LA BATTAGLIA DI LERO
8 settembre - 16
novembre 1943
Analisi di una
sconfitta
Lero (Leros) è una isola molto lunga (15 km) con costa alta e frastagliata
e con pochi ma buoni punti di approdo in ampie baie (Portolago-Lakki e Parteni a nord).
Non fa parte delle grandi isole (vedi tabella sotto) dell'Egeo, ma la sua
popolazione era una delle più consistenti. Dista dalla costa Turca dai
30 ai 50 km e proprio in virtù delle sue baie e insenature
(Portolago era la Pearl Harbour o la Gibilterra dell'Egeo, e solo dal cielo come vedremo,
poteva essere presa) gli italiani potevano ancorarvi il loro naviglio
maggiore, sommergibili inclusi, che non trovava ospitalità a Rodi. La
base era dotata di officina, bacino carenaggio, serbatoi, depositi, gruppi elettrogeni,
polveriera e un piccolo ospedale. Da qui erano partite le missioni di
sabotaggio della marina per
Suda e Alessandria (i maiali) I rapporti con la neutrale Turchia erano sempre
stati buoni, nonostante che gli alleati cercassero in tutte le
maniere, soldi compresi, un loro sganciamento ideologico dall'asse.
All'inizio della guerra a Lero erano dislocati, oltre al naviglio di
superficie recuperato (pescherecci greci e traghetti), la quarta
squadriglia cacciatorpediniere, la terza flottiglia MAS (C.F. Borghi, 4
squadriglie 9 macchine), 5 motosiluranti, numerosi sommergibili
(tra i quali il "Gemma" il "Neghelli" lo "Jantina" l'"Ondina" lo
"Zeffiro" il "Perla" lo "Sciré" l'"Anfitrite" il "Foca" il "Naiade") e
alcuni posamine con 3 motozattere. Non essendoci aeroporto l'isola era
raggiungibile solo con gli idroplani che avevano un loro approdo (Cap.
Preti). Difendevano l’isola un battaglione del 10° Fanteria Regina (T.Col.
Li Volsi) e 102 batterie di cannoni dell'artiglieria marittima
costiera (C.F. Re), per lo più miste,
navali e contraeree in piazzola scoperta (vulnerabili dal cielo) e
alcune con angoli morti. In Bunker solo il comando sul Monte
Patella. Il collegamento telefonico tra le piazzole e il comando era a filo e non
era interrato. Il personale degli altri servizi (marina C.V. Mascherpa,
difesa Dicat (C.F. Spigai), Carabinieri etc) era di qualche
migliaio di unità.
GLI ATTACCHI
Da Dodecaneso.org L'attacco in
picchiata contro obiettivi incassati in valle presentava l'altro grave
inconveniente che dopo lo sgancio, l'aereo, mentre riprendeva quota e
perdeva velocità, passava con il ventre alla minima distanza dalle armi
situate sulle creste dei monti. Tiratori accorti, disponendo di grande
freddezza, potevano alla fine dell'attacco, con pochi colpi ben
assestati, aprire il ventre dello Stuka che si stava disimpegnando. La
Breda 37/54 binata di Monte Patella abbatté da sola con questo sistema,
grazie all' abilità dei serventi, otto aeroplani "... nel mulinare delle
schegge quei sette o otto uomini, contratti, fermi come se dovessero
essere fotografati, spiavano la buona occasione. Aspettavano che l'aereo
scarognato che aveva sganciato sul bacino galleggiante o sul
polverificio di Mericcià disimpegnasse, sorvolando in crisi di manovra i
nostri 300 metri di altura. Solo allora, con un rafficone spasmodico che
scuoteva il terreno, essi scaraventavano in tre secondi dodici
proiettili di quattro centimetri di diametro sul muso o nella pancia
dell'avversario. I bestioni, presi come piccioni al volo, si
trascinavano via sfumacchiando e andavano quasi sempre a morire in
mare....".
RODI E LE ALTRE
|
SUPERFICIE
kmq
|
ABITANTI
|
RODI
|
1412
|
54.818
|
COO
|
296
|
21.169
|
SCARPANTO
|
306
|
6.574
|
CALINO
|
128
|
16.500
|
STAMPALIA |
114
|
1.610
|
CASO
|
69 |
1.925 |
PISCOPI
|
64 |
1.228 |
SIMI
|
64 |
9.462 |
NISIRO
|
48 |
3.436 |
LERO
|
54 |
6.151
|
PATMO
|
47 |
2.990 |
CALCHI
|
30 |
1.788 |
LISSO
|
17 |
962 |
CASTELROSSO
|
20 |
2.230 |
TOTALI |
2700 |
130.855 |
Churchill scrive a Roosevelt ai primi di ottobre.
Sono molto preoccupato sullo sviluppo della situazione
in Mediterraneo Orientale. Al collasso dell’Italia abbiamo inviato
piccoli distaccamenti dall’Egitto in diverse isole dell’Egeo,
specialmente a Kos e Leros, una base navale italiana molto fortificata.
Abbiamo corso il rischio nella speranza che le guarnigioni italiane, che
ci hanno ben accolto, avrebbero preso parte alla difesa. La speranza è
stata vana e Kos è già caduta eccetto per alcune compagnie che si sono
ritirate sulle colline. Leros potrebbe seguire lo stesso destino: la
nostra iniziativa per Rodi non ha avuto successo.
Potrebbe non essere possibile condurre con successo la campagna
in Italia ignorando quanto avviene in Egeo. I tedeschi attribuiscono
un’estrema importanza all’emisfero est al punto da farvi convergere
molta parte della loro stremata forza aerea. Per mantenersi in quell’area
i tedeschi devono fronteggiare la diserzione dell’Ungheria e della
Romania, così come un violento scisma in Bulgaria. La stessa Turchia può
da un momento all’altro rivolgersi contro di loro. Vediamo quindi come
essi siano in difficoltà in Grecia e Yugoslavia. Non ho mai voluto
spedire un esercito nei Balcani ma solo inviare agenti, rifornimenti per
stimolare l’intensa guerriglia. Quello che io chiedo è la conquista
dell’isola di Rodi e delle altre isole del Dodecanneso. Lo spostamento
dell’assetto delle nostre forze mediorientali nell’area e sulla costa
turca possibilmente, richiederà al nemico una diversione ben più grande
di quella richiesta a noi. Vorrei ingaggiare il decrescente potere aereo
nemico e distruggerlo in una nuova regione.
Sollecito la sua attenzione affinché tutte queste possibilità non
siano perse nei mesi critici che ci aspettano. Anche se saranno
necessari mezzi da sbarco per una divisione, tratti dal dispiegamento
per l’operazione Overlord solo per poche settimane, ciò non cambierà
l’ora zero per detta operazione. Sento che potremmo facilmente gettare
via un ‘occasione irripetibile.
(ed è qui che si sbagliava: per gli americani Overlord
non si tocca, come non si toccano i mezzi: ogni digressione può costituire un precedente
per altre disavventure mediterranee degli inglesi e può
costare cara alla zampata definitiva del giugno '44 prima che a Berlino
ci arrivi Stalin)
THE KOS MASSACRE (October 4,1943)
When the island of Kos (Coo) in the Aegean, fell to the German forces, a total of 1,388 British and 3,145 Italian troops were taken
prisoner. Italy had signed an armistice on September 8 and the Italian troops were now fighting on the British side. On September 11, Hitler gave the order to execute all Italian officers who were
captured. The officer in charge of the Italian troops was Colonel Felice Leggio.
He, and 101 of his officers, were marched to a salt pan just east of the town of Kos and
there, shot in groups of ten. They were buried in mass graves. When Kos was returned to Greece after the war, the bodies were dug up and transported back to Italy for burial in the Military Cemetery at Bari.
Il massacro dell'isola di COO -
Al momento della resa i 118 ufficiali del reggimento furono radunati in un campo e, ridotti di 15 che vennero considerati non coinvolti a vario titolo.
A gruppi di 10 vennero poi avviati verso la costa per “imbarcarsi” cosi gli dissero. Le loro salme furono ritrovate anni dopo ma soltanto 66 recuperate. Il tenente generale Friedrich Wilhelm
Muller, comandante della 22a divisione di fanteria tedesca, che ebbe l'incarico dell'operazione Eisbar (Orso Polare) prese alla lettera l'ordine di Hitler di uccidere, anche dopo la resa, gli ufficiali italiani ma non riuscì a far sparire le tracce.
Dal 26 settembre al 31 ottobre, quasi
ininterrottamente (esclusi 6 giorni di pausa di cui 2/3/28/29 ottobre)
i caccia bombardieri tedeschi si alternarono sull'Isola con 140
incursioni e 1190 aerei.
It was the last day of the battle. At 07:30 brigadier Tinley
(ma Tilney da T. Colonnello era diventato generale provvisorio sempre per trattare
con gli italiani dal grado superiore) sends signal in the
Cairo that describes the situation. From 04:00 the Germans strike
Merovigli from the north and East and little by little with the support
of aviation by afternoon they take over the English headquarters. At
17:30 lieutenant Max Vantray with 20 commandos arrests brigadier Tinley.
Immediately afterwards Italian head admiral Mascherpa also surrenders.
At 18:30 the English Italian forces orders to "ceased fire". That is how
the resistance in the Leros finished after rough days of siege. The head of LRDG colonel Prendergast,
major Lord Jelicoe of SBS. but also many English and Italian soldiers
slipped into Turkey.
LE CAUSE
Sembra opportuno tracciare una analisi di quello che poteva essere lo stato
d’animo dell’Ammiraglio Mascherpa nei suoi rapporti con i comandi
alleati.
Il primo incontro di Mascherpa con gli inglesi, precisamente con Pawsen,
avvenne il 12 settembre, quattro giorni dopo il proclama di Badoglio; il
contegno dell’ammiraglio fu prudente e contenuto e non così aperto e
favorevole come, magari, gli inglesi si attendevano da un ex nemico che
ha firmato la resa senza condizioni. Sta di fatto però che il nostro
Comando supremo, con sua nota 23 settembre ‘43 diretta al generale
Castellano, capo della missione militare italiana presso gli alleati,
comunicò che gli alleati stessi avevano nominato Mascherpa comandante e
governatore delle isole italiane dell’Egeo, e il generale Soldarelli
comandante delle forze italiane di Samos e Ikaria. Una versione obiettiva e spassionata dei motivi per cui, da un certo
momento in avanti, gli inglesi hanno dimostrato avversione verso la
persona di Mascherpa, potrebbe scaturire dalle analisi e dalla
valutazione dei seguenti aspetti:
a) E’ acclarato che l’ammiraglio Mascherpa aveva improntato la sua
condotta alla salvaguardia, nella forma e nella sostanza, della
sovranità italiana nelle isole del Dodecanneso e ciò, se vogliamo,
sottovalutando la portata di una resa incondizionata (come c’era stata
in Italia con la fuga del Re) e l’immancabile legittima euforia nel
comportamento dei vincitori; euforia che solo il bisogno della
collaborazione italiana ha impedito divenisse tracotanza anche se,
quando se ne è presentata l’occasione, gli inglesi non hanno mancato di
farci subire la loro arroganza del potere.
b) Mascherpa non parlava inglese e questo si rivelò ben presto un
handicap; in più di una occasione aveva mostrato un carattere poco
malleabile e rude, e dopo l’armistizio aveva fatto ricorso
all’espediente, usato da secoli e su vasta scala dagli stessi inglesi,
di assumere le funzioni del grado superiore; gli inglesi avevano saputo
che lo aveva fatto di sua iniziativa (inusuale in casa inglese).
Il nuovo grado ha creato, quanto meno, un certo imbarazzo nell’alto
comando del Cairo, per la scelta dell’uomo da inviare a Lero, con
funzione di comando, uomo non facilmente reperibile nelle gerarchie
militari inglesi in quei giorni, ma che doveva saltar fuori per avere a
Lero una gerarchia di rapporti rispondente al grado e ai programmi.
Risulta infatti dal libro del Maresciallo Wilson, Eight years overseas
(Otto anni sui mari), che il grado effettivo del generale Tilney, era
quello di tenente colonnello.
c) Subito dopo l’armistizio, l’alto comando inglese ebbe ad impartire ai
suoi uomini, che avrebbero avuto contatti con comandi italiani,
istruzioni circa l’uso di ogni riguardo onde evitare di urtare la
suscettibilità dei singoli ufficiali in comando. E ciò almeno sino a
quando non vi fosse la urgente necessità di impegnare truppe italiane
contro i tedeschi. Era dunque implicito che tale riguardo poteva venir
meno man mano che gli inglesi si rendevano indipendenti con mezzi e
personale propri. Le batterie di Lero, sia antiaeree che navali, che gli
inglesi non erano in grado di assumere in proprio, hanno avuto sin
dall’inizio, assieme alla fiducia, un alto grado di indipendenza e di
autonomia e ciò prima ancora che il comandante Spigai avesse potuto
dimostrare di essere all’altezza del suo incarico e di meritare
pienamente quella fiducia che poi ebbe sino alla fine.
d) Le perdite di piccole isole subite durante il mese di ottobre e la
preoccupazione di non essere in grado di difendere Lero da un eventuale
sbarco tedesco, avevano creato il clima e il morale dell’insuccesso,
clima propizio al far sorgere recriminazioni fra Brittorius e Mascherpa.
e) Il comando del medio oriente, dal Cairo, aveva deciso di allontanare
sia il generale Brittorius che l’ammiraglio, ma il rifiuto di Mascherpa
di recarsi al Cairo ha rimesso certamente tutto in gioco e potrebbe
essere stato questo l’elemento determinante, da parte inglese, per
insistere sulla sostituzione di Mascherpa. Gli inglesi però non han
tenuto conto del morale delle truppe di Lero di fronte al loro
comandante che “taglia la corda” nel momento più pericoloso. Il senso
dell’onore dell’uomo Mascherpa prima, e dell’ufficiale poi, non
permetteva una cosa simile.
Il precipitare degli eventi nello scacchiere Egeo ha di fatto impedito
la rimozione di Mascherpa il quale, nel frattempo, aveva anche firmato,
come governatore dell’Egeo, il proclama alla popolazione civile; e non
si può ignorare che, a Supermarina, l’atteggiamento di Mascherpa, dopo
l’armistizio, era stato molto apprezzato. E probabile quindi che non si
fosse, intimamente, molto favorevoli alla sua sostituzione anche perché
nel particolare momento non si presentava facile.
Mascherpa non ha ubbidito all’ordine di cedere il comando al suo Capo di
Stato Maggiore comandante Borghi, poiché l’ufficiale di marina vive in
una tradizione che lo prepara ad assumere, in eccezionali circostanze,
la responsabilità di non attenersi, eventualmente, agli ordini dei
superiori lontani, questa disubbidienza ha impegnato profondamente la
persona dell’ammiraglio, ben sapendo egli che, in mancanza di valide
motivazioni, il suo gesto poteva incidere duramente non solo sulla sua
coscienza, ma anche sul suo avvenire. Saper attuare in mare e in guerra
iniziative del genere; non è da tutti, è prerogativa e requisito di un
vero comandante; tale è stato certamente il caso dell’ammiraglio Luigi Mascherpa. Ritirarsi dal suo posto in quel momento, specie su ordine
superiore, poteva essere comodo e forse gli avrebbe potuto anche salvare
la pelle, ma tutte le forze dell’isola erano impegnate a fronteggiare lo
sbarco tedesco ritenuto ormai imminente, per cui la partenza avrebbe
avuto più il sapore della diserzione che della disciplinata ubbidienza
agli ordini. L’ammiraglio rimase tranquillamente e serenamente al suo
posto di comando e la bandiera italiana continuò a sventolare sulla
“Difesa”.
Leros War Museum
In September 2005 the Leros war museum was opened in Merkia, near Lakki.
The museum is inside an old tunnel made by the Italians during the
Second World War. It looks like the Dover war museum though on a tiny
scale. There are several items from the battle of Leros including: guns,
helmets, bombs, uniforms and many photos. Gli inglesi sono sepolti a Krithoni nella
baia di Alinda.
http://www.leros.org/
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Alle 18,30 dell' 8 settembre 1943 il radiotelegrafista addetto alle intercettazioni comunicò che Radio Algeri aveva trasmesso la notizia dell' armistizio. La prima direttiva del
Capitano di Vascello (poi vice ammiraglio) Mascherpa, fu di assumere l'assetto d'emergenza con la precisazione di reagire immediatamente a qualsiasi intimazione e offesa, "anche se tedesca" (pur se di tedeschi sull’isola
non ve ne erano). Rodi cadde il mattino del giorno 11 trascinandosi dietro il Comando Superiore delle Forze Armate
dell'Egeo, il Comando Marina e tutti gli aeroporti vitali per mantenere il controllo di alcune isole.
Gli italiani sapevano che persa Rodi era perso tutto, e i tedeschi che
presa Rodi, Egeo sicuro. L’unica cosa che gli Inglesi riuscirono a fare fu quello di mandare un messaggio personale di Maitland “Jumbo” Wilson con la promessa di aiuti. I giorni 16, 17 e 20 settembre 1943 gli Inglesi diedero il via a sbarchi in tutto un migliaio di fucilieri. In momenti successivi,
di notte, il contingente inglese raggiunse i 4.000 uomini, tanti quanti ne potevano disporre
operativamente gli italiani. Il Comando in Capo del Medio Oriente, infatti, aveva ricevuto da Churchill in persona precise istruzioni di dare il massimo appoggio alle forze italiane, contrastando in ogni modo possibile le azioni dei tedeschi. Il controllo dei cieli era in mano tedesca e non era il caso per
gli inglesi di avventurarsi in quel ginepraio di isole senza copertura
aerea. Il rischio era comunque che qui si generasse una nuova Cefalonia o Coo
caduta ai primi di ottobre. I rapporti di formale correttezza, instaurati dagli inglesi si trasformarono poi durante la
compresenza fino ad arrivare alla totale esclusione degli italiani dalla battaglia. Li comandava il Generale Brittorius (Francis G. Russell, 1896-1974) un Irlandese
cattolico sostituito poi da Tilney mandato per recuperare fiducia. I tedeschi non avevano fretta: una per una le isole vennero occupate
dopo aver catturato la guarnigione e Lero, la più rognosa, venne tenuta per ultima. Solo il 26 settembre cominciarono l’attacco diretto. 25 bombardieri bimotori Ju 88 giunsero inavvertiti sull’isola da ovest e demolirono sistematicamente tutto ciò che
sporgeva dal terreno o dall'acqua. Le navi furono i primi obiettivi e ne fecero le spese due caccia inglesi. Non c’era possibilità di ricevere rifornimenti, anche le truppe inglesi erano
ora nella stessa condizione degli italiani post armistizio. Il X
Fliegerkorp tedesco ritirando anche aerei dalla Russia, mise assieme 350
aerei (compresi i trasporti Ju 52) che attaccavano, rientravano, si
rifornivano e ripartivano, in media 2 missioni al giorno, il che
significava avere quasi il doppio degli aerei. Naturalmente le perdite
erano alte e gli stop per manutenzione anche: non si poteva andare
avanti all'infinito. Se gli inglesi aspettavano che si scatenasse la
tempesta, perchè finora era solo un temporale, i tedeschi non dormivano.
Allestivano una flottiglia con tutto quello che erano riusciti a
recuperare al Pireo e predato agli italiani, ma non solo. Per approdare
uomini e mezzi avevano bisogno anche di mezzi da sbarco. Tolsero dalla
polvere gli I-boot preparati per l'invasione dell'Inghilterra e altri
scafi Pi.Ldgs.Kp 780 che fecero letteralmente a pezzi e stivarono su
carri ferroviari che raggiunsero il Pireo in pochi giorni. Quello che non si poteva
smontare discese il Danubio e sotto gli occhi "distratti" dei Turchi
attraversò gli Stretti.
Il tenente
generale Friedrich Wilhelm Muller, comandante della 22a divisione di
fanteria tedesca era incaricato della presa dell'Isola con il supporto
di
Kustenjaeger (commandos di mare) e parà commandos del Reggimento
Brandenburg.
A. Martelli-Una sigaretta
sotto il temporale pag.79 e segg.
A Portolago vennero affondati due caccia, uno
inglese e uno greco, il Principessa Olga, e il Mas 534 del tenente di
vascello Aldo Boldini. Il 27 settembre ripresero i bombardamenti.
Vennero colpiti l’idroscalo e due Cant. Z 501 che si incendiarono. Il 29 settembre, su questo fazzoletto
di terra furono 60 gli Stukas in continua picchiata su ogni obbiettivo; il giorno successivo, il
30 settembre, venne affondato, a Parteni,
il cacciatorpediniere Euro. Il 3 ottobre i tedeschi fecero il primo
salto e occuparono Coo (Kos), privando così l’Egeo dell’unico aeroporto
utilizzabile, a un tiro di fucile da Lero. Il concetto inglese,
chiaramente espresso dal generale Wilson in una sua relazione, quello
cioè di tenere in Egeo qualche punto di appoggio, come Samo, Coo e Lero,
in attesa che maturassero le condizioni per poter procedere alla
riconquista di Rodi, era stato di fatto superato dagli avvenimenti: i
tedeschi avevano battuto Wilson sul tempo.
Il 6 ottobre, gli inglesi ritirano il loro presidio dalla vicinissima
Calimno e il giorno successivo l’isola viene occupata dalle truppe
germaniche. In queste due isole i tedeschi hanno potuto
preparare la flotta da sbarco per l’attacco finale a Lero, mentre la
loro aviazione continuava indisturbata il martellamento dell’isola e dei
suoi impianti. Anche l’abitato di LeroPiazza Platano, privo di insediamenti militari, venne colpito il 9 ottobre. Le nostre
batterie navali di monte Scumbarda iniziarono un bombardamento, diretto
dal capitano Omadei, di disturbo su Calimno e l’11 ottobre, su ordine
inglese, il presidio di Simi lasciò l’isola e si trasferì a Cipro. Con
l’occupazione tedesca di Stampalia, a sud-ovest di Coo, avvenuta il 22
ottobre, il cerchio si strinse ancora.
La stampa internazionale ha scritto molto sulle vicende dell’Egeo e di
Lero in particolare, ma non con la necessaria obbiettività. I giornali
italiani non hanno voluto urtare la suscettibilità dei comandi inglesi e
aprire delle polemiche che avrebbero potuto avere risvolti negativi;
mentre quelli inglesi, fedeli ai comunicati ufficiali dei comandi
militari, hanno scritto ciò che era più utile alla loro propaganda,
anche se la verità veniva violentata e distorta.
Nessuno ha scritto che Lero si è arresa con le truppe italiane in
caserma, perché dal comando inglese non fu loro permesso di sparare un
colpo. Nessuno ha parlato dell’incapacità del colonnello Tilney,
nominato generale per trattare alla pari con il nostro ammiraglio
Mascherpa (pure lui promosso), di predisporre un piano tattico per ricacciare a mare i
tedeschi, e nessuno ha mai parlato della sfiducia, più o meno motivata e
giustificata, mantenuta sino all’ultimo verso le truppe e verso i nostri
ufficiali. Si è preferita la resa incondizionata piuttosto che far
entrare in azione le nostre truppe, per le quali il colonnello Li Volsi
aveva più volte sollecitato l’autorizzazione ad intervenire.
Il Times, nell’edizione del 18 novembre 1943, affermò che il
loro comando del
Medio Oriente, fece ogni sforzo per attaccare dall’aria con
ogni mezzo per quanto rischioso. Lo sforzo doveva essere compiuto per
mantenere l’isola di Rodi e Coo, dove esistevano validi aeroporti, e non
per promettere ripetutamente l’arrivo dell’aviazione, mai vista sul
cielo di Lero. Il Times quindi ha raccontato una grossa bugia perché il
grande sforzo consistette nella formale richiesta, ma solo formale,
dell’aviazione (i famosi P38 americani dislocati non si sa dove). Il Messaggero del 16 novembre
‘43, riporta un comunicato del QG del Fùhrer:
I britannici appoggiati
dalle truppe di Badoglio, hanno cercato... Anche questo non è vero
perché le cosiddette truppe di Badoglio, 5 mila uomini, erano impedite a
intervenire. È magra consolazione quanto ha affermato Attlee ai Comuni: ... le operazioni di Lero,
hanno aiutato l’invasione dell’Italia e sconvolto i piani nemici
(ndr ad ottobre i tedeschi bloccavano su tutta la
linea del Volturno gli alleati). E' una
magra consolazione e pagata a caro, troppo caro prezzo.
Nelle operazioni la sola marina inglese ha perduto un caccia torpediniere,
4 incrociatori
danneggiati e un sommergibile affondato. Possiamo ritenerci quindi
autorizzati ad affermare che i primi a pagare le conseguenze dei propri
errori sono stati proprio gli inglesi.
Intanto le incursioni aeree, mai interrotte, diminuivano di intensità e
si avvertiva anche un certo calo nel numero degli aerei impiegati nelle
varie incursioni che, il 5 novembre, furono del tutto sospese. Nei primi
giorni di novembre giunse a Lero il generale inglese Tilney con
l’incarico di assumere il comando della fortezza, seguito poco dopo dal
Gen. Hall che assunse il comando delle forze alleate in Egeo, al posto
del Gen. Brittorius (Brittorius è scomparso dai siti inglesi
come se non fosse mai esistito). Se Brittorius non usò il sufficiente tatto per ottenere dai comandi
italiani dell’isola tutta la collaborazione necessaria, Tilney, con la
sua “Proclamazione” del 4 novembre 1943, commise un secondo e grave
errore escludendo, secondo quanto indicato al punto 50 !!! del proclama
stesso, le truppe italiane dai contrattacchi e dalle linee del fuoco.
Ma restiamo agli sviluppi del “caso” Brittorius - Mascherpa. Il capo
della missione militare alleata, Maxwell D. Taylor (sempre quello che
trattava anche a Roma), inviò in data 1°
novembre ‘43, al generale italiano Ambrosio, allora Capo di Stato
Maggiore Generale, un telegramma dove fra l’altro si leggeva:
Sono spiacènte di dover informare V. E. che le relazioni tra le forze
armate alleate e italiane a Leros, sono assurte a questioni di primaria
importanza... Si comunica che la cooperazione italiana non è completa e
inferiore alle necessità della situazione tattica (...);
a) il comandante italiano deve essere chiaramente istruito che egli deve
servire sotto il comandante inglese senza riserve
b) il comando supremo italiano deve informare le autorità italiane a
Leros che il comando inglese ha assunto le funzioni di governatore di
Leros !!!;
c) l’ammiraglio Mascherpa deve essere immediatamente sostituito da un
comandante più energico (...) !!!.
Il generale Ambrosio, con un telecifrato via radio, manda a Mascherpa il
primo cicchetto che chiarisce un equivoco nel quale erano caduti un po’
tutti i comandi italiani; non siete collaboratori e alleati,
sembra dire Ambrosio, ma sconfitti e sottomessi. Il telegramma infatti
recita: Preciso che vostro compito est di considerarsi alle dipendenze
di impiego e quindi di dare piena collaborazione senza riserva al
comandante inglese (...) predetto comandante inglese ha assunto funzioni
governatore Leros. Un onore quello di un governatorato che Lero non
aveva mai avuto!!! (neanche in tempo di pace: una cosa è un governatore che in quanto civile se
proprio doveva esserci sarebbe stato italiano, un conto un comando
militare alleato unificato che non è poi così difficile). Lo stesso giorno, con
altro cifrato, Ambrosio informava il generale Soldarelli, a
Samos, che era in corso la sostituzione dell’ammiraglio Mascherpa: (...)
perché comando alleato ha segnalato sua insufficiente cooperazione.
Infatti, sempre il 2 novembre, il comando delle forze italiane a Leros
(non in cifra questa volta) ricevette il dispaccio n. 2530 OP nel
quale si legge:
Risulta che la cooperazione da parte italiana alle forze
alleate a Leros, non è completa e comunque è inferiore alle necessità
(inferiore alle necessità lo poteva essere per tanti problemi noti anche
prima dello scoppio del conflitto) della situazione tattica locale. In
relazione a quanto sopra codesto S.M. disponga subito la
sostituzione dell’ammiraglio Mascherpa con altro comandante più energico
(Cap. Vasc. anziano) firmato Ambrosio.
Infine, con telegramma del 10 novembre, si comunicò che:
Data due corrente (2/11) disposto rientro Capitano Vascello Mascherpa Luigi dando
consegne temporanee ad ufficiale più elevato in grado sul posto et sua
sostituzione con Cap. Vascello Daretti Lorenzo “ firmato Ambrosio”.
Evidentemente Ambrosio non dormiva i suoi sonni tranquilli
pensando al caso Brittorius-Mascherpa e il 10 novembre inviò un
telecifraradio a Mascherpa:
In attesa sostituzione, Vostra Signoria cessa dalla carica di comandante
forze armate italiane a Leros, passando tali compiti at comandante
italiano più anziano.
“
firmato Ambrosio”.
Il 12 novembre alle 4,30, primo tentativo di sbarco tedesco nell’isola e
nello stesso momento un messaggio segreto in partenza da maristat (Stato
Maggiore della Marina) e diretto a Mariegeo Lero, scriveva:
Comandante Mascherpa passi consegne Mari-egeo at comandante Borghi et
rientri col primo mezzo disponibile !!!! alt Est in corso invio
capitano di Vascello Doretti per sostituirlo stop. fto De Courten.
(
ndr: In Egeo si andava e veniva a qualsiasi ora del giorno e della notte
!!!)...... a Lero, dove
era già in atto l’inferno, il terzo tentativo di sbarco tedesco era
riuscito, e Brittorius, a cui si cercava di dare soddisfazione per l'ammaina bandiera
(italiana) era già stato rimosso
dall’incarico e sostituito, e senza tanti telegrammi, dal suo comandante
in capo del Medio Oriente (stringi stringi tutta qui stava la diatriba
sull’impiego delle forze italiane ?). A tutto ciò rispondeva Mascherpa con
una nota diretta al generale Soldarelli, a Samos, dalla quale traspare
una responsabile indifferenza alle preoccupazioni di Ambrosio.
Dice il Testo:
Situazione estremamente grave alt pregasi informare
comando supremo per immediati rinforzi particolarmente potentissimo
intervento aereo stop.E' penoso constatare, se pure dopo tanto tempo, che mentre a Lero si
moriva o si viveva in uno stato di estrema precarietà, dove da un’ora
all’altra tutto poteva accadere, l’alto Comando italiano si preoccupava
per la sostituzione del comandante Mascherpa (ndr: e
questo poi segnalava una situazione grave necessitante un intervento che
nessuno era in grado di fornire: quando si dice chiacchere solo per dare
aria ai denti).
Soldarelli comunicò al Comando Supremo anche l’avvenuto sbarco tedesco
alle 6,30 del giorno 12 novembre su parte nord-orientale isola (...). Il 7 novembre
ripresero le incursioni aeree con gli stukas in tuffo e l’8 novembre
arrivò nell’isola un terzo battaglione inglese.
OPERAZIONE LEOPARD
La mattina del 12 novembre, con le prime luci dell’alba, ebbero inizio
gli sbarchi tedeschi; un gruppo proveniente da sud-ovest, cioè da Kos,
attraversò il mare dell’Anatolia; individuato (e inquadrato) dalla batteria “Ducci” del
settore navale ovest, munita di pezzi da 152/50 e dislocata sul monte Cazzuni, comandata dal capitano di artiglieria Minozzi e dal tenente
Ruggero, invertì la rotta e si allontanò; un altro gruppo da sbarco,
proveniente da est, si frazionò in 4 sottogruppi e uno di essi prese
terra nella baia a ponente di Punta Pasta; un secondo a levante di Monte
Clidì e un terzo sulla costa orientale di Monte Appetici, sotto la
batteria Mario Lago, vicina al castello di Lero. Il quarto gruppo si
dirigeva verso la costa nord dell’isola ma fu costretto ad allontanarsi
dal fuoco delle batterie. I Mas 555 e 559 vennero sorpresi nella Baia di
Grifo e catturati dai tedeschi.
Il generale inglese Tilney, fra una pipata e l’altra, avrebbe voluto
contrattaccare, ma non si sa per quali ragioni, il contrattacco fu
rimandato mentre oltre 3.000 uomini armati e pronti (italiani) avevano chiesto di
intervenire garantendo la liquidazione dell’invasore. Tilney preferì
chiedere rinforzi a Samo, quegli stessi rinforzi che già, e
inutilmente, aveva chiesto Mascherpa. Ciò conferma che se collaborazione
non vi fu nella misura massima, lo si deve al comando inglese che la
rifiutò, e che fra i due comandi non esisteva alcun collegamento radio.
I tedeschi, sempre efficacemente coadiuvati dall’ aviazione, ottennero
un certo successo che, nel pomeriggio di quel 12 novembre, venne
consolidato dal lancio di nuclei paracadutisti nella strozzatura
centrale dell’isola, a ridosso della Baia di Alinda. Il 13, alle sette
del mattino, nonostante il forte vento, avvenne un secondo lancio che
fece cadere la batteria Mario
Lago, dopo che i nostri marinai l’avevano più volte riconquistata,
attaccando all’arma bianca.
da dodecaneso.org. .... La disastrosa discesa dei paracadutisti
(Alinda,Gurna) aveva dato alla lotta un
carattere ancor più caotico. Le nostre improvvisate sezioni antisbarco
resistettero tutta la notte e furono sopraffatte solo il giorno dopo; i
loro comandanti furono subito fucilati.
Il giorno 14, terza giornata, la lotta divampò furiosa. La fanteria
inglese, costituita da reparti sceltissimi, parve riprendersi dal torpore
in cui l' iniziativa tedesca l' aveva rinchiusa e nella notte, al centro e
al Nord contrattaccò, costringendo i Tedeschi ad arretrare. Con la luce
del giorno l'intervento dei soliti Stukas rese vano il sacrificio. Altri
lanci di paracadutisti andarono a rinforzare i nuclei rimasti annidati
nella stretta di Gurna, iniziando un movimento verso Nord per congiungersi
definitivamente con ulteriori forze fresche tedesche sbarcate nella notte.
Nel pomeriggio, il contrattacco coraggioso di un intero battaglione
inglese si concluse malamente. La battaglia ormai era praticamente
perduta. All'alba del giorno 15 dal Monte Appetici si
erano spinti sino all' abitato di Lero e dal centro avevano progredito
verso Santa Marina, Monte Rachi e Monte Meraviglia. Dal Nord si erano
spinti lungo la costa della baia di Alinda per effettuare il non ancora
completo congiungimento. La situazione era ormai disperata....
Il comando inglese preparò il contrattacco per il giorno dopo, come se
si trattasse di partire per le vacanze, e ancora una volta la classica
flemma britannica venne punita: anziché tenere concentrate le forze,
esse vennero divise fra il settore centrale, cioè la Baia di Alinda,
dove erano i parà tedeschi, e il Monte Appeticì della Mario Lago. I
tedeschi evitarono il contatto con gli inglesi e avanzarono da est e da
nord. Inutile la debole azione di fuoco inglese e nella notte del 15
novembre i tedeschi occuparono l’abitato di Lero e il Castello.
La difesa contraerea era ormai ridotta al silenzio e il dominio
incontrastato dell’aria permise ai tedeschi di consolidare le posizioni
conquistate.
Il comando italiano, sotto le pressioni del colonnello Li Volsi,
comandante le truppe di terra, rinnovò al comando inglese la richiesta
di contrattaccare, ma non ricevette risposta.
Ormai il comando inglese era quasi accerchiato e se le truppe italiane
avessero capovolto la situazione, lo smacco per i britannici sarebbe
stato troppo umiliante dopo quel che era accaduto con il generale Brittorius.
Qui sarebbe stato veramente necessario un comandante più deciso e capace
di disubbidire al comando supremo di Ambrosio; un eventuale processo per
aver vinto non avrebbe certamente portato l’ammiraglio Mascherpa davanti
al plotone d’esecuzione come invece andò a finire. La sera del 15 novembre la situazione era ormai
compromessa ma gli inglesi speravano ancora nell’arrivo di rinforzi e
dell’aviazione (a questo punto c’è da dubitare anche dello stato mentale del
comando inglese). Il mattino del 16 Tilney chiese l’aiuto italiano per
difendere Monte Meraviglia dove era la sede del suo comando e ordinò
alle truppe italiane di lasciare ai soli inglesi la difesa del
“Trincerone” (Porta vecchia). Gli italiani tentarono in extremis la
difesa di Portolago, ma gli inglesi abbandonarono il trincerone e la
situazione precipitò e divenne irreparabile. Alle 12,30 del giorno 16
novembre i tedeschi inviarono al comando italiano un parlamentare. Si
trattava di un anziano capitano italiano del Genio; passò a piedi
davanti al nostro rifugio scavato nel ventre di monte Meraviglia subito
sopra l’abitato di Platano. Era dimesso, rosso in viso e, oserei dire,
in stato di semiubriachezza, ma da quel volto traspariva la sofferenza e
dagli occhi il dolore della vergogna e l’umiliazione per l’incarico
impostogli dal comando germanico: chiedere la resa delle truppe
promettendo salva la vita di tutti gli italiani. Il comando rifiutò.
Alle 18, del 16 alla sede protetta italiana giunse un ufficiale inglese che
diramò l'ordine di resa dopo la cattura di Tilney (ma combattimenti
isolati proseguirono ancora nella notte da parte di gruppi che tentavano
la via di fuga verso la costa su imbarcazioni di fortuna). Da
quel momento, i tedeschi diedero sfogo ai loro istinti più brutali, in
una vera e propria caccia all’uomo con i gradi. Fucilarono oltre 20
ufficiali e rastrellarono i prigionieri rinchiudendoli entro i
reticolati dell’ idroscalo. Dopo giorni di permanenza all’aperto, essi
verranno inviati in Grecia e di lì ai campi di prigionia della Germania
e della Polonia.
Lo sterminio organizzato non era ancora iniziato ma molti carri-bestiame
pieni di prigionieri vennero affondati nel Canale di Corinto per
ostruire quel passaggio ai mezzi navali alleati.
L’ammiraglio Mascherpa venne condotto in continente il 29 novembre e
concludeva il suo lungo viaggio nelle carceri di Parma. Processato e
condannato a morte venne
fucilato il 24 maggio 1944.
A questo punto siano consentite alcune considerazioni su quello che può
definirsi il “caso Mascherpa”.
L’arrivo del generale inglese Tilney fu la conferma che i buoni rapporti
con il generale Brittorius non erano recuperabili; ci si trovava cioè di
fronte ad una rottura su tutto ciò che doveva regolare quella sorta di
cooperazione militare di fronte alla minaccia di uno sbarco tedesco. Era
caduta la testa di Brittorius e si voleva ora quella dell’ammiraglio
Mascherpa; ci prova lo stesso Tilney invitandolo ad andare al Cairo per
prendere parte ad una riunione importante in cui si dovevano trattare i
problemi di Lero, ma l’ammiraglio aveva ben capito che si trattava di
una manovra per allontanarlo.
Ma come, confessò Mascherpa al suo aiutante di campo, prima vengono qui
da padroni e addirittura mi vogliono far ammainare la bandiera, assumono
tutti i comandi compreso quello civile e tutti i poteri e poi mi
vogliono al Cairo... ma a fare che, altre umiliazioni? no, non ci vado.
Mascherpa rifiutò con la giustificazione del momento difficile che
l’isola stava attraversando (sarebbero occorsi giorni); propose l’invio, in sua vece, del Capo di
Stato Maggiore dei servizi civili, ma la proposta non fu accolta. Questi
rapporti con gli inglesi si tenevano tramite il comandante Borghi al
quale era affidato il difficile compito diplomatico di non irritare gli
inglesi e nello stesso tempo di salvaguardare l’autorità e il prestigio
dell’ ammiraglio italiano.
Due giorni dopo l’arrivo di Tilney, mettendo da parte ogni motivo
personale e di puntiglio, Mascherpa si recò a fargli visita. Ma
l’incrinatura ormai esisteva e il “Proclama” del generale inglese, nel
quale si prevedeva il non impiego delle truppe italiane in linea, per
evitare, fu detto, che tedeschi in divisa italiana si infìltrassero
nelle nostre linee, fu la conferma di sfiducia che non contribuì certo a
migliorare i rapporti ormai difficili e aperti ad ulteriore
peggioramento.
(ndr) Tutto era nato
da un messaggio radio tedesco
intercettato che diceva - catturati ingenti quantitativi
di uniformi nuove e di equipaggiamenti
- Di questi messaggi inglesi, tedeschi e americani avrebbero potuto
saturare le onde radio. Era pratica
comune italiana tenere i ricambi di vestiario e equipaggiamento in
magazzino per paura di finirli e di non averne più. Ciò significava che
gli italiani sembravano sempre straccioni e i magazzini erano pieni. Talmente
pieni che con queste scorte vestirono i partigiani di Tito, che non
avrebbero mai accettato roba usata !!. Beata stupidaggine d'Albione
Il giorno 16 un commando di 20 uomini guidato dall’Oberleutnant Max Wandrey
irruppe nel tunnel sede del comando inglese catturando Tilney. Poche ore dopo anche gli italiani
confinati nelle caserme cedono le armi. Gli Inglesi in alcuni casi, con ammirevole cameratismo, per scongiurare
fucilazioni immediate certe, si disse offrirono agli Italiani le loro uniformi che
furono cortesemente rifiutate.
I tedeschi hanno avuto oltre 2.000 caduti, 116 apparecchi abbattuti
ed una ventina di mezzi navali distrutti. Le perdite inglesi: oltre 600 caduti, un centinaio di feriti, 5 unità maggiori e numerosi natanti affondati. Per gli italiani ci furono 300 caduti
(principalmente fra i marinai), 12 Ufficiali passati per le armi, 120 feriti, nonché la perdita di 12 unità navali. I prigionieri
italiani ed inglesi, superavano i 9000 uomini (fra militari e civili); avevano avuto salva la vita perché i tedeschi, dopo gli eccidi di Cefalonia e di Coo
(Kos), si astennero inopinatamente dal perpetrare un altro crimine (erano finiti sulle pagine di tutti i giornali del mondo). Si limitarono per ora a
giustiziare i 12 Ufficiali italiani catturati in combattimento e a consegnare l’Ammiraglio
Luigi Mascherpa alla Repubblica di Salò che lo condannerà a morte. L’impressionante numero di riconoscimenti concessi ai difensori (7 Ori al V.M.,
65 d’Argenti, 194 di Bronzi, 289 Croci di Guerra e Encomi per tutti) basta, da solo, a riassumere l’eccezionale prova di valore dell’intera
guarnigione.
Lero base degli incursori
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/borghese.htm
http://www.youtube.com/watch?v=VYGZ49ga2mM serie di filmati di
propaganda tedeschi Youtube
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