RENATO RICCI 1896-1956 Raccontato dal figlio Giulio |
![]() |
|
Mio padre è nato a Carrara l'1 giugno
1896: suo
nonno, valoroso garibaldino, fu ferito a Calatafimi. Si è diplomato in
ragioneria a 18 anni approfondendo le sue conoscenze di testi classici,
scientifici e di arte. Dopo essere stato ardente interventista si è arruolato
nel 5° Bersaglieri ed ha partecipato al primo conflitto mondiale, venendo
decorato ben tre volte (una croce al merito e due medaglie al valore).
Il 19
settembre 1919, seguito da tutto il suo Battaglione, si unisce a D'Annunzio,
che aveva appena occupato Fiume. Viene nella circostanza incaricato del comando della Compagnia
Bersaglieri del Battaglione Carnaro a Zara. Nel 1921 fonda la Sezione del
Partito Fascista di Carrara e partecipa l'anno dopo alla marcia su Roma, scortando
il treno di Mussolini. Da lui ha anche l'incarico di assumere il comando delle
squadre fasciste a S. Marinella. In seguito ricoprirà la carica
di Vicesegretario del P.N.F. con funzioni ispettive. Nel 1924 ottiene il
brevetto di pilota aviatore, che manterrà valido fino al 1944, con un imponente
numero di ore di volo. Nello stesso anno viene eletto Deputato al Parlamento e
promuove la costituzione del Consorzio Marmi, per sollevare la sua regione dalla
grave crisi economica che stava attraversando. Nominato nel 26 sottosegretario
all'Educazione Nazionale promuove e dirige quella che divenne l'Opera Nazionale
Balilla (ONB). Fu a capo dell'O.N.B. dal 1926 al 1937 creando grandiosi complessi come
il Foro Italico a Roma, diversi collegi aeronautici e navali e 900 case Balilla. Nel 1937 l'O.N.B. fu assorbita dal Partito
e Renato Ricci fu
messo da Mussolini alla testa del Ministero delle Corporazioni. In tale veste
egli fu uno dei maggiori responsabili del programma dell' "Autarchia",
che consentì la creazione della grande industria italiana. Nel dicembre 1940, vista la tragica
situazione delle operazioni militari del fronte greco-albanese, lasciò il suo
posto di Ministro e come Tenente Colonnello dei Bersaglieri raggiunse in prima
linea, sul fronte di Berati, il suo vecchio reparto della grande guerra.
Anche qui, per azioni svolte al di là delle linee, venne decorato due volte al
valor militare. Al termine della campagna,
riprese il suo lavoro di Ministro fino al febbraio del 1943 pochi mesi prima
della caduta di Mussolini. Dopo il 25 luglio del 43 cominciò immediatamente la
persecuzione dei fascisti con
arresti, perquisizioni. Morirono in drammatiche circostanze Ettore Muti e il
maresciallo Cavallero, entrambi strettissimi amici di mio
padre. Preavvisati dall'Ambasciata germanica di essere in pericolo di
vita, mio padre ed io raggiungemmo con una rocambolesca avventura l'aereo di
Kesserling, presso Lucca, che ci portò al quartier generale di Hitler sui laghi
Masuri (confine Russo). Era il 17 agosto 1943. Eravamo completamente
isolati dall'Italia, senza contatti e notizie. La notte fra l'8 e il 9 settembre
1943, mio padre fu improvvisamente convocato da Hitler, che sovraeccitato e
infuriato, gli comunicò l'armistizio italiano. Hitler chiese a mio padre lumi e
consigli su chi poteva prendere le redini del paese. Mio padre indicò senza
esitazione Mussolini come l'unico che poteva avere ancora credito in Italia. Il 12
settembre Mussolini fu liberato dalla sua prigione sul Gran Sasso dai
paracadutisti di Student che da sempre conoscevano la località di
detenzione. Il 17 settembre 1943 mio padre prese possesso a Roma del Comando
della M.V.S.N raccogliendo ciò che rimaneva della Milizia, dei Carabinieri,
della Polizia Africa Italiana ed accogliendo numerosi giovani volontari, che lo
ricordavano e lo stimavano come ex combattente. Mio padre riuscì a creare la Guardia Nazionale Repubblicana che
comandò fino al 24 agosto 1944. Alla richiesta avanzata dal Maresciallo
Graziani di 7.000 uomini da destinare alla difesa contraerea, mio padre rispose negativamente ed in
maniera molto energica.
Tale atteggiamento indusse Mussolini ad esonerarlo dal
comando della G.N.R. Mio padre non solo era un fedelissimo della
prima ora, ma gli voleva anche molto bene, pur tuttavia rifiutò recisamente di
mandare all'artiglieria contraerea,( sotto il comando tedesco), migliaia di
giovani, tutti volontari, che come appartenenti ai reparti d'assalto
desideravano ritornare al fronte sotto bandiera italiana. I rapporti con i
tedeschi andarono via via peggiorando dopo i tagli di armi, mezzi ed equipaggiamenti a suo tempo formalmente promessi dallo
stesso Hitler.
Per procurarsi armi e soprattutto benzina, elementi della G.N.R.,
travestiti da
partigiani, assaltarono più volte magazzini tedeschi pieni di materiale italiano
requisito. Estromesso anche dal comando della GNR, e rimasto soltanto Presidente dell'O.N.B.
(che
si occupava di assistenza
alle famiglie) rimase presidente
della Federazione Italiana Sport Invernali, presidenza che aveva dal 1926. In
tale veste, dopo i noti scontri con i tedeschi, ricevette sollecitazioni da noti maestri di sci e guide alpine a lasciare la Repubblica
Sociale e a unirsi ai partigiani in montagna, cosa che rifiutò. Il 25 aprile
del '45 mio padre, con gli Ufficiali della G.N.R. che erano rimasti alle sue
dipendenze, chiese di essere ricevuto da Mussolini. Preciso che
mio padre deve la sua salvezza ad un piano predisposto ormai da tempo. Aveva infatti
individuato e preparato una casa che lo avrebbe ospitato, in caso di
necessità una volta finita la guerra, consentendogli di attendere l'evolversi
della situazione politica. Per una spiata fu invece arrestato il 28
giugno 1945. Dopo l'arresto è rimasto in prigione per cinque anni, subendo processi
e severissime indagini finanziarie, morali e
patrimoniali. Renato Ricci morirà
a Roma nel 1956.
(immagini
tratte dal racconto riassunto)