LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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8 SETTEMBRE 1943 - 9 MAGGIO 1945

FAME E CRIMINI NELL'EGEO

 

Angelo Martelli
Una sigaretta sotto il temporale Fuga da Lero  CAPITOLO IV - IL PANE
Il blocco navale che le forze inglesi imponevano nel mar Egeo, ed in particolare all’isola di Lero, mirava a ridurre l’attività e l’efficacia delle azioni di questa base avanzata e a fare il danno che non era riuscita a fare l’aviazione. Ogni mezzo navale da trasporto veniva regolarmente affondato e i viveri per i militari, per la popolazione italiana e indigena, già dalla fine del 1942 cominciavano a scarseggiare. Il razionamento per i civili prevedeva 100 grammi di pane al giorno
(per i militari un "regolare" trasporto coi sommergibili garantiva quote più alte e anche per questo si cercava di avere per amico una ordinanza o attendente che ti allungasse qualche resto) e il mercato nero non esisteva semplicemente perché mancava la materia prima, cioè la farina. Avevo 17 anni e la fame con cui mi svegliavo ogni mattina, e non sempre nel letto di casa poiché qualche volta si passava l’intera notte nei rifugi, mi portava dritto dritto al forno, all’unico forno esistente a Portolago, quello del sig. Nico Zaffiri. Lì mi mettevo in fila con altri più affamati di me e attendevo il mio turno. «Com’è oggi?» chiesi ad una donna che mi precedeva. «Ma, da quel che ho sentito, si potrebbe impastare di nuovo, tanto è crudo. » Appena sfornato il pane era ancora caldo, fumava ed era pesante; per fare cento grammi ne bastava una fettina grossa si e no un dito. A me spettavano due fette, una era per mio padre, ma quando arrivavo a casa, qualche volta erano tutte e due già sparite. Mio padre a casa lo aspettava con il caffé d’orzo per fare un po’ di colazione ma, quando mi presentavo a mani vuote, mi guardava come volesse sgridarmi, poi si girava verso la cucina a legna per prendere la cuccuma (allora si chiamava così) col caffé e per nascondere gli occhi lucidi: «Bevi un po’ di questo e va piano con lo zucchero; hai visto che hanno ridotto la razione a un chilo al mese a testa?» ….

Bodrum, base inglese in Turchia - L'anfiteatro

Nome e cognome: Hanula Khana Franko

Nata da: Rafael Franko a Rodi
Data di nascita: sconosciuta
Stato civile: sconosciuto
Luogo di residenza durante la guerra: Rodi
Data di morte: sconosciuta
Luogo di morte: Auschwitz
Testimonianza resa il 19 agosto 1957 da Moshe Vital, conoscente della vittima

L'Olocausto degli ebrei di lingua italiana di Rodi avvenne nel corso del 1944. In seguito all'invasione della Grecia da parte dei tedeschi - dopo che le truppe elleniche erano riuscite a resistere eroicamente all'attacco di quelle italiane, nell'ottobre del 1940 - il paese era stato ripartito fra Germania, Bulgaria e Italia. Rodi faceva parte della zona italiana. All'inizio le truppe di occupazione non perseguitarono gli ebrei locali e consentirono a molti di loro di emigrare ad Atene. Nel mese di luglio 1944 il comandante Ulrich Kleeman, assegnato con la sua divisione presso le isole a est dell'Egeo, rastrellò la popolazione ebraica di Rodi, che ammontava a 1.700 persone, e la deportò, prima in nave, poi su carri bestiame, verso Auschwitz. I prigionieri giunsero ad Auschwitz il 16 agosto 1944. 1.500 di loro, fra cui Hanula (Khana) Franko, furono avviati alle camere a gas. Meno di duecento ebrei di Rodi sopravvissero alla Shoah.

Diario di un soldato
http://www.pertini.it/turati/viareggio/giovani_materiali_01.HTM

Il GOVERNATORE ITALIANO

 

La fame a Rodi e nelle Isole
Quello che oggi è il paradiso dei turisti, all’epoca non lo era per diverse ragioni. Scarsità di strutture abitative adeguate, scarsità e difficoltà dei collegamenti, scarsità risorse e non ultimo scarsità di turisti perché all’epoca il turismo balneare era ancora un lusso elitario. In tempo di guerra molte di queste scarsità si riversavano anche sulla popolazione. A questa si erano aggiunti i contingenti militari di terra e di mare che dipendevano in toto dai rifornimenti via mare o aereo dalla madre patria (ma avevano accumulato grosse scorte di secco). In tempi normali la maggior parte della popolazione viveva, meglio sopravviveva di pastorizia e di pesca. Questa con la guerra s'era fatta pericolosa per le mine e per i controlli in mare. Nel 1940 la coltura del frumento rendeva mediamente 5 o 6 quintali per ettaro, quantitativo insufficiente ai bisogni locali. La situazione si complicò con l'entrata in guerra dell'Italia, in seguito alla quale si ridusse il traffico marittimo verso le isole e venne introdotto il razionamento dei viveri per una popolazione valutata in 130.000 abitanti. Un primo piano fatto nel 42 venne ridiscusso l’anno successivo (prevedeva anche missioni con sottomarini), alla vigilia della caduta di Mussolini. Le scorte viveri restavano però ad una consistenza di mesi che si contavano sulle dita di una mano. Cessata completamente l'importazione di viveri, fin dai primi di settembre del 43 le razioni furono ridotte al minimo indispensabile, allo scopo di assicurare l'autosufficienza per altri 6 mesi, facendo assegnamento soltanto sul disponibile (ex secco, tipo scatolame, legumi, farine etc.) e, per quanto riguardava i cereali, l'olio e i prodotti della pastorizia, anche sulla produzione locale. Il modesto patrimonio zootecnico di allevamento non consentiva che qualche rara distribuzione di carne, nella misura massima di 200 grammi al mese a persona, un pò di più per i formaggi; i prodotti della pesca si erano fatti sempre più scarsi. Infine, si presentava difficile, se non impossibile, ottenere l'approvvigionamento di una parte almeno del fabbisogno dalla Turchia, per mancanza di valuta e di merci da dare in cambio. Con il passaggio formale della sovranità alla Repubblica di Salò le condizioni non cambiarono, anzi peggiorarono perché da Salo non sapevano proprio che pesci prendere (eufemisticamente, ma non tanto). Nel luglio 1944 qualcuno pensò di coinvolgere la Croce Rossa Internazionale. La Croce Rossa o almeno i comitati locali vengono speso tirati in ballo durante il conflitto per l’inerzia e la disattenzione e ciò corrisponde sempre al vero, ma in parte può essere giustificato dalla relativa difficile situazione. Ricordiamo che due anni prima molti convogli del CICR non raggiungevano la terra ferma greca per il blocco navale inglese. Gli italiani lamentano anche la totale assenza del CICR durante le operazioni di sgombero dei prigionieri dall’Egeo, ma non solo: la prima nave di aiuti arrivò nel febbraio 1945. I ripetuti appelli si intensificarono quando Atene (ottobre 44) ma non le isole venne abbandonata dai Tedeschi (e per le isole ciò significò l’isolamento). Il nuovo Commissario della Croce Rossa Italiana, Coriolano Pagnozzi, fece sapere che il suo ente si era già a più riprese interessato della questione riguardante l'approvvigionamento del Dodecaneso, ma senza esito; egli stesso si riservava di trattare l'argomento personalmente a Ginevra in Svizzera, non appena gli fosse giunta l'autorizzazione a recarvisi. Rossi suggerì di interessare il Delegato della RSI in Svizzera perché facesse "le più vive premure" presso il CICR per ottenere che gli Alleati non si opponessero al rifornimento di Rodi, precisando che le forze armate germaniche in Egeo erano largamente provviste di viveri e che quindi le 1.000 tonnellate destinate alla popolazione civile "che muore di fame" non avrebbero modificato la situazione militare dell'isola (per il Cicr i soccorsi sarebbero stati sequestrati dai tedeschi). A questo punto gli unici acquisti si potevano fare solo in Turchia con un baratto tipo economico finanziario di pari quantità di merce da inviare in Svizzera, in conto deposito ? (la prima volta che sento parlare di simile sistema). Non si aveva notizia delle 1.000 tonnellate di viveri che sembrava fossero disponibili ad Atene, mentre pareva che qualche aiuto fosse giunto ad alcune isole per interessamento dell'Arcivescovo di Rodi e per tramite del Patriarca ortodosso del Cairo. Abbiamo parlato di sovranità virtuale perchè nemmeno via fono era possibile parlare col Nord Italia se non dietro autorizzazione Tedesca. Tra le merci non potute trasportare a Rodi vi era anche una partita di medicinali, rimasta in giacenza a Venezia e successivamente bloccata dal locale Ufficio dell'Economia Corporativa. La vendita di questi medicinali in Svizzera avrebbe creato una uguale capacità di valuta in Turchia e quindi rientrare in quello scambio triangolare. Da Venezia fu risposto che i medicinali erano stati vincolati dalle autorità germaniche (e poi prelevati).
 

I TEDESCHI

Nell’Isola di Rodi vennero costruiti 3 campi di concentramento per accogliere provvisoriamente le disarmate unità italiane fino al loro trasferimento in Germania ed in Polonia. Nell’autunno del 44 Kleeman venne sostituito da Otto Wagener. Di italiani sull’isola ormai c’erano i collaborativi, oltre 1.500 e quelli che venivano catturati, alla macchia da oltre un anno. Wagener invitò tutti quelli alla macchia a presentarsi entro ottobre ('44) per sistemare il loro stato. Quelli che si presentarono furono provvisti di carte d’identità che permetteva loro di lavorare. Al contrario quelli che furono arrestati dopo la fine d'ottobre, circa 50, vennero rinchiusi nel Campo Nord (Nord Feld) in località Casa dei Pini insieme ad altri che avevano aderito alla Wermacht ma si erano compromessi in seguito, e a quelli catturati a Tilos (Piscopi). Comandante del Campo Nord era il tenente di complemento Walter Mai, capo meccanico nella vita civile, il quale, in base al Codice Penale Militare Tedesco di guerra, e i diversi proclami del Comando Militare, compilò un Regolamento del Campo, unico nella sua crudeltà. Morte nei seguenti casi:
a. In caso di recidiva nella sosta al gabinetto per oltre tre minuti;
b. In caso di recidiva nel tentativo di parlare con altro internato durante la mezz ora di uscita quotidiana dalla tenda;
c. In caso di recidiva reiterata nel bussare ad una tenda anche se per cercare del cibo;
d. In caso di recidiva nella simulazione di una malattia qualsiasi
d. In caso di mancata sorveglianza sugli altri internati rendendone in questo modo possibile l’evasione. Per ogni detenuto evaso verrebbero fucilati tre suoi condetenuti.

 

 

la resa di Campioni

 

Dopo un lungo tergiversare su chi sarebbe stato il successore di Campioni da Salò venne l’incarico per il console generale Manlio Gabrielli. Il suo incarico di assistere civili e militari italiani a Rodi e coadiuvare il Governatore Militare tedesco. Gabrielli partì nel mese di dicembre e, via Belgrado, giunse a Salonicco; qui però le autorità militari tedesche lo informarono che il suo compito in Rodi doveva consistere unicamente nell'influenzare i fascisti italiani dell'isola, appoggiando l'opera del generale Kleemann, escludendo esplicitamente ogni altro compito di carattere amministrativo. In presenza di una siffatta nuova situazione Gabrielli se ne ritornò a casa e le funzioni continuarono ad essere svolte da Taralli Vice Governatore. Non vi erano comunicazioni dirette tra Rodi e Salò, per cui solo nel marzo 1944 Mazzolini, sottosegretario agli esteri, seppe che Faralli continuava a firmare “per il Governatore”, deducendone che fosse tuttora in servizio ed avesse aderito. Chiese a Berlino se era possibile nominarlo Governatore Civile o conferirgli una qualsiasi carica che gli permettesse di tutelare gli interessi italiani in accordo con le autorità militari germaniche. Essendo evidente a tutti che un nuovo Governatore non sarebbe più giunto, Kleemann pretese che entro pochi giorni Faralli ed i suoi dipendenti prestassero giuramento alla Repubblica Sociale Italiana, pena il collocamento a disposizione, che implicava la deportazione. Posto dinanzi ad una scelta che avrebbe potuto causare seri rischi, non solo per lui ma anche per la sua famiglia, considerati i pericoli che avrebbe comportato la deportazione non solo a causa dei Tedeschi, ma anche degli Inglesi, che affondavano quasi tutto il naviglio nel Mar Egeo, Faralli comunque tentennava.
In luglio Berlino espresse il proprio consenso a che Faralli continuasse ad essere designato “Vice Governatore Civile”. La situazione a Rodi, nel frattempo, non era rimasta tranquilla. Il Vice Governatore continuava ad essere oggetto dell'ostilità dei fascisti ricostituitisi in fascio che qualificavano lui e i suoi funzionari come "attendisti", e della diffidenza dei Tedeschi, che lo reputavano un "badogliano". Faralli, dovendo pur sempre mostrare una presa d'atto del nuovo regime, modificò la formula di giuramento dei Podestà, Vice Podestà e Consultori dei Comuni, evitando qualsiasi riferimento non solo al Re ma anche al Duce:
"Nel nome di Dio e della Patria giuro che osserverò lealmente le leggi dello Stato e le disposizioni del Governo, che adempirò a tutti gli obblighi del mio ufficio con diligenza e con zelo per il pubblico bene e nell'interesse dell'amministrazione. Giuro che non apparterrò ad associazioni o partiti la 3' cui attività non si concili con i doveri del mio ufficio".


Faralli continuava ad avere però l’appoggio di diversi funzionari, dall'Arcivescovo cattolico, mons. Ambrogio Acciari, dai capi delle comunità israelita e musulmana e da quei greci, come l'avvocato Giovanni Tsavaris, ed italiani, come il Podestà di Rodi, ingegner Antonio Macchi, segretamente in contatto con i Britannici; tutti costoro temevano che, col suo allontanamento, i Tedeschi ed i loro accoliti fascisti avrebbero avuto mano libera, per esempio introducendo le misure antiebraiche già attuate in Italia con la RSI. Era ugualmente forte il rischio che i Tedeschi consegnassero il Governo delle isole ai Greci, del caso a un governo greco collaborazionista, come già in altri paesi accadeva (vedi Croazia): in tal caso le condizioni della comunità italiana, di fronte all'ostilità di Tedeschi e Greci, sarebbero inevitabilmente peggiorate. Si riteneva prossimo uno sbarco alleato con l'intervento della Marina militare italiana, di cui si sapeva che era cobelligerante, ed i funzionari italiani desideravano mantenere la loro posizione in modo che un Comandante italiano o britannico che fosse sbarcato a Rodi potesse trovare ancora in piedi un Governo civile italiano, nella speranza di non pregiudicare del tutto la sorte delle isole a guerra finita. (se le abbandonavano gli italiani le isole per quale motivo gli inglesi gliele avrebbero restituite). Anche i rischi per l'incolumità fisica che si sarebbero corsi con la deportazione erano relativi, giacché a Rodi stessa incombeva la fame. Considerato, infine, che un giuramento richiesto in quelle condizioni poteva dirsi estorto, Faralli e con lui quasi tutti i suoi subordinati accettarono di sottoscrivere questa nuova formula di adesione da lui redatta ed accettata dalle autorità tedesche:


"L'anno 1944-XXII addì il Sig. ... ha prestato il seguente giuramento richiesto dal Comandante Militare dell'Isola di Rodi per gli impiegati del Possedimento".
- Nella mia qualità di... del Governo delle Isole Italiane dell'Egeo: Giuro di servire lealmente la Repubblica Sociale Italiana nelle sue istituzioni e nelle sue leggi e di esercitare le mie funzioni per il bene e per la grandezza della Patria”-

 

 COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE CAUSE DELL’OCCULTAMENTO DI FASCICOLI RELATIVI A CRIMINI NAZIFASCISTI
(istituita con legge 15 maggio 2003, n. 107 e composta dai deputati: Tanzilli, Presidente; Verdini, Vicepresidente; Bocchino, Colasio, Segretari; Abbondanzieri, Arnoldi, Banti, Bondi, Carli, Damiani, Delmastro delle Vedove, Perlini, Raisi, Russo Spena, Stramaccioni, e dai senatori: Guerzoni, Vicepresidente; Brunale, Corrado, Eufemi, Falcier, Frau, Marino, Novi, Pellicini, Rigoni, Sambin, Servello, Vitali, Zancan, Zorzoli)

Dalla RELAZIONE DI MINORANZA (Relatore: on. Carlo CARLI)
Presentata alla Commissione il 24 gennaio 2006 Trasmessa alle Presidenze delle Camere il 9 febbraio 2006 ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 15 maggio 2003, n. 107

…. Principale responsabile di queste azioni ritenute contrarie alle leggi di guerra e al diritto internazionale era il generale Otto Wagener. Wagener fu una figura di rilievo negli anni dell’ascesa al potere del nazismo. (Wagener joined the SA in 1923 and in 1929 he functioned as SA Chief of Staff from October until December 1930, and in 1933-1934 he became a member of the Reichstag. In September 1932, he was appointed the Führer's personal economic adviser (vedi foto sotto) then Hitler appointed him Reich Commissar for the Economy from April to June 1933).Nel luglio 1944 aveva preso il comando, col grado di colonnello, della brigata di fanteria da fortezza tedesca di stanza a Rodi e nel settembre 1944 era subentrato al generale Kleemann come comandante dell’intera area dell’Egeo orientale, assumendo il comando della divisione tedesca acquartierata a Rodi e nelle isole vicine. Nel dicembre 1944 era stato promosso generale. In qualità di comandante dell’area dell’Egeo orientale, Wagener aveva ordinato la costruzione a Rodi di tre campi di internamento (Nord, Centro e Sud) e di un campo di punizione a Calitea (E’ dubbio che i campi si costruiscano un anno dopo la cattura degli uomini, al massimo avrà continuato la gestione inasprendola). In questi campi avevano avuto luogo le già ricordate violenze contro la popolazione civile e contro i soldati italiani internati dopo l’8 settembre o catturati nei mesi successivi. A Wagener era addebitata la responsabilità di aver emanato ordini draconiani che avevano causato lutti e sofferenze, come l’accaparramento dei beni alimentari della Croce Rossa destinati agli ex-alleati, la pratica del prelevamento di ostaggi e della ritorsione sui civili, l’ordine di passare per le armi dieci italiani per ogni tedesco ucciso. Con la sentenza emanata il 16 ottobre 1948, il tribunale italiano respingeva le accuse generiche di affamamento della popolazione e di maltrattamenti ai danni di persone non meglio individuate, ma considerava fondate le prove relative ad almeno quattro episodi specifici che avevano portato alla fucilazione complessivamente di 29 internati italiani. Unificando i due capi d’imputazione, il tribunale dichiarava Otto Wagener, Herbert Nicklas, Paul Walter Mai e Johann Felten colpevoli di ‘violenza con omicidio contro cittadini italiani’. Riconosciute a tutti le circostanze attenuanti258, condannava il gen. Wagener a 15 anni di reclusione, il maggiore Nicklas a 10 anni di reclusione, il capitano Mai – comandante del famigerato campo Nord –a 12 anni, il caporale Felten a 9 anni. Wagener e Hitler
Solo pochi furono tuttavia i processi effettivamente svolti presso i tribunali militari italiani. Almeno tre furono i motivi che concorsero a determinare quest’esito negativo.
-primo, l’imprecisione delle domande d’estradizione che in molti casi non contenevano „elementi completi di identificazione“ tali da poter individuare con esattezza le persone incriminate;
-secondo, la reticenza del governo italiano a scatenare un’ondata di processi contro i criminali tedeschi per non legittimare con ciò le richieste di criminali di guerra italiani mosse dai paesi aggrediti dall’Italia fascista (cfr. sopra § 8 e § 9), in particolare dalla Jugoslavia;
-terzo, il mutamento dell’atteggiamento della Gran Bretagna e degli Stati Uniti che, a proposito della punizione dei criminali di guerra nazisti, passarono dalla stretta collaborazione con le autorità italiane mantenuta fino alla prima metà del 1947 ad una progressiva riluttanza a consegnare le persone inquisite, legata al maturare dopo il piano Marshall della politica di ricostruzione di una forte Germania occidentale.
Tale atteggiamento culminò nella decisione americana di fissare al 1 novembre 1947 la data ultima per la consegna delle richieste di estradizione per i tedeschi accusati di crimini di guerra residenti nella propria zona d’occupazione in Germania261 e nell’analoga decisione di Londra che stabilì per la zona d’occupazione britannica la data del 1 settembre 1948 (cfr. § 10).
Questi tre fattori di natura sia tecnica (l’imprecisione di molte delle indagini svolte) sia politica (le preoccupazioni italiane per i propri criminali di guerra e la volontà anglo-americana di accelerare la ripresa tedesca) spiegano la scarsa incidenza dell’azione punitiva italiana. Dunque, a fronte di una mole di indagini considerevole che aveva coinvolto decine e decine di militari tedeschi responsabili di efferati crimini di guerra contro civili e militari italiani sia in Italia sia all’estero, la magistratura militare italiana era stata in grado di portare in giudizio e di punire un numero estremamente ridotto di responsabili. I pochi criminali tedeschi condannati dai tribunali militari italiani poterono inoltre contare assai presto, ad esclusione di Kappler (ndr: questi verrà fatto fuggire in seguito) e di Reder, su misure straordinarie di condono della pena che condussero in tempi brevi alla loro liberazione. A patrocinare la causa dei criminali tedeschi fu dapprima la Chiesa cattolica, che ebbe cura dell’assistenza religiosa dei condannati e perorò la loro scarcerazione, quindi, dopo la formazione nel 1949 della Repubblica federale tedesca, il nuovo governo del cancelliere Konrad Adenauer, legato ai governi De Gasperi da stretti vincoli politici.
La vicenda del ‘gruppo di Rodi’, su cui esiste una ricca documentazione negli archivi italiani e tedeschi262, è da questo punto di vista estremamente significativa. Essa riveste un ruolo centrale nella vicenda dei criminali di guerra tedeschi in Italia. Rinchiusi insieme a Kappler nella prigione militare di Forte Boccea a Roma, Wagener Mai Nicklas e Felten trovarono conforto spirituale e assistenza concreta in Alois Hudal, vescovo austriaco rettore del Collegio teutonico presso la Chiesa di Santa Maria dell’Anima a Roma. Lo stesso Hudal, in un libro di memorie pubblicato nel 1976, ha riconosciuto di aver consacrato dopo la fine della guerra la sua „intera attività caritatevole“ ai „cosiddetti “criminali di guerra” perseguitati dai comunisti e dai democratici “cristiani”„, vantandosi di averne „strappati non pochi ai loro persecutori con documenti falsi e con la fuga in paesi più fortunati“263. Hudal fu in effetti al centro sia della rete ufficiale di assistenza ai prigionieri di guerra e ai profughi di lingua tedesca sia della rete clandestina che aiutò molti criminali nazisti ad emigrare all’estero (ndr: operazione odessa), specialmente in Sudamerica. Nel marzo 1949 Hudal aiutò con denaro l’SS-Sturmbannführer Borante Domizlaff, processato e assolto nel luglio 1948 nel processo Kappler, e internato poi a Fraschette. Il 12 maggio 1949 il vescovo indirizzò una lettera al Segretario di Stato, Mons. Montini, sollecitando la Santa Sede a chiedere una sanatoria per i prigionieri di guerra tedeschi condannati in Italia. Nella risposta datata 15 ottobre 1949 Montini segnalava a Hudal che il Santo Padre era a favore di un’“ampia amnistia“.Proprio nel periodo immediatamente successivo alla lettera di Hudal a Montini, si colloca la prima iniziativa documentabile del Vaticano nei confronti dei militari tedeschi del ‘gruppo di Rodi’. Con telespresso datato 8 luglio 1949, l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede comunicava al Ministero degli Affari Esteri: “La Segreteria di Stato ha fatto qui presente che la signora Wendula Wagener si è rivolta al Santo Padre chiedendo un interessamento per ottenere un provvedimento di grazia in favore di suo marito, il Generale Otto Wagener e di altri quattro tedeschi…

     

Isole dell'Egeo nel 1940

Nome ita.  greco  ingl             Km2 - Ab. (stima)
Calchi      Halchi  Chalki             30,3 -    800
Calino     Kalimnos Calymnos   128,2  15.500
Caso       Kassos Cassos            69,4 -  1.250
Coo        Kos      Cos                 296 -   17.000
Lero       Leros Leros                 71,5 -  9.500
Lisso      Lipsi Lipsos                 17,4 -     750
Nisiro    Nissiros Nisyros             48 -   2.500
Patmo    Patmos Patmos            57,1 -  2.000
Piscopi  Tilos Tilos                     64,3 -  1.000
Rodi      Rodos Rhodes          1.412  - 57.000
Scarpanto Karpathos Carpathos 306   6.750
Simi      Simi Symi                      63,6  -  4.750
Stampalia Astipalea Astypalaia 116,3- 1.750
Castelrosso Kastellorizon          19,6 -  1.250

 

INDIETRO

 

 

Il ritiro del grosso delle truppe tedesche dalle isole dell'Egeo avvenne poi fra la fine di agosto e ottobre del ‘44 con l'impiego di numerosi mezzi navali e soprattutto con aerei da trasporto a un ritmo di 40 - 80 voli giornalieri che facevano scalo in terraferma ad Atene fino al 9 ottobre e dal 10 ottobre a Salonicco; alla fine di ottobre erano stati trasportati sul continente circa 60.000 uomini. Nelle isole rimasero circa 22.000 tedeschi, 11.000 italiani e un limitato numero di piccoli contingenti di militari provenienti da altri Paesi. Nell'agosto del 1944 infatti il Comando britannico del Medio Oriente, in previsione della ritirata tedesca (dopo aver perso i balcani, metà dell’Italia e tutto l’Europa Orientale), aveva preparato alla periferia del Cairo un contingente "Forza 281", composto prevalentemente da truppe indiane, che il 14 settembre veniva trasferito a Cipro con il compito di occupare le isole dell'Egeo. Nel mese di ottobre la Forza 281 partiva verso le isole dell'Egeo e poneva il Q.G. avanzato a Scarpanto. Nel mese di dicembre reparti alleati occupavano Simi, mentre l'isola di Castelrosso era già da tempo sotto il controllo britannico. Il 2 maggio 1945 cadeva anche Rodi. http://www.ilpostalista.it/sirotti/sirotti11.htm Alla fine di ottobre 1944 la situazione era la seguente:
- Creta. Vi erano rimasti 12.000 tedeschi, 5.000 italiani e poche centinaia di Hiwis russi.
- Milos (isola situata a 150 Km. A nord di Creta). Era presidiata da circa 600 tedeschi.
- Rodi. Vi erano 11.000 unità, la metà circa tedeschi e l'altra metà italiani.
- Carchi. Un centinaio di militari tedeschi e italiani.
- Piscopi. Presidiata da circa 150 tedeschi ed un  plotone di italiani. Venne conquistata e persa  un paio di volte dai britannici.
- Coo. Presidiata da circa 1.500 unità, di cui un terzo erano tedeschi.
- Calino. Presidiata da circa 300 unità, dei quali alcune decine italiani.
- Lero. Presidiata da 3.500 unità dei quali circa 600 italiani.