LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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I BERSAGLIERI REPUBBLICANI

BATTAGLIONE MAMELI 1944/1945

Castel del Rio

Castel del Rio si trova nella media valle del Santerno, alla sinistra del fiume. Nella seconda guerra mondiale il fronte della guerra si fermò sul suo territorio per 7 mesi e il 48% delle sue abitazioni fu distrutto.

  Il II battaglione "Mameli" del ricostituito 8° reggimento (ma prenderà anche la denominazione supplementare L. Manara) comandato dal T. Col. Vittorio Facchini e ordinato su 3 battaglioni, I Mussolini, II Mameli e III Toti, partì per Forlì il 3 aprile 1944 per attestarsi verso il mare dove la minaccia di sbarchi e del successivo arretramento delle linee richiedeva una sorveglianza maggiore (Roma non era ancora stata liberata ma in seguito la corsa verso gli Appennini si svolse in cortissimo tempo). Quando in Agosto ricevettero la visita del Duce molti chiesero di andare a combattere a fianco dei Tedeschi e mentre le altre seguivano un percorso diverso la 1a del Ten. Dani (S.Ten. D'Antona e Aschedamini) venne addestrata con armi anticarro e aggregata alla 715a Germanica attestata sulle montagne fra Marradi e Firenzuola. Il 23 settembre l'unità andava al fuoco sotto un pesante attacco a Monte Battaglia di truppe di colore. Nei giorni successivi la battaglia si estendeva a Monte Cucco e Monte Cristino perse e riconquistate più volte. Monte Cucco era costata la vita di 25 bersaglieri. Stremati dalla battaglia vennero inviati nella zona  di Castel del Rio attaccata anche da colonne corazzate per la stagione ancora favorevole. Dopo alcuni giorni di riposo la compagnia era di nuovo in linea a fianco dei Tedeschi. Alle 4 di mattina del 1° ottobre 40 bersaglieri e 40 tedeschi andavano all'assalto dell'osservatorio di Monte Battaglia. Nei giorni seguenti i combattimenti si spostarono su M. Cece e M. Acuto poi il ritorno in Caserma a Verona per rimpinguare le file e curare le ferite. Luigi Moroni sul Regime Fascista il 30 dicembre 1944. "La conquista della Via Emilia per la quale dimostrano tanto accanimento (il possesso e il completo controllo di questa grande arteria consentirebbe alle truppe di occupazione di padroneggiare tutta la situazione strategica nella Valle del Po) viene tentata dai nemici da due vie: quella dell'aggiramento da sud e da nord con i recenti pesanti attacchi nella zona di Bagnocavallo e di Tossignano, ai lati della strada romana, e quella dell'attacco frontale da Faenza verso nord-ovest. L'una e l'altra mossa del nemico, saldamente controllate dallo schieramento difensivo germanico, non hanno ancora sortito alcun esito positivo e la battaglia si sta diluendo in una serie di attacchi locali che perdono gradatamente di consistenza. Particolarmente nella zona fra Tossignano e Monte Grande e cioè sulle due strade che dal Passo della Futa portano a Castel San Pietro e ad Imola, la pressione nemica ha subito tali gravi scacchi che il comando alleato è stato costretto temporaneamente a desistere dagli attacchi per rinsanguare le file delle proprie formazioni. Alla difesa della via Emilia, in questo settore, hanno magnificamente contribuito i bersaglieri del battaglione Mameli", i quali dal 22 settembre hanno preso contatto con il nemico, distinguendosi in una superba serie di combattimenti, il cui svolgimento può essere oggi portato a conoscenza del pubblico mentre ancora sulle alture a sud della Via Emilia i soldati di questo saldo battaglione contrastano vittoriosamente il passo all'invasore. Le compagnie del "Mameli" fra le quali si è specialmente distinta la 1 a compagnia comandata dal tenente Dani, secondo i più moderni criteri di lotta vengono impiegate sul fronte con i compiti generalmente assegnati a truppe sceltissime della Wehrmacht in cui lo spirito combattivo e la fede siano pari al grado di addestramento. I combattimenti rivestono il carattere di attacchi e contrattacchi rapidi, sferrati di sorpresa contro capisaldi o posizioni di particolare importanza strategica caduti nelle mani del nemico. Compiuta l'azione, che può avere una durata di poche ore o di qualche giorno, il reparto è avviato in retrovia, mentre le posizioni conquistate vengono presidiate da altre forze della Wehrmacht. I soldati del "Mameli" hanno tenuto la linea di Monte Cece, Monte Cristino, Monte Porrara e Monte Cucco per oltre quattro settimane alternandosi con valorosi reparti della divisione germanica "Wurtemberg e Baden", attraverso una serie drammatica e gloriosa di assalti, contrassalti, colpi di mano che hanno frenato decisamente l'impeto nemico e che hanno fatto dire al generale comandante la Unità germanica: "Questi bersaglieri sono i miei figli prediletti" ».
    Da Storia RSI
Quando l'11 ottobre dalla caserma di Verona sede dell'ex '8° uscì il il I battaglione (Mussolini) diretto a Gorizia, l'afflusso dei volontari non si interruppe. Il I composto dagli uomini delle Fiamme Cremisi d'assalto, era passato quasi indenne alla RSI nei giorni dell'armistizio e il 19 settembre, ben prima che nascesse l'Esercito della R.S.I. si metteva a disposizione dell'autorità tedesca. Per la natura degli affluenti e per l'assenza di normative il reggimento si ridenominava Reggimento Volontari Luciano Manara disponendo la costituzione di altre due formazioni, la prima il II Btg. Mameli uscito nel febbraio del '44 e il III Toti a maggio. Dopo un rapidissimo addestramento i bersaglieri vennero spostati in Romagna e un piccolo contingente (1a cp) armato di pezzi tedeschi anticarro sulla linea Gotica per opporsi ai corazzati americani. Il battesimo del fuoco si ebbe il 23 settembre a Monte Cucco e su altre alture (Cece, Cristino, Porrara, Castel del Rio vedi a fianco*) per oltre 3 settimane. A fine ottobre fu ritirato a Verona per ricostituirsi. Nel dicembre 1944 anche la 2^ Cp. del Ten. Calabrò fu inviata sul fronte appenninico e vi rimase, pur  dimezzata, fino al febbraio 1945. Il 15 marzo la 1^ e la 3^ Cmp furono inviate nei pressi di Fornovo a integrare le forze della Div. Bersaglieri Italia. Il 4 aprile la 1^compagnia (due plotoni), al comando del Ten DANI, fu inviata nelle immediate retrovie del fronte della Garfagnana e si battè valorosamente in Lunigiana, nell’ultima decade d'aprile '45. Il II Btg Mameli si sciolse nei pressi di Medesano di Parma il 28 aprile 1945 con le ultime truppe tedesche in ritirata al di sotto del Po.   Castel del Rio - I Bersaglieri del "Mameli"
…. Lo stesso mese (settembre) entrava in linea sulla "Gotica" la la Cp. (Ten. Bario Dani) inserita nella 715a Div.Ftr. (Gen. Hildebrandt) assegnata alla difesa della strada statale 302 fra Marradi e Faenza, dopo essersi ritirata dalle posizioni montane di Monte Verruca, Monte Fratone e Monte Prefetto, occupate dalla 85a U.S.A. poi sostituita dalla più fresca 88a che da Castel del Rio scendeva giù in Val Santerno diretta a Faenza sulla S.S.9 "Emilia". L'avanzata U.S.A. procedeva con una certa regolarità e molta circospezione con il 351 ° Rgt. (Col. Champeny) al centro sulla 302, il 349° (Col. Crawford) a sinistra verso il Passo di Casaglia e il 350° (Col. Fry) sulla destra verso Scarzana, Tredozio, Modigliana, Brisighella, Faenza. La marcia era dura, ostacolata dalla natura del terreno prevalentemente montuoso, dalla tenace difesa tedesca, dalle ostruzioni e trappole esplosive disseminate ovunque. La Cp. "Dani", prescelta dal "Mameli" dopo l'abbandono di Rimini, era stata sottoposta ad intenso addestramento col 615° Btg. Lehr fra Bagnacavallo, Cesena e Castelbolognese, dotata di armi tedesche fra cui pistole P.38, fucili Mauser 98/K e MG.42 oltre a bombe a mano, panzer faust in data 12 settembre si portava a Marradi e Palazzuolo sul Senio (località Biforco) da dove all'alba del 22, partiva destinata a presidiare San Michele ai Monti a nord di Firenzuola, per poi spostarsi a difesa di Monte Cucco (m.710) e Monte Porrara (m 626). Alle ore 07.45 di sabato 23 settembre, elementi U.S.A. attaccavano le posizioni comandate dai tenenti D'Antona e Aschedamini. Il combattimento si prolungava a lungo nonostante la netta superiorità numerica delle fanterie nemiche, appoggiate dai mortai, e venne risolto con un contrassalto improvviso e irruente del plotone Aschedamini, che trascinava i suoi bersaglieri e scompariva nella lotta, dal coraggio dei bersaglieri -tutti ragazzi volontari - e dal provvidenziale arrivo a Monte Porrara del gruppo "Dani" che si lanciava al contrattacco riuscendo a ricacciare gli americani sulle posizioni di partenza. Venivano feriti i Tenenti D'Antona e Aschedamini, catturato e poi ucciso proditoriamente dagli americani, arbitrariamente. in quanto accusato di essere fascista, il quale reagiva orgogliosamente suscitando il livore del nemico che lo uccideva vigliaccamente.
I resti della compagnia si portavano a Monte Porrara e Dani distribuisce i comandi di squadra ai suoi sottufficiali Stellini, Rizzi, Bazerla, Pinofi, Mambelli, Doro, Chiorboli. II successivo contrattacco per riconquistare Monte Cucco aveva successo e i ragazzi del "Mameli" con grande slancio, valore e sprezzo della vita, dimostravano ai tedeschi e agli americani la tempra dei veri italiani. Un totale di 106 uomini aveva difeso con grandi sacrifici un fronte di 2 km e quando Dani comunicò a Stellini sul Monte Porrara che Monte Cucco era stato riconquistato, i ragazzi esultarono e istintivamente si misero a cantare l'inno di Mameli, quel "Fratelli d'Italia" … Alle 16.00, come previsto, gli americani contrattaccarono. Solo dieci bersaglieri difendevano Monte Cucco con tre MG. che non smisero un attimo di sparare senza mai incepparsi e alle 17.30 entrarono in azione anche i mortai, sì da indurre il nemico a sospendere l'attacco e a rivolgere la sua attenzione a Monte Porrara, ma anche qui venne respinto e rinunciò avvilito ad attaccare. Il giorno successivo la Cp. "Dani" venne inserita in un K.Gr. (Kampfgruppe) di circostanza e spostata a Monte Acuto (m. 735) a sud di Coniale e Moraduccio, dove il 25 settembre subì un nuovo attacco preceduto da spezzonamento di caccia-bombardieri e tiri serrati di artiglieria, attacco che venne respinto. L'attacco a Moraduccio e Valsalva era stato affidato al 1/351°, il cui avvicinamento venne in parte ostacolato dal 132° granatieri (44a Div. Hoch u. Deutschemeister) per cui fu necessario utilizzare anche il 11/351 ° per vincere la resistenza dei fanti austriaci che ripiegavano su Gazzalino-Almedole-Monte Acuto. "I due battaglioni americani progredirono molto lentamente in quanto ostacolati tra Almedole e Gazzolino da un reparto del 134° Rgt. e una Cp. di bersaglieri del Btg. "Mameli" (dalla relazione U.S.A. sul combattimento). Alle 09.30 del 26 settembre gli americani riuscirono a sfondare a Orsegni, per cui la fanteria tedesca fu costretta a ripiegare da Gazzolino senza alcun preavviso. I bersaglieri abbandonati improvvisamente dai tedeschi ad Almedole, vennero trovati isolati e furono decimati dai mitraglieri americani sopraggiunti a Vallicelle" (cfr. La strada per Imola - Montevecchi). Il 26 mattina, nuovo attacco questa volta in forma massiccia per tiri di cannoni, mortai e armi automatiche pesanti da parte del 1° Btg. Royals Fusiliers.
    Il combattimento a Monte Acuto venne affrontato dal 111/350° U.S.A. (Magg. Witter) che fu contrattaccato furiosamente a Campo Larino. Una intera compagnia fu coinvolta in un durissimo corpo a corpo, in seguito alla morte del suo comandante, si sbandò subendo gravissime perdite (Montevecchi, op.cit). La difesa si prolungò fino alle 11.00 quando il capitano tedesco Wehinger comandante il 1/578° suggerì a Dani di ritirarsi avendo assolto come nei giorni passati, il compito di rallentamento. Dani rifiutò poiché aveva dato la sua parola al Magg. Leitner di rispettare scrupolosamente gli ordini, ma il combattimento è durissimo e muoiono due sottufficiali e nove giovanissimi bersaglieri. Il "Mameli" viene citato nel Befehltag della 715 divisione. L'attacco venne ancora una volta respinto.
Nei tre combattimenti fra il 23 e il 26 settembre caddero un ufficiale, due sottufficiali e 19 bersaglieri. Un alto tributo di sangue offerto per la redenzione dell'Italia. Il 30 settembre nuovo impiego del "Mameli"; trasferimento in autocarro da Valsalva a Imola e poi a Casola Val Senio (Monte Battaglia m.715) un rilievo strategicamente importante dominante la valle, dove i tedeschi avevano installato un osservatorio di artiglieria perso, riconquistato e nuovamente perduto per ben 14 volte, ed ora sorvegliato dai partigiani che però lo avevano abbandonato per tiri dell'artiglieria U.S. A. che avevano causato perdite. E fu proprio questo conteso monte che il comando della 715a chiese al "Mameli" di riconquistare. Lo Stabs assegnò di rinforzo ai bersaglieri un reparto sturm (d'assalto) e alle ore 03.30 del 1 ° ottobre la Cp. "Dani" parte per attaccare arrivando alle 05.00 a contatto col nemico costituito dal 351° Rgt. U.S.A. Una zona questa poi battuta in spiegabilmente dall'artiglieria della 88a, che causò perdite anche fra i ribelli, uccidendo 15 civili che si erano rifugiati a Cà Calassi. L'occupazione di Monte Battaglia era stata decisa dal Gen. von Rost (715" Div. Ftr.) considerando l'importanza del monte e i pericoli che poteva correre lo schieramento tedesco del 51° Corpo da Montagna (Gen. Feurstin) il cui comandante inviò in Val Senio anche reparti della 98a Div. Ftr. per rafforzare lo schieramento. L'incarico di riconquistare Monte Battaglia era stato dapprima affidato al 290° Rgt. (Col. Veit) che doveva scacciare i fanti del 350° U.S .A. rinforzati dai partigiani della 36a "Bianconcini". Un forte schieramento di armi automatiche pesanti (una ogni 10 metri) doveva garantire ai G.I. il possesso del Battaglia (erano piazzate 12 mitragliatrici e 6 mortai pesanti) armamento che fece fallire l'attacco e l'iniziativa tornò ancora alla 715a che vi destinò due battaglioni (I/ 577° e 11/725°) rinforzati dal 1/716° ceduto dalla 334" di fanteria. Von Rost volle però anche il "Mameli" considerato sonder Abteilung sturm (speciale reparto d'assalto). L'attacco, dopo una breve preparazione con i mortai, iniziava bene ma non otteneva subito i risultati sperati per cui veniva sospeso e ripetuto nel pomeriggio con la partecipazione dell'artiglieria. Alle 12.30 sì attaccò da tre lati e si combattè duramente fin quasi alla cima. Ma fu tutto inutile, la difesa si dimostrò troppo forte e fu giocoforza abbandonare l'azione e ritirarsi, anche se giunsero rinforzi dal 755° Rgt.
Venne conquistata cima Rudere ma fu tutto inutile poiché oltre all'artiglieria ci furono ripetuti attacchi di caccia-bombardieri e ogni sforzo divenne vano, ogni sacrificio ingiustificato. Centinaia di morti e feriti rimasero sul terreno da ambo le parti. L'aspetto più sconcertante e sconosciuto dei combattimenti del Monte Battaglia, cui avevano partecipato indirettamente anche i partigiani comunisti della 36" Garibaldi, fu la decisione del Gen. Clark di procedere al disarmo e all'allontanamento dalla zona del fronte delle bande di partigiani. Trasferiti a Valsalva e Coniale, la M.R provvide al disarmo e a far trasferire a Scarperia in Toscana, gli uomini della "Bianconcini". L’8 ottobre, i resti della Cp. "Dani" furono inviati in Vl Senio per occupare Monte Cece (m. 759) occupato dagli inglesi del 13° Corpo, e presero posizione avendo di fronte la la Div. Ftr. britannica che aveva occupato il Cece l'8 ottobre con la 3a brg. (Gen. Clair Ford) e che ora von Rost chiedeva di rioccupare come tentato col Monte Battaglia. Questa volta l'ULTRA venne in aiuto degli inglesi (1 ' 8a Armata disponeva in forma più diffusa e capillare di questo importante servizio d'intercettazione /decrittazione) segnalando il piano d'attacco, i reparti designati, gli orari stabiliti, le località di partenza, l'appoggio diretto e indiretto.  Il 15 ottobre l'attacco tedesco al quale partecipavano i bersaglieri del "Mameli", ottenne il successo sperato e nella serata del 16 i valorosi ragazzi di Dani raggiunsero la cima 514 obbligando i fanti inglesi della 66a brg. a ritirarsi, mentre il 715° Btg. fucilieri allargava l'occupazione sino a quota 734. La stessa sera avveniva un forte contrattacco nemico che otteneva alcuni risultati e fu necessario occupare la quota laterale per bloccare ogni ulteriore spostamento, missione questa affidata e assolta ancora una volta dai bersaglieri del "Mameli" che tennero le posizioni fino al 19 ottobre respingendo più volte gli attacchi inglesi. Il 22 ottobre la Cp. "Dani" veniva avvicendata e spostata per riposo a Casola Val Senio e si dovette constatare con rammarico che il carreggio di reparto lasciato nella zona di Riolo Tenne era misteriosamente scomparso e non fu possibile accertare dove e come si era verificato questo spiacevole episodio, anche se la spiegazione più plausibile fu l'arbitraria asportazione del materiale da parte di qualche reparto tedesco in transito. Il reparto ebbe un necessario periodo di riposo e ricostituzione il 18 novembre la la Cp. venne avvicendata dalla 2* (Ten. Giuseppe Calabrò) giunta da Verona. Poi venne anche il momento dei riconoscimenti e del ricordo di due lunghi e sofferti mesi di combattimenti con 20 caduti, 10 dispersi (uno ucciso a tradimento da banditi), oltre una trentina di feriti. Furono assegnate 13 medaglie d'argento e di bronzo, 22 croci di ferro di 2a classe e una di prima (Ten. Ilario Dani promosso poi capitano per meriti di guerra), 32 distintivi d'onore per azioni d'assalto consegnati personalmente a Verona dal maresciallo Graziani e autorità tedesche ai valorosi bersaglieri. La Cp. "Dani" veniva ricevuta al Q.G. del Duce a Gargnano ed elogiata per il suo valoroso comportamento in azione.

Il III battaglione del Reggimento Manara costituito il 20/5/1944 e comandato dal Magg. Sandro Bonamici, fu sempre sotto organico e non  si spostò dalla sua sede reggimentale fino alla fine di Aprile del 1945, quando in ripiegamento verso nord venne intercettato dai partigiani e disarmato. Sandro Bonamici, già federale di Verona e protagonista nel 1940 della marcia della GIL e dei successivi sviluppi, imprigionato a Verona il 1 Maggio 1945 fu portato al forte di Azzano e fucilato senza processo. I caduti ed i dispersi del Btg. Enrico Toti furono 49.

 
     

I Reduci superstiti della prima compagnia vennero decorati nella caserma di Verona il 17 dicembre del 1944 dal Gen. Graziani ed il giorno 20 dicembre vennero ricevuti da Mussolini presso Villa Feltrinelli, a riprova degli innumerevoli episodi di valore dei quali si era fatta portavoce la stampa. Nei primi mesi del 1945 questi reduci si adoperarono per aiutare la cittadinanza di Verona in occasione dei bombardamenti aerei della città di Verona che causò vittime e notevoli danni.

Cimitero Castel Del Rio

Un cippo marmoreo ricorda ai passanti nel piccolo cimitero di Valsalva di Castel del Rio, il sacrificio di tanti giovani e valorosi volontari caduti per l'Italia.  La bandiera repubblicana lasciata sul corpo senza vita del S.Ten. Lucio Merlo a Parma, venne recuperata  dal bersagliere Carlo Masseretti, convintosi che non era giusto lasciarla come trofeo ai partigiani o ai brasiliani. La tenne in custodia per 46 anni a Mannheim in Germania e poi la riconsegnò al Ten. Gallerati.

  Nel dicembre 1944, mentre la 1a compagnia del tenente Dani si trovava ancora in riposo a Verona, la 2a compagnia del "Mameli " , al comando del tenente. Calabrò, raggiunse la linea del fronte. Il giorno 12 venne inviata nella zona di Riolo Bagni, a sud di Imola, per sostituire un reparto di pionieri germanici. Appena giunta in linea subì le prime perdite: il sottotenente Veralli, il sergente Zannoni e 11 caporale Della Mea caddero, infatti, gravemente feriti durante un intenso fuoco di mortai nemici. Lo stesso giorno due plotoni della compagnia, il I e il IV, vennero inviati alla ricerca di un reparto germanico che non aveva più dato notizie di sé. Con i bersaglieri erano anche dei polacchi aggregati alla Wehrmacht. Dopo un lungo e faticoso cammino nel fango, i bersaglieri giunsero alla posizione che avrebbe dovuto essere occupata dal reparto germanico, ma di questo non trovarono nessuna traccia. Improvvisamente vennero accecati dall'intensa luce dei riflettori nemici. Erano stati individuati. I bersaglieri si consultarono e decisero di inviare in perlustrazione una pattuglia composta da sette uomini al comando del caporal maggiore Rizzo. Ma del reparto germanico ancora nessun indizio. Venne costituita un'altra pattuglia agli ordini del sergente Baldini, ma anche questa volta i bersagli eri tornarono senza aver trovato nulla. Alla fine i bersaglieri ebbero una sola certezza: quella di essere completamente circondati. Il giorno nasceva. I bersaglieri cercarono rifugio in un casolare abbandonato, con l'intenzione di vendere cara la pelle. Comunicarono il loro intendimento ai soldati polacchi della Wehrmacht, ma questi quando seppero che di fronte stavano altri polacchi con gli alleati, si rifiutarono di combattere. Anzi, dichiararono che, se ne avessero avuto l'occasione, si sarebbero consegnati al nemico. Ma i bersaglieri non mollarono. Erano quasi tutti studenti, pochi avevano più di vent'anni. Nei mesi precedenti avevano sofferto le pene dell'inferno per vincere i disagi dell'addestramento. Qualcuno aveva portato per settimane le piaghe sulla schiena lasciate dalla mitragliatrice durante le marce. E queste sofferenze erano state sopportate pur di essere inviati al fronte. Ora dovevano dimostrare che erano capaci di affrontare il nemico con le armi in pugno. Contro il casolare si abbatté il fuoco delle artiglierie, dei mortai. Tutto intorno caddero le bombe degli aerei. Intervennero anche quattordici carri armati, a distanza così ravvicinata, che i loro proiettili passarono i muri del rifugio senza esplodere. Avanzarono le fanterie nemiche sino a pochi passi dalla casa. Ma i bersaglieri risposero al fuoco con il fuoco delle loro armi, aprendo vuoti tremendi nelle file nemiche. Quando il casolare crollò, i polacchi al servizio degli inglesi, ebbero partita vinta, ma non si comportarono da soldati. Bestialmente, infatti, infierirono sui superstiti. I bersaglieri più gravemente feriti vennero tutti trucidati con un colpo alla nuca. Gli altri, depredati di ogni loro avere, vennero addossati a un muro e minacciati di morte, finché giunse un ufficiale inglese che li prese in consegna e li avviò verso i campi di concentramento. Con la perdita di due plotoni, la forza della 2a compagnia venne dimezzata. Ma i bersaglieri superstiti, non più di sessanta, restarono al fronte fino al febbraio 1945, di continuo impiegati in azioni di assalto a postazioni nemiche.

Nei primi giorni del marzo 1945 venne comunicato al comando del battaglione "Marneli" che tutte le compagnie dovevano essere approntate e riunite per raggiungere la divisione bersaglieri "Italia" del Gen. Carloni sul fronte della Garfagnana, ed essere aggregate ad essa, agli ordini del capitano Martucci. Partito (1a e la 3a compagnia) il 18 marzo 1945 da Verona dopo essere sfilato in città a passo di corsa fra gli applausi dei veronesi, il "Mameli" traghettava il Po a San Benedetto accolto con entusiasmo dalla popolazione che con grande generosità invitò nelle proprie case i bersaglieri, accogliendoli come figli, parenti, amici affettuosi, donando loro col modesto ma sincero pasto di guerra tanto calore umano e fraterna solidarietà. Il 26 marzo il "Mameli" è a Parma, dove il giorno successivo i bersaglieri sfilano a passo di corsa accolti da battimani della popolazione e nella serata partenza per Collecchio (Gaiano) dove il comando del battaglione riceveva le necessarie informazioni dal comando della "Italia", Giunte nella zona di impiego, la la compagnia si trincerò a Gaiano, una località tra Collecchio e Fornovo; la 3a nelle adiacenze del ponte sul fiume Taro. Inizialmente il compito delle due compagnie fu quello di pattugliare la linea ferroviaria Fornovo-Parma e di impedire atti di sabotaggio al ponte sul Taro che collega la Cisa con la strada Medesano-Noceto-Fidenza. Il 4 aprile, però, due plotoni della la compagnia, agli ordini del tenente Dani, partirono alla volta di Villafranca in Lunigiana. Loro compito era quello di scortare alcune batterie della divisione "I talia" dirette al fronte. Lungo il percorso il reparto, nelle vicinanze di Berceto e "a Santissima Annunziata nei pressi di Pontremoli, subì qualche attacco da parte dei guerriglieri. A Villafranca i bersaglieri vennero dotati di due mitragliatrici "Breda 37" e inviati verso le immediate retrovie del fronte, precisamente a Monzone dove presero alloggio nella caserma dei carabinieri. Il 12 aprile, il reparto venne attaccato dai guerriglieri con il fuoco dei mortai. Poiché la situazione era insostenibile, i bersaglieri, approfittando delle tenebre e del fragore delle acque del fiume Magra in piena, si sganciarono portando con sé anche i feriti (il tenente Di Lalla e i bersaglieri Spagnolo e Tonon) e riuscirono a raggiungere Gragnola. Il Cap. Dani si portava il 22 aprile con i suoi uomini a Viano (quota 599) da dove era possibile controllare la SS.63 ma il caposaldo veniva sottoposto a forte tiro di artiglieria che provocava perdite nel reparto fra cui il Serg. A.U. Florian Doro Altan, Renato Maniero, Virginio Sirtoli, Lino Zarmignan, Giacinto Turra. Nella serata del 25 si superava la Cisa arrivando a Berceto e Ozzano Taro, dove giunge la notizia che Parma è stata già occupata dai brasiliani della FEB.

     

Da questo momento le vicende del reparto come quelle degli altri in zona si fanno confuse e caotiche dovendosi difendere su più fronti e alle spalle per la presenza di consistenti e ben armate forze partigiane. Lo sfondamento da parte degli alleati della linea Gotica è ormai irresistibile volgendo anche al meglio la stagione primaverile che permette sorvoli di ricognizione e attacchi al suolo oltre che bombardamenti sulle retrovie, settore questo in cui siamo completamente disarmati. Anche le potenti artiglierie alleate arano il suolo rendendo vano ogni arroccamento in zone strategiche com'era avvenuto durante il pesante inverno.

  In questa circostanza Dani scioglieva la compagnia, i cui componenti ormai liberati dai loro impegni morali ed etici passavano in prigionia con il FEB nella giornata del 28 aprile. Il gruppo di combattimento “Ferrario” composto da una parte di un battaglione Bersaglieri Div. Italia, da due compagnie del Btg. Mameli e dal gruppo artiglieria “Bergamo” della div. Monterosa costituirono l’improvvisata retroguardia delle truppe che dal 10 al 30 aprile 1945 contrastarono l’avanzata delle truppe angloamericane, consentendo al grosso delle forze armate italo-tedesche un ordinato ritiro dalla Garfagnana, attraverso i passi del Cerreto e della Cisa. Si susseguirono vari scontri, frutto di esplorazioni notturne nelle linee nemiche, con numerosi feriti e morti di cui concausa fu anche l’assoluto dominio dello spazio aereo di cui godeva l’aviazione americana. Alla metà di aprile un ridotto contingente di Bersaglieri del battaglione, Mameli costruì una esile linea di difesa su una quota poco oltre il paesino di Viano (al confine tra la Garfagnana e la Lunigiana), in una zona coperta da boschi di giganteschi alberi di castagne. Il 20 e 21 aprile, in queste buche, i Bersaglieri, subirono un terrificante bombardamento di artiglieria che distrusse tutto il bosco ma che non riuscì a smuoverli: mantennero le loro posizioni costringendo le truppe americane che avanzavano ad un combattimento imprevisto e furioso. I Bersaglieri si trovarono davanti truppe sceltissime, composte da soldati nippo-americani (delle isole Haway) che risulteranno – a fine conflitto – come il reparto più decorato di tutte le forze armate americane. Pur sottoposto a bombardamenti aerei il gruppo “Ferrario” riuscì a ritirarsi e raggiungere Fornovo sul Taro, alle ultime pendici dell’Appennino verso Parma, congiungendosi con i resti delle forze armate tedesche, della Div. Monterosa, della Div. Italia e San Marco.
Il 25 aprile il Ten. Gallerati si portava a Parma asserragliandosi nella Casa del Fascio in attesa di ordini superiori. La sede prescelta, sita in Viale Bassetti che costeggia il torrente Parma, venne sottoposta a forte tiro di armi automatiche da parte di partigiani, ma l'arrivo di alcuni carri armati tedeschi permetteva una sosta con l'allontanamento dei ribelli in più sicure posizioni, certezza questa convalidata da una ricognizione con i panzer scortati dai bersaglieri, con la constatazione che sulla via Emilia e dalla statale 513 erano in arrivo pattuglie blindate brasiliane. Nella giornata del 26 la sparatoria sull'edifìcio del PFR riprendeva più fitta dopo la partenza dei carristi tedeschi e veniva mortalmente colpito il sottotenente Lucio Merlo, ferito il Serg. Pozzoli; la situazione diveniva drammatica al punto che il 29 il Ten. Gallerati decideva lo scioglimento del reparto restituendo ad ognuno dei bersaglieri col suo personale ringraziamento la loro libertà. La salma del S.Tenente Merlo avvolta nel tricolore veniva lasciata nel fabbricato, dove più tardi veniva rimossa da personale del Comune e tumulata nel cimitero cittadino.

Si concludeva con quest'ultimo drammatico evento la storia del valoroso reparto di bersaglieri che aveva subito 53 caduti accertati meritando 20 decorazioni al v.m. e 39 croci di ferro tedesche (due delle quali di la classe). I più fortunati furono condotti a Coltano come prigionieri di guerra.

     

Per l’adorata Itala terra, sotto il mio gagliardo passo d'ardito, mi fu di viatico l'imperativo:          "Non ho tradito"
Se l'ira cieca, se l'odio tetro al mio passare mi segnò a dito, risposi senza guardare indietro:     
   "Non ho tradito"
Se l'ingiustizia, se la vendetta per la mia fede, mi han colpito, la mia parola io l'ho già detta:     
   "Non ho tradito"
Quando dal corpo sprizzò il mio sangue, s'accasciò inerte l'alma ferita e muto un grido salì dal petto
"Non ho tradito"
Poiché la morte che mi era acconto mi volle in cielo, dall'Infinito ancor più forte, si leva il grido:   
"Non ho tradito"

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