CAPPELLANI
MILITARI
PRIMO di 5 CAPITOLI
Pro Deo et Patria |
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Da Ordinariato Militare:
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lo stesso imperatore Costantino volle presso ciascuna legione i suoi sacerdoti e una tenda per il culto divino
(ndr: Costantino non era cristiano). Nel Medioevo la fusione diventò totale. Sorsero infatti gli ordini dei monaci cavalieri (S. Giovanni poi di Malta) e quando, nell'età dei Comuni, la guerra dei signori feudali si trasformò in guerra di popoli, (e di religioni) il Carroccio fu il simbolo dell'unione tra
l'altare e la spada. L'evo moderno portò con sè il graduale e costante distacco tra sfera religiosa e sfera politica (Rivoluzione Francese) fino alla caduta del potere temporale del papa che ne fu
il termine. |
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http://www.grandeguerra.ccm.it/files/grandeguerra_archivio_it_1310_file_pdf_orig.pdf |
Riportiamo
passi da "l'Impegno", a. XV, n. 2, agosto 1995 © Istituto per la storia
della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella
e Vercelli di M. Franzinelli che insinua anche casi sopra esclusi. Per par condicio riportiamo l’articolo intero
alla 5a ed ultima parte... Non desta stupore, nel quadro di un conflitto totale, che anche i cappellani figurino tra le vittime della guerra.
In alcuni casi pare anzi che su di essi si concentrasse il fuoco nemico. Così
almeno attestano fonti ufficiali dell'epoca....(ndr: I pare e i se sembrano un pò tanti).
(quando il prete veniva
ripreso da superiori militari e viceversa) "Stigmatizzava con inferiori, usando parole indisciplinate ed irriverenti, l'operato di un suo Superiore tendente a reprimere familiarizzazioni
eccessive di soldati coi prigionieri di guerra ... dimostrando totale incomprensione dei suoi doveri di italiano e di soldato".
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STORIA
DEI CAPPELLANI MILITARI
PREMESSA
Questo capitolo non si propone di svelare alcun segreto particolare riguardante i cappellani militari ne di ascrivere ad essi meriti e demeriti, (come fanno alcuni) difficili da gestire. Erano persone assolutamente terrene, col livello culturale e civile allora possibile
per un religioso !! (non vivevano nell’era di internet o della libertà assoluta
e totale e l'istruzione era comunque "superiore" alla media delle
superiori). Il cappellano, anche il più sconosciuto, l’ultimo degli ultimi, seguiva in guerra i soldati della sua regione,
della sua valle se era Alpino e condivideva con essi la buona e cattiva sorte. La piccola comunità che veniva a formarsi, diversa, da quella d’origine, richiedeva anche un diverso spirito di comprensione ed adattamento, e questo indipendentemente dal fatto che fossero deserti, ambe africane e fredde steppe russe. Anche se il cappellano non era un missionario, veniva in contatto con realtà religiose diverse di cui non poteva ignorare l’esistenza. I nostri soldati neri (ascari), uomini e donne civili delle colonie avevano un proprio ventaglio di culti e di leggi morali che prescindevano da quelle cattoliche.
Già i copti costituivano un caso a se, se poi erano mussulmani
la legge civile era difficilmente disgiungibile dalla religione. I Balcani e la Russia, dove il Cappellano incrociava la realtà ortodossa (ma anche quella mussulmana), non facevano eccezione e da queste realtà il cappellano non poteva che farsi accettare come persona, anziché come nemico. Non risultano casi in cui i cappellani siano stati uccisi per vendette o asti
collegati alla religiosità.
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NEL
1859
si contavano nell'esercito piemontese quaranta cappellani di reggimento
di Fortezza, di Accademia e di Scuole militari, conosciuti anche come
“Elemosinieri”. Anche negli altri Stati d'Italia era assicurata
l'assistenza spirituale alle Forze Armate e quando nuove province venivano annesse
al Piemonte, il loro clero castrense veniva incorporato in quello
piemontese. Nel 1865 l'organico del clero castrense del Regno era, al
completo, di 189 cappellani. Con la presa di Roma (1870, ma anche prima) l'anticlericalismo
dei Savoia aprì
un periodo di crisi nei rapporti tra Stato e Chiesa con leggi di
esproprio e soppressione di ordini: il numero del cappellani fu ridotto fino alla quasi completa
eliminazione. Soltanto la Marina li conservò fino al 1878. Così per la
guerra d'Eritrea (maggio 1896) il servizio religioso ai militari
italiani fu garantito dalla volontaria assistenza dei Cappuccini,(mobilitati dalla
Croce Rossa e da quei sacerdoti in servizio come soldati o graduati
presso gli ospedali da campo - sanità militare). Fino al 1875 anche
i preti in caso di guerra prestavano servizio in prima linea come
combattenti, solo dopo se ne autorizzò l'impiego in sanità.
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Padre
Girotti |
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Il papa Pio X denunciò questa
situazione che "offende l'anima cristiana del popolo italiano"
e auspicò che le Autorità di governo consentissero ai sacerdoti di
esercitare il ministero in così gravi frangenti. Il 12 aprile 1915,
nell'imminenza dell'entrata in guerra dell'Italia, il generale Cadorna
(fervente cattolico), firmò una circolare per il ripristino dei
cappellani e con il Decreto Luogotenenziale del 27 giugno 1915
(Luogotenente del Regno, duca Tommaso di Genova) si nominò Mons. Angelo Lorenzo Bartolomasi Vicario
Castrense o Vescovo di campo, il quale ricevette le prerogative di Vescovo
Ordinario dal Papa. I sacerdoti chiamati alle
armi, molti dei quali destinati all'assistenza spirituale dei soldati al
fronte, (ma non in prima linea) furono numerosi ed eroici (molte le ricompense
al valor militare concesse vedi secondo capitolo).
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Don Milani 9 marzo 1961:
"È scandaloso che i contribuenti cristiani paghino la scuola statale anticristiana" Aggiunge poi
“Certo è che oggi lo scandalo più grosso non è che pochi ebrei o protestanti come contribuenti siano costretti ad aiutare anche qualche scuola di preti, ma piuttosto che milioni di contribuenti cristiani e poveri siano costretti come contribuenti a
finanziare una scuola di stato profondamente anticristiana, antioperaia e
anticontadina". Non solo: "Non muoverei dunque oggi un dito in favore della scuola di stato dove non regna nessuna "libertà d'idee", ma solo conformismo e
corruzione ... Non c'è dubbio per me che sarebbero migliori quelle dei preti perché l'amore di Dio è in sé migliore che la coscienza laica o l'idea dello stato o del bene
comune".
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DETTI,
DISDETTI, INTERDETTI
(Riccardi “Avvenire - quotidiano cattolico” 29 aprile 2000)
"Una grande figura di domenicano italiano, il biblista padre Girotti, aveva predicato nel lager di Dachau:
- La Chiesa fu, è, e sempre sarà l’unico rifugio del senso di umanità, di amore e di misericordia-. Dopo poco sarebbe morto di
stenti . Un suo confratello (domenicano) torinese, padre Reginaldo Giuliani (viene rievocato fra i personaggi),
era stato invece cappellano degli arditi nella Grande guerra ed era morto
in Etiopia alla testa delle Camicie Nere. I cappellani militari della
Grande Guerra sfilavano allora (1936) con orgoglio liberi di essere
cattolici e patrioti dopo i patti Lateranensi. Chi dei due agiva moralmente bene ?.
Il primo !!. Il secondo (Giuliani), non solo commetteva un errore di valutazione, ma contribuiva a trasmettere il male umano dell’aggressività e a mantenerlo all’interno della società. Per questo chiediamo perdono per Padre Giuliani. Di Padre Girotti
(in lista di beatificazione), sacrificatosi per aiutare alcuni ebrei si dirà che abbia lasciato il mondo migliore di come l’aveva trovato.
Altra nota in rete:
Ai tempi di Benedetto XV (grande guerra, non l'ultimo che è XVI) i cappellani “militari”
( per ragioni contingenti, portavano i gradi) c’erano da entrambe le parti contendenti e da entrambe con la stessa missione, che non era quella nazionalistica di
padre Giuliani o di Egilberto Martire
(non è un santo, non è un martire e nemmeno un cappellano ma semplicemente un deputato popolare (democristiano) ex aventiniano propugnatore dei Patti Lateranensi ). |
http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/homilies/documents/hf_p-vi_hom_19780305_it.html
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L'episodio dei cappellani militari che giudicano l'obiezione di coscienza una viltà, fa intervenire
nuovamente Don Milani, che manda ai giornali una vibrata risposta, che verrà pubblicata solo da "Rinascita" e che gli costerà un inutile processo per apologia di reato.
Impossibilitato a partecipare all'udienza, scriverà, il 18 ottobre 1965,
una sentita "Lettera ai giudici” nella quale ripercorre la storia d'Italia alla ricerca del vero senso dell'obbedienza e della coscienza. Se alcune considerazioni sono condivisibili, il testo nel suo complesso risulta oggi ampiamente superato, sia dagli eventi
(obiezione),
che dalla storia
(contrapposizione dei
blocchi e professionismo militare).
Non si capisce (o si capisce bene per il suo punto
di vista) quando si dispiace
della caduta del Potere temporale dei Papi (Porta Pia) e quando da del disertore a
Cesare Battisti !!!. Per inciso Papa Paolo VI avrà modo di pronunciarsi sul
passato potere temporale della Chiesa (sotto). |
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La polemica sul Papa (Pio XII) "benedicente" i soldati, parte dal presupposto che lo stesso ne fosse assertore, sponsor o parte in
causa. L’Italia del ventennio non stava facendo guerre di religione, men che meno per la chiesa, con cui aveva contenziosi appena spenti.
(E' noto l'astio del Duce nei confronti di Pacelli, prima segretario di
stato poi Papa. Mussolini aveva ventilato anche di farsi una chiesa sua). Già l’Italia di suo presentava un ventaglio di religioni
minoritarie non indifferente che già creavano problemi (la fine dell'evangelizzazione forzata arriverà
però 50 anni dopo).
Premesso questo, ogni cappellano si comportò come si comporta un soldato con le sue paure e i suoi
dubbi. Fra i cappellani delle camicie nere il senso nazionalistico e patriottico fu sicuramente adattato alla dottrina
politica corrente, ed ogni considerazione, anche generale, va riferita al periodo antecedente l’8/9/43.
Vedi il libro
"Preti di guerra
1943/45" di Ulderico Munzi alla II parte
. Se i personaggi qui narrati escono dalle righe, non per questo sono usciti da un loro virtuale percorso di vita religiosa, sbagliato o giusto che
fosse nella interpretazione finale. Una cosa che del resto le religioni hanno sempre fatto è di adeguarsi
o sostituirsi al Potere. Lo hanno fatto
in campo ortodosso, anche recentemente, lo hanno fatto in Cina i cattolici che vogliono vivere alla luce del sole e in tante altre emergenze che non vale la pena qui
richiamare. In alcuni casi, come detto, per evitare ogni problema la religione è lo stato
stesso come nel mondo mussulmano... Sul fronte greco un altro sacerdote, don Vincenzo Moro, aveva
maturato l'impressione di un forte condizionamento
sull'attività religiosa da parte di alcuni solerti ufficiali filofascisti
e così si esprimeva: "Ho l'impressione che l'attività del cappellano,
soprattutto i suoi discorsi, quando spiega il Vangelo o la dottrina cattolica, sia sorvegliata, non propriamente dai Comandi ma da alcuni ufficiali più fascisti del fascismo, per i quali il fatto che non si parli del Duce in ogni discorso e non si termini ogni predica con le fatidiche parole 'Vincere - Vinceremo!' è un indice di antifascismo o addirittura di anti italianità. Questi ufficiali, per fortuna, sono pochi ma, in compenso, cercano di fare la voce grossa. Personalmente li ho sempre lasciati gracidare e sono andato dritto per la mia strada".
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qui il link al testo integrale della lettera aperta
di Don Milani ai cappellani del 1965.
http://www.liberliber.it/biblioteca/m/milani/l_obbedienza_non_e_piu_una_virtu/html/milani_d.htm
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Quando fu "esiliato"a Barbiana nel 1954 "...un prete isolato è
inutile, è come farsi una sega. Non sta bene e non serve a niente e Dio
non vuole". Ma chi è questo prete che mette paura alla Chiesa
italiana dopo aver propugnato le sue scuole? questo prete che parla di
obiezione e non trova neanche la sinistra a condividere con lui le idee? |
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La fine del potere temporale (Card. Giacomo Biffi 2011)
Il terzo "guadagno" rallegra in modo speciale i veri credenti ed è la
scomparsa del "potere temporale" pontificio, che nessun cattolico si
sogna più di rimpiangere. Era, nelle forme e nelle dimensioni in cui si
realizzava, una realtà anacronistica, che non aveva ragione di
sussistere nel mondo moderno. E di fatto, da quando non è più intrigato
dall'esercizio di un principato civile, il Successore di Pietro può
attendere con più frutto alla sua missione pastorale. Non era però senza
fondamento il parere di chi riteneva che una reale e sostanziale
indipendenza, anche territoriale, da ogni autorità politica era
indispensabile a salvaguardare la necessaria libertà del Vescovo di Roma
e Capo della Cattolicità. Pure lo Stato, del resto, è avvantaggiato a
non avere tra i suoi amministrati e sottoposti un cittadino ingombrante
come il Vicario di Cristo.
«La Chiesa sta diventando per molti l'ostacolo
principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che
l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la
loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo
più ostacolare il vero spirito del cristianesimo». J. Ratzinger |
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Don Milani sognava un ritorno alle antiche tradizioni di Pio IX, scorticatore
di patrioti, come descritte da Mons. Brunero Gherardini - Postulatore
dell'attuale causa di canonizzazione (beato) di Pio IX definito L’Uomo - il
Maestro - il Santo : Oggi, come allora, del "caso" Mortara" (rapimento di
neonati ebrei) si fa un argomento contro il presunto antiebraismo di Pio
IX. L’accusa ha del risibile. Se c’è un Papa che ha protetto ed aiutato
oltre ogni limite gli Ebrei, è proprio lui, Papa Mastai Ferretti. Fin dal
1848, agli albori cioè del suo pontificato, li ammise come "non più
stranieri" alle elemosine papali; li proclamò suoi figli; li sottrasse
all’umiliante corteo annuale (calcio in culo) che li portava in
Campidoglio per un tributo di legge; e nella pasqua di quell’anno fece
abbattere le porte e le catene del ghetto. Le provvidenze a favore degli Ebrei, inoltre, furon
tali e tante che alcuni di essi non esitarono a chiedersi se non fosse
proprio lui l’atteso Messia
(ndr: Pio IX in una conferenza pubblica
tenuta nel 1871 disse"questi cani (gli ebrei) sono troppi a Roma nei
nostri tempi, e li sentiamo guaire per le strade e ci disturbano in ogni
dove" (chiamalo Messia !!!!). |
sopra cappellani di reggimento
di Fortezza, etc.. conosciuti anche come
“Elemosinieri” |
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OMELIA DI PAOLO VI PER IL CENTENARIO DELLA MORTE DI PIO IX
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Domenica 5/3/1978 |
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La figura di Pio IX, a cento anni dalla morte
( Pio IX è in predicato ora di essere nominato santo), appare ormai riconoscibile in una duplice fisionomia convenzionale e fedele alla realtà, quella di Papa sconfitto sotto il crollo di quel potere temporale, nel quale il Pontificato Romano si era in certo modo identificato, e quella di Papa rinascente nell'aspetto suo proprio, non mai tradito, ma ora più palese ed evidente, di Pastore d'un Popolo, che da sé e nell'opinione pubblica non sapeva bene se e come chiamarsi cristiano. Il crollo del Potere temporale appariva indebito e grave, e comprometteva l'indipendenza, la libertà e la funzionalità del Papato; minaccia questa che pesò, fino ai giorni della Conciliazione, sulla Sede Apostolica, tenendo vivo con nostalgica amarezza il ricordo dei secoli, in cui il Potere temporale era stato lo scudo difensivo di quello spirituale e in pari tempo il tutore del territorio dell'Italia centrale, vi aveva conservato la memoria e il costume civile della tradizione classica romana, favorendo la promozione della compagine degli Stati del continente, alimentando una coscienza unitaria della civiltà scaturita dall'umanesimo greco-romano, e soprattutto sviluppando negli animi e nei costumi la fede cattolica.
Ma lo sviluppo storico e civile dei Popoli e alla fine, dopo la Rivoluzione Francese e l'evoluzione post-napoleonica, verso la metà del secolo XIX, la loro maturità costituzionale,
non consentivano più allo Stato Pontificio l'esercizio d'una supremazia ideologica e d'un primato temporale.
(a Paolo VI è attribuita la decisione dell'eliminazione degli
ultimi orpelli del potere temporale dello Stato pontificio. Alla fine
del Concilio Vaticano II, Paolo VI scese dal trono papale nella Basilica
di San Pietro e depose il triregno o Tiara sull'altare quale gesto
simbolico di umiltà e di rinuncia a qualsiasi potere di natura
politico-umana. Da allora, nessuno dei suoi successori ha portato il
triregno. La tiara venne messa in vendita per darne il ricavato ai
poveri. Il cardinale Spellman, chiese ed acquistò la tiara. Essa è oggi
esposta nella Basilica dell’Immacolata Concezione a Washington. Abolì
stemmi, baldacchini, i flabelli bizantini delle fastose cerimonie
pontificie, la Guardia Palatina, la sedia gestatoria, le guardie nobili,
i cortei di armigeri: il trono fu sostituito da una poltrona. Rimodernò
uffici e strutture del Vaticano, il modo di vestire, l’uso della lingua
inglese al posto della latina; vennero introdotti computers e
telescriventi collegati con tutto il mondo. Ridimensionò il Sant’Uffizio;
invece dei soliti romani, chiamò da tutto il mondo uomini nuovi
internazionalizzando il Vaticano)
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Il Prete prima del concordato da una riflessione di Mons. Pietro Santini Cappellano Militare |
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Il gatto nero http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/franzinelli295.html |
La gente, nei tempi andati non faceva differenza se incrociava un prete o un gatto. Pensava al felino (al malefico) e all'istante faceva gesti scaramantici. Al contrario il saio del frate portava bene. La mia fanciullezza ha assorbito educazione e istruzione in un piccolo seminario ma fuori di quella isola felice l'ambiente era ben diverso. (Siamo nelle Marche, ex terra del Papato). Anarchia, anticlericalismo, socialismo tutore dei diritti della povera gente, qualche "spretato", molti mazziniani, tutti feroci contro il governo del Papa e contro i preti. Da seminaristi, uscivamo ogni pomeriggio a passeggio, in fila per due. Il chiacchiericcio del nostro gruppo richiamava l'attenzione della gente dei vicoli; dalle finestre e dai negozietti il primo saluto
!:
"Tirate la rete, passano i corvi". Un ciabattino dal suo chioschetto, guardandoci...
"di questi me ne mangerei sette al
boccone"!. A Fabriano, nei giorni caldi della settimana rossa (1911 una delle tante) se si presentava alla stazione un prete, il treno non partiva.
Celebrandosi il Corpus Domini, uscì la processione dalla cattedrale sotto una fragile scorta di bersaglieri, carabinieri e guardie regie. Astanti e facinorosi presenti assalirono la processione provocando confusione, panico e violenza. Il Vescovo con il Ss.mo trovò riparo dentro un portone, i canonici e i seminaristi si difesero a colpi di falcolotti. Il disegnatore Beltrame dedicò al fattaccio una copertina della Domenica del Corriere (n. 26 del 25 giugno 1911).
Oggi tutto o quasi è cambiato, anche perché di sacchi di carbone (Tonaca) se ne vedono pochi in giro. Quando fui arruolato cappellano militare (1942) prima dell'ambizione, che era grande, c'era la necessità di indossare la divisa, croce vermiglia sul petto. Si raggiungevano i reparti operativi, fuori di casa nostra ed eravamo ben accolti come in famiglia, come ci fossimo da tanto tempo. Ci chiamavano per nome, confidenzialmente, pochissimi conoscevano il cognome, e ti affidavano subito compiti che poco avevano a che fare con la Messa. Oltre all'azione pastorale c'era da provvedere all'istruzione primaria, al conforto e al benessere, ai malati, alle famiglie dei militari. Assistenza nel senso piú ampio del termine. Poteva anche accadere di dividere tenda e paglia con un subalterno, magari con il medico del reparto. Ma una vecchia disposizione di legge in origine poneva rigidi paletti. Il cappellano doveva occuparsi e assistere i militari ristretti nel carcere e quelli ricoverati nell'ospedale. Se poi il comandante del presidio lo riteneva utile e opportuno, poteva chiedere al cappellano qualche prestazione religioso-liturgica, una tantum.
Come potevano quindi i militari liberi e in buona salute, non pensare al beccamorto o alle pompe funebri quando si avvicinava il Prete
cappellano?. Ignoranza e superstizione stimolano la difesa per neutralizzare la iettatura.
"Se vedete nero, sparate! Potrebbe essere un
prete"! Si racconta che la raccomandazione fosse di Garibaldi. Dopo il Concilio Vaticano II i preti hanno appeso all'armadio la talare e ora sfoggiano look eleganti, attillati, badando bene all'accostamento delle tinte. Ma talvolta sembrano arlecchini, uno straziante insieme di colori, unico quotidiano pantalone jeans implorante la lavatrice. Ritornano alla talare i monsignori di prima nomina. La fila di bottoncini e la fascia zonale violacea attraggono, seducono. E c'è chi ci scopre preti anche se siamo in borghese: i capelli scompigliati e lunghi, tasche rigonfie della giacca e dei pantaloni, macchie e patacche, modesta presenza di infagottato e sciatto. I cappellani militari, assieme ai cappellani del lavoro, a quelli degli esploratori e degli emigrati all'estero, hanno il merito, non piccolo, di avere reso familiare, gradita, simpatica una presenza non facilmente sostituibile. In caserma, ormai, sono caduti i pregiudizi e le ansie per certe presenze. Guerre, prigionia, internamento, il calvario indescrivibile dei ripiegamenti e delle ritirate attraverso deserti infuocati o campi di neve sterminati, senza altro orizzonte che la fame, le violenze, le umiliazioni. Tutto fece crescere l'anima, la fraternità, l'amore. Chi lo sa se i cappellani di oggi ricordano e riconoscono che avanti sono andati altri a scavare e a seminare? Certo è che sto uscendo inquadrato e affardellato (esercitazione) dalla porta carraia della mia caserma e mi salutano dalla finestra dell'ufficio:
"Dio ve la mandi buona! So'
(c…i) fatti vostri!"- Allora ribatto
"Perché non vieni con noi?". Gioisco quando un anziano ufficiale mi dice: "il mio prete si chiamava... quando un altro lo rievoca affermando:
"Era veramente prete". |
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