I
BERSAGLIERI REPUBBLICANI
BATTAGLIONE
MAMELI 1944/1945
Castel del Rio
Castel del Rio si trova nella media valle del
Santerno, alla sinistra del fiume. Nella seconda guerra mondiale
il fronte della guerra si fermò sul suo territorio per 7 mesi e
il 48% delle sue abitazioni fu distrutto.
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Il II battaglione "Mameli" del ricostituito 8° reggimento
(ma prenderà anche la denominazione supplementare L. Manara)
comandato dal T. Col. Vittorio Facchini e ordinato su 3
battaglioni, I Mussolini, II Mameli e III Toti, partì per Forlì
il 3 aprile 1944 per attestarsi verso il mare dove la minaccia
di sbarchi e del successivo arretramento delle linee richiedeva
una sorveglianza maggiore (Roma non era ancora stata liberata
ma in seguito la corsa verso gli Appennini si svolse in
cortissimo tempo). Quando in Agosto ricevettero la visita
del Duce molti chiesero di andare a combattere a fianco dei
Tedeschi e mentre le altre seguivano un percorso diverso la 1a
del Ten. Dani (S.Ten. D'Antona e Aschedamini) venne addestrata
con armi anticarro e aggregata alla 715a Germanica attestata
sulle montagne fra Marradi e Firenzuola. Il 23 settembre l'unità
andava al fuoco sotto un pesante attacco a Monte Battaglia di
truppe di colore. Nei giorni successivi la battaglia si
estendeva a Monte Cucco e Monte Cristino perse e riconquistate
più volte. Monte Cucco era costata la vita di 25 bersaglieri.
Stremati dalla battaglia vennero inviati nella zona di
Castel del Rio attaccata anche da colonne corazzate per la
stagione ancora favorevole. Dopo alcuni giorni di riposo la
compagnia era di nuovo in linea a fianco dei Tedeschi. Alle 4 di
mattina del 1° ottobre 40 bersaglieri e 40 tedeschi andavano
all'assalto dell'osservatorio di Monte Battaglia. Nei giorni
seguenti i combattimenti si spostarono su M. Cece e M. Acuto poi
il ritorno in Caserma a Verona per rimpinguare le file e curare
le ferite. Luigi Moroni sul
Regime Fascista il 30 dicembre 1944. "La conquista della Via
Emilia per la quale dimostrano tanto accanimento (il possesso
e il completo controllo di questa grande arteria consentirebbe
alle truppe di occupazione di padroneggiare tutta la situazione
strategica nella Valle del Po) viene tentata dai nemici da
due vie: quella dell'aggiramento da sud e da nord con i recenti
pesanti attacchi nella zona di Bagnocavallo e di Tossignano, ai
lati della strada romana, e quella dell'attacco frontale da
Faenza verso nord-ovest. L'una e l'altra mossa del nemico,
saldamente controllate dallo schieramento difensivo germanico,
non hanno ancora sortito alcun esito positivo e la battaglia si
sta diluendo in una serie di attacchi locali che perdono
gradatamente di consistenza. Particolarmente nella zona fra
Tossignano e Monte Grande e cioè sulle due strade che dal Passo
della Futa portano a Castel San Pietro e ad Imola, la pressione
nemica ha subito tali gravi scacchi che il comando alleato è
stato costretto temporaneamente a desistere dagli attacchi per
rinsanguare le file delle proprie formazioni. Alla difesa della
via Emilia, in questo settore, hanno magnificamente contribuito
i bersaglieri del battaglione Mameli", i quali dal 22 settembre
hanno preso contatto con il nemico, distinguendosi in una
superba serie di combattimenti, il cui svolgimento può essere
oggi portato a conoscenza del pubblico mentre ancora sulle
alture a sud della Via Emilia i soldati di questo saldo
battaglione contrastano vittoriosamente il passo all'invasore.
Le compagnie del "Mameli" fra le quali si è specialmente
distinta la 1 a compagnia comandata dal tenente Dani, secondo i
più moderni criteri di lotta vengono impiegate sul fronte con i
compiti generalmente assegnati a truppe sceltissime della
Wehrmacht in cui lo spirito combattivo e la fede siano pari al
grado di addestramento. I combattimenti rivestono il carattere
di attacchi e contrattacchi rapidi, sferrati di sorpresa contro
capisaldi o posizioni di particolare importanza strategica
caduti nelle mani del nemico. Compiuta l'azione, che può avere
una durata di poche ore o di qualche giorno, il reparto è
avviato in retrovia, mentre le posizioni conquistate vengono
presidiate da altre forze della Wehrmacht. I soldati del
"Mameli" hanno tenuto la linea di Monte Cece, Monte Cristino,
Monte Porrara e Monte Cucco per oltre quattro settimane
alternandosi con valorosi reparti della divisione germanica "Wurtemberg
e Baden", attraverso una serie drammatica e gloriosa di assalti,
contrassalti, colpi di mano che hanno frenato decisamente
l'impeto nemico e che hanno fatto dire al generale comandante la
Unità germanica: "Questi bersaglieri sono i miei figli
prediletti" ». |
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Da Storia RSI |
Quando l'11 ottobre dalla caserma di Verona sede dell'ex '8°
uscì il il I battaglione (Mussolini) diretto a Gorizia,
l'afflusso dei volontari non si interruppe. Il I composto dagli
uomini delle Fiamme Cremisi d'assalto, era passato quasi indenne alla RSI
nei giorni dell'armistizio e il 19 settembre, ben prima che nascesse l'Esercito della
R.S.I. si metteva a disposizione dell'autorità tedesca. Per la
natura degli affluenti e per l'assenza di normative il
reggimento si ridenominava Reggimento Volontari Luciano Manara
disponendo la costituzione di altre due formazioni, la prima il
II Btg. Mameli uscito nel febbraio del '44 e il III Toti a
maggio. Dopo un rapidissimo addestramento i bersaglieri vennero
spostati in Romagna e un piccolo contingente (1a cp) armato di
pezzi tedeschi anticarro sulla linea Gotica per opporsi ai
corazzati americani. Il battesimo del fuoco si ebbe il 23
settembre a Monte Cucco e su altre alture (Cece, Cristino,
Porrara, Castel del Rio vedi a fianco*) per oltre 3 settimane. A
fine ottobre fu ritirato a Verona per ricostituirsi. Nel
dicembre 1944 anche la 2^ Cp. del Ten. Calabrò fu inviata sul
fronte appenninico e vi rimase, pur dimezzata, fino al febbraio
1945. Il 15 marzo la 1^ e la 3^ Cmp furono inviate nei pressi di
Fornovo a integrare le forze della Div. Bersaglieri Italia. Il 4 aprile la
1^compagnia (due plotoni), al comando del Ten DANI, fu inviata
nelle immediate retrovie del fronte della Garfagnana e si battè
valorosamente in Lunigiana, nell’ultima decade d'aprile '45. Il
II Btg Mameli si sciolse nei pressi di Medesano di Parma il 28
aprile 1945 con le ultime truppe tedesche in ritirata al di
sotto del Po. |
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Castel del Rio - I Bersaglieri del
"Mameli"
…. Lo stesso mese (settembre) entrava in linea sulla "Gotica" la
la Cp. (Ten. Bario Dani) inserita nella 715a Div.Ftr. (Gen.
Hildebrandt) assegnata alla difesa della strada statale 302 fra
Marradi e Faenza, dopo essersi ritirata dalle posizioni montane
di Monte Verruca, Monte Fratone e Monte Prefetto, occupate dalla
85a U.S.A. poi sostituita dalla più fresca 88a che da Castel del
Rio scendeva giù in Val Santerno diretta a Faenza sulla S.S.9
"Emilia". L'avanzata U.S.A. procedeva con una certa regolarità e
molta circospezione con il 351 ° Rgt. (Col. Champeny) al centro
sulla 302, il 349° (Col. Crawford) a sinistra verso il Passo di
Casaglia e il 350° (Col. Fry) sulla destra verso Scarzana,
Tredozio, Modigliana, Brisighella, Faenza. La marcia era dura,
ostacolata dalla natura del terreno prevalentemente montuoso,
dalla tenace difesa tedesca, dalle ostruzioni e trappole
esplosive disseminate ovunque. La Cp. "Dani", prescelta dal
"Mameli" dopo l'abbandono di Rimini, era stata sottoposta ad
intenso addestramento col 615° Btg. Lehr fra Bagnacavallo,
Cesena e Castelbolognese, dotata di armi tedesche fra cui
pistole P.38, fucili Mauser 98/K e MG.42 oltre a bombe a mano,
panzer faust in data 12 settembre si portava a Marradi e
Palazzuolo sul Senio (località Biforco) da dove all'alba del 22,
partiva destinata a presidiare San Michele ai Monti a nord di
Firenzuola, per poi spostarsi a difesa di Monte Cucco (m.710) e
Monte Porrara (m 626). Alle ore 07.45 di sabato 23 settembre,
elementi U.S.A. attaccavano le posizioni comandate dai tenenti
D'Antona e Aschedamini. Il combattimento si prolungava a lungo
nonostante la netta superiorità numerica delle fanterie nemiche,
appoggiate dai mortai, e venne risolto con un contrassalto
improvviso e irruente del plotone Aschedamini, che trascinava i
suoi bersaglieri e scompariva nella lotta, dal coraggio dei
bersaglieri -tutti ragazzi volontari - e dal provvidenziale
arrivo a Monte Porrara del gruppo "Dani" che si lanciava al
contrattacco riuscendo a ricacciare gli americani sulle
posizioni di partenza. Venivano feriti i Tenenti D'Antona e
Aschedamini, catturato e poi ucciso proditoriamente dagli
americani, arbitrariamente. in quanto accusato di essere
fascista, il quale reagiva orgogliosamente suscitando il livore
del nemico che lo uccideva vigliaccamente.
I resti della compagnia si portavano a Monte Porrara e Dani
distribuisce i comandi di squadra ai suoi sottufficiali Stellini,
Rizzi, Bazerla, Pinofi, Mambelli, Doro, Chiorboli. II successivo
contrattacco per riconquistare Monte Cucco aveva successo e i
ragazzi del "Mameli" con grande slancio, valore e sprezzo della
vita, dimostravano ai tedeschi e agli americani la tempra dei
veri italiani. Un totale di 106 uomini aveva difeso con grandi
sacrifici un fronte di 2 km e quando Dani comunicò a Stellini
sul Monte Porrara che Monte Cucco era stato riconquistato, i
ragazzi esultarono e istintivamente si misero a cantare l'inno
di Mameli, quel "Fratelli d'Italia" … Alle 16.00, come previsto,
gli americani contrattaccarono. Solo dieci bersaglieri
difendevano Monte Cucco con tre MG. che non smisero un attimo di
sparare senza mai incepparsi e alle 17.30 entrarono in azione
anche i mortai, sì da indurre il nemico a sospendere l'attacco e
a rivolgere la sua attenzione a Monte Porrara, ma anche qui
venne respinto e rinunciò avvilito ad attaccare. Il giorno
successivo la Cp. "Dani" venne inserita in un K.Gr. (Kampfgruppe)
di circostanza e spostata a Monte Acuto (m. 735) a sud di
Coniale e Moraduccio, dove il 25 settembre subì un nuovo attacco
preceduto da spezzonamento di caccia-bombardieri e tiri serrati
di artiglieria, attacco che venne respinto. L'attacco a
Moraduccio e Valsalva era stato affidato al 1/351°, il cui
avvicinamento venne in parte ostacolato dal 132° granatieri (44a
Div. Hoch u. Deutschemeister) per cui fu necessario utilizzare
anche il 11/351 ° per vincere la resistenza dei fanti austriaci
che ripiegavano su Gazzalino-Almedole-Monte Acuto. "I due
battaglioni americani progredirono molto lentamente in quanto
ostacolati tra Almedole e Gazzolino da un reparto del 134° Rgt.
e una Cp. di bersaglieri del Btg. "Mameli" (dalla relazione
U.S.A. sul combattimento). Alle 09.30 del 26 settembre gli
americani riuscirono a sfondare a Orsegni, per cui la fanteria
tedesca fu costretta a ripiegare da Gazzolino senza alcun
preavviso. I bersaglieri abbandonati improvvisamente dai
tedeschi ad Almedole, vennero trovati isolati e furono decimati
dai mitraglieri americani sopraggiunti a Vallicelle" (cfr. La
strada per Imola - Montevecchi). Il 26 mattina, nuovo attacco
questa volta in forma massiccia per tiri di cannoni, mortai e
armi automatiche pesanti da parte del 1° Btg. Royals Fusiliers. |
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Il combattimento a Monte Acuto venne
affrontato dal 111/350° U.S.A. (Magg. Witter) che fu
contrattaccato furiosamente a Campo Larino. Una intera compagnia
fu coinvolta in un durissimo corpo a corpo, in seguito alla
morte del suo comandante, si sbandò subendo gravissime perdite (Montevecchi,
op.cit). La difesa si prolungò fino alle 11.00 quando il
capitano tedesco Wehinger comandante il 1/578° suggerì a Dani di
ritirarsi avendo assolto come nei giorni passati, il compito di
rallentamento. Dani rifiutò poiché aveva dato la sua parola al
Magg. Leitner di rispettare scrupolosamente gli ordini, ma il
combattimento è durissimo e muoiono due sottufficiali e nove
giovanissimi bersaglieri. Il "Mameli" viene citato nel Befehltag
della 715 divisione. L'attacco venne ancora una volta respinto.
Nei tre combattimenti fra il 23 e il 26 settembre caddero un
ufficiale, due sottufficiali e 19 bersaglieri. Un alto tributo
di sangue offerto per la redenzione dell'Italia. Il 30 settembre
nuovo impiego del "Mameli"; trasferimento in autocarro da
Valsalva a Imola e poi a Casola Val Senio (Monte Battaglia
m.715) un rilievo strategicamente importante dominante la valle,
dove i tedeschi avevano installato un osservatorio di
artiglieria perso, riconquistato e nuovamente perduto per ben 14
volte, ed ora sorvegliato dai partigiani che però lo avevano
abbandonato per tiri dell'artiglieria U.S. A. che avevano
causato perdite. E fu proprio questo conteso monte che il
comando della 715a chiese al "Mameli" di riconquistare. Lo Stabs
assegnò di rinforzo ai bersaglieri un reparto sturm (d'assalto)
e alle ore 03.30 del 1 ° ottobre la Cp. "Dani" parte per
attaccare arrivando alle 05.00 a contatto col nemico costituito
dal 351° Rgt. U.S.A. Una zona questa poi battuta in
spiegabilmente dall'artiglieria della 88a, che causò perdite
anche fra i ribelli, uccidendo 15 civili che si erano rifugiati
a Cà Calassi. L'occupazione di Monte Battaglia era stata decisa
dal Gen. von Rost (715" Div. Ftr.) considerando l'importanza del
monte e i pericoli che poteva correre lo schieramento tedesco
del 51° Corpo da Montagna (Gen. Feurstin) il cui comandante
inviò in Val Senio anche reparti della 98a Div. Ftr. per
rafforzare lo schieramento. L'incarico di riconquistare Monte
Battaglia era stato dapprima affidato al 290° Rgt. (Col. Veit)
che doveva scacciare i fanti del 350° U.S .A. rinforzati dai
partigiani della 36a "Bianconcini". Un forte schieramento di
armi automatiche pesanti (una ogni 10 metri) doveva garantire ai
G.I. il possesso del Battaglia (erano piazzate 12 mitragliatrici
e 6 mortai pesanti) armamento che fece fallire l'attacco e
l'iniziativa tornò ancora alla 715a che vi destinò due
battaglioni (I/ 577° e 11/725°) rinforzati dal 1/716° ceduto
dalla 334" di fanteria. Von Rost volle però anche il "Mameli"
considerato sonder Abteilung sturm (speciale reparto d'assalto).
L'attacco, dopo una breve preparazione con i mortai, iniziava
bene ma non otteneva subito i risultati sperati per cui veniva
sospeso e ripetuto nel pomeriggio con la partecipazione
dell'artiglieria. Alle 12.30 sì attaccò da tre lati e si
combattè duramente fin quasi alla cima. Ma fu tutto inutile, la
difesa si dimostrò troppo forte e fu giocoforza abbandonare
l'azione e ritirarsi, anche se giunsero rinforzi dal 755° Rgt.
Venne conquistata cima Rudere ma fu tutto inutile poiché oltre
all'artiglieria ci furono ripetuti attacchi di
caccia-bombardieri e ogni sforzo divenne vano, ogni sacrificio
ingiustificato. Centinaia di morti e feriti rimasero sul terreno
da ambo le parti. L'aspetto più sconcertante e sconosciuto dei
combattimenti del Monte Battaglia, cui avevano partecipato
indirettamente anche i partigiani comunisti della 36" Garibaldi,
fu la decisione del Gen. Clark di procedere al disarmo e
all'allontanamento dalla zona del fronte delle bande di
partigiani. Trasferiti a Valsalva e Coniale, la M.R provvide al
disarmo e a far trasferire a Scarperia in Toscana, gli uomini
della "Bianconcini". L’8 ottobre, i resti della Cp. "Dani"
furono inviati in Vl Senio per occupare Monte Cece (m. 759)
occupato dagli inglesi del 13° Corpo, e presero posizione avendo
di fronte la la Div. Ftr. britannica che aveva occupato il Cece
l'8 ottobre con la 3a brg. (Gen. Clair Ford) e che ora von Rost
chiedeva di rioccupare come tentato col Monte Battaglia. Questa
volta l'ULTRA venne in aiuto degli inglesi (1 ' 8a Armata
disponeva in forma più diffusa e capillare di questo importante
servizio d'intercettazione /decrittazione) segnalando il piano
d'attacco, i reparti designati, gli orari stabiliti, le località
di partenza, l'appoggio diretto e indiretto.
Il 15 ottobre l'attacco tedesco al quale partecipavano i
bersaglieri del "Mameli", ottenne il successo sperato e nella
serata del 16 i valorosi ragazzi di Dani raggiunsero la cima 514
obbligando i fanti inglesi della 66a brg. a ritirarsi, mentre il
715° Btg. fucilieri allargava l'occupazione sino a quota 734. La
stessa sera avveniva un forte contrattacco nemico che otteneva
alcuni risultati e fu necessario occupare la quota laterale per
bloccare ogni ulteriore spostamento, missione questa affidata e
assolta ancora una volta dai bersaglieri del "Mameli" che
tennero le posizioni fino al 19 ottobre respingendo più volte
gli attacchi inglesi. Il 22 ottobre la Cp. "Dani" veniva
avvicendata e spostata per riposo a Casola Val Senio e si
dovette constatare con rammarico che il carreggio di reparto
lasciato nella zona di Riolo Tenne era misteriosamente scomparso
e non fu possibile accertare dove e come si era verificato
questo spiacevole episodio, anche se la spiegazione più
plausibile fu l'arbitraria asportazione del materiale da parte
di qualche reparto tedesco in transito. Il reparto ebbe un
necessario periodo di riposo e ricostituzione il 18 novembre la
la Cp. venne avvicendata dalla 2* (Ten. Giuseppe Calabrò) giunta
da Verona. Poi venne anche il momento dei riconoscimenti e del
ricordo di due lunghi e sofferti mesi di combattimenti con 20
caduti, 10 dispersi (uno ucciso a tradimento da banditi), oltre
una trentina di feriti. Furono assegnate 13 medaglie d'argento e
di bronzo, 22 croci di ferro di 2a classe e una di prima (Ten.
Ilario Dani promosso poi capitano per meriti di guerra), 32 distintivi d'onore per azioni d'assalto
consegnati personalmente a Verona dal maresciallo Graziani e
autorità tedesche ai valorosi bersaglieri. La Cp. "Dani" veniva ricevuta
al Q.G. del Duce a Gargnano ed elogiata per il suo valoroso
comportamento in azione. |
Il III battaglione del Reggimento Manara
costituito il 20/5/1944 e comandato dal Magg. Sandro Bonamici,
fu sempre sotto organico e non si spostò dalla sua sede
reggimentale fino alla fine di Aprile del 1945, quando in
ripiegamento verso nord venne intercettato dai partigiani e
disarmato. Sandro Bonamici, già federale di Verona e
protagonista nel 1940 della marcia della GIL e dei successivi
sviluppi, imprigionato a Verona il 1 Maggio
1945 fu portato al forte di Azzano e
fucilato senza processo. I caduti ed i dispersi del Btg. Enrico Toti furono 49. |
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I Reduci superstiti della prima
compagnia vennero decorati nella caserma di Verona il 17
dicembre del 1944 dal Gen. Graziani ed il giorno 20 dicembre
vennero ricevuti da Mussolini presso Villa Feltrinelli, a
riprova degli innumerevoli episodi di valore dei quali si era
fatta portavoce la stampa. Nei primi mesi del 1945 questi reduci
si adoperarono per aiutare la cittadinanza di Verona in
occasione dei bombardamenti aerei della città di Verona che
causò vittime e notevoli danni.
Un cippo marmoreo ricorda ai
passanti nel piccolo cimitero di Valsalva di Castel del Rio, il
sacrificio di tanti giovani e valorosi volontari caduti per
l'Italia. La bandiera repubblicana lasciata sul corpo
senza vita del S.Ten. Lucio Merlo a Parma, venne recuperata
dal bersagliere Carlo Masseretti, convintosi che non era giusto
lasciarla come trofeo ai partigiani o ai brasiliani. La tenne in
custodia per 46 anni a Mannheim in Germania e poi la riconsegnò
al Ten. Gallerati. |
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Nel dicembre 1944, mentre la 1a compagnia del
tenente Dani si trovava ancora in riposo a Verona, la 2a
compagnia del "Mameli " , al comando del tenente. Calabrò,
raggiunse la linea del fronte. Il giorno 12 venne inviata nella
zona di Riolo Bagni, a sud di Imola, per sostituire un reparto
di pionieri germanici. Appena giunta in linea subì le prime
perdite: il sottotenente Veralli, il sergente Zannoni e 11
caporale Della Mea caddero, infatti, gravemente feriti durante
un intenso fuoco di mortai nemici. Lo stesso giorno due plotoni
della compagnia, il I e il IV, vennero inviati alla ricerca di
un reparto germanico che non aveva più dato notizie di sé. Con i
bersaglieri erano anche dei polacchi aggregati alla Wehrmacht.
Dopo un lungo e faticoso cammino nel fango, i bersaglieri
giunsero alla posizione che avrebbe dovuto essere occupata dal
reparto germanico, ma di questo non trovarono nessuna traccia.
Improvvisamente vennero accecati dall'intensa luce dei
riflettori nemici. Erano stati individuati. I bersaglieri si
consultarono e decisero di inviare in perlustrazione una
pattuglia composta da sette uomini al comando del caporal
maggiore Rizzo. Ma del reparto germanico ancora nessun indizio.
Venne costituita un'altra pattuglia agli ordini del sergente
Baldini, ma anche questa volta i bersagli eri tornarono senza
aver trovato nulla. Alla fine i bersaglieri ebbero una sola
certezza: quella di essere completamente circondati. Il giorno
nasceva. I bersaglieri cercarono rifugio in un casolare
abbandonato, con l'intenzione di vendere cara la pelle.
Comunicarono il loro intendimento ai soldati polacchi della
Wehrmacht, ma questi quando seppero che di fronte stavano altri
polacchi con gli alleati, si rifiutarono di combattere. Anzi,
dichiararono che, se ne avessero avuto l'occasione, si sarebbero
consegnati al nemico. Ma i bersaglieri non mollarono. Erano
quasi tutti studenti, pochi avevano più di vent'anni. Nei mesi
precedenti avevano sofferto le pene dell'inferno per vincere i
disagi dell'addestramento. Qualcuno aveva portato per settimane
le piaghe sulla schiena lasciate dalla mitragliatrice durante le
marce. E queste sofferenze erano state sopportate pur di essere
inviati al fronte. Ora dovevano dimostrare che erano capaci di
affrontare il nemico con le armi in pugno. Contro il casolare si
abbatté il fuoco delle artiglierie, dei mortai. Tutto intorno
caddero le bombe degli aerei. Intervennero anche quattordici
carri armati, a distanza così ravvicinata, che i loro proiettili
passarono i muri del rifugio senza esplodere. Avanzarono le
fanterie nemiche sino a pochi passi dalla casa. Ma i bersaglieri
risposero al fuoco con il fuoco delle loro armi, aprendo vuoti
tremendi nelle file nemiche. Quando il casolare crollò, i
polacchi al servizio degli inglesi, ebbero partita vinta, ma non
si comportarono da soldati. Bestialmente, infatti, infierirono
sui superstiti. I bersaglieri più gravemente feriti vennero
tutti trucidati con un colpo alla nuca. Gli altri, depredati di
ogni loro avere, vennero addossati a un muro e minacciati di
morte, finché giunse un ufficiale inglese che li prese in
consegna e li avviò verso i campi di concentramento. Con la
perdita di due plotoni, la forza della 2a compagnia venne
dimezzata. Ma i bersaglieri superstiti, non più di sessanta,
restarono al fronte fino al febbraio 1945, di continuo impiegati
in azioni di assalto a postazioni nemiche.
Nei primi giorni del marzo 1945 venne
comunicato al comando del battaglione "Marneli" che tutte le
compagnie dovevano essere approntate e riunite per raggiungere
la divisione bersaglieri "Italia" del Gen. Carloni sul fronte
della Garfagnana, ed essere aggregate ad essa, agli ordini del
capitano Martucci. Partito (1a e la 3a compagnia) il 18 marzo
1945 da Verona dopo essere sfilato in città a passo di corsa fra
gli applausi dei veronesi, il "Mameli" traghettava il Po a San
Benedetto accolto con entusiasmo dalla popolazione che con
grande generosità invitò nelle proprie case i bersaglieri,
accogliendoli come figli, parenti, amici affettuosi, donando
loro col modesto ma sincero pasto di guerra tanto calore umano e
fraterna solidarietà. Il 26 marzo il "Mameli" è a Parma, dove il
giorno successivo i bersaglieri sfilano a passo di corsa accolti
da battimani della popolazione e nella serata partenza per
Collecchio (Gaiano) dove il comando del battaglione riceveva le
necessarie informazioni dal comando della "Italia", Giunte nella
zona di impiego, la la compagnia si trincerò a Gaiano, una
località tra Collecchio e Fornovo; la 3a nelle adiacenze del
ponte sul fiume Taro. Inizialmente il compito delle due
compagnie fu quello di pattugliare la linea ferroviaria
Fornovo-Parma e di impedire atti di sabotaggio al ponte sul Taro
che collega la Cisa con la strada Medesano-Noceto-Fidenza. Il 4
aprile, però, due plotoni della la compagnia, agli ordini del
tenente Dani, partirono alla volta di Villafranca in Lunigiana.
Loro compito era quello di scortare alcune batterie della
divisione "I talia" dirette al fronte. Lungo il percorso il
reparto, nelle vicinanze di Berceto e "a Santissima Annunziata
nei pressi di Pontremoli, subì qualche attacco da parte dei
guerriglieri. A Villafranca i bersaglieri vennero dotati di due
mitragliatrici "Breda 37" e inviati verso le immediate retrovie
del fronte, precisamente a Monzone dove presero alloggio nella
caserma dei carabinieri. Il 12 aprile, il reparto venne
attaccato dai guerriglieri con il fuoco dei mortai. Poiché la
situazione era insostenibile, i bersaglieri, approfittando delle
tenebre e del fragore delle acque del fiume Magra in piena, si
sganciarono portando con sé anche i feriti (il tenente Di Lalla
e i bersaglieri Spagnolo e Tonon) e riuscirono a raggiungere
Gragnola. Il Cap. Dani si portava il 22 aprile con i suoi uomini
a Viano (quota 599) da dove era possibile controllare la SS.63
ma il caposaldo veniva sottoposto a forte tiro di artiglieria
che provocava perdite nel reparto fra cui il Serg. A.U. Florian
Doro Altan, Renato Maniero, Virginio Sirtoli, Lino Zarmignan,
Giacinto Turra. Nella serata del 25 si superava la Cisa
arrivando a Berceto e Ozzano Taro, dove giunge la notizia che
Parma è stata già occupata dai brasiliani della FEB.
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Da questo momento le vicende del reparto come
quelle degli altri in zona si fanno confuse e caotiche dovendosi
difendere su più fronti e alle spalle per la presenza di
consistenti e ben armate forze partigiane. Lo sfondamento da
parte degli alleati della linea Gotica è ormai irresistibile
volgendo anche al meglio la stagione primaverile che permette
sorvoli di ricognizione e attacchi al suolo oltre che
bombardamenti sulle retrovie, settore questo in cui siamo
completamente disarmati. Anche le potenti artiglierie alleate
arano il suolo rendendo vano ogni arroccamento in zone
strategiche com'era avvenuto durante il pesante inverno.
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In questa circostanza Dani
scioglieva la compagnia, i cui componenti ormai liberati dai
loro impegni morali ed etici passavano in prigionia con il FEB
nella giornata del 28 aprile. Il gruppo di combattimento
“Ferrario” composto da una parte di un battaglione Bersaglieri
Div. Italia, da due compagnie del Btg. Mameli e dal gruppo
artiglieria “Bergamo” della div. Monterosa costituirono
l’improvvisata retroguardia delle truppe che dal 10 al 30 aprile
1945 contrastarono l’avanzata delle truppe angloamericane,
consentendo al grosso delle forze armate italo-tedesche un
ordinato ritiro dalla Garfagnana, attraverso i passi del Cerreto
e della Cisa. Si susseguirono vari scontri, frutto di
esplorazioni notturne nelle linee nemiche, con numerosi feriti e
morti di cui concausa fu anche l’assoluto dominio dello spazio
aereo di cui godeva l’aviazione americana. Alla metà di aprile
un ridotto contingente di Bersaglieri del battaglione, Mameli
costruì una esile linea di difesa su una quota poco oltre il
paesino di Viano (al confine tra la Garfagnana e la Lunigiana),
in una zona coperta da boschi di giganteschi alberi di castagne.
Il 20 e 21 aprile, in queste buche, i Bersaglieri, subirono un
terrificante bombardamento di artiglieria che distrusse tutto il
bosco ma che non riuscì a smuoverli: mantennero le loro
posizioni costringendo le truppe americane che avanzavano ad un
combattimento imprevisto e furioso. I Bersaglieri si trovarono
davanti truppe sceltissime, composte da soldati nippo-americani
(delle isole Haway) che risulteranno – a fine conflitto – come
il reparto più decorato di tutte le forze armate americane. Pur
sottoposto a bombardamenti aerei il gruppo “Ferrario” riuscì a
ritirarsi e raggiungere Fornovo sul Taro, alle ultime pendici
dell’Appennino verso Parma, congiungendosi con i resti delle
forze armate tedesche, della Div. Monterosa, della Div. Italia e
San Marco.
Il 25 aprile il Ten. Gallerati si portava a Parma
asserragliandosi nella Casa del Fascio in attesa di ordini
superiori. La sede prescelta, sita in Viale Bassetti che
costeggia il torrente Parma, venne sottoposta a forte tiro di
armi automatiche da parte di partigiani, ma l'arrivo di alcuni
carri armati tedeschi permetteva una sosta con l'allontanamento
dei ribelli in più sicure posizioni, certezza questa convalidata
da una ricognizione con i panzer scortati dai bersaglieri, con
la constatazione che sulla via Emilia e dalla statale 513 erano
in arrivo pattuglie blindate brasiliane. Nella giornata del 26
la sparatoria sull'edifìcio del PFR riprendeva più fitta dopo la
partenza dei carristi tedeschi e veniva mortalmente colpito il
sottotenente Lucio Merlo, ferito il Serg. Pozzoli; la situazione
diveniva drammatica al punto che il 29 il Ten. Gallerati
decideva lo scioglimento del reparto restituendo ad ognuno dei
bersaglieri col suo personale ringraziamento la loro libertà. La
salma del S.Tenente Merlo avvolta nel tricolore veniva lasciata
nel fabbricato, dove più tardi veniva rimossa da personale del
Comune e tumulata nel cimitero cittadino.
Si concludeva con quest'ultimo drammatico
evento la storia del valoroso reparto di bersaglieri che aveva
subito 53 caduti accertati meritando 20 decorazioni al v.m. e 39
croci di ferro tedesche (due delle quali di la classe). I più
fortunati furono condotti a Coltano come prigionieri di guerra. |
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Per l’adorata
Itala terra, sotto il mio gagliardo passo d'ardito, mi fu di
viatico l'imperativo:
"Non ho tradito"
Se l'ira cieca, se l'odio tetro al mio passare mi segnò a dito,
risposi senza guardare indietro:
"Non
ho tradito"
Se l'ingiustizia, se la vendetta per la mia fede, mi han
colpito, la mia parola io l'ho già detta:
"Non ho
tradito"
Quando dal corpo sprizzò il mio sangue, s'accasciò inerte l'alma
ferita e muto un grido salì dal petto"Non ho tradito"
Poiché la morte che mi era acconto mi volle in cielo,
dall'Infinito ancor più forte, si leva il grido:
"Non ho
tradito" |
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