LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 

 

135a DIVISIONE CORAZZATA DI CAVALLERIA -  ARIETE II  - 1943: Gen. Raffaele Cadorna

 

REGGIMENTO ORGANICI E ARMAMENTI
LANCIERI DI MONTEBELLO (8) Reco esplorante Blindo, cc, ca, moto L'8 dicembre 1942 la Divisione Ariete viene sciolta a causa degli eventi bellici ma, allo scopo di mantenere viva una tradizione così gloriosamente conquistata da un reparto pur ancor giovane (si rammenti che l'Ariete è l'Unità del Regio Esercito citata il maggior numero di volte nei bollettini del Comando Supremo), il 1 aprile 1943 viene costituita in Italia la 135^ Divisione Corazzata "Ariete", nota anche come Ariete II, e composta da Reggimenti di Cavalleria. L'organico previsto è di 9.500 uomini, 247 carri e 84 pezzi di artiglieria anche se alla data dell'8 settembre la forza effettiva è di 8.500 uomini, 176 mezzi blindati e corazzati, circa settanta cannoni e 92 mitragliere contraeree da 20 mm. A seguito dei noti fatti dell'8 settembre 1943 e dopo che l'Unità tenta vanamente di opporsi alle truppe tedesche nella battaglia per il possesso di Roma, anche per le incertezze di comando, l'ARIETE II viene sciolta. Il mezzo più diffusamente impegnato è il semovente M42 sia in funzione carro armato che controcarro nelle diverse versioni. la produzione avviata da tempo non aveva permesso di completare reparti per l'Africa e non aveva neanche permesso alla nuova generazione di carri armati convenzionali d'entrare in linea. L'unico esperimento in quantità limitata era l'ultima versione della serie M da 15 tonn con la torretta elettrica (Ferrea Mole).  
LANCIERI DI VITTORIO EMANUELE (10) 3 Gruppi (btg)  1 sq M 15/42

2 sq. smv M42-75/18

CAVALLEGGERI DI LUCCA (16) 2 Gruppi autoportati

1 gruppo armi acc.

(fanteria)

12 smv M42- 75/18

  CXXXIV C.C M42- 75/34
135° ARTIGLIERIA 3 GRUPPI MOT. 100/22- 149/19-90/53
235° ART. C.C 2 Gruppi 600 e 601 smv M42 75/32-105/25 su scafo M43
  CXXXIV GENIO  
  43° AUTOGRUPPO  
 
UN EROE QUASI DEL TUTTO DIMENTICATO di Andrea Santangelo

Il Comando della Ariete aveva imperniato la propria difesa su tre capisaldi, due lungo la via Claudia, Manziana e Bracciano, ed uno sulla via Cassia a Monterosi. Fu proprio su quest'ultimo caposaldo che, attorno alle 4,00 del mattino del 9 settembre, arrivò il Kampfgruppe Grosser della 3° Divisione Panzergrenadier, forte di una trentina di carri armati e di due battaglioni di fanteria motorizzati. Quando la testa della colonna tedesca giunse sul luogo dove il Sottotenente Ettore Rosso Sottotenente di Complemento del CXXXIV Battaglione misto genio ed i suoi genieri stavano posando delle mine, il giovane ufficiale italiano fece mettere i suoi due autocarri di traverso alla Cassia. Il Comandante dell'avanguardia tedesca ordinò agli italiani di liberare immediatamente la carreggiata, ma Rosso respinse l'intimazione e, fatti allontanare i suoi uomini, tranne quattro volontari: i genieri scelti Pietro Colombo, Gino Obici, Gelindo Trombini e Augusto Zaccanti, diede fuoco alle micce degli autocarri carichi di esplosivi mentre i tedeschi si avvicinavano. L'esplosione fu tremenda, perirono Ettore Rosso ed i suoi quattro eroici sottoposti ed alcuni tedeschi tra cui il Comandante dell'unità germanica. I Panzergrenadieren ripiegarono per riorganizzarsi e riprendersi dallo choc di questa incredibile azione italiana, ben diversa dal comportamento di quelle ore della gran parte dei militari del Regio Esercito. Quando il Kampfgruppe Grosser riprese la sua avanzata verso Roma, il caposaldo di Monterosi era pronto a riceverli.
Il Reggimento Cavalleggeri di Lucca ed il III Gruppo del 135° Reggimento Artiglieria su pezzi da 149/19 respinsero le unità germaniche che non furono più in grado di attaccare per il resto della giornata. Tra gli italiani si lamentò la perdita di 20 uomini e 4 carri armati, oltre ad una cinquantina di feriti, tra i tedeschi le perdite furono similari con qualche mezzo blindato in più andato in fiamme. Se si considerasse che alla stessa ora, circa le 8,00 del mattino, nel settore sud di Roma la Divisione Granatieri di Sardegna ancora teneva bene contro i ripetuti assalti dei parà tedeschi della 2° Divisione Fallschirmjäger, allora si potrebbe affermare che sarebbe bastato avere una parvenza di Stato Maggiore dellEsercito per organizzare i reparti, evitare lo sbandamento ed ottenere una vittoria, certamente non risolutiva, che avrebbe dato lustro ed onore all'Italia agli occhi degli Alleati. Ben altro significato, allora, avrebbero assunto le ben 12 Medaglie d'Oro al Valor Militare concesse ad eroici e sfortunati soldati ed ufficiali italiani come Rosso.

Ettore Rosso nacque nel 1920 a Montechino di Gropparello (Piacenza), allo scoppio della guerra era uno studente del Politecnico di Milano, ma subito si arruolò volontario e venne destinato al 3° Reggimento genio. Da lì passò in Slovenia con il grado di sergente nel IV Battaglione telegrafisti con compiti di presidio. Dopo aver brillantemente frequentato il Corso per Ufficiali di Complemento del Genio, fu nominato Sottotenente ed inviato al CXXXIV Battaglione misto genio della Divisione di cavalleria corazzata Ariete, allora in fase di costituzione. L'Ariete faceva parte del Corpo d'Armata Motocorazzato (CAM) insieme alla Divisione corazzata Centauro, alla Divisione motorizzata Piave ed alla Divisione Granatieri di Sardegna.

GENERALE RAFFAELE CADORNA

Mentre Cadorna assume dopo il 43 incarichi nel governo di Liberazione, il 19 ottobre 1944 parte una commissione d'inchiesta sui fatti dell'8 settembre a Roma. Tutto andrebbe bene, per lui arriva addirittura un elogio e le reprimende per i suoi superiori, se non fosse che in un impeto di perfezionismo realista, prende la parola in parlamento all'indomani dei risultati della commissione. Era l'11 marzo del 49. Il tempo trascorso aveva messo le ali ai suoi detrattori che, come si dice in gergo, aprirono il sacco. Sul giornale romano "Il merlo giallo" si scatenò la caccia a Cadorna. ….. Quando gli si presentò (nei giorni 9/10 settembre 43) l’occasione di dare esecuzione ai suoi patriottici programmi, fino allora solo cautamente espressi nelle segrete e pallide conventicole, ponendosi alla testa della sua potente unità corazzata per attaccare i tedeschi - come gli era stato formalmente e reiteratamente ordinato - egli disobbedì accampando scuse degne di una recluta e frustando così un piano di azione che - se al suo posto ci fosse stato un generale diverso - avrebbe potuto far cambiare le sorti di Roma e probabilmente di tutta l’Italia centrale. Quando successivamente gli venne ingiunto di costituire, con le armi e gli elementi della sua divisione, delle bande di patrioti in Abruzzo, egli ancora disobbedì preferendo badaluccarsi, prima, in un comodo doppio gioco con i tedeschi e poi, rifugiarsi in località extraterritoriale ove si rese irreperibile per tutto il periodo di occupazione della capitale.” (Lettera aperta al senatore Cadorna apparsa sul “Merlo Giallo” del 22 marzo 1949, a firma A.Valenti). Se aveva avuto da ridire sugli ordini del 9 dati da Carboni (o per sua mano dal Colonnello Salvi) su quelli del 10 settembre la sua posizione era indifendibile. Ricevuto un preciso ordine (al mattino presto) di organizzare due colonne per andare in aiuto dei Granatieri e di porsi al comando di una, cominciò a tergiversare su presunti attacchi tedeschi rivelatisi inesistenti. Carboni spedì un uomo del suo staff per controllare e ribadire l'ordine, al chè si senti rispondere che gli serviva un ordine scritto, dopo quelli telefonici e a parole che l'ufficiale (Cadorna dichiara di non conoscerlo e pensa a un trabocchetto tedesco) gli ha rinnovato. Alle 14 finalmente le colonne sono pronte a muoversi, ma il comando viene affidato al vice Fenulli. Erano passate 7 ore e mezza. Alle 16 viene firmata la resa. Carboni non si fa attendere e dopo le dichiarazioni di Cadorna ricambia con una denuncia.

Gen. Brigata Dardano Fenulli Vice Com. Div. Ariete II

Nato a Reggio Emilia il 3 agosto del 1889 da Saverio e da Gelastrina Rosa Ferrari entrò giovanissimo nell'Accademia Militare di Modena e nel maggio del ‘12 fu nominato sottotenente di Cavalleria. L'anno dopo fu impegnato in Cirenaica e in Tripolitania, dove restò fino al ‘14. Dopo lo scoppio della Grande guerra, partecipò ai combattimenti a Cima Bocche e Col Briccon e in Val Posina, meritando due encomi solenni. A conflitto concluso, passò al Reggimento Nizza Cavalleria. Nominato tenente colonnello nel ’34, due anni dopo era in Africa Orientale, capo della base intendenza di Euda Jesus. Conquistata l'Etiopia, fu assegnato all'Intendenza di Asmara come capo dell'ufficio di Stato Maggiore. Qui tra il '38 e il '39 comandò le truppe coloniali italiane contro i ribelli, guadagnando la medaglia d'argento al valor militare. Durante la seconda guerra mondiale, al comando del Reggimento Lancieri "Vittorio Emanuele II", partecipò alle operazioni belliche in Jugoslavia. Nell'aprile del '43 divenne generale di Brigata e vicecomandante della Divisione "Ariete". In questa veste il 9 e 10 settembre prese parte alla battaglia di Roma alla testa di una colonna dopo che il suo capo Cadorna si era rifiutato di guidare l'attacco. Insieme al colonnello Montezemolo contribuì a creare il Fronte militare clandestino. Nel gennaio del '44 fu arrestato dalle SS e rinchiuso in via Tasso, nella cella n. 8. Torturato da Kappler in persona, non rivelò i nomi dei compagni. Fu fucilato il 24 marzo alle Fosse Ardeatine assieme a Montezemolo. Medaglia d'oro al valor militare. (da Roma civica Anpi)

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