SI TRATTANO
GLI ARMISTIZI
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Emessa il 26 luglio
(sera), ma meglio conosciuta come circolare Roatta-Badoglio
del 27 ( Roatta era C.S.M. dell’esercito, subirà un
processo nel dopoguerra, fuggirà, verrà condannato all'ergastolo e sarà
infine amnistiato, tutto come oggi) vietava assembramenti e ordinava alla polizia e all’esercito di
aprire il fuoco contro eventuali manifestazioni. Non si voleva dare ai
tedeschi l’impressione che il paese fosse fuori controllo e prossimo a
un ribaltamento di fronte e parimenti si voleva mascherare con la violenza le
trattative d’armistizio in corso. I giornali uscivano velinati
con continui richiami alla guerra contro gli alleati.
(la velina non è l'ultima valletta di Striscia ma dal
"De Mauro": ...
è comunicazione inviata dall’ufficio stampa del
governo, di un partito, di un ente pubblico, ecc., contenente
informazioni da divulgare o suggerimenti relativi al modo di dare una
notizia o di commentare un evento (bufale in parole povere))
In entrambi i casi l’alternativa era
una occupazione tedesca ancora più dura e anticipata su tutto il
territorio ancora libero (in pratica esclusa la Sicilia), rinascita del partito fascista e immediata
liberazione di Mussolini. Le drastiche disposizioni di Roatta, applicate
alla lettera, portarono in una settimana ad episodi cruenti fra i quali
uno dei più gravi alle Officine Meccaniche Reggiane, dove morirono
nove operai nello scioglimento di una manifestazione (vedi in fondo). A Bari i morti furono
anche di più, ben 28, e
oltre 60 i feriti. Le cifre ufficiali sulle vittime del «governo
dei 45 giorni» (dal 25 luglio all'8 settembre), certamente
inferiori a quelle reali, parlano di 93 morti, 536 feriti e di 2.276
arresti e parzializzando 83 morti e 308 feriti concentrati nel periodo
26/30 luglio. Lo storico stalinista Ernesto Ragionieri è costretto ad
ammettere che nel corso del ventennio fascista non si era mai visto
sparare sulla folla con quella frequenza. |
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http://www.larchivio.org/xoom/gran-consiglio.htm
verbale 25 luglio |
(rapporto del Prefetto di
Torino 29/7, in capo a 3 giorni la calma era tornata).
«A Torino, presso due reparti Fiat, iniziato sciopero
bianco. Arrestati agitatori e deferiti tribunale militare per immediato
procedimento. Est in corso intervento con artiglierie contro fabbricato
predetto se operai non obbediscono intimazione ripresa di lavoro».
“Si
intimi la ripresa immediata del lavoro dando cinque
minuti di tempo, avvertendo che, se il lavoro non sarà ripreso, sarà
imposto con la forza. Se allo scoccare del quinto minuto continuerà
l'astensione si faccia fuoco con qualche breve raffica, e non sparando
in aria o per terra, ma addosso ai riottosi. Dopo la raffica, ripetere
per una volta l'intimazione e, non ottenendo lo scopo, sparare raffiche
a breve distanza l'una dall'altra fino ad ottenere lo scopo, ossia
l'esecuzione dell'ordine».
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Reisebüro l'agenzia viaggi del Reich
Racconta Dollmann, colonnello delle SS e osservatore in Italia – "al
cancello dell'ambasciata tedesca si presentò Farinacci, il personaggio
che, secondo le previsioni, avrebbe dovuto opporsi alle decisioni del
Re. Pallido in
volto e tremante dalla paura egli non desiderava altro che prendere il
primo aereo in partenza per la Germania .. non una parola sulla divisione
«M», non un accenno ai tentativi di liberazione». Travestito da aviatore
tedesco, Farinacci, venne portato a Frascati da dove prese un aereo per
Monaco. Dopo questo i voli di fascisti in fuga si susseguirono a ritmo
incessante, Dollmann annota che l'ambasciata tedesca
sembrava essere diventata una agenzia di viaggi. Victor von Mackensen,
ambasciatore tedesco a Roma,
alle 23,30 del 26, chiudeva il suo rapporto telegrafico a Berlino con la
seguente considerazione:
«Quanto il decadimento interno del
partito fascista fosse veramente avanzato, mi pare dimostrato dal fatto
che esso è scomparso dalla scena senza canti e senza suoni, come l'ha
confermato il decorso dell'odierna giornata». !!!
Testo integrale della circolare
Roatta
Presi gli ordini dal Comando Supremo comunico et dispongo: |
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I) nella situazione attuale, col nemico che preme, qualunque
perturbamento dell'ordine pubblico anche minimo, et di qualsiasi tinta,
costituisce tradimento et può condurre ove non represso ai conseguenze
gravissime; qualunque pietà et qualunque riguardo nella repressione
sarebbe pertanto delitto;
2) poco sangue versato inizialmente risparmia fiumi di sangue in
seguito. Perciò ogni movimento deve essere inesorabilmente stroncato in
origine;
3) siano assolutamente abbandonati i sistemi antidiluviani quali i
cordoni, gli squilli, le intimazioni et la persuasione et non sia
tollerato che i civili sostino presso le truppe intorno alle armi in
postazione;
4) i reparti devono assumere et mantenere . grinta dura et atteggiamento
estremamente risoluto. Quando impiegati in servizio di ordine pubblico,
in sosta aut in movimento, abbiano il fucile ai pronti et non a
bracciarm;
5) muovendo, contro gruppi di individui che perturbino ordine aut non si
attengano prescrizioni autorità militare, si proceda in formazione di
combattimento et si apra fuoco a distanza, anche con mortai et
artiglieria senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro
truppe nemiche. Medesimo procedimento venga usato da reparti in
posizione contro gruppi di individui avanzanti;
6) non est ammesso il tiro in aria; si tira sempre a colpire come in
combattimento
7) massimo rigore nel controllo et attuazione di tutte le misure
stabilite da noto manifesto. Apertura immediata del fuoco contro
automezzi che non si fermino all'intimazione;
8) I caporioni et istigatori dei disordini, riconosciuti come tali,
vengano senz'altro fucilati se presi sul fatto, altrimenti siano
immediatamente giudicati dal tribunale di guerra sedente in veste di
tribunale straordinario.
9) Chiunque, anche isolatamente, compia atti di violenza et ribellione
contro le forze armate e di polizia aut insulti le stesse et le
istituzioni venga passato immediatamente per le armi (...)
10) il militare che, impiegato in servizio ordine pubblico compia il
minimo gesto di solidarietà con i perturbatori dell'ordine, aut si
ribelli, aut non obbedisca agli ordini, aut vilipenda superiori et
istituzioni, venga immediatamente passato per le armi;
11) il comandante di qualsiasi grado che non si regoli secondo gli
ordini di cui sopra, venga immediatamente deferito al Tribunale di
guerra competente che siederà e giudicherà nel termine di non oltre
ventiquattrore.
Confido che i Comandanti consci della gravità dell'ora e che da falsa
pietà, lentezza et irresolutezza, potrebbe derivare la rovina della
patria daranno e faranno dare la più ampia esecuzione a quanto sopra
disposto. Si tratta di imporsi subito con rigore inflessibile.
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Dalle memorie di Badoglio : |
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Nell'assumere il Governo
telegrafai ad Hitler, dicendo che avrei mantenuto l'impegno e continuata
la guerra. Hitler a questo telegramma non rispose, ma dopo di questo si
verificarono due fatti importanti. Mandò truppe in Italia non richieste.
Voi sapete che la Germania era con noi impegnata a mandarci un milione e
200 mila tonnellate di carbone, che noi regolarmente pagavamo. Questo
venne, di colpo, ridotto a 300 mila tonn.Voi sapete che la
Germania ci forniva di tutto, compreso il petrolio di cui avevamo
bisogno, e questo di colpo venne a mancare con la scusa dei
bombardamenti di Lilla. Noi rimanemmo senza una goccia di benzina. Più
grave ancora: si appropriò del nostro grano già pagato alla Romania. I
treni della Romania furono fatti deviare verso la Germania, e diverse divisioni tedesche vennero in Italia. Non c'era
più da dubitare: i tedeschi volevano prenderci alla gola, costringerci
ad ubbidire. In questo momento pensai che non c'era più tempo da perdere
e chiesi l'Armistizio al Generale Eysenhover [sic], che fu senz'altro
accettato. Qui vennero dei patti un po' imbrogliati che non sto a
chiarirvi. |
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Parlare delle trattative dell’armistizio e restare seri è una impresa
difficile anche se la situazione italiana richiedeva ben altro. L’unico
vero armistizio che aveva subito l’Italia risaliva a quasi cent'anni prima
(1848) e non era stato molto onorevole. Se ne era andato l’ultimo re di Sardegna
Carlo Alberto.
http://www.genovalibri.it/genova_1849/armistizio.htm L’armistizio per definizione è il periodo che non è più
guerra, ma non ancora pace ovverossia sospensione delle ostilità. A questo punto ci
si arriva per esaurimento dei contendenti, per invito o suggerimento di
terzi considerato grande potenza o per debacle di parte, il nostro caso. Se debacle
completa c'era stata nel '48, nel 1866 a Custoza, ad invocare l’armistizio
non eravamo stati noi ma
inviti superiori provenienti dalla Prussia che voleva chiuderla li. Questa volta l'armistizio non era neanche parente
di quello del '48: la definizione
“armistice” in Inglese dice A temporary cessation of hostilities by
mutual
consent of the contending parties or a state of peace agreed to between
opponents so they can discuss peace terms. Ma quella a cui
si riferivano continuamente gli alleati nei loro colloqui era
“Unconditional surrender”una
resa incondizionata, dove la clausola del
“Mutual consent”, dell’accordo delle
parti, era un eufemismo. A questo stato di cose si era giunti, a onor del vero, con una
corale partecipazione di tutti gli italiani. L’unico escluso era Mussolini
che dal 25 luglio era ristretto nelle patrie galere, ma anche lui
aveva anelato in passato. Chi idealmente, chi da tifoso spettatore e chi da
protagonista, nessuno era mancato all'ultimo girone della Pochade. Tutti gridavano agli Usa
"venite,
correte i tedeschi ci fanno del male" e, come diceva Churchill non eravamo
i carnefici ma le vittime: «Dalla prima parola all'ultima …xxxx... non ha mai
minimamente alluso a termini di PACE, e tutta la sua esposizione non è
stata che la preghiera che noi si salvi l'Italia dai tedeschi e da se
stessa, e al più presto possibile”. Anche Ciano estromesso dagli esteri si ritrova in
Vaticano col cardinale
americano Spellman a parlare di pace. |
Il 5 Agosto Salazar comunica in anteprima, alla principessa
Maria Joseè, la
decisione degli alleati: la resa dell'Italia sarà trattata senza nessuna
condizione, non ci sono alternative.
Eisenhower al popolo italiano.
«You want
peace; you can have peace immediately, and peace under the honourable
conditions which our Governments have already offered you. We are coming
as liberators. Your part is to cease immediately any assistance to the
German military forces in your country. 1f you do this, we will rid you of
the Germans and deliver you from the horrors of war.»
Beh gli americani vedono sempre il lato semplice
della cosa.
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Al re stesso vengono attribuiti
lontani pensieri di sganciamento dai tedeschi con operazioni che sanno più
di fantascienza che di realtà ma ..Sin dal maggio '43, e
precisamente dal 15, in un suo diario (del re), venuto recentemente
alla luce, dice che bisogna ormai «sganciarsi» dall'alleanza con la
Germania.. Il 26 maggio Acquarone, ministro della Real
Casa, diceva però a Bonomi che il re non voleva sentire parlare di armistizio e
aggiungeva: «Sarebbe imprudente accennargli a trattative che egli, nella
sua lealtà per l'alleato, non può ammettere».
Ordinatore della resa lui; esecutore Badoglio?. Il 14 luglio
Alfieri (ambasciatore a Berlino) scrive a Bastianini (sottosegretario agli
esteri): che a sua volta si rivolge al cardinale
Maglione segretario di stato vaticano
“Qualora la situazione militare in Italia
dovesse ancora peggiorare, la sola persona in grado di convincere Hitler a
far abbandonare il territorio italiano dalle truppe tedesche è il Duce. Di
qui la necessità che l'Inghilterra e l'America non pongano la
pregiudiziale immediata dell'allontanamento del Duce e ciò nel loro stesso
evidente interesse…. L'Italia ha una sua particolare posizione nella
regione danubiana-balcanica di cui gli avversari debbono tener conto… ».
A Feltre sappiamo poi come andò
fra il Duce e Hitler.
Scrive il generale Rossi, «Se la dichiarazione dell'armistizio fosse
stata pronunciata il 25 luglio, 4 divisioni tedesche erano
ancora impegnate in Sicilia e poteva essere loro
impedito, con mezzi della marina, che passassero in continente”.
Per gli americani c’era una sola maniera di trattare,
“Unconditional surrender” Resa incondizionata.
Credito agli italiani zero.
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Il 25 luglio per loro era stato preparato non dagli antifascisti, ma
dal re e dai gerarchi, preoccupati soltanto di salvare la loro posizione
e i loro privilegi. Diceva Hopkins, consigliere di Roosevelt (poi pesantemente sospettato di spionaggio a favore della
Russia)
«Mi fido poco, tanto del re come di Badoglio. Certamente,
nessuno dei due, neanche mettendoci tutta la buona volontà, può essere
considerato come il rappresentante d'un governo democratico. Riconoscerli
è facilissimo ma in seguito sarà spaventosamente difficile buttarli a
mare. Certamente non mi garba l'idea che questi ex nemici mutino opinione
quando sanno che stanno per essere battuti e passino dalla nostra parte
per ottenere d'essere aiutati a mantenere il potere politico”
La pochade alla Feydeau, quella delle comiche inizia però solo ora
nell’agosto del 43, quando i giochi son finiti. Agli esteri di quel
Governo, che il Re diceva, "Oh no no! Nessuno di questi signori; lei deve
fare un governo di funzionari, di tecnici" (non si riparli di politica),
veniva nominato l'ambasciatore Guariglia rientrato avventurosamente dalla
neutrale Turchia. Appena arrivato a Roma, egli si rivolgeva al cardinale Maglione e per questi a Osborne, ambasciatore di
Gran Bretagna presso la S. Sede, con l’intenzione di
chiedere l’inizio delle trattative per l'armistizio. Osborne si
rammaricava dicendo che il cifrario inglese era noto ai tedeschi e quello
Usa era stato soppresso dopo le note vicende del trafugamento italiano. Il 2 agosto Guariglia era
costretto a supplire all'impasse Osborne con un incontro a Lisbona fra un suo consigliere di
legazione, il marchese Blasco Lanza d'Ayeta. e l'ambasciatore inglese,
Campbell, per presentare alcune raccomandazioni del governo italiano: fra
l’altro si diceva 2) che a tutti i fini era auspicabile cessassero gli
attacchi e le insinuazioni contro il sovrano e il governo Badoglio allo
scopo di facilitare il loro arduo compito all'interno e di impedire che un
estremismo caotico di cui si erano avuti alcuni sintomi potesse
pregiudicare tanto il normale ritorno a delle forme costituzionali di
governo quanto, e soprattutto, facilitare, suscitando un giustificabile
disordine spirituale fra gli italiani, la calata germanica. Le
insinuazioni partivano dal fatto che tutti gli organi di stampa ripetevano
che nulla era cambiato, non si recriminasse sul vecchio ordine e si
continuasse a combattere la perfida albione e i suoi alleati.
(segue
sotto) |
Dal diario di Gonella
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Principessa: Mi chiede perché la gente è malcontenta della nuova
situazione.
Rispondo: Perché ha troppa fretta, vorrebbe
tutto eliminato in un colpo, mentre è encomiabile il progressismo. Dico
che è oscena la vigliaccheria di chi sputa sul quadro di Mussolini.
Principessa: Proprio coloro che prima lo osannavano. Mi aggiunge
che la situazione internazionale è complessa, che la pace sarà molto
prossima e che Guariglia sta trattando in Turchia. Si meraviglia del
tono della propaganda (stampa) inglese ostile alla monarchia.
Rispondo che questa propaganda ha influito
sull’opinione pubblica italiana, ma che gli intelligenti capiscono che
non si poteva fare meglio. Osservo però che era cosa migliore un governo
di soli generali. Vi sono nel governo funzionari antipatici e troppo
compromessi col fascismo.
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Dai ricordi di Giulio Andreotti
(brani):
Prezioso a questo fine è uno scritto del professor Carlo Antoni,
uno dei fondatori del Partito d’azione, che era tra gli intellettuali
con cui Maria José ebbe dimestichezza per così dire cospirativa. Nelle
conversazioni si era addirittura divisato un colpo di Stato. La
principessa aveva buoni rapporti anche con il capo della polizia Senise
(Carmine Senise era stato rimosso il 14 aprile per i fatti di Torino
(sciopero) poi reinsediato il 25/7 alla caduta del fascismo. Inviso ai
tedeschi finirà a Dachau per mano di Priebke ma si salverà);
ed erano così buoni che Antoni riuscì con questo tramite a far
scarcerare un “politico” classificato come pericoloso. Ma Antoni portò
anche alla principessa una notizia preziosa: i comunisti non avevano
pregiudiziali antimonarchiche, purché la Corona prendesse le distanze
dal fascismo. La fonte era l’autorevolissimo professore Concetto
Marchesi, che fu poi deputato alla Costituente. Ma il re – che non solo
non condivideva le iniziative della nuora, ma era critico per il suo
attivismo – si guardava bene dal revocare il ventennale appoggio al
duce. O, meglio, ci pensava ma lasciava al suo fido Acquarone sondaggi e
progetti (ndr: inconcludenti: le rare confidenze di Maria Josè ad
Umberto si risolvevano nella frase tipica di casa Savoia - Nella nostra
famiglia siamo abituati a regnare uno per volta- Anche l’erede però
sente prima Bonomi poi Badoglio il 4 luglio che gli accenna -Ho preso le
mie decisioni e le ho comunicate a chi di dovere. E’ questione di giorni
e attendo una risposta- ). ….. Fu De Gasperi (il primo
contattato) a suggerire Gonella (per i contatti che la principessa
voleva aprire): come redattore capo di politica estera dell’Osservatore
Romano, era di casa in Segreteria di Stato e per di più aveva stretti
rapporti con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
Gonella suggerì alla Benzoni l’idea della via portoghese per arrivare
agli inglesi. Entra qui in scena l’ambasciatore di Lisbona in Vaticano
Antonio Pacheco, la cui ingenuità fu peraltro disastrosa. Inviò infatti
un telegramma cifrato al presidente Salazar preannunciando l’iniziativa
del principe (non si sa se al maschile invece del femminile un errore in
cifra) per trattare la pace. Il tutto venne conosciuto subito dai
servizi segreti italiani. Il 15 giugno Pacheco si recò a colloquio al
Quirinale uscendone entusiasta. Meno entusiasta fu l’interlocutrice,
alla quale il generale Ambrosio era andato a portare copia dell’incauto
telegramma. Maria José, che nel frattempo aveva avuto un colloquio con
il vecchio presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi, ricevette Gonella il
2 luglio in casa dei conti Spalletti. Il verbale dell’incontro è di
grande interesse (a fianco). L’accento della signora è messo fortemente
sulla necessità di salvaguardare la dignità degli italiani. Sua altezza
è comunque convinta che la guerra sarebbe durata a lungo. Altra udienza
di Gonella con la principessa il 7 luglio. Ipotizzano l’invio a Lisbona
di Raffaele Mattioli, presidente della Banca commerciale e notoriamente
aperto verso gli antifascisti. Cosa succederà se ci si sgancia dalla
Germania dichiarando anzi guerra alla Germania stessa come chiedevano
gli inglesi? La prospettiva di una reazione dura dei tedeschi
preoccupava fortemente. L’unico motivo per non disperare era la
convinzione della principessa sull’esistenza di forti nuclei anti-Hitler
in Germania. Mattioli, incontrato da Gonella, voleva maggiore chiarezza.
Ma i tempi stringevano. Gonella torna il 10 luglio da Maria José. Non si
sente autorizzato a riferirle del messaggio di Roosevelt al Papa con il
quale si incitano gli italiani a scrollarsi di dosso il fascismo e il
nazismo. La proposta di una lettera del re Italiano al re di Inghilterra
era improponibile; ma il missus di cui alla formula Pacheco non doveva
tardare, purché avesse una caratterizzazione ufficiosa effettiva. Ciano
intanto aveva incontrato il Collega Osborne, l'ambasciatore di Gran
Bretagna presso la S. Sede al golf. Intanto i tedeschi erano adirati per
la lettera di Roosevelt al Papa, resa pubblica negli Stati Uniti senza
l’accordo, anzi con la esplicita disapprovazione della Santa Sede
(cardinal Maglione). Gonella scongiurò la principessa di rimanere
comunque a Roma, non seguendo il re al nord dove sembrava fosse
intenzionato ad andare, nella imminenza della perdita del sud.
Nell’incontro del 17 luglio Gonella aveva appreso che si pensava a
sostituire Mussolini con un governo di non politici presieduto da
Badoglio. La notizia non coincideva con le informazioni che da altri
canali Gonella aveva raccolto. Candidato alla successione di Mussolini
sembrava Dino Grandi per ripristino di un vecchio rituale prefascista:
l’incarico spettava a chi aveva provocato la crisi ministeriale. Grandi
doveva attivare la sfiducia in seno al Gran Consiglio; e stava
raccogliendo le firme, con una certa connivenza della polizia, forse
motivata da un doppio giuoco. La principessa sembrava soddisfatta. Per
qualche giorno, lasciando passare il 25 luglio, sospese le sue udienze
ufficiose in attesa che da Lisbona si facesse vivo l’inviato speciale.
«Giovedì 29. Ore 19. (Gonella) La principessa mi riceve, è sorridente.
Veste in marrone scuro. Ha davanti un quaderno da ragazzi di scuola. Mi
chiede la mia impressione. Rispondo che la crisi è stata risolta nel
modo più brillante ed economico, ed è stato scelto il momento migliore.
Tutti sono riconoscenti…… |
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Fra i più attivi in cerca di una soluzione anche
Giuseppe Bastianini, sottosegretario agli Esteri del dicastero tenuto ad
interim dal Duce (voterà a favore dell’ordine del giorno Grandi e
sulla vicenda ci scriverà anche un libro). E’ lui e Alfieri, ambasciatore
in Germania, che sollecitano al Duce un faccia a faccia col Fuhrer per
mettere sul piatto l’insostenibile situazione italiana. Neutralizzazione
dell’Italia sperando che gli alleati si fermino. Già dal 14 luglio
quando era iniziata la fronda al capo del governo il sottosegretario
agli esteri Bastianini aveva contattato in Vaticano il segretario di
stato con lo scopo di inviare a Londra un messaggio. |
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5 Febbraio 1943: ore 16,30. Ciano "Che
cosa desideri fare adesso" cambio
Governo gli disse il Duce "Scegli
fra luogotenente in Albania o ambasciatore presso la Santa Sede"
Ciano scelse ovviamente la seconda (non
gli piacevano le sedi scomode e non mondane). L'8 si recò a
Palazzo Venezia per la visita di congedo.
"Adesso-
disse il suocero -
devi considerare che hai un periodo di riposo.
Poi tornerà il tuo turno. L'avvenire tuo è nelle mie mani e per questo
ti puoi considerare tranquillo". Ciano
disse ancora "Ho tutti in ordine i miei
documenti e ricordatevi, quando verranno le ore dure, perchè è ormai
certo che le ore dure verranno, che io posso documentare uno dopo
l'altro i tradimenti perpetrati dai tedeschi ai nostri danni, dalla
preparazione del conflitto alla guerra in Russia, comunicataci quando
già le truppe avevano varcato il confine"
(ma non solo questo c'era nei diari poi che la moglie Edda, figlia del Duce, metterà
in salvo). Gli Esteri andarono al Duce
stesso "ad interim", sottosegretario Bastianini, De Marsico
sostituì Grandi alla Giustizia, Biggini al posto di Bottai alla
Educazione nazionale, Vittorio Cini al posto di Horst Venturi alle
comunicazioni, Tiengo al posto di Ricci alle corporazioni, Polverelli al
posto di Pavolini al Minculpop ........ |
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....Il
generale Maxwell
Taylor (all'epoca
1942–19443 era forse Brigadiere Generale (Biagi lo spaccia per comandante la 81a
divisione grado ben più alto) received a temporary promotion to major general)
mi raccontò l'allucinante viaggio che fece a Roma, alla vigilia
dell'8 settembre.
Taylor, Aiutante di Ridgway (meglio
comandante l'artiglieria della forza da sbarco) doveva prendere contatti con i nostri comandi.
L’ammiraglio de Courten riferì, nella sua
Relazione del 12 febbraio 1944, che “questi (Ambrosio) mi chiese una
motosilurante per portare un gruppo di ufficiali italiani da Gaeta ad
Ustica dove, all’alba del 7, si sarebbe trovata una motosilurante
inglese, la quale avrebbe ritirato gli ufficiali italiani per portarli a
Palermo e consegnato due alti ufficiali anglo-americani, che avrebbero
dovuto essere trasportati a Gaeta proseguendo poi per Roma. Tra la sera
del 5 e la mattina del 6 settembre venne concretata la missione della
corvetta Ibis: partenza da Gaeta alle 20.00 del 6, arrivo a Ustica
all’alba del 7, ritorno a Gaeta la sera del 7, a notte fatta. Affinché
la missione si svolgesse in forma realmente segreta, non fu impartito
per essa alcun ordine scritto, ma fu verbalmente incaricato di condurla
il contrammiraglio Maugeri, Capo del Reparto Informazioni dello Stato
Maggiore. La missione si svolse regolarmente e la corvetta, appena
sbarcati a Gaeta i due ufficiali anglo-americani, fu fatta proseguire
per la deserta rada di Porto Conte, in Sardegna, con l’ordine di
restarvi in stretta quarantena fino a nuova disposizione”.
Sbarcato a Gaeta era stato quindi portato a Roma in ambulanza
percorrendo la via Appia. «Eravamo in tre
- mi disse -.
Franco Maugeri, (che era l'ufficiale comandante il servizio segreto della
Marina italiana poi accusato di spionaggio), il colonnello Gardner ed io. Viaggiando avevamo la
possibilità di osservare che cosa stava succedendo soltanto da un
finestrino laterale. Man mano che ci avvicinavamo, si vedevano sempre
più soldati tedeschi. La città appariva assolutamente normale, le strade
erano tranquille. Siamo stati portati a Palazzo Caprara, dove avremmo
dormito. L'incontro era fissato per il mattino seguente. Non ci
aspettavamo questo programma, perché sapevamo bene quanto era urgente la
nostra missione. Lo sbarco avrebbe dovuto avvenire soltanto due giorni
dopo, il 9. Di conseguenza insistemmo perché il generale Badoglio ci
ricevesse subito, in modo da discutere insieme la situazione. Non ci fu
niente da fare. Anzi ci condussero in una sala dove troneggiava una
tavola splendidamente preparata e ci servirono una cena pantagruelica
fatta venire dal Grand Hotel. Pensi, c'erano perfino le crêpes Suzette!
Carboni ci raggiunse dopo cena e noi dovevamo tentare di fargli capire
la nostra grande fretta. Io insistei per vedere il primo ministro
Badoglio. La visita venne finalmente concordata telefonicamente
abbastanza in fretta. Salimmo su un'auto e attraversammo Roma per
raggiungere la residenza del maresciallo». Il marchese del Sabotino,
sconvolto per il brusco risveglio, si presentò in vestaglia da camera,
anche se quelli dello S.M. avevano lottato perché si infilasse
brache e giubba regolamentare (alla vigilia di grandi eventi Badoglio
dormiva sempre lo aveva fatto anche a Caporetto). «Mi resi conto -
disse Taylor - che non
sapeva che entro quella giornata - ed erano ormai le due del mattino
dell'8 settembre !!! - gli Alleati si aspettavano che annunciasse la
cessazione delle ostilità». E. Biagi
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(segue)Guariglia
intanto incontrava Ribbentrop “Ribbentrop mi
chiese solennemente se gli potevo dare la mia parola che il governo
italiano non stava trattando con gli alleati. Un solo istante di
esitazione avrebbe potuto compromettere gravemente quanto avevo
edificato in due ore. Per fortuna non fu così, e gli risposi subito,
dichiarando di poter dare la mia parola; ma confesso di aver sentito a
lungo nella mia coscienza il peso di quella menzogna, sebbene tentassi
di attenuarlo con la riserva mentale che a Lisbona, si trattava soltanto
di un'apertura da parte nostra. Ad ogni modo la mia coscienza è
scaricata dall'antico adagio: salus Reipublicae suprema lex".
Alla rassicurazione [...] la guerra per noi continua nello spirito
dell'alleanza" Hitler non aveva creduto.
"Quella gente è ben costretta ad agire così, perché si tratta di un
tradimento. Ma anche noi dal canto nostro continueremo a fare lo stesso
gioco, preparando ogni cosa per mettere mano, con la rapidità del
fulmine, su tutta quella cricca ed imprigionare l'intera banda. Manderò
qualcuno laggiù ad arrestare il re, tutti quanti, soprattutto ad
arrestare il principe ereditario. Badoglio in testa con la sua cricca.
Vedrete allora che si sgonfieranno fino al midollo e nel giro di due o
tre giorni ci sarà di nuovo un rovesciamento della situazione".
Le sfumature italiane purtroppo non facevano parte del bagaglio
culturale anglosassone e meno che meno dei piani militari impostati da
tempo che prevedevano accordi scritti e impegnativi anche con Stalin
(questo gli italiani forse non lo sapevano). Non si poteva cambiare il
corso di un conflitto deciso un anno prima. Ora si stava programmando lo
sbarco in Normandia, si era già ben oltre il 43. Guariglia ritentava il
4 agosto a Tangeri, enclave spagnola in africa, in Marocco, dove
bastava fare un fischio e si parlava con gli alleati. Il consigliere di
legazione Berio doveva spiegare a un certo Gascoigne, ministro
plenipotenziario inglese (assente) che "…gli Alleati avrebbero dovuto in
primo luogo attenuare l'intensità dei bombardamenti sull'Italia onde
rendere possibile al Maresciallo Badoglio di mantenere il fronte
interno. Si auspicava seduta stante uno sbarco a scelta fra Francia del
sud, Balcani, Civitavecchia, La Spezia, Livorno, Rimini con 15
divisioni" La risposta pungente diceva che gli attori dall’altre parte
erano due e che praticamente l’Italia smettesse di cercare solo gli
Inglesi:
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Le
seguenti condizioni di armistizio sono presentate dal generale Dwight D.
Eisenhower, Generale Comandante delle Forze armate alleate, autorizzato
dai Governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, e nell'interesse
delle Nazioni Unite, e sono accettate dal Maresciallo Badoglio, Capo del
Governo italiano.
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1) Immediata cessazione di
ogni attività ostile da parte delle Forze Armate Italiane.
2) L'Italia farà ogni
sforzo per sottrarre ai tedeschi tutti i mezzi che potrebbero essere
adoperati contro le Nazioni Unite.
3) Tutti i prigionieri e
gli internati delle Nazioni Unite saranno rilasciati immediatamente
nelle mani del Comandante in Capo alleato e nessuno di essi dovrà essere
trasferito in territorio tedesco.
4) Trasferimento immediato
in quelle località che saranno designate dal Comandante in Capo alleato,
della Flotta e dell'Aviazione italiane con i dettagli del disarmo che
saranno fissati da lui.
5) Il Comandante in Capo
alleato potrà requisire la marina mercantile italiana e usarla per le
necessità del suo programma militare navale.
6) Resa immediata agli
Alleati della Corsica e di tutto il territorio italiano sia delle isole
che del Continente per quell'uso come basi di operazioni e per altri
scopi che gli Alleati riterranno necessari.
7) Immediata garanzia del
libero uso di tutti i campi di aviazione e dei porti navali in
territorio italiano senza tener conto del progresso dell'evacuazione
delle forze tedesche dal territorio italiano. Questi porti navali e
campi di aviazione dovranno essere protetti dalle forze armate italiane
finché questa funzione non sarà assunta dagli Alleati.
8) Tutte le forze armate
italiane saranno richiamate e ritirate su territorio italiano da ogni
partecipazione alla guerra da qualsiasi zona in cui siano attualmente
impegnate.
9) Garanzia da parte del
Governo italiano che, se necessario, impiegherà le sue forze armate per
assicurare con celerità e precisione l'adempimento di tutte le
condizioni di questo armistizio.
10) Il Comandante in Capo
delle forze alleate si riserva il diritto di prendere qualsiasi
provvedimento che egli riterrà necessario per proteggere gli interessi
delle forze alleate per il proseguimento della guerra; e il Governo
italiano s'impegna a prendere quelle misure amministrative e di altro
carattere che il Comandante in Capo richiederà, e in particolare il
Comandante in Capo stabilirà un Governo militare alleato su quelle parti
del territorio italiano che egli giudicherà necessario nell'interesse
delle Nazioni alleate.
11) Il Comandante in Capo
delle forze armate alleate avrà il pieno diritto d'imporre misure di
disarmo, smobilitazione e demilitarizzazione.
12) Altre condizioni di
carattere politico, economico e finanziario a cui l'Italia dovrà
conformarsi saranno trasmesse più tardi.
3 settembre 1943
FIRMATARI
Per il Maresciallo Pietro Badoglio Capo del Governo Italiano f.to
GIUSEPPE CASTELLANO. Gen. di Brigata addetto al Comando Supremo Italiano
-
Per Dwight Eisenhower, generale dell'Esercito degli S.U.A (Usa), Comandante
in Capo delle Forze Alleate f.to WALTER BEDELL SMITH, Magg. Gen.
dell'Esercito degli S.U.A. Capo di Stato Maggiore.
PRESENTI
On. HAROLD MACMILLAN, Ministro Residente britannico presso il Quartier
Generale delle Forze Alleate - ROBERT MUTPHY, rappresentante personale
del Presidente degli Stati Uniti - ROYER DICK, Commodoro della Reale
Marina britannica, Capo di Stato Maggiore del Comandante in Capo del
Mediterraneo - LOWELL. W. ROOKS, Magg. Gen. dell'Esercito degli S.U.A.
Sottocapo di Stato Maggiore, C-3, presso il Quartier Generale delle
Forze Alleate - FRANCO MONTANARI, interprete ufficiale italiano -
Brigadiere KENNETH STRONG, Sottocapo di Stato Maggiore, G-2, presso il Quartier Generale delle Forze Alleate. |
STORIA DEGLI ARMISTIZI |
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“It is necessary that Marshal Badoglio understand that
we cannot
negotiate but require unconditional surrender. This means that the
Italian Government must place, itself in the hands of the two Allied
Governments which will later advice it of their terms. Call Signor
(Signor scambiato per nome e non Mr Berio) Berio's attention to the fact that the Heads of the two Governments have
already expressed their desire that Itay have a respected place in the
new Europe as soon as the conflict is over and Gen. Eisenhower has
already announced that the Italian prisoners in Tunisia and Sicily shall
relesead subject to the release of all Allied prisoners”.
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Il Signor Berio non avendo una delega a negoziare tornò a casa. Tornò a casa
anche perché nel frattempo era giunto a Lisbona con un viaggio
avventuroso Castellano. Per sicurezza Castellano aveva preso un treno
che anziché passare per Modane, via Francia centrale costa atlantica Paesi
baschi Portogallo fece Nizza-Barcellona-Madrid diretto. Viaggiava con un
passaporto collettivo, sotto falso nome, mischiato a funzionari degli
esteri e aveva in tasca solo una lettera dell'ambasciatore Osborne per
il suo collega di Madrid. Il caso quindi volle che da Madrid
passasse per il fortuito cambio di rotta. Deleghe e credenziali nessuna. A Madrid
il treno restò fermo diverse ore e la possibilità di incontrare Hoare
c’era ma lui non sapeva una parola di inglese !!!. la scelta per un
interprete improvvisato cadde su un giovane funzionario che faceva parte
del gruppo, l'allampanato Montanari, che da quel momento prenderà parte a tutte le
trattative. Hoare il 15 agosto informa Londra dell’arrivo di Castellano
o come si chiamava ora e assicura che gli farà trovare a Lisbona un negoziatore valido.
Il viaggio di andata era durato 5 giorni !!!. Churchill ci tiene ad
avvisare il Generale Alexander delle trattative in corso:
"Siete senza dubbio al
corrente degli approcci fatti dagli italiani e della nostra risposta
(resa incondizionata). Il vostro maggior pericolo è che i tedeschi
entrino a Roma e vi stabiliscano un governo fantoccio con Farinacci.
Sarebbe altrettanto inquietante che tutta l'Italia scivolasse
nell'anarchia. Dubito che il governo Badoglio possa mantenersi al potere
sino al giorno fissato per il nostro attacco principale, e sarà quindi
di grande aiuto tutto quello che potete fare per abbreviare questo
periodo senza pregiudizio del successo militare".
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appunto di Guariglia da
leggere agli Alleati sic et simpliciter .!!!.«l'Italia potrà
chiedere l'armistizio solo quando, in seguito a sbarchi degli alleati
con contingenti sufficienti (le 15 divisioni) e in località adatte,
cambiassero le attuali condizioni, oppure se gli alleati fossero in
grado di determinare una diversa situazione militare in Europa»
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Proprio il 15 AGOSTO gli stati
maggiori italiani e tedeschi si incontravano a Bologna facendo finta che
nulla fosse successo e stesse succedendo. Questi tempi morti, questi
silenzi, questi rifiuti non scoraggiavano Guariglia che spediva a
raffica gente oltre frontiera. Toccava ora al senatore Alberto Pirelli
recarsi in Svizzera e cercare un aggancio con gli alleati per il tramite
dei nostri vicini neutrali che naturalmente declinarono l’invito (avevano il fiato dei tedeschi
sul collo). A Lisbona intanto i giochi si
complicavano, chiesero a Castellano di mettere le carte (credenziali) in
tavola. Niente carte niente incontri. Montanari, l’italoamericano,
riuscì a convincere gli alleati e a dare una nuova versione (immagine)
protocollare della
diplomazia italiana. L'incontro si svolse nella tarda sera del 19
agosto. Sono presenti, oltre a Campbell, l'incaricato d'affari americano
Kennan e i generali Smith e Strong, il primo capo di Stato Maggiore e il
secondo capo dell'lntelligence delle forze alleate in Mediterraneo. E'
il generale Bedell Smith che prende la parola per leggere le condizioni di
armistizio dettate all'Italia. Al generale Castellano, il quale dichiara
di non aver alcun mandato per trattare l'armistizio ma soltanto il
compito di far presente agli Alleati la situazione militare e politica
dell'Italia, Smith risponde che l'ordine da lui ricevuto è quello di
comunicare le condizioni di armistizio, le quali potevano essere
accettate o respinte ma non discusse.
«La misura nella quale le
condizioni saranno modificate in favore dell'Italia dipenderà
dall'entità dell'apporto dato dal governo e dal popolo italiano alle
Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra» A
Castellano, a questo punto, non rimane altro che prendere atto della
situazione e tornare a casa. L'accettazione da parte italiana deve avvenire entro il 30
agosto e comunicata per mezzo di una radio consegnata a Castellano. In
caso di impossibilità, l'accettazione avrebbe dovuto essere notificata
all'ambasciatore Osborne con un messaggio dal testo concordato. Nel caso
poi di si, il generale Castellano si sarebbe dovuto
trovare a Termini Imerese alle 9 del 31 agosto.
Tutto bene ? No.
Tempi morti, silenzi. Sotto l’incalzare dei bombardamenti e
in assenza di notizie Guariglia,
Carboni o Roatta spediscono a Lisbona il generale Zanussi (uomo di
fiducia di Roatta). Zanussi arriva a Lisbona dopo che il suo collega era
appena partito. La sua presenza non fa che acuire i sospetti degli
Alleati che si chiedono quale sia il negoziatore giusto e quale la spia.
Alla fine decidono di utilizzarlo consegnandogli il testo del «Long Armistice» avvisando che si tratta di un documento della massima
importanza e differente da quello già consegnato a Castellano (Short Armistice). Zanussi
anziché inviare il documento a Roma lo ripone nella borsa e gli italiani
lo conosceranno (contestandolo pure) ad armistizio dichiarato . |
Causa-effetto, la coda dell'eccidio delle
Officine
Reggiane del 28 luglio
ll ten. Loldi Luciano,
ufficiale dei bersaglieri si era sposato l'8 settembre 1943 e dopo
alcuni giorni in cui era rimasto nascosto era stato catturato a
Reggio E.dai tedeschi per inadempienza alla leva. Messo in
libertà per la parola dei suoi superiori, se ne tornò
all'insegnamento (disegno, discreto pittore) col nuovo anno
scolastico. Evitare la chiamata di leva si poteva se qualcuno
dichiarava che la tua attività civile era strategica. La sua non lo
era. Riprese servizio con l'esercito repubblichino, stazionando
sempre in città a Reggio. Una sera del gennaio '44 (17) mentre
tornava da una mostra personale venne colpito alle spalle. La morte
isolata fece pensare a un agguato premeditato e tale fu rivendicato
dai partigiani come condanna per aver comandato il plotone del 28
luglio. |
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Il 27 agosto
Castellano ritorna a Roma e riferisce a Badoglio i risultati della sua
missione. Il 28 e il 29 sono due giorni di febbrili riunioni, ma
nessuno, neanche il re, vuole assumersi la responsabilità di una
decisione. Finalmente, la mattina del 30, comunicano a Castellano di
partire e gli consegnano un appunto di Guariglia da
leggere agli Alleati sic et simpliciter .!!!.«l'Italia potrà
chiedere l'armistizio solo quando, in seguito a sbarchi degli alleati
con contingenti sufficienti (le 15 divisioni) e in località adatte,
cambiassero le attuali condizioni, oppure se gli alleati fossero in
grado di determinare una diversa situazione militare in Europa» Pur dando per disinformati
gli italiani, gli alleati pensano che facciamo i furbi e ci tengono a
rispondere subito che se avevano 15 divisioni l’offerta di armistizio neanche
la facevano. Quando infatti Castellano si accinge a leggere l'appunto di Guariglia, Bedell Smith lo interrompe replicando che il governo italiano
deve respingere o accettare le condizioni di armistizio cosi come sono;
se le accetta, deve dichiarare la fine delle ostilità contemporaneamente
allo sbarco principale degli Alleati. Se non accetta le condizioni, il
governo italiano non avrà in avvenire più alcuna possibilità di trattare
con i militari e di concludere quindi un armistizio. L’unica porta che
viene tenuta aperta nelle concessioni è la famosa 82a su Roma. Su questa
base si chiude la riunione, rimanendo d'accordo che l'accettazione
italiana deve essere comunicata per radio entro la mezzanotte del 1
settembre. Castellano ritorna a Roma e riferisce ancora a Badoglio che
telegrafa l’accettazione. Il 2 settembre Castellano arriva a Cassibile.
Ha la delega ? No. Ma non basta il telegramma ?. Smith prepara il testo
di un telegramma da inviare a Roma a firma Castellano, per chiedere
l’autorizzazione e avvertire che senza la risposta le trattative si
chiudevano li. Soliti tempi morti, silenzi; il 3 mattina un agitato Castellano invia un
secondo telegramma. Arriva, finalmente, un radiogramma di Badoglio, che
conferma il telegramma del 1 settembre. Gli Alleati sono ormai certi che
a Roma si sta ciurlando nel manico, ma per fortuna arriva un secondo
telegramma, con
copia a Osborne, di Badoglio che autorizza/delega Castellano a firmare.
Il 3 settembre, alle ore 17,30, viene firmato
a Cassibile lo “Short Military Armistice”.
http://www.ibiblio.org/pha/war.term/093_01.html
l’armistizio in lingua originale con l’allegato del Long Armistice. Castellano chiede irritato di
cosa si tratti, ma Smith gli comunica che il documento era stato
consegnato già da tempo a Zanussi. Altra figuraccia. Tuttavia precisa
che tali clausole hanno un valore relativo qualora l'Italia collabori
con le Nazioni Unite nella guerra contro i tedeschi. A questo punto
Castellano vuole solo sapere dove avverrà lo sbarco e di che entità
sarà. Va bene la fiducia, la simpatia e ora l’amicizia, ma dire a simili
persone dell’imminente sbarco a Salerno era come parlarne al lavatoio
(in Emilia si dice Radio bugadera). Gli storici militari sostengono che gli italiani sapendo del
raggio di portata dei caccia usa, potevano benissimo determinare in quale
località sarebbero sbarcati, tra Salerno ed Eboli. La ricognizione dava
da giorni naviglio in viaggio. Quando sarebbe avvenuto lo sbarco
principale? Smith, forse per non sentirsi rivolgere altre domande da
Castellano, avrebbe dichiarato «entro due
settimane». Castellano allora precisa a Roma non prima del 12 !!. Tutti
a Roma si scrivono nei taccuini quella data, mancano ancora 10 giorni,
c’è tempo; "andiamo a cena s'è fatto tardi". Roatta, quando i tedeschi il pomeriggio
dell’8 gli chiedono conferma dell’armistizio, dice che è una manovra
americana per mettere in cattiva luce gli italiani. Il 6 settembre i
servizi della ricognizione strategica informavano che ingenti convogli
navali alleati si radunavano a nord di Palermo. Anche un profano avrebbe
capito che non si sarebbe esposto un naviglio cosi numeroso per lungo
tempo alle minacce delle incursioni aree.
http://www.centrostudiluccini.it/attivita/resistenza/pdf/marchesi.pdf
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Subito
dopo la liberazione la moglie Ornella va a parlare con Valdo
Magnani, segretario del PCI con le prove che in quella data il
marito era in servizio a Cremona.
Magnani si scusa per l'errore commesso
"In guerra gli
errori si commettono".
La
rettifica però non venne pubblicata, gli organi di stampa locali
molto democratici boicottarono la cosa
"come lei potrebbero insorgere
altre mogli e madri, non si può far promotrice di questo".
Anche un operaio delle officine, Guidotti, che aveva visto in faccia il comandante
del plotone del 28 luglio, non lo riconobbe nella foto di Loldi. Altre
conferme non spostarono di un millimetro il corso dei fatti
(Gazzetta
Reggio 28 luglio 2003)
I Caduti delle Reggiane (Antonio Artioli, Vincenzo Bellocchi,
Eugenio Fava, Nello Ferretti, Armando Grisendi, Gino Menozzi, Osvaldo
Notari e Domenica Secchi) e decine di altri riportarono ferite o lesioni
causate dal panico. |
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Il 28 luglio 1943, tre
giorni dal 25, un giorno dalla circolare. Nessuno aveva ben chiaro cosa
sarebbe successo con la frase “…la guerra continua a fianco dell’alleato
tedesco… gelosa custode delle sue tradizioni millenarie…”. Il direttore
delle Reggiane Ferruccio Bellelli aveva consigliato i suoi dipendenti di
non lasciarsi andare a gesti inconsulti e di fare attenzione, perché
tedeschi e badogliani rimanevano comunque padroni della situazione e non
avrebbero consentito lo scatenarsi di tumulti e manifestazioni. Convinta
invece che la parte del messaggio che assicurava la continuazione della
guerra non fosse che un espediente per poter guadagnare tempo per un
armistizio, la popolazione inscenò numerose manifestazioni a favore
della pace in tutto il Paese. Operai, tecnici, ed impiegati delle
Reggiane quella mattina avevano però in mente una precisa idea: quella
di lasciare lo stabilimento e sfilare per le vie cittadine chiedendo la
fine della guerra. In pochi istanti la notizia si sparse per tutta la
fabbrica e varcò i confini della stessa. Il piccolo gruppetto iniziale
divenne ben presto una nutrita rappresentanza fino a comprendere forse
cinquemila uomini e donne che si presentarono all’uscita inneggiando
alla pace e innalzando bandiere tricolori e ritratti di Vittorio
Emanuele III. Le testimonianze di chi era presente all’eccidio non hanno
consentito di chiarire definitivamente chi furono i primi ad aprire il
fuoco: se le guardie giurate della fabbrica o un plotone di bersaglieri
del deposito del 12° in servizio di ordine pubblico. Secondo quanto
racconta Sergio Malinverni, uno dei bersaglieri presenti quel giorno
alle Reggiane, il tenente che comandava il reparto perse il controllo
della situazione quando udì alcuni colpi di pistola provenire
dall’interno dello stabilimento (le guardie private?) e, forse temendo
di essere attaccato dai “ribelli”, ordinò il fuoco
(Adorno Stazzoni,
sindaco socialista, dichiarò poi di aver incontrato costui a Tarnevitz
in un campo di prigionia nel 1945). ...... Si forma un corteo
diretto ad uno dei cancelli per uscire, ma qui un reparto di bersaglieri
blocca il varco. I lavoratori proseguono nel cammino, ma l’ufficiale che
comanda i militari ordina ai soldati il puntat-arm, e visto che il
corteo prosegue, ordina ancora: fuoco! Le armi però tacciono, i
bersaglieri si rifiutano di sparare sui loro fratelli inermi.
L’ufficiale,un tenente, afferra allora l’impugnatura della
mitragliatrice accanto, canna ad alzo zero,fa partire una lunga raffica.
La massa dei lavoratori si sbanda, nove di essi giacciono sull’asfalto privi di vita, un’altra cinquantina restano feriti.
(Da Argento Vivo Mensile del sindacato dei
pensionati Cgil del gennaio 2006). |
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