KOS - 8 SETTEMBRE/4 OTTOBRE 1943
DOPO LA BATTAGLIA
Il rapimento del Generalmajor Karl Heinrich Georg Kreippe da parte di un Commando inglese
THE KOS MASSACRE (October
4,1943)
Didascalia alle immagini: La signora
Eleni Klonari vedova Sciatore presso la palude di Linopoti, località dove
furono trucidati 103 ufficiali italiani. La signora Eleni provvede
volontariamente ai fiori ed alla pulizia delle lapidi dei caduti italiani
ancora sepolti a Kos. Le salme riesumate degli ufficiali italiani caduti
(66) sono state trasferite al Sacrario Militare di Bari. Foto archivio
Diego Zandel
http://www.diegozandel.it/
Io, Diego Zandel, sono nato in un campo profughi, quello di Servigliano, anche se il certificato di nascita porta come località la vicina città di Fermo. Era il 5 aprile 1948. I miei genitori, Carlo e Maria (Ucci) Zorco, provenivano da Fiume. La città, insieme all’Istria e alla Dalmazia, era appena stata ceduta alla Jugoslavia con il Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947. Per me, che sono stato allevato da una nonna istriana di dialetto ciakavo croato, Maria Miculian, che conosceva poco l’italiano, che mi chiamava nel suo linguaggio “sine moj” (figlio mio) e che io ho molto amato, queste differenze tra italiani, croati e altre etnie mi sono sempre state estranee... Per questo non mi sono mai stati molto simpatici i nazionalisti e razzisti di qualsiasi risma e colore. Tanto più che, pur continuando a vivere, dopo il campo profughi di Servigliano, in una comunità di esuli, quella del Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma (v.i miei luoghi), dove sarei approdato all’età di 3 mesi, avrei avuto presto diversi amici croati, sloveni, serbi. Li avrei conosciuti durante le vacanze scolastiche che per 15 anni, dal 1954 al 1969, avrei trascorso continuamente a Fiume nella casa dei nonni materni. Questi trascorsi biografici costituiscono materia e scenario dei miei romanzi. Ma il mio sguardo, da uomo e da scrittore, è rivolto anche alla Grecia, per essere sposato con Anna, di madre greca, dell’isola di Kos, luogo dove continuo ad andare da oltre trent’anni, cioè dal giorno in cui mi sono sposato, e dove adesso vivo parte dell’anno. Ho scritto sei romanzi: “Massacro per un presidente” (Mondadori, 1981), “Una storia istriana” (Rusconi, 1987), “Crociera di sangue” (Mondadori, 1993), “Operazione Venere” (Mondadori, 1996), “I confini dell’odio” (Aragno, 2002) e “L’uomo di Kos" (Hobby & Work 2004). Ho scritto anche il saggio “Invito alla lettura di Andric’” (Mursia, 1981), con Giacomo Scotti, scrittore della minoranza italiana in Croazia, e due libri di poesie “Primi giorni” (O.E.L. 1965) e “Ore ferme” (SAL Trieste, 1968). Il mio ultimo libro è "Verso Est - racconti di oltre il confine orientale e dell'Egeo" (Campanotto, 2006). Oltre a scrivere libri (v.nel sito), ho collaborato e continuo a collaborare con articoli, recensioni, interviste a vari giornali. Attualmente collaboro a "Il Piccolo" di Trieste e, soprattutto, a "La Gazzetta del Mezzogiorno" di Bari. |
Eleni Klonari quasi tutte le mattine si reca al piccolo cimitero
cattolico di Kos, Nicholas Doumanis ("Una faccia, una razza " ediz. Il Mulino 2003) Nelle testimonianze raccolte da Doumanis c'è una netta distinzione tra italiani, brava gente, e fascisti, nemici. Anzi, proprio De Vecchi, con la chiusura delle scuole greche, la proibizione di parlare italiano nei luoghi pubblici, la imposizione del cattolicesimo, rappresentò una delle cause che favorì il sorgere dell'irredentismo greco nell'arcipelago e del desiderio di unione alla "Madre Grecia" (Mitera Ellas), che proprio per l'assuefatto, secolare distacco, non era stato mai particolarmente vivo da quelle parti. Ma proprio in questo assopimento del sentimento nazionale, a differenza che altrove in Grecia, ad esempio a Creta, sta, secondo Doumanis, la interpretazione in senso nazionalista degli storici greci che per dare più forza al filo neoellenismo della popolazione ha messo in evidenza il carattere oppressivo della occupazione italiana e, quindi, gli aspetti maggiormente resistenziali dei greci. Che ci furono, comunque, anche se più riservati alla parte colta della popolazione, i professionisti, gli insegnanti, gli intellettuali, cioè i cosi detti morfoméni, dei più rappresentativi dei quali Doumanis traccia le significative biografie e influenza tra la popolazione. A livello più generale, la resistenza maggiore agli italiani venne soprattutto in due isole, Simi e Kalimno, che avevano conosciuto durante la dominazione turca un grande sviluppo commerciale con la pesca delle spugne, che entrò in crisi proprio negli anni dell'insediamento italiano, e durante i quali comunque fu data ad esse poca attenzione rispetto a Rodi, Kos e Leros. A Kalimno ci fu addirittura un moto popolare a colpi di sassi contro i carabinieri intervenuti con le armi a sedare la manifestazione, incidentalmente così provocando la morte di un pastore innocente, trovatosi per caso nel mezzo. Non è azzardato aggiungere che la reazione dei calimnioti, oltre che nazionalista, sia stata dettata da una sorta di gelosia nei confronti della dirimpettaia Kos. Non a caso, scrive Doumanis: "Se si chiede a qualcuno di Kalymnos che cosa pensi di Kos città, egli esprimerà ammirazione con risposte tipicamente ruvide come 'Sono stati fortunati perché gli italiani l'hanno ricostruita per loro', lasciando intendere che la gente di Kos non sarebbe mai stata capace di edificare da sola tali meraviglie". E così, loro malgrado, elogiando ancora una volta gli italiani. Diego Zandel
In Crete, Müller became notorious for his brutality, and he was responsible for many of the atrocities committed on the island (e.g. the holocaust of Viannos, the destruction of Anogia and the Kedros villages of Amari, the execution of civilians in Damasta, etc.). During the autumn of 1943, he led the German forces in their victory over the Italian-British forces in the Dodecanese Campaign. On 13 August 1944 he replaced Bruno Brauer as Commander on Crete. By 1945, Müller commanded the German 4th Army on the Eastern Front. Müller ended the war in East Prussia and was captured by the Soviets. In 1946, Müller was tried by a Greek court in Athens for the massacres of hostages for reprisals. He was sentenced to death on 9 December 1946 and executed by firing squad 20 May 1947, along with former General Bruno Bräuer, on the anniversary of the German invasion of Crete. Müller preso dai sovietici fu consegnato ai Greci che non andarono tanto per il sottile. Wagener per contro una volta catturato venne consegnato agli italiani che lo condannarono a 15 anni di prigione. Dopo 5 anni inspiegabilmente una amnistia mise fuori lui e altri, ad esclusione di quelli che avevano commesso reati in Italia (Kappler, Reder) come se i morti italiani del Dodecanneso non contassero nulla. Anche questo era il nuovo atteggiamento della politica italiana del dopoguerra quella che comunque diverrà famosa per l'armadio della vergogna. |
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I'll met by Moonlight
(Colpo di mano a Creta) |
Non c'era quindi solo Otto Wagener ad avere il pugno duro nelle Isole ma anche Il tenente generale Friedrich Wilhelm Müller, comandante della 22a divisione di fanteria. Contro di lui gli Inglesi tentarono nel 1944, e portarono a buon fine, un rapimento che s'incentrò pero sulla figura del suo sostituto Il Maggior Generale Karl Heinrich Georg Kreippe promosso il 15 febbraio 1944 al comando della divisione. Müller se ne era già andato e diciamo sopra della sua fine come di quella di Wagener. Nel gennaio del 1944 la sezione del Soe inglese al Cairo (East section of the British Special Operations Executive) pianificò un progetto per il rapimento di Müller. L'azione era guidata dal maggiore Patrick Leigh Fermor, uno strano personaggio proveniente dalla vita civile, archeologo, viaggiatore etc. multilingue e dal suo secondo Captain W. Stanley Moss (later author of Ill Met by Moonlight, a book made into a film of the same name), e due agenti greci. La sera del 26 aprile mentre Kreippe faceva ritorno in macchina col suo autista dal Casinò, Fermor e Moss vestiti da tedeschi improvvisarono in una strettoia un posto di blocco. Nessuna reazione (la solita non vedi le insegne del comandante cretino) da parte degli occupanti della vettura e tutto risultò più facile alla scontata formula del "lei è prigioniero degli Inglesi" con un mitra alla gola. Questo non voleva dire nulla perché se catturati avendo vestito divisa tedesca venivano fucilati sul posto. Con Moss al volante e Fermor dietro che faceva il generale (il generale nel baule) la macchina riprese il suo viaggio. Quale soldato tedesco avrebbe mai osato fermare l'auto del generale di divisione Karl Kreipe? E infatti la limousine filò dritta lungo la costa di Creta attraverso 22 posti di blocco, mentre tutti si affrettavano a spostare i cavalli di frisia, e il generale salutava burbero i suoi uomini. Il generale venne fatto camminare nelel montagne verso un punto di imbarco che risultò poi controllato. Tutti i tedeschi dell'Isola si misero in caccia dei rapitori ma l'Isola è grande e ha grandi montagne. Finalmente l'appuntamento presso Rodakino per il 14 maggio ebbe esito positivo e il generale, in una notte di tempesta, venne prelevato da un vero commando e imbarcato per Marsa Matruh. DSO per i due agenti. il racconto di Fermor http://www.adelphiana.it/pdf/Fermor.pdf | |