Angelo Martelli
Una sigaretta sotto il temporale Fuga da Lero
CAPITOLO IV - IL PANE
Il blocco navale che le forze inglesi imponevano nel mar
Egeo, ed in particolare all’isola di Lero, mirava a ridurre l’attività e
l’efficacia delle azioni di questa base avanzata e a fare il danno che non
era riuscita a fare l’aviazione. Ogni mezzo navale da trasporto veniva
regolarmente affondato e i viveri per i militari, per la popolazione
italiana e indigena, già dalla fine del 1942 cominciavano a scarseggiare.
Il razionamento per i civili prevedeva 100 grammi di pane al giorno
(per i militari un "regolare" trasporto coi sommergibili garantiva quote
più alte e anche per questo si cercava di avere per amico una ordinanza o
attendente che ti allungasse qualche resto) e il
mercato nero non esisteva semplicemente perché mancava la materia prima,
cioè la farina. Avevo 17 anni e la fame con cui mi svegliavo ogni mattina,
e non sempre nel letto di casa poiché qualche volta si passava l’intera
notte nei rifugi, mi portava dritto dritto al forno, all’unico forno
esistente a Portolago, quello del sig. Nico Zaffiri. Lì mi mettevo in fila
con altri più affamati di me e attendevo il mio turno.
«Com’è oggi?» chiesi ad una donna che mi precedeva.
«Ma, da quel che ho sentito, si potrebbe impastare di nuovo, tanto è
crudo. »
Appena sfornato il pane era ancora caldo, fumava ed era pesante; per fare
cento grammi ne bastava una fettina grossa si e no un dito. A me
spettavano due fette, una era per mio padre, ma quando arrivavo a casa,
qualche volta erano tutte e due già sparite. Mio padre a casa lo aspettava
con il caffé d’orzo per fare un po’ di colazione ma, quando mi presentavo
a mani vuote, mi guardava come volesse sgridarmi, poi si girava verso la
cucina a legna per prendere la cuccuma (allora si chiamava così) col caffé
e per nascondere gli occhi lucidi: «Bevi un po’ di questo e va piano con
lo zucchero; hai visto che hanno ridotto la razione a un chilo al mese a
testa?» ….
Nome e
cognome: Hanula Khana Franko
Nata da: Rafael Franko
a Rodi
Data di nascita: sconosciuta
Stato civile: sconosciuto
Luogo di residenza durante la guerra: Rodi
Data di morte: sconosciuta
Luogo di morte: Auschwitz
Testimonianza resa il 19 agosto 1957 da Moshe Vital, conoscente della
vittima
L'Olocausto degli ebrei di lingua italiana di Rodi avvenne nel corso del
1944. In seguito all'invasione della Grecia da parte dei tedeschi - dopo
che le truppe elleniche erano riuscite a resistere eroicamente all'attacco
di quelle italiane, nell'ottobre del 1940 - il paese era stato ripartito
fra Germania, Bulgaria e Italia. Rodi faceva parte della zona italiana.
All'inizio le truppe di occupazione non perseguitarono gli ebrei locali e
consentirono a molti di loro di emigrare ad Atene. Nel mese di luglio 1944
il comandante Ulrich Kleeman, assegnato con la sua divisione presso le
isole a est dell'Egeo, rastrellò la popolazione ebraica di Rodi, che
ammontava a 1.700 persone, e la deportò, prima in nave, poi su carri
bestiame, verso Auschwitz. I prigionieri giunsero ad Auschwitz il 16
agosto 1944. 1.500 di loro, fra cui Hanula (Khana) Franko, furono avviati
alle camere a gas. Meno di duecento ebrei di Rodi sopravvissero alla Shoah.
Diario di un soldato
http://www.pertini.it/turati/viareggio/giovani_materiali_01.HTM
Il GOVERNATORE ITALIANO |
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La fame a Rodi e nelle Isole
Quello che oggi è il paradiso dei turisti, all’epoca non lo era per
diverse ragioni. Scarsità di strutture abitative adeguate, scarsità e
difficoltà dei collegamenti, scarsità risorse e non ultimo scarsità di
turisti perché all’epoca il turismo balneare era ancora un lusso elitario.
In tempo di guerra molte di queste scarsità si riversavano anche sulla
popolazione. A questa si erano aggiunti i contingenti militari di terra e
di mare che dipendevano in toto dai rifornimenti via mare o aereo dalla
madre patria (ma avevano accumulato grosse scorte di secco). In tempi normali la maggior parte della popolazione viveva,
meglio sopravviveva di pastorizia e di pesca. Questa con la guerra s'era
fatta pericolosa per le mine e per i controlli in mare. Nel 1940 la
coltura del frumento rendeva mediamente 5 o 6 quintali per ettaro,
quantitativo insufficiente ai bisogni locali. La situazione si complicò
con l'entrata in guerra dell'Italia, in seguito alla quale si ridusse il
traffico marittimo verso le isole e venne introdotto il razionamento dei
viveri per una popolazione valutata in 130.000 abitanti. Un primo piano
fatto nel 42 venne ridiscusso l’anno successivo (prevedeva anche missioni con sottomarini), alla vigilia della caduta di Mussolini. Le scorte viveri
restavano però ad una consistenza di mesi che si contavano sulle dita di
una mano. Cessata completamente l'importazione di viveri, fin dai primi di
settembre del 43 le razioni furono ridotte al minimo indispensabile, allo
scopo di assicurare l'autosufficienza per altri 6 mesi, facendo
assegnamento soltanto sul disponibile (ex secco, tipo scatolame, legumi,
farine etc.) e, per quanto riguardava i cereali,
l'olio e i prodotti della pastorizia, anche sulla produzione locale. Il modesto patrimonio zootecnico di
allevamento non consentiva che qualche rara distribuzione di carne, nella
misura massima di 200 grammi al mese a persona, un pò di più per i
formaggi; i prodotti della pesca si erano fatti sempre più scarsi.
Infine, si presentava difficile, se non impossibile, ottenere
l'approvvigionamento di una parte almeno del fabbisogno dalla Turchia, per mancanza di valuta e di merci da dare in cambio.
Con il passaggio formale della sovranità alla Repubblica di Salò le condizioni non
cambiarono, anzi peggiorarono perché da Salo non sapevano proprio che
pesci prendere (eufemisticamente, ma non tanto). Nel luglio 1944 qualcuno pensò di coinvolgere la Croce Rossa
Internazionale. La Croce Rossa o almeno i comitati locali vengono speso
tirati in ballo durante il conflitto per l’inerzia e la disattenzione e
ciò corrisponde sempre al vero, ma in parte può essere giustificato dalla
relativa difficile situazione. Ricordiamo che due anni prima molti
convogli del CICR non raggiungevano la terra ferma greca per il blocco
navale inglese. Gli italiani lamentano anche la totale assenza del CICR durante le operazioni di sgombero dei prigionieri dall’Egeo, ma
non solo: la prima nave di aiuti arrivò nel febbraio 1945. I ripetuti
appelli si intensificarono quando Atene (ottobre 44) ma non le isole venne
abbandonata dai Tedeschi (e per le isole ciò significò l’isolamento). Il
nuovo Commissario della Croce Rossa Italiana, Coriolano Pagnozzi, fece
sapere che il suo ente si era già a più riprese interessato della
questione riguardante l'approvvigionamento del Dodecaneso, ma senza esito;
egli stesso si riservava di trattare l'argomento personalmente a Ginevra
in Svizzera,
non appena gli fosse giunta l'autorizzazione a recarvisi. Rossi suggerì di
interessare il Delegato della RSI in Svizzera perché facesse "le più vive
premure" presso il CICR per ottenere che gli Alleati non si opponessero al
rifornimento di Rodi, precisando che le forze armate germaniche in Egeo
erano largamente provviste di viveri e che quindi le 1.000 tonnellate
destinate alla popolazione civile "che muore di fame" non avrebbero
modificato la situazione militare dell'isola (per il Cicr i soccorsi
sarebbero stati sequestrati dai tedeschi). A questo punto gli unici
acquisti si potevano fare solo in Turchia con un baratto tipo economico
finanziario di pari quantità di merce da inviare in Svizzera, in conto
deposito ? (la prima
volta che sento parlare di simile sistema). Non si aveva notizia delle
1.000 tonnellate di viveri che sembrava fossero disponibili ad Atene,
mentre pareva che qualche aiuto fosse giunto ad alcune isole per
interessamento dell'Arcivescovo di Rodi e per tramite del Patriarca
ortodosso del Cairo. Abbiamo parlato di sovranità virtuale perchè nemmeno
via fono era possibile parlare col Nord Italia se non dietro
autorizzazione Tedesca. Tra le merci non potute trasportare a Rodi vi era
anche una partita di medicinali, rimasta in giacenza a Venezia e
successivamente bloccata dal locale Ufficio dell'Economia Corporativa. La
vendita di questi medicinali in Svizzera avrebbe creato una uguale
capacità di valuta in Turchia e quindi rientrare in quello scambio
triangolare. Da Venezia fu risposto che i medicinali erano stati vincolati
dalle autorità germaniche (e poi prelevati).
I TEDESCHI Nell’Isola di Rodi vennero costruiti 3 campi di
concentramento per accogliere provvisoriamente le disarmate unità
italiane fino al loro trasferimento in Germania ed in Polonia.
Nell’autunno del 44 Kleeman venne sostituito da Otto Wagener. Di italiani
sull’isola ormai c’erano i collaborativi, oltre 1.500 e quelli che
venivano catturati, alla macchia da oltre un anno. Wagener invitò tutti
quelli alla macchia a presentarsi entro ottobre ('44) per
sistemare il loro stato. Quelli che si presentarono furono provvisti di
carte d’identità che permetteva loro di lavorare. Al contrario quelli
che furono arrestati dopo la fine d'ottobre,
circa 50, vennero rinchiusi nel Campo Nord (Nord Feld) in località
Casa dei Pini insieme ad altri che avevano aderito alla Wermacht ma si
erano compromessi in seguito, e a quelli catturati a Tilos (Piscopi). Comandante
del Campo Nord era il tenente di complemento Walter Mai, capo meccanico
nella vita civile, il quale, in base al Codice Penale Militare Tedesco di guerra, e i diversi proclami del Comando Militare, compilò un Regolamento del Campo, unico nella sua crudeltà.
Morte nei seguenti casi:
a. In caso di recidiva nella sosta al gabinetto per oltre tre minuti;
b. In caso di recidiva nel tentativo di parlare con altro internato
durante la mezz ora di uscita quotidiana dalla tenda;
c. In caso di recidiva reiterata nel bussare ad una tenda anche se per
cercare del cibo;
d. In caso di recidiva nella simulazione di una malattia qualsiasi
d. In caso di mancata sorveglianza sugli altri internati rendendone in
questo modo possibile l’evasione. Per ogni detenuto evaso verrebbero
fucilati tre suoi condetenuti. |
Dopo un
lungo tergiversare su chi sarebbe stato il successore di Campioni da Salò
venne l’incarico per il console generale Manlio Gabrielli. Il suo incarico
di assistere civili e militari italiani a Rodi e coadiuvare il Governatore
Militare tedesco. Gabrielli partì nel mese di dicembre e, via Belgrado,
giunse a Salonicco; qui però le autorità militari tedesche lo informarono
che il suo compito in Rodi doveva consistere unicamente nell'influenzare i
fascisti italiani dell'isola, appoggiando l'opera del generale Kleemann,
escludendo esplicitamente ogni altro compito di carattere amministrativo.
In presenza di una siffatta nuova situazione Gabrielli se ne ritornò a
casa e le funzioni continuarono ad essere svolte da Taralli Vice
Governatore. Non vi erano comunicazioni dirette tra Rodi e Salò, per cui
solo nel marzo 1944 Mazzolini, sottosegretario agli esteri, seppe che
Faralli continuava a firmare “per il Governatore”, deducendone che fosse
tuttora in servizio ed avesse aderito. Chiese a Berlino se era possibile
nominarlo Governatore Civile o conferirgli una qualsiasi carica che gli
permettesse di tutelare gli interessi italiani in accordo con le autorità
militari germaniche. Essendo evidente a tutti che un nuovo Governatore non
sarebbe più giunto, Kleemann pretese che entro pochi giorni Faralli ed i
suoi dipendenti prestassero giuramento alla Repubblica Sociale Italiana,
pena il collocamento a disposizione, che implicava la deportazione. Posto
dinanzi ad una scelta che avrebbe potuto causare seri rischi, non solo per
lui ma anche per la sua famiglia, considerati i pericoli che avrebbe
comportato la deportazione non solo a causa dei Tedeschi, ma anche degli
Inglesi, che affondavano quasi tutto il naviglio nel Mar Egeo, Faralli
comunque tentennava.
In luglio Berlino espresse il proprio consenso a che Faralli continuasse
ad essere designato “Vice Governatore Civile”. La situazione a Rodi, nel
frattempo, non era rimasta tranquilla. Il Vice Governatore continuava ad
essere oggetto dell'ostilità dei fascisti ricostituitisi in fascio che
qualificavano lui e i suoi funzionari come "attendisti", e della
diffidenza dei Tedeschi, che lo reputavano un "badogliano". Faralli,
dovendo pur sempre mostrare una presa d'atto del nuovo regime, modificò la
formula di giuramento dei Podestà, Vice Podestà e Consultori dei Comuni,
evitando qualsiasi riferimento non solo al Re ma anche al Duce:
"Nel nome di Dio e della Patria giuro che osserverò lealmente le leggi
dello Stato e le disposizioni del Governo, che adempirò a tutti gli
obblighi del mio ufficio con diligenza e con zelo per il pubblico bene e
nell'interesse dell'amministrazione. Giuro che non apparterrò ad
associazioni o partiti la 3' cui attività non si concili con i doveri del
mio ufficio".
Faralli continuava ad avere però l’appoggio di diversi funzionari,
dall'Arcivescovo cattolico, mons. Ambrogio Acciari, dai capi delle
comunità israelita e musulmana e da quei greci, come l'avvocato Giovanni
Tsavaris, ed italiani, come il Podestà di Rodi, ingegner Antonio Macchi,
segretamente in contatto con i Britannici; tutti costoro temevano che, col
suo allontanamento, i Tedeschi ed i loro accoliti fascisti avrebbero avuto
mano libera, per esempio introducendo le misure antiebraiche già attuate
in Italia con la RSI. Era ugualmente forte il rischio che i Tedeschi
consegnassero il Governo delle isole ai Greci, del caso a un governo greco
collaborazionista, come già in altri paesi accadeva (vedi Croazia): in tal
caso le condizioni della comunità italiana, di fronte all'ostilità di
Tedeschi e Greci, sarebbero inevitabilmente peggiorate.
Si riteneva prossimo uno sbarco alleato con l'intervento della Marina
militare italiana, di cui si sapeva che era cobelligerante, ed i
funzionari italiani desideravano mantenere la loro posizione in modo che
un Comandante italiano o britannico che fosse sbarcato a Rodi potesse
trovare ancora in piedi un Governo civile italiano, nella speranza di non
pregiudicare del tutto la sorte delle isole a guerra finita. (se le
abbandonavano gli italiani le isole per quale motivo gli inglesi gliele
avrebbero restituite).
Anche i rischi per l'incolumità fisica che si sarebbero corsi con la
deportazione erano relativi, giacché a Rodi stessa incombeva la fame.
Considerato, infine, che un giuramento richiesto in quelle condizioni
poteva dirsi estorto, Faralli e con lui quasi tutti i suoi subordinati
accettarono di sottoscrivere questa nuova formula di adesione da lui
redatta ed accettata dalle autorità tedesche:
"L'anno 1944-XXII addì il Sig. ... ha prestato il
seguente giuramento richiesto dal Comandante Militare dell'Isola di Rodi
per gli impiegati del Possedimento".
- Nella mia qualità di... del
Governo delle Isole Italiane dell'Egeo: Giuro di servire lealmente la
Repubblica Sociale Italiana nelle sue istituzioni e nelle sue leggi e di
esercitare le mie funzioni per il bene e per la grandezza della Patria”- |
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COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE CAUSE DELL’OCCULTAMENTO DI FASCICOLI RELATIVI A CRIMINI NAZIFASCISTI
(istituita con legge 15 maggio 2003, n. 107 e composta dai deputati: Tanzilli, Presidente; Verdini, Vicepresidente;
Bocchino, Colasio, Segretari; Abbondanzieri, Arnoldi, Banti, Bondi, Carli,
Damiani, Delmastro delle Vedove, Perlini, Raisi, Russo Spena, Stramaccioni,
e dai senatori: Guerzoni, Vicepresidente; Brunale, Corrado, Eufemi,
Falcier, Frau, Marino, Novi, Pellicini, Rigoni, Sambin, Servello, Vitali,
Zancan, Zorzoli)
Dalla RELAZIONE DI MINORANZA (Relatore: on. Carlo CARLI)
Presentata alla Commissione il 24 gennaio 2006 Trasmessa alle Presidenze
delle Camere il 9 febbraio 2006 ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della
legge 15 maggio 2003, n. 107 ….
Principale responsabile
di queste azioni ritenute contrarie alle leggi di guerra e al diritto
internazionale era il generale Otto Wagener. Wagener fu una figura di
rilievo negli anni dell’ascesa al potere del nazismo. (Wagener
joined the SA in 1923 and in 1929 he functioned as SA Chief of Staff
from October until December 1930, and in 1933-1934 he became a member of
the Reichstag. In September 1932, he was appointed the Führer's personal
economic adviser (vedi foto sotto) then Hitler appointed him Reich
Commissar for the Economy from April to June 1933).Nel luglio 1944 aveva preso il comando, col grado di colonnello, della
brigata di fanteria da fortezza tedesca di stanza a Rodi e nel settembre
1944 era subentrato al generale Kleemann come comandante dell’intera area
dell’Egeo orientale, assumendo il comando della divisione tedesca
acquartierata a Rodi e nelle isole vicine. Nel dicembre 1944 era stato
promosso generale. In qualità di comandante dell’area dell’Egeo orientale,
Wagener aveva ordinato la costruzione a Rodi di tre campi di internamento
(Nord, Centro e Sud) e di un campo di punizione a Calitea (E’ dubbio che i
campi si costruiscano un anno dopo la cattura degli uomini, al massimo
avrà continuato la gestione inasprendola). In questi campi avevano avuto
luogo le già ricordate violenze contro la popolazione civile e contro i
soldati italiani internati dopo l’8 settembre o catturati nei mesi
successivi. A Wagener era addebitata la responsabilità di aver emanato
ordini draconiani che avevano causato lutti e sofferenze, come
l’accaparramento dei beni alimentari della Croce Rossa destinati agli
ex-alleati, la pratica del prelevamento di ostaggi e della ritorsione sui
civili, l’ordine di passare per le armi dieci italiani per ogni tedesco
ucciso. Con la sentenza emanata il 16 ottobre 1948, il tribunale italiano
respingeva le accuse generiche di affamamento della popolazione e di
maltrattamenti ai danni di persone non meglio individuate, ma considerava
fondate le prove relative ad almeno quattro episodi specifici che avevano
portato alla fucilazione complessivamente di 29 internati italiani.
Unificando i due capi d’imputazione, il tribunale dichiarava Otto Wagener,
Herbert Nicklas, Paul Walter Mai e Johann Felten colpevoli di ‘violenza
con omicidio contro cittadini italiani’. Riconosciute a tutti le
circostanze attenuanti258, condannava il gen. Wagener a 15 anni di
reclusione, il maggiore Nicklas a 10 anni di reclusione, il capitano Mai –
comandante del famigerato campo Nord –a 12 anni, il caporale Felten a 9
anni.
Solo pochi furono tuttavia i processi effettivamente svolti presso i
tribunali militari italiani. Almeno tre furono i motivi che concorsero a
determinare quest’esito negativo.
-primo, l’imprecisione delle domande d’estradizione
che in molti casi non contenevano „elementi completi di identificazione“
tali da poter individuare con esattezza le persone incriminate;
-secondo, la reticenza del governo italiano a
scatenare un’ondata di processi contro i criminali tedeschi per non
legittimare con ciò le richieste di criminali di guerra italiani mosse dai
paesi aggrediti dall’Italia fascista (cfr. sopra § 8 e § 9), in
particolare dalla Jugoslavia;
-terzo, il mutamento dell’atteggiamento della Gran
Bretagna e degli Stati Uniti che, a proposito della punizione dei
criminali di guerra nazisti, passarono dalla stretta collaborazione con le
autorità italiane mantenuta fino alla prima metà del 1947 ad una
progressiva riluttanza a consegnare le persone inquisite, legata al
maturare dopo il piano Marshall della politica di ricostruzione di una
forte Germania occidentale.
Tale atteggiamento culminò nella decisione americana di fissare al 1
novembre 1947 la data ultima per la consegna delle richieste di
estradizione per i tedeschi accusati di crimini di guerra residenti nella
propria zona d’occupazione in Germania261 e nell’analoga decisione di
Londra che stabilì per la zona d’occupazione britannica la data del 1
settembre 1948 (cfr. § 10).
Questi tre fattori di natura sia tecnica (l’imprecisione di molte delle
indagini svolte) sia politica (le preoccupazioni italiane per i propri
criminali di guerra e la volontà anglo-americana di accelerare la ripresa
tedesca) spiegano la scarsa incidenza dell’azione punitiva italiana.
Dunque, a fronte di una mole di indagini considerevole che aveva coinvolto
decine e decine di militari tedeschi responsabili di efferati crimini di
guerra contro civili e militari italiani sia in Italia sia all’estero, la
magistratura militare italiana era stata in grado di portare in giudizio e
di punire un numero estremamente ridotto di responsabili. I pochi
criminali tedeschi condannati dai tribunali militari italiani poterono
inoltre contare assai presto, ad esclusione di Kappler (ndr: questi verrà
fatto fuggire in seguito) e di Reder, su misure straordinarie di condono
della pena che condussero in tempi brevi alla loro liberazione. A
patrocinare la causa dei criminali tedeschi fu dapprima la Chiesa
cattolica, che ebbe cura dell’assistenza religiosa dei condannati e perorò
la loro scarcerazione, quindi, dopo la formazione nel 1949 della
Repubblica federale tedesca, il nuovo governo del cancelliere Konrad
Adenauer, legato ai governi De Gasperi da stretti vincoli politici.
La vicenda del ‘gruppo di Rodi’, su cui esiste una ricca documentazione
negli archivi italiani e tedeschi262, è da questo punto di vista
estremamente significativa. Essa riveste un ruolo centrale nella vicenda
dei criminali di guerra tedeschi in Italia. Rinchiusi insieme a Kappler
nella prigione militare di Forte Boccea a Roma, Wagener Mai Nicklas e
Felten trovarono conforto spirituale e assistenza concreta in Alois Hudal,
vescovo austriaco rettore del Collegio teutonico presso la Chiesa di Santa
Maria dell’Anima a Roma. Lo stesso Hudal, in un libro di memorie
pubblicato nel 1976, ha riconosciuto di aver consacrato dopo la fine della
guerra la sua „intera attività caritatevole“ ai „cosiddetti “criminali di
guerra” perseguitati dai comunisti e dai democratici “cristiani”„,
vantandosi di averne „strappati non pochi ai loro persecutori con
documenti falsi e con la fuga in paesi più fortunati“263. Hudal fu in
effetti al centro sia della rete ufficiale di assistenza ai prigionieri di
guerra e ai profughi di lingua tedesca sia della rete clandestina che
aiutò molti criminali nazisti ad emigrare all’estero (ndr: operazione
odessa), specialmente in Sudamerica. Nel marzo 1949 Hudal aiutò con denaro
l’SS-Sturmbannführer Borante Domizlaff, processato e assolto nel luglio
1948 nel processo Kappler, e internato poi a Fraschette. Il 12 maggio 1949
il vescovo indirizzò una lettera al Segretario di Stato, Mons. Montini,
sollecitando la Santa Sede a chiedere una sanatoria per i prigionieri di
guerra tedeschi condannati in Italia. Nella risposta datata 15 ottobre
1949 Montini segnalava a Hudal che il Santo Padre era a favore di
un’“ampia amnistia“.Proprio nel periodo immediatamente successivo alla
lettera di Hudal a Montini, si colloca la prima iniziativa documentabile
del Vaticano nei confronti dei militari tedeschi del ‘gruppo di Rodi’. Con
telespresso datato 8 luglio 1949, l’Ambasciata d’Italia presso la Santa
Sede comunicava al Ministero degli Affari Esteri: “La Segreteria di Stato
ha fatto qui presente che la signora Wendula Wagener si è rivolta al Santo
Padre chiedendo un interessamento per ottenere un provvedimento di grazia
in favore di suo marito, il Generale Otto Wagener e di altri quattro
tedeschi… |
Isole dell'Egeo nel 1940
Nome ita. greco ingl Km2 -
Ab. (stima)
Calchi Halchi Chalki 30,3 -
800
Calino Kalimnos Calymnos 128,2
15.500
Caso Kassos Cassos 69,4 -
1.250
Coo Kos
Cos 296 -
17.000
Lero Leros Leros 71,5 -
9.500
Lisso Lipsi Lipsos 17,4 -
750
Nisiro Nissiros Nisyros
48 - 2.500
Patmo Patmos Patmos 57,1 -
2.000
Piscopi Tilos Tilos 64,3 - 1.000
Rodi Rodos Rhodes 1.412 -
57.000
Scarpanto Karpathos Carpathos 306
6.750
Simi Simi Symi 63,6 - 4.750
Stampalia Astipalea Astypalaia 116,3- 1.750
Castelrosso Kastellorizon
19,6 - 1.250
INDIETRO
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Il ritiro del grosso delle truppe
tedesche dalle isole dell'Egeo avvenne poi fra la fine di agosto e ottobre
del ‘44 con l'impiego di numerosi mezzi navali e soprattutto con aerei da
trasporto a un ritmo di 40 - 80 voli giornalieri che facevano scalo in
terraferma ad Atene fino al 9 ottobre e dal 10 ottobre a Salonicco; alla
fine di ottobre erano stati trasportati sul continente circa 60.000
uomini. Nelle isole rimasero circa 22.000 tedeschi, 11.000 italiani e un
limitato numero di piccoli contingenti di militari provenienti da altri
Paesi. Nell'agosto del 1944 infatti il Comando britannico del Medio
Oriente, in previsione della ritirata tedesca (dopo aver perso i balcani,
metà dell’Italia e tutto l’Europa Orientale), aveva preparato alla
periferia del Cairo un contingente "Forza 281", composto prevalentemente
da truppe indiane, che il 14 settembre veniva trasferito a Cipro con il
compito di occupare le isole dell'Egeo. Nel mese di ottobre la Forza 281
partiva verso le isole dell'Egeo e poneva il Q.G. avanzato a Scarpanto.
Nel mese di dicembre reparti alleati occupavano Simi, mentre l'isola di
Castelrosso era già da tempo sotto il controllo britannico. Il 2 maggio
1945 cadeva anche Rodi.
http://www.ilpostalista.it/sirotti/sirotti11.htm
Alla fine di ottobre 1944 la situazione era la seguente:
- Creta. Vi erano rimasti 12.000 tedeschi, 5.000 italiani e
poche centinaia di Hiwis russi.
- Milos (isola situata a 150 Km. A nord di Creta). Era presidiata da circa
600 tedeschi.
- Rodi. Vi erano 11.000 unità, la metà circa tedeschi e l'altra metà
italiani.
- Carchi. Un centinaio di militari tedeschi e italiani.
- Piscopi. Presidiata da circa 150 tedeschi ed un plotone di italiani.
Venne conquistata e persa un paio di volte dai britannici.
- Coo. Presidiata da circa 1.500 unità, di cui un terzo erano tedeschi.
- Calino. Presidiata da circa 300 unità, dei quali alcune decine italiani.
- Lero. Presidiata da 3.500 unità dei quali circa 600 italiani. |