ma si laureerà per “cause belliche” solo nel 1923. Intanto riesce a diventare corrispondente da Cremona per il "Il Popolo d'Italia" di Mussolini per cui scrive infuocati articolo contro l'Austria. E’ un primo riavvicinamento. Volontario del fronte di guerra non vi rimarrà per molto essendo la sua categoria militarizzata sul posto di lavoro. Dopo Vittorio Veneto nulla lo lega più ai Riformisti e partecipa alla fondazione dei Fasci di combattimenti. Direttore nel 1922 del quotidiano "Cremona Nuova” si oppose al patto di pacificazione con i socialisti e dopo la Marcia su Roma, cercò di rinviare la scelta "legalitaria" e "normalizzatrice" di Mussolini, in nome di una "seconda ondata" del Fascismo. Membro del Gran Consiglio del Fascismo, divenne nel 1925 segretario generale del PNF, ma mantenne tale carica per soli 13 mesi, a causa delle continue divergenze con Mussolini. Non tollerava la normalizzazione tanto che le intemperanze di Firenze gli costeranno la chiusura del giornale “Cremona Nuova” ribattezzato poi "Regime Fascista". Nell'ottobre del '25 vengono infatti compiute vergognose violenze a Firenze col suo placet. E' un precedente gravissimo: Mussolini lo rampogna, affermando che tra gli squadristi ce ne sono molti di dubbia fama ed é ora di farla finita: "I fascisti, con i fascisti! I delinquenti con i delinquenti!", e da' ordine al Prefetto di sequestrare i numeri del giornale nei quali, il riottoso gerarca, incurante delle raccomandazioni tesse gli elogi agli autori dei misfatti fiorentini.
Non ricopre più incarichi politici di rilievo. Reintegrato nel 1935 nel Gran Consiglio del Fascismo dopo anni di purgatorio, allo scoppio della Guerra d’Etiopia parte volontario coi bombardieri di Balbo. Perde la mano destra in un "incidente" di campo (pescava con bombe) ed è per questo che lo si vede (a dx) fare il saluto romano con la sinistra. Mussolini strumentalizza la sua popolarità riacquisita per la campagna antisemita a cui Farinacci non crede molto. In privato difende ed aiuta gli ebrei facendo loro ottenere documenti truccati. Si rifiuterà sempre di licenziare la sua segretaria Jole Foà, ebrea, contro le insistenze di Mussolini e altri gerarchi. Sostenitore dell'alleanza con Hitler (è amico personale di Himmler e Goebbels) è anche sostenitore dell'entrata in guerra quando Mussolini (nel 1939) ancora tentenna. Agli inizi del 1941 si fa mandare in Albania come Ispettore Generale della Milizia ed anche qui la sua critica contro la totale disorganizzazione che vige nelle Forze Armate è feroce. Sta per renderne pubblica la relazione sul suo giornale quando Mussolini ne ordina il sequestro perché le informazioni, oltre ad essere dannose, risulterebbero, a suo dire, anche inesatte. La verità è che Farinacci ha il grave difetto di dire quel che pensa e di dirlo senza perifrasi e la campagna albanese si dimostrerà un disastro allargando il conflitto ai Balcani, di fatto alla Russia dopo alcuni mesi. ..
continua...
 

Roberto Farinacci
(1892 - 1945)

- Roberto Farinacci di Enzo Cicchino
… Il rapporto con Mussolini e' complesso, contraddittorio: Battaglieri entrambi, indisponenti, soprattutto ambigui anche nel loro essersi ostili. E' un continuo travaglio di complotti, di intrighi, di accuse infamanti. I due non si amano, ne' si fidano. Si scrutano. Ma al tempo stesso sono costretti a convivere come una perenne coppia litigiosa alla quale neppure i tradimenti porranno fine. C'e' molto di stravagante, di controcorrente. Pur se l'Antiduce Farinacci fa del tutto per sostituirsi al primo, in realtà lo rafforza con il suo pedante zelo di fargli constatare le debolezze. Farinacci fa la sua Marcia su Roma un giorno prima: "Cremona e Mantova non può rinviare" si giustifica, inviando questo telegramma a Mussolini. E di Cremona, d'ora innanzi, rimarrà il Ras indiscusso fino alla morte. E' difficile con lui trovare un accordo stabile, un linguaggio, una linea di condotta diversa dal massimalismo, o dal manganello, e dalla violenza. Neanche le opposizioni ritengono che le liti fra i due abbiano conseguenze. "Mussolini deve la propria forza proprio a Farinacci..." scrive Gobetti "..."… L'onorevole Farinacci non e' soddisfatto se non stronca un uomo al giorno!"


     
Nato a Parma nel 1888, giornalista del liberal-democratico "La provincia di Brescia", fu interventista e volontario di guerra. Iscrittosi ai Fasci di Combattimento nel 1920, fu sindacalista e segretario del fascio bresciano nel 1923-26 e segretario nel 1925-26 della corporazione nazionale della stampa. Fu segretario generale del Partito Nazionale Fascista nel 1926-30 ma si dimise in seguito ad attriti con Mussolini e soprattuto per la sua polemica contro la corruzione interna al partito. Membro del Gran Consiglio del Fascismo dal 1925, comandò la legione bresciana della Milizia e Deputato dal 1924 al 1934. Nel 1931-32 diresse "La Stampa" di Torino, ma in seguito a una violenta campagna scandalistica degli avversari (interni al Fascismo), fu allontanato dal giornale ed espulso dal partito. Confinato a Rodi nel 1933, fu riammesso nel partito solo nel 1937. Non aderì alla RSI e nel dopoguerra fu amnistiato. Morì a Roma nel 1955.  

Augusto Turati

(1888 - 1955)

 

 

 

 

   

Giuseppe Bottai

E' stato il principale teorico del corporativismo: anche se il suo anticonformismo ha indotto alcuni a parlare di fascista "critico", non vanno dimenticate le sue responsabilità nella persecuzione antisemita del regime. Fu l'interprete della parte colta del fascismo e una delle personalità di maggior rilievo del regime. Fu però un gerarca atipico, definito "intellettuale" da Mussolini, che ebbe un'idea del potere basata su criteri di merito e non mancò di segnalarsi per comportamenti che all'epoca apparvero anticonformisti. Bottai fu il gerarca che Mussolini "metteva all'occhiello" per fare bella figura, ma di cui ne temeva i giudizi. Giuseppe Bottai nacque il 3 settembre 1895 a Roma da una famiglia di origine toscana. Il padre, Luigi, è un commerciante di vini; la madre è di origine spezzina e si chiama Elena. Il padre appartiene a una corrente filosofica agnostica, atea e repubblicana. Infatti viene battezzato segretamente da una balia e riuscirà a fare la Prima Comunione solo da adulto. Oppresso dalla filosofia negativa del padre, si avvicina al Cattolicesimo e agli ideali Risorgimentali Monarchici. Superati brillantemente gli studi liceali al Torquato Tasso di Roma, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza e si laurea. Nel 1915 parte volontario per la guerra scegliendo il mitico reparto degli Arditi. Pluridecorato, egli è già un intellettuale, “un belligerante che vuol vivere le radiose giornate di maggio”. Al ritorno frequentando proprio questo ambiente entra nella corrente di Marinetti, collaborando e scrivendo qualche articolo su “Roma futurista”. Nel 1919 incontrando Mussolini per la prima volta ne ricava una forte impressione, iniziando a collaborare al “Popolo d’Italia”.  

(1895 - 1959)

Sergente al 1° R.E.C.dal 1944 al 1948.

Fu Deputato dal 1924 (la sua prima elezione nel 1921 fu annullata per la giovane età). Fondò nel 1923 "Critica Fascista". Sottosegretario alle Corporazioni (1926-29) e poi ministro (1929-32), con la legge sulle corporazioni del 1930 (attuata solo 4 anni più tardi) intese realizzare i programmi corporativi. Nominato nel 1930 professore di politica ed economia corporativa a Pisa, fondò e poi diresse la Scuola di perfezionamento di scienze corporative. Fu allontanato dal ministero in seguito ai suoi contrasti con il mondo imprenditoriale. Fu inoltre presidente dell'INFPS (INPS)e direttore della scuola di scienze corporative di Roma nel 1936. Governatore di Roma (1935-36), promosse l'esposizione E42 (non fatta per la guerra) e la costruzione del quartiere EUR. Nominato ministro dell'Educazione nazionale, nel 1938 avviò la persecuzione degli ebrei nella scuola ancor prima del completamento delle leggi razziali; nel 1939 varò la Carta della Scuola e nel 1940 fondò la rivista "Primato" che potè vantare nelle sue fila il meglio della cultura dell'epoca: Nicola Abbagnano, Michelangelo Antonioni, Giulio Carlo Argan, Dino Buzzati, Carlo Emilio Gadda, Leo Longanesi, Eugenio Montale, Indro Montanelli, Cesare Pavese, Giaime Pintor, Vasco Pratolini, Salvatore Quasimodo, Luigi Salvatorelli, Emilio Sereni, Giuseppe Ungaretti, per citare solo i più famosi. Con la guerra i rapporti con Mussolini precipitarono: destituito nel 1943, votò la sfiducia a Mussolini. Condannato a morte in contumacia, si rifugiò in Vaticano per poi arruolarsi nella Legione Straniera. Roma, 24 apr. (Adnkronos) - Giuseppe Bottai ebbe un ruolo determinante nella liberazione della Provenza dai nazisti. Di questa pagina di storia, che comincio' nel settembre 1944, non c'e' traccia nel libro autobiografico ''Legione e' il mio nome'' del fondatore del fascismo e ministro dell'educazione nazionale durante il Ventennio ne' nel saggio ''Giuseppe Bottai fascista'' di Giordano Bruno Guerri. Bottai mantenne fede al giuramento di silenzio anche quando il suo ingaggio nella Legione Straniera scadde nel luglio 1948 e pote' rientrare in Italia beneficiando dell'amnistia del novembre precedente. Questo spiega perche' nel suo libro di memorie e nelle sue lettere la regione meridionale francese non viene neppure nominata.  

Bottai sergente della Legione Straniera

A rivelare il ruolo giocato da Bottai come stratega delle operazioni antinaziste in Provenza e' un servizio di ''Famiglia cristiana'', a firma di Enzo Natta, basato su testimonianze e carte inedite. Bottai, dopo essere stato arrestato su ordine di Badoglio, ma scarcerato dopo poche settimane, scompare arruolandosi nella Legione Straniera. Tornato in Italia dopo l'amnistia, fondò nel 1953 la rivista di critica politica "A.B.C.". Morì a Roma nel 1959; il suo "Diario 1935 - 1945" è citato come una delle testimonianze più importanti del Ventennio.

     
Nato a Mordano (Bologna) nel 1895 da una famiglia di piccoli imprenditori agricoli, di estrazione liberale nazionale, fu acceso interventista allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nella quale fu ufficiale pluridecorato fra gli alpini. Fu tra i fondatori dei fasci emiliani, divenendone segretario regionale nel 1921. Direttore de "L'Assalto" di Bologna, fu eletto deputato nel 1921, ma l'elezione fu annullata per la giovane età. Partecipò alla Marcia su Roma, divenne membro del Gran Consiglio del Fascismo, deputato (1924-39) e vicepresidente della Camera nel 1924. Sottosegretario al ministero dell'Interno nel 1924-25, passò poi agli Esteri  sempre sottosegretario (1925-29), assumendo nel 1929 la titolarità di dicastero. Il suo tentativo di fascistizzare la diplomazia italiana, per renderla organica al regime, si accompagnò a una politica estera basata sul principio del "peso determinante" dell'Italia come membro attivo della Società delle Nazioni. Quando nel 1932 Mussolini assunse ad interim il controllo degli Esteri per divergenze con lui, Grandi fu nominato ambasciatore a Londra (1932-39). Quì cercò con altreni successo di riequilibrare la politica estera dopo le guerre d'Etiopia e di Spagna; fu contrario all'Anschluss dell'Austria e al Patto d'Acciaio. Richiamato in Italia, fu consigliere nazionale (1939-43 Gran Consiglio del fascismo), presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni e ministro di Grazia e Giustizia (Guardasigilli). L'andamento sfavorevole del conflitto e mire personali lo portano a proporre l'ordine del giorno di sfiducia a Mussolini preparato in collaborazione con alcuni fascisti dissidenti e conosciuto dal re. Presentando al Gran Consiglio del Fascismo il famoso ordine del giorno del 24-25 luglio 1943, che sancì la caduta del Duce (andò alla riunione con due bombe a mano in tasca), aprì la strada anche alla caduta del fascismo. Condannato a morte dal Tribunale di Verona (contumace), fuggi in Portogallo. Fu assolto nel 1947, e rimase fino agli anni Cinquanta in Spagna e in Brasile dove accumula una ingente fortuna. Intanto la corte d'assise di Roma lo assolve da ogni accusa e negli anni sessanta torna in Italia. Muore a Bologna nel 1988  

Dino Grandi

(1895 - 1988)

Il 26 marzo 1943 Dino Grandi andò a trovare Mussolini  per ricordargli i momenti difficili che il paese stava vivendo; lo trovò come di consueto al tavolo di lavoro nella sala del Mappamondo a palazzo Venezia: "Ha il viso pallido, quasi terreo; profondi solchi sulle guance denunciano la sua tempesta interiore. Sento una grande pena per quest'uomo di indiscutibile grandezza, di indiscusso e quasi patologico amore per la patria, ormai prigioniero del suo demone interiore. Il suo amore per l'Italia si è confuso a poco a poco, inconsapevolmente, colla sua ambizione di dittatore e coll'assurdo sogno di diventare una specie di pontefice di una ancora più assurda palingenesi europea. Tutto ciò gli ha fatto perdere il senso delle proporzioni e commettere dapprima l'errore imperdonabile di avere ucciso il fascismo trasformandolo in un cesarismo da basso impero, in seguito l'errore tragico e irrimediabile di schierarsi in guerra a fianco della Germania nazista, gettando il paese in uno spaventoso conflitto da cui l'Italia non potrà uscire se non vinta ovvero schiava del suo potente alleato. Mussolini non può fare a meno di rendersi conto che le sorti della guerra sono ormai segnate, che colla sconfitta dell'Italia è in gioco la stessa nostra unità nazionale, che l'esercito è stanco di combattere una guerra non sua, che il popolo italiano, il quale per venti anni ha idolatrato a lui abbandonandosi colla cieca fiducia di un amante, non lo segue più e già si intravedono i segni di un doloroso rancore di chi si sente tradito. E' un rancore che può scoppiare improvvisamente con conseguenze incalcolabili, coinvolgendo non soltanto le sorti di un regime, ma altresì la vita della nazione. Si renderà conto Mussolini che i regimi politici, qualunque essi siano, sono transeunti nella vita di una nazione e che il dovere di un patriota è quello di salvare la nazione, sacrificando se stessi ed altresì le sorti del regime?. ..."  http://www.pioxii.150m.com/5.htm
     
Nato a Firenze nel 1903 da una famiglia altolocata, si laureò in Legge e scienze sociali e si iscrisse ai fasci già nel 1920. Partecipò alla Marcia su Roma. Vicesegretario del fascio fiorentino (1928-29), segretario federale fino al 1934, diresse l'organo della federazione locale "Il Burgello". Deputato dal 1934 e poi consigliere nazionale, lavorò al "Corriere della Sera". Presidente della Confederazione fascista professionisti e artisti (1934-39), saggista e scrittore, fondò il Maggio Musicale fiorentino, fece progettare la stazione di Firenze. Ministro della Cultura Popolare nel 1939-43 intese controllare capillarmente la cultura nazionale, proibendo o ostacolando autori, pittori o artisti come Moravia, Chaplin, Fred Astaire e Bette Davis (in genere il cinema americano). Sostituito da Mussolini alla vigilia del 25 luglio, divenne direttore del "Messaggero". Votò contro l'ordine del giorno Grandi e fuggì in Germania. Al rientro in Italia divenne segretario del Partito Fascista Repubblicano, ottenendo la condanna dei traditori del 25 luglio. Creò le Brigate Nere  e fu fucilato a Dongo (Giulino di Mezzegra. CO) con Mussolini, Mezzasoma, Barracu e altri.  

Alessandro Pavolini

(1903 - Dongo 1945)

     
Dopo un lungo periodo da sottosegretario (1929-1936), è chiamato a dirigere il dicastero alle Colonie o Ministero dell’Africa Italiana al momento della conquista etiopica e della proclamazione dell’Impero. Istituisce (1936) una nuova forza armata, il "Corpo della polizia coloniale", in seguito (1939) ribattezzato "Corpo di Polizia dell’Africa Italiana” o PAI, che non risponde al ministro dell’interno pur avendone tutti i crismi. E’ sua la spinta alla colonizzazione demografica della Libia, che viene realizzata da Luigi Razza nel 1932 e soprattutto da Italo Balbo nel 1938. Le sue direttive lo mostrano rigido difensore delle decisioni di Mussolini di cui condivide - e spesso amplia - impostazione e brutalità. Oltre ai metodi spicci del dopo conquista avversa l'eventualità di ricorrere, per l'amministrazione della colonia, a una forma di governo ispirata all'indirect rule britannico, o dominions, ventilata da Badoglio e Graziani. Lessona si batte per una riorganizzazione dell'assetto politico-territoriale delle terre dell'Impero da porre sotto dominio diretto italiano con esautorazione delle autorità religiose e tribali. Il coinvolgimento anche personale, che costituirà la sua fine, lo porta a nominare come Governatori su cinque due suoi cugini Alessandro Pirzio Biroli e Vincenzo De Feo. Il sospetto è che "attraverso i governatori” e la parentela che ha in AOI stia costruendo un vero e proprio feudo personale. Sospetti che, irrobustiti da rapporti dei carabinieri, inducono Mussolini a rimuovere Lessona dal dicastero il 19 novembre 1938. Non sarà più chiamato a ricoprire alcun incarico.  

Alessandro Lessona

(1891-1991)

Born in Rome, Italy, was a political figure during the fascist regime. His first government assignment was Vice president of the Mystic Fascist School in 1930. From 1932-1935, he was a member of Member of Federal Directory in Perugia. From 1935-1937, he served as vice president of GUF (Fascist University Youth for Perugia Province). On January 12, 1937, he became a Member of PNF National Directory. In 1939, he became National counselor of the PNF, and Vice President. When Italy declared war on Great Britain and France, he volunteered as in 7th Tenente Artillery Division. In 1942 he quit the army to become the General Director of Italian press, which he served until 1943. In September 1943, he became the Italian Social Republic's first Minister Popular Culture, which he served until Italian Social Republic's dissolution in 1945. On April 28, 1945 he was executed by partisans in Dongo Giulino di Mezzegra (CO).  

Fernando Mezzasoma

(August 3, 1907-Dongo April 28, 1945)

 

Francesco Maria Barracu nasce a Santu Lussurgiu (CA) l’1 novembre 1895. Durante la Grande Guerra perde il braccio destro combattendo sull’Isonzo e, Tenente, nel 1916 è prigioniero degli austriaci, ma poco dopo rimpatria per scambio umanitario e trova impiego in colonia. Nel 1921 sull’onda della caccia al reduce aderisce al fascismo. Nel 1935-1937 partecipa alle operazioni in Etiopia come comandate del III battaglione Dubat, composto da truppe arabo-somale. Il 3 marzo 1937 perde un occhio in un'azione di rastrellamento. Insignito di medaglia d'oro, torna a Roma dove si dedica al giornalismo, occupandosi soprattutto di questioni coloniali. Nel 1941 è Segretario del PNF della Cirenaica e a Bengasi perde la moglie sotto un bombardamento. Nel 1942 è Segretario Federale dell’isola di Corfù e nel 1943 di Catanzaro. Dopo l'8 settembre 1943 si adopera a Roma per dar vita al nuovo governo repubblicano e per convincere il maresciallo Graziani ad assumere il ministero della Difesa Nazionale. Nominato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio della RSI, ha parte notevole nel trasferimento al nord dei funzionari dei ministeri e nella riorganizzazione dell'amministrazione repubblicana. Vanamente si impegna per costituire una legione sarda per la difesa dell'isola e gli riesce solo la la costituzione a Capranica (VT), agli ordini del Colonnello Bartolomeo Fronteddu, del Battaglione “Volontari di Sardegna-Angioy” con un organico iniziale di oltre mille volontari tratti dai venti mila sardi rimasti sul continente.  

Francesco Maria Barracu

Santu Lussurgiu (CA) 1895 - Dongo 1945

     

Primo Governo della Repubblica Sociale Italiana Presidente Benito Mussolini fucilato (+)a Dongo ----- MINISTRI 

http://www.larchivio.org/xoom/23settembre43.htm  1a riunione Salò

Il 28 settembre 1943, alla Rocca delle Caminate di Meldola (FO), inizia a svolgere l’incarico di segreteria nella prima delle 17 sedute del Consiglio dei Ministri. Sedute che proseguono a Gargnano (BS) fino al 16 aprile 1945.
Il Battaglione sardo, dopo addestramento a Roma ai primi di dicembre e poi a Cremona, opera anche in Istria. Ai primi di gennaio 1944 dopo una segnalazione dalla Sardegna, però errata, invita il direttore Pietro Caporilli del settimanale LA DOMENICA DEL CORRIERE a pubblicare in una delle due copertine un disegno sullo scontro di fascisti sardi e un Reparto britannico. Di vero c’è che il 3 dicembre 1943, alla Maddalena, viene bloccato dalla Marina britannica un Mas diretto alle coste toscane con a bordo il Maggiore Giovanni Martini che ha con sé un verbale datato 18 settembre per la costituzione in Sardegna del PFR, con 15 firme.
De Bono
In occasione della prima riunione del direttorio nazionale del Partito fascista repubblicano, attacca il segretario del partito Pavolini e il ministro Buffarini Guidi, chiedendone la sostituzione, ma il tentativo cade nel vuoto.
Presente ai colloqui del 25 aprile 1945 all’interno dell’Arcivescovado di Milano, tre giorni dopo è nel gruppo dei mitragliati a Dongo (CO) e la sua salma viene esposta a piazzale Loreto.

Emilio De Bono + Verona 1944
quadrumviro ha una scheda propria in questa sezione personaggi

Nicola Bombacci morto a Dongo  ha una sua scheda in questa sezione

Sottosegr. alla Presid.: Francesco Maria Barracu - +
Min. Esteri Mussolini Sottosegretario: Serafino Mazzolini
Min. dell’Interno: Guido Buffarini Guidi - giustiziato il 10 luglio a San Vittore
Min.
della Difesa:Gen. Rodolfo Graziani (vedi  personaggi)
Min.
delle Finanze:Domenico Pellegrini Giampietro - muore a Montevideo il 18 giugno 1970
Min. della Giustizia: Antonino Tringali Casanova - morte naturale il 2 Novembre 1943. (sostituito da Piero Pisenti).

Min. dell’Agricoltura Edoardo Moroni
Min. dell’Economia Corp: Silvio Gai - muore a Livorno il 2 novembre 1967 (gli successe Tarchi)
Min. dell’Educazione: Carlo Alberto Biggini - muore di cancro in una clinica di Milano (19 novembre 45)
Min. della Cultura Pop.: F. Mezzasoma -  +  
Min. dei Lavori Pubblici: Ruggero Romano - +
Min. per le Comunicazioni: Carlo Peverelli
Min.
del Lavoro Giuseppe Spinelli - muore a Cremona il 17 gennaio 1987
Segr. del P.F.R. : Alessandro Pavolini -
+   Dongo
Comandante della MSVN  Renato Ricci
(vedi scheda in questa sezione personaggi)

Torna all'indice dei personaggi

  Chiudi