LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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8 SETTEMBRE 1943

 CEFALONIA L'INUTILE MASSACRO

L'8 settembre, la patria non muore
di Alfio Caruso

Mancano ordini, tacciono i comandi molti gettano armi e divise, tacciono i comandi ma non la ferocia nazista. L'8 settembre non è il giorno dei tutti a casa né quello in cui muore il sentimento della Patria. Anzi, è il giorno della rinascita grazie a quanti si riconobbero nel tricolore.
A Radicofani e ad Abbadia San Salvatore lottano le compagnie della Divisione Ravenna. A Montepulciano imbracciano il fucile i carristi appiedati. Fra Cecina e Orbetello battesimo del fuoco per la 215a divisione costiera. A Piombino gli artiglieri del capitano di vascello Capuano affondano i mezzi navali tedeschi e difendono le attrezzature di collegamento con l'Elba. A Livorno gli artiglieri del maggiore Gamerra tirano sul nemico finché non scorgono cadere l'eroico comandante. Da Carrara a La Spezia si batterà fino al 14 il battaglione del maggiore Amedeo Cordero di Montezemolo. A Bolzano vanno a morire i carabinieri. A Bressanone e a Longarone il ricostituito battaglione Morbegno della Tridentina, distrutto in Unione Sovietica, si apre la via fino ai monti. Gli alpini della Cuneense provano a tenere le posizioni, prima di darsi alla macchia in val di Sole. Udine resiste fino al 10, a Gorizia il colonnello Gatta non molla fino al 13. Le guardie di frontiera sparano al passo di Piedicolle e al Tolmino. I battaglioni della Sforzesca combattono intorno a Trieste, quello del maggiore Giudici respinge diverse inviti alla resa e viene annientato.
La sera dell'8 settembre '43, poco dopo la diffusione del comunicato radiofonico con cui Badoglio ha annunciato l'armistizio, gli alpini della Pusteria attaccano truppe tedesche in transito nei pressi di Grenoble. A Gap (Francia) l'11° reggimento delle penne nere è accerchiato da reparti corazzati: combatterà aspramente fino al mattino seguente. A Castellamare di Stabia i capitani di corvetta Michelangelo Flaman e Domenico Baffigo conducono i propri marinai in aiuto del colonnello Olivieri. Il presidio italiano respinge per un giorno intero diversi assalti. Dopo la resa, Baffigo, Olivieri, il capitano Ripamonti e il tenente del genio navale Ugo Molino della Corderia vengono portati a Napoli e fucilati senza processo. Eguale sorte a Nola per i colonnelli Ruberto, De Pasqua e otto ufficiali che hanno guidato la resistenza. A Piacenza gli allievi carristi si barricano nella caserma fino al mattino seguente con oltre trenta morti. A Crema è un sottufficiale di artiglieria, Fleres, ad animare una lotta disperata. Spesso ai militari si uniscono studenti, operai, impiegati, anziani reduci del '15-'18. Sono stanchi della guerra, ma il risentimento contro l'ex alleato e la voglia di cambiare li fanno andare sulle barricate a Teramo, ad Ascoli, a Barletta, a Bari.