PIETRO BADOGLIO            

Nacque a Grazzano Monferrato, oggi Grazzano Badoglio, il 28 settembre 1871 da una famiglia di agricoltori. Entrato all’Accademia Militare di Torino, fu promosso Sottotenente di artiglieria il 16 novembre 1890 e Tenente il 7 agosto 1892. Trasferito al 19° artiglieria da campagna a Firenze, vi rimase fino al febbraio 1896, quando fu inviato in Eritrea con la spedizione del Generale Baldissera. Partecipò alla puntata su Adigrat per liberare dall’assedio il Maggiore Prestinari e poi, terminate le ostilità con l’Etiopia, rimase per circa due anni di guarnigione sull’altopiano. Rimpatriato alla fine del 1898, frequentò la Scuola di Guerra, distinguendosi per intelligenza e grande tenacia nello studio. Promosso Capitano il 13 luglio 1903, fu trasferito al 12° da campagna di stanza a Capua. Fu indi assegnato al comando del C.d.A di Bari e allo Stato Maggiore (S.M.), ufficio regolamenti. Una carriera fino a quel momento regolare, accelerata dalla guerra di Libia, alla quale Badoglio partecipò fin dall’inizio. Fu infatti, decorato al v.m. per aver organizzato l’azione di Ain Zara e promosso Maggiore per merito di guerra per aver pianificato l’occupazione dell’oasi di Zanzur. Rimpatriato, fu assegnato al 3° artiglieria da fortezza di stanza a Roma. T. Colonnello il 25 febbraio del 1915, fu assegnato allo S.M. (staff) della 2ª Armata e con l'inizio della guerra al comando (non in comando) della 4ª divisione, il cui settore era dominato dal Sabotino. Questo monte privo di vegetazione e fortemente fortificato dagli Austriaci, era fino ad allora giudicato imprendibile. Badoglio ebbe l’idea di espugnarlo usando il procedimento delle parallele. I lavori per scavare e rafforzare le successive trincee durarono mesi. Badoglio, promosso Colonnello nell’aprile 1916 e divenuto capo di S.M. del VI C.d.A, continuò a dirigerli e comandò personalmente la brigata che effettuò la conquista del Sabotino il 6 agosto 1916. Promosso Maggior Generale per merito di guerra, continuò nell’incarico di Capo di S.M. fino al novembre, quando prese il comando della brigata Cuneo. Nel maggio 1917 fu incaricato nel comando (incarichi superiori al grado) del II C.d.A qualche giorno prima dell’inizio della 10ª battaglia dell’Isonzo.

Il II C.d.A conquistò il Vodice e Monte Kuk, posizioni ritenute quasi imprendibili, e naturalmente Badoglio acquistò nuovi meriti, tanto che il comandante della 2ª Armata, Capello, nella successiva 11ª battaglia lo destinò al comando del XXVII C.d.A. (da T. Colonnello a T. Generale in due anni e in 5 anni da Capitano a Generale di C.d.A.: il 30 giugno 1912 ottiene, per il suo brillante comportamento in operazioni in Libia, la promozione al grado di Maggiore nell’Arma di Artiglieria per "meriti di guerra"e  il 30 settembre 1917 il comando del XXVII C.d.A mobilitato (27°) sempre per "meriti di guerra". Se non è carriera questa).

Badoglio continuò a comandare il XXVII corpo e fu proprio nel suo settore che la mattina del 24 ottobre 1917 gli Austro-Tedeschi sfondarono dando inizio alla rotta di Caporetto. Badoglio, nonostante il disastro, fu nominato Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito unitamente al generale Giardino. Lavoratore instancabile, Badoglio divenne presto il punto di forza del nuovo Comando Supremo e quando, nel febbraio 1918, il generale Giardino fu inviato a Versailles, divenne titolare unico e alter ego di Armando Diaz. Condusse le trattative per l’armistizio del 4 novembre 1918 con equilibrio e fermezza. Il 24 febbraio 1919 Badoglio fu nominato Senatore. Nell’agosto 1919 il Comando Supremo fu sciolto ma Badoglio continuò a ricoprire l’incarico di Sottocapo di S.M. Nel settembre il Presidente Nitti lo nominò Commissario straordinario del governo per la Venezia Giulia e lo mandò a Fiume, occupata da Gabriele D’Annunzio con i suoi volontari. Il 2 dicembre Badoglio, promosso Generale d’Esercito e nominato Capo di S.M. al posto di Diaz, tornò a Roma. Nel febbraio 1921 lasciò l’incarico ed entrò a far parte del Consiglio dell’Esercito. Nel 1923 Mussolini, in forte ruggine con lo stesso tanto che arrivava alla minaccia di farlo fuori per la fronda che gli faceva da parte monarchica, lo mandò in Brasile come ambasciatore, ma già nell’aprile del 1925 fu richiamato a Roma e nominato Capo di S.M. Generale, incarico allora abbinato a quello di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Uno dei tanti ripensamenti di Mussolini ?. "Oggi alla Camera si parlava insistentemente della nomina del generale Badoglio a capo di Stato Maggiore dell'Esercito ….Molti sanno che Badoglio è il maggior responsabile di Caporetto, ma pochi conoscono il contegno ignobile tenuto da lui l'indomani della disfatta, quando abbandonò senza comando, sulla sinistra dell'Isonzo, tre delle quattro divisioni del suo 27° Corpo d'armata per correre ad Udine e a Padova ad assicurarsi la impunità e a brigare per la sua nomina a sottocapo di Stato maggiore. E' un uomo di un'ambizione insaziabile. Se si trovasse a capo dell'Esercito sono sicuro che egli approfitterebbe della carica per tentare la scalata al Governo. Io non ho candidati da proporre; confermo, anzi, che dei generali più in vista, nessuno secondo me, dà sufficienti garanzie di fedeltà al nostro regime. Ma sotto questo aspetto, Badoglio sarebbe certamente il peggiore di tutti. E. Rutigliano ex deputato. 4 aprile 1925 al termine di un dibattito alla camera (Mussolini; Storia di un anno; Il tempo del bastone e della carota; pag. 132, Ediz La Fenice, Firenze-Roma, 1984). 

LA DISCIPLINA CADORNA FRA LE ALTE SFERE http://www.biblio-net.com/storia/il_fronte_italiano.htm
Nessun ufficiale poteva ribellarsi agli ordini superiori. La disciplina era una delle regole ferree dell’esercito regio. Chiunque osava mettere in discussione le strategie militari di Cadorna, incappava nel siluramento del generalissimo. Non si salvarono generali di grosso spessore, come Giuseppe Venturi, il conquistatore del Sabotino e del Passo della Sentinella. Così racconta il suo “siluramento”il nipote Paolo Caccia Dominioni: “ […] In agosto comandava la 14° divisione, proprio a contatto della mia 4° e anche lui doveva attaccare Castagnevizza. Gli ordini erano per il solito attacco frontale. Lui si oppone, dice che non vuole massacrare migliaia di uomini per rispetto a una teoria quando è possibile, con un po’ di scaltrezza, sfruttare i fianchi del nemico. Succede un pandemonio: stavolta la protezione del cugino generale Porro [vice capo si stato maggiore]non ha salvato Venturi dal siluro di Cadorna.”.
La grande fermezza del generale Venturi appare anche dalla pagine del già citato De Simone: “[…] anche il duca d’Aosta, per non essere da meno agli occhi del re [che lo teneva nelle sue grazie], concesse al colonnello Badoglio, per l’azione del Sabotino, la nomina a maggior generale. Ben altro meritava Badoglio, visto che il suo diretto superiore in quell’azione, il generale Giuseppe Venturi, lo voleva deferire alla corte marziale per aver abbandonato la testa della colonna a lui affidata, dopo la conquista del monte. Badoglio aveva l’ordine di proseguire l’avanzata verso San Valentino, invece se ne andò sostenendo che la sua missione era finita. Quando, quella sera stessa, Capello chiamò al telefono Venturi per ordinargli di proporre Badoglio all’avanzamento per meriti di guerra questi si rifiutò:- Dovrei denunciarlo – disse.- Va bene. Allora se non lo proponi tu lo proporrò io – fece Capello. Badoglio viene nominato comandante del XXVII corpo d’armata.”.[16](e fu così che ci avviammo verso Caporetto con l'accoppiata Capello Badoglio Biografia Luigi Capello
http://www.tuttostoria.net/focus_recensione.asp?id=246

Promosso Maresciallo d’Italia nel 1926, dal 1º febbraio 1927 lasciò l’incarico di Capo di S.M. dell’Esercito al Generale Ferrari. Fu inviato in Libia come Governatore generale nel gennaio del 1929. Richiamato in Patria nel 1933, nel novembre del 1935 fu inviato in Eritrea quale Comandante supremo per portare a termine la campagna. Carico di onori e di prebende, Badoglio non ebbe il coraggio di abbandonare l’incarico di Capo di S.M Generale quando Mussolini manifestò l’intenzione di entrare in guerra a fianco della Germania. Le prime cocenti sconfitte in Africa Settentrionale ed in Grecia fecero di Badoglio il capro espiatorio. Di fronte alle accuse di incompetenza, mossegli soprattutto dagli ambienti fascisti, dette le dimissioni. Tutti scaricarono su di lui l'impreparazione alla guerra, compreso Graziani. Gli eventi successivi fecero sì che Badoglio, avvicinato da alcuni uomini politici antifascisti (Bonomi, Soleri, Orlando) dimostrasse la sua disponibilità ad assumere la Presidenza del Consiglio ed a porre fine alla guerra. Il 25 luglio 1943 Badoglio divenne il Presidente del Consiglio (scelto dal Re) ed in tale veste gestì le concitate fasi dell’armistizio. Abbandonata Roma, Badoglio si recò a Brindisi con il sovrano e rimase alla Presidenza del Consiglio fino alla liberazione di Roma. L’8 giugno 1944  cedette, infatti, l’incarico ad Ivanoe Bonomi, un politico che era già stato primo ministro dal luglio 1921 al febbraio 1922. Ritiratosi a vita privata, morì a Grazzano il 10 novembre 1956.

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