DON ELIO "Luigi" MONARI Spilamberto 25/10/1913 - Firenze 16/7/1944
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Carità sparisce, dopo Firenze e Padova, fino al maggio 1945, quando gli americani entrano armi alla mano nella stanza di una pensione dell' Alpe di Siusi, in Alto
Adige. Qui il «maggiore» ha creduto di essere al sicuro.
Al momento dell'irruzione è a letto con l'amante; appena vede le divise alleate afferra la pistola che ha
a portata di mano e spara subito alla donna che è con lui, per togliere
forse di mezzo una pericolosa testimone a suo carico. Riesce anche ad uccidere un soldato
americano ma una sventagliata di mitra pone fine ai suoi giorni...
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Di famiglia contadina, era stato ordinato sacerdote nel 1936 (laureato alla Università Cattolica del Sacro Cuore) ed aveva cominciato ad insegnare Lettere all’Istituto San Carlo di Modena, facendo contemporaneamente l’assistente dell’Azione Cattolica modenese (Giac). Dopo l’armistizio, don Elio fu tra i primi a Modena ad impegnarsi nella Resistenza, nel ruolo che meglio gli si confaceva: prestare aiuto ai militari italiani sbandati, agli ex prigionieri alleati, agli ebrei e ai patrioti che stavano per essere deportati in Germania, nascondendoli nella sua chiesa di San Biagio a Modena. Ben presto il sacerdote si trovò a capo di un’organizzazione clandestina, ramificata dalla Svizzera a Roma, che riuscì a portare in salvo decine e decine di persone. Don Elio riuscì ad operare, senza destar sospetti, sino al febbraio del 1944, quando, con l’aiuto di medici ed infermieri, riuscì a far evadere dall’Ospedale civile di Modena un partigiano ferito che vi era ricoverato: il maestro Alfeo Martini, con un abito talare da lui portato, riuscì ad eclissarsi, ma l’attenzione della polizia fascista finì su don Elio, che qualche mese dopo dovette lasciare Modena e rifugiarsi in montagna a Farneta di Montefiorino. Qui don Monari (col nome di battaglia di "Don Luigi") divenne cappellano partigiano della Brigata "Italia. "Il 26 Giugno 1944 "Don Luigi" confortò con i sacramenti quattro sergenti repubblicani che vennero giustiziati a Pianellino. Il 29 Giugno altri tredici tra repubblichini, borghesi e tedeschi furono giustiziati ma non fu avvisato e lo seppe a esecuzione avvenuta con suo grave dispiacere. Nella predica del 29, festa di San Pietro e Paolo disse parole un pò forti alludendo ai fatti del mattino."( Ermanno Gorrieri). Il 5 luglio del 1944, durante un rastrellamento e negli scontri che ne seguirono, un ufficiale tedesco, chi dice anche un partigiano, era caduto gravemente ferito a poca distanza da lui nella zona di Monchio. Don Elio uscì allo scoperto e raggiunse il soldato morente per amministrargli i sacramenti. Mentre è chino su di lui, arrivano due tedeschi che vedendo la camicia militare americana kaki gridano “prete, pastore, bandito”(la versione col partigiano ha naturalmente un andamento diverso con l'arrivo dei tedeschi ma il risultato è lo stesso). Tradotto da S. Anna Pelago a Firenze, nella famigerata "Villa Triste", don Monari vi fu torturato per 10 giorni. Si suppone poi che sia stato eliminato con altri partigiani, dei cui corpi è stata trovata traccia 12 anni dopo. I corpi riesumati si trovano in una cappella del cimitero di Rifredi. L’ultimo indizio su don Elio, oltre al passaggio da S. Anna, una tonaca, notata da una donna che il 16 luglio era andata in via Bolognese a Firenze, dove stazionavano i fascisti della Banda Carità; l’abito talare era stato gettato tra le immondizie. |
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Croci al Pianellino dal libro di Casimiro Bettelli- I preti uccisi | ||
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Caduta Montefiorino, le formazioni partigiane si piazzarono attorno al
paese e nelle località circostanti, disponendosi ad eventuali attacchi
che, da un complesso di cose, parevano nell’aria. Anche la formazione
«Claudio» (E. Gorrieri) prendeva stanza fra Gusciola e Frassinoro, con
continui spostamenti. Si facevano intanto approcci fra le due parti per
scambi di prigionieri. Fu proprio in questi giorni che avvennero due
esecuzioni capitali. Prima quella della località Pianellino, a un tiro
di schioppo da Montefiorino. Don Elio avvertito in tempo, arrivò a
confessare quella gente ed amministrò loro i sacramenti. Quanti erano? E
chi erano? Pare si trattasse di alcuni prigionieri o di ostaggi del
partigiano Nello che operava nella zona vicina ai tedeschi, fra
Savoniero e Pianorso. C’è chi vuole fossero ufficiali e sottufficiali
dell’Accademia di Modena che erano stati inviati in montagna dal
C.L.N. e che avrebbero dovuto prendere il comando di
certe formazioni. Fatto sta che costoro, in che numero non è bene
precisato, vennero poco dopo fucilati con un ordine scritto. Poi venne la volta di Nello stesso. Perchè? Forse Nello parlava troppo in giro e sapeva troppo? Fatto si è che venne prelevato con un futile pretesto e fu eliminato molto sbrigativamente. Don Luigi arrivò che stavano per eseguire la sentenza, invero incomprensibile e assurda; gli amministrò i sacramenti. Dopo il fatto, si recò a Gusciola presso la formazione di Claudio dove c’era anche il fratello Erio Monari. «Venne a dormire che era sera tarda. Non aveva mai dormito là. |
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Ermanno Gorrieri (Claudio)
nel suo libro sulla storia
della Repubblica di Montefiorino riferisce il caso di Olimpio Corti,
barbiere e fotografo di Montefiorino. I suoi spostamenti per lavoro
destavano sospetti. Alla bisogna fotografava amici e nemici. Per questi
rapporti e per gli spostamenti che faceva fu accusato di essere una spia
e fu ucciso mediante fucilazione su ordine di Nello Pini. Così rai 3 la Storia siamo noi: Una volta neutralizzati gli elementi più violenti e incontrollabili, veri e propri briganti che approfittano della situazione caotica, del vuoto istituzionale per commettere solo violenza e atrocità (è il caso della brigata di Nello Pini), le milizie partigiane possono proseguire negli attacchi con il sostegno dei civili. |
Ricordo che disse queste
parole esatte, parlando di Nello: “Non lo hanno mai ammazzato per
i veri delitti, lo hanno fatto fuori per una colpa che non aveva
commesso “. Don Luigi era chiaro anche
nel parlare come nel suo volto. Il giorno 29 giugno altri vennero
uccisi: una decina e oltre fra tedeschi, repubblicani e borghesi, senza
che nessuno gliene facesse parola, anzi tenendoglielo nascosto, perchè
non portasse i soccorsi della fede a quella povera gente. Don Luigi in
quella ricorrenza dei Santi Pietro e Paolo, durante la Messa, disse
parole pesanti contro le ingiustizie invano mascherate di legalità o i
palesi atti di barbarie. Gridò addirittura contro il sangue sparso
inutilmente, contro le esecuzioni fatte avventatamente e alla macchia,
contro chi si credeva di potere anteporre alla giustizia di Dio la
propria giustizia che era vendetta, o sete di sangue. Evidentemente Don
Luigi aveva sofferto per il fatto di non essere stato chiamato, quando
tutti sapevano che lui era il cappellano partigiano e che sarebbe
senz’altro andato a costo di rimetterci la pelle. Dopo la Messa qualcuno lo avvicinò: «Don Luigi, stia attento a parlare così; non vorrei che una volta o l’altra capitasse brutta anche a lei. Non si mostri troppo in giro, in certi momenti!» Ma lui? Lui non ci faceva caso. Continuava a fare come prima; cioè l’uomo di Dio. Per lui erano tutti uguali: bianchi e rossi, o neri. Mai andava armato, sempre vestito della sua povera tonaca lisa e strappata, sempre in mezzo a tutti. Ma ormai, proprio nel cuore di questa drammatica vicenda partigiana fatta di errori e di vittorie, di orrori e di pagine d’eroismo, si andava inserendo anche la sua: l’ultimo atto del suo dramma di partigiano di Dio, in quella ormai calda fine di giugno che la montagna stava maturando il grano nuovo per i patrioti. |
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Major Mario Carità. As the Allies advanced towards the north, Carità and his mistress fled Padua, scene of his notorious unit's last operation. He was eventually found in a mountain hideout in the Alto Adige by an advance patrol of American soldiers and killed in a shootout in the dead of night. The banda was perhaps the most infamous of the special units of semi-autonomous security police set up by the puppet Fascist regime. In Florence during the first half of 1944 (the Allies did not reach the city until summer) and later in Padua (until the liberation of the city in April 1945), Carità's gang, which included common criminals sprung from prison, waged a ruthless campaign of repression against Jews and opponents of the Fascist regime unfortunate enough to fall into their clutches. In sequestered private Florentine homes, and later in the magnificent Palazzo Giusti in Padua, the banda conducted sadistic, bloody interrogations. In the period of its greatest power in Florence, the group numbered at various times from seventy-two to one hundred seventy-eight, and included informers, bodyguards, interrogators, militia, and stenographers, as well as chauffeurs, cooks, and mechanics; but the remnant that went on trial in Padua was reduced to only nineteen persons. ... The sequel to the Paduan trial is murky. Although the defendants were sentenced to capital punishment or to long prison sentences, their eventual fate after lengthy appeals is unclear. Many former Fascists, at least those who did not receive summary justice at the hands of partisans at the very end of the war, eventually received amnesty from the government. http://www.library.wisc.edu/libraries/dpf/Fascism/Carita.html in Inglese | ||
Mario Carità ... Vestiva in borghese, ma a guisa sportiva, camicia alla Robespierre e calzoncini corti. Sui capelli nerissimi, spiccava una candida ciocca in mezzo alla fronte, rivelatrice di anomalie del sistema nervoso; questa fronte era bassa, il grugno suino. Notai subito la bocca sensuale, carnosa, sul viso floscio e giallastro, lo sguardo costantemente collerico, i pugni che stringeva continuamente parlando. Il viso, di un’asimmetria sconcertante, gli orecchi callosi, piccoli, accartocciati, il mento prominente dalle favolose mascelle avrebbero fatto fare a Lombroso salti di gioia, e anch’io, per quanto estraneo agli studi di medicina legale e sebbene distratto da altre meditazioni, non seppi trattenermi dall’ammirare quello splendido campione di delinquente. Così fu descritto Mario Carità da una delle sue vittime, lo scrittore e traduttore Augusto Dauphiné. | ||
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La banda Carità (gente con pendenze penali sulle
spalle), che si era data all'interno della 92a legione della MVSN la
funzione di "Ufficio politico investigativo" o R.S.S. (Reparto Servizi
Speciali) stazionava nell'estate del '44 a Firenze in Via Bolognese al
numero 67, in quella che era chiamata anche Villa Triste. Facevano parte della banda oltre che Mario Carità, personaggi come Pietro Koch, il suo braccio destro Giuseppe Bernasconi ed il frate Alfredo Epaminonda "Ildefonso" Troja, al secolo Elio Desi, dell'Ordine dei Benedettini (Alcuni sacerdoti, con la disapprovazione della gerarchia ecclesiastica, collaborarono con i “repubblichini” come cappellani di unità di repressione antipartigiana. Rendina elenca alcuni casi: oltre al frate Epaminonda Troja, si ricorda padre Padre Eusebio, al secolo Sigfrido Zappaterreni, che alloggiò all’hotel “Plaza” a Milano. A Torino operò il frate Edmondo De Amicis, che parlò alla radio fascista e collaborò con i militi della caserma “Asti”, sede della milizia. Troja verrà amnistiato nel '53, De Amicis verrà assassinato a Torino dai gappisti il 24/4/45 mentre Padre Eusebio fu condannato a 20 anni di reclusione. Scarcerato per amnistia nel 1946, fu inviato in Argentina dove visse fino alla morte (8/11/85) prestando la sua opera presso il Sanatorio Municipale di Buenos Ayres). All'avvicinarsi del fronte Mario Carità fugge a nord, lasciando le redini a Giuseppe Bernasconi, che si macchia tra l'altro della strage di piazza Tasso del 17 luglio e dell'uccisione di Don Monari il 16. |
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MARTEDI 4 LUGLIO 1944 | ||
Ermanno Gorrieri Gorrieri, S.Ten Alpino, dall’agosto 1943, si trova in licenza quando viene dato l’annuncio dell’armistizio. Organizza con altri giovani, il recupero di armi e crea depositi ed equipaggiamenti sull’Appennino modenese. Nominato rappresentante della Democrazia Cristiana nel Comitato militare, organo del CLN, organizza la stampa clandestina e piccole attività di sabotaggio collaborando con Don Monari nel salvataggio di militari alleati e soprattutto di ebrei. Nell’aprile del 1944 sfugge alla cattura da parte della polizia fascista e, in maggio, guida in montagna il primo nucleo partigiano democristiano col nome di battaglia “Claudio”. Al termine dei 45 giorni della Repubblica di Montefiorino viene nominato comandante della 27° Brigata Garibaldi “Antonio Ferrari”, di composizione mista (democristiani, partito d’azione, comunisti). Gorrieri nel frattempo promuove e coordina l’organizzazione delle formazioni armate democristiane della pianura, le quali, riunite sotto il nome di Brigata Italia Pianura, parteciperanno ai combattimenti della Liberazione. Da allora ricopre varie posizioni all’interno del sindacato, partito e associazioni cattoliche fino alla sua lezione a deputato al Parlamento per la D.C. nel quinquennio 1958-1963. Dal 1966 è membro del Consiglio Nazionale della DC, fino a tutti gli anni settanta. Rinuncia alla ricandidatura al parlamento per dedicare maggiore impegno nelle organizzazioni locali. Dal 1970 al 1975 è consigliere regionale dell’E. Romagna. |
Ai margini del cosiddetto "territorio libero" di Montefiorino, le truppe tedesche, nell’attesa dell'accerchiamento definitivo che doveva poi realizzarsi alla fine del mese, continuavano in piccole azioni di penetrazione nel territorio e di disturbo delle formazioni partigiane che lo presidiavano.
Il fronte stava arretrando dalla Toscana e quella zona insicura sarebbe
diventata la loro retrovia. In questo giorno portano un ulteriore attacco al piccolo centro di Piandelagotti già duramente colpito nei giorni di fine Giugno. Lo scontro venne provocato da formazioni partigiane come viene raccontato dal Parroco del Comune di Pievepelago, nelle sue memorie:
“Tutto è cominciato quando i tedeschi hanno costretto il parroco di S. Anna Pelago, Don Carlo Berselli, ad accomodare il ponte sul Dragone con l'aiuto di una squadra di donne, essendo gli uomini irreperibili.
Appena Don Berselli e le donne sono arrivati sul posto, distante circa 8 km. da S. Anna, i partigiani che facevano buona guardia, hanno dato inizio ad una rabbiosa sparatoria dai boschi che costeggiano la strada, provocando l'immediata risposta dei tedeschi. La situazione dei civili divenne oltremodo drammatica. Quantunque i partigiani avessero cura di non colpirli, bastava un minimo errore in quella mischia furibonda per provocare una strage di inermi. Fortunatamente il parroco e le donne poterono allontanarsi con estrema cautela dal luogo e raggiungere le loro famiglie." Nello scontro tra partigiani e tedeschi, che si protrasse sin dentro al paese di Piandelagotti, rimasero uccisi due partigiani e sette soldati tedeschi. Verrà inoltre catturato il prete partigiano
Don Elio Monari (Luigi) che, trasportato a Firenze, viene ucciso dalla Banda Carità (notizia non accertata
in quanto Carità non era più presente a Firenze e quindi la banda o
quanto restava era in mano al suo Vice Bernasconi). MONARI Don Elio |