LA SECONDA GUERRA MONDIALE

 H O M E

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SI TRATTANO GLI ARMISTIZI 

 

Emessa il 26 luglio (sera), ma meglio conosciuta come circolare Roatta-Badoglio del 27 ( Roatta era C.S.M. dell’esercito, subirà un processo nel dopoguerra, fuggirà, verrà condannato all'ergastolo e sarà infine amnistiato, tutto come oggi) vietava assembramenti e ordinava alla polizia e all’esercito di aprire il fuoco contro eventuali manifestazioni. Non si voleva dare ai tedeschi l’impressione che il paese fosse fuori controllo e prossimo a un ribaltamento di fronte e parimenti si voleva mascherare con la violenza le trattative d’armistizio in corso. I giornali uscivano velinati con continui richiami alla guerra contro gli alleati. (la velina non è l'ultima valletta di Striscia ma dal "De Mauro": ... è comunicazione inviata dall’ufficio stampa del governo, di un partito, di un ente pubblico, ecc., contenente informazioni da divulgare o suggerimenti relativi al modo di dare una notizia o di commentare un evento (bufale in parole povere))

In entrambi i casi l’alternativa era una occupazione tedesca ancora più dura e anticipata su tutto il territorio ancora libero (in pratica esclusa la Sicilia), rinascita del partito fascista e immediata liberazione di Mussolini. Le drastiche disposizioni di Roatta, applicate alla lettera, portarono in una settimana ad episodi cruenti fra i quali uno dei più gravi alle Officine Meccaniche Reggiane, dove morirono nove operai nello scioglimento di una manifestazione (vedi in fondo). A Bari i morti furono anche di più, ben 28, e oltre 60 i feriti. Le cifre ufficiali sulle vittime del «governo dei 45 giorni» (dal 25 luglio all'8 settembre), certamente inferiori a quelle reali, parlano di 93 morti, 536 feriti e di 2.276 arresti e parzializzando 83 morti e 308 feriti concentrati nel periodo 26/30 luglio. Lo storico stalinista Ernesto Ragionieri è costretto ad ammettere che nel corso del ventennio fascista non si era mai visto sparare sulla folla con quella frequenza.

    http://www.larchivio.org/xoom/gran-consiglio.htm  verbale 25 luglio

(rapporto del Prefetto di Torino 29/7, in capo a 3 giorni la calma era tornata).

«A Torino, presso due reparti Fiat, iniziato sciopero bianco. Arrestati agitatori e deferiti tribunale militare per immediato procedimento. Est in corso intervento con artiglierie contro fabbricato predetto se operai non obbediscono intimazione ripresa di lavoro». “Si intimi la ripresa immediata del lavoro dando cinque minuti di tempo, avvertendo che, se il lavoro non sarà ripreso, sarà imposto con la forza. Se allo scoccare del quinto minuto continuerà l'astensione si faccia fuoco con qualche breve raffica, e non sparando in aria o per terra, ma addosso ai riottosi. Dopo la raffica, ripetere per una volta l'intimazione e, non ottenendo lo scopo, sparare raffiche a breve distanza l'una dall'altra fino ad ottenere lo scopo, ossia l'esecuzione dell'ordine».

 

Reisebüro l'agenzia viaggi del Reich

Racconta Dollmann, colonnello delle SS e osservatore in Italia – "al cancello dell'ambasciata tedesca si presentò Farinacci, il personaggio che, secondo le previsioni, avrebbe dovuto opporsi alle decisioni del Re.  Pallido in volto e tremante dalla paura egli non desiderava altro che prendere il primo aereo in partenza per la Germania .. non una parola sulla divisione «M», non un accenno ai tentativi di liberazione». Travestito da aviatore tedesco, Farinacci, venne portato a Frascati da dove prese un aereo per Monaco. Dopo questo i voli di fascisti in fuga si susseguirono a ritmo incessante, Dollmann annota che l'ambasciata tedesca sembrava essere diventata una agenzia di viaggi. Victor von Mackensen, ambasciatore tedesco a Roma, alle 23,30 del 26, chiudeva il suo rapporto telegrafico a Berlino con la seguente considerazione: «Quanto il decadimento interno del partito fascista fosse veramente avanzato, mi pare dimostrato dal fatto che esso è scomparso dalla scena senza canti e senza suoni, come l'ha confermato il decorso dell'odierna giornata». !!!

 

Testo integrale della circolare Roatta
Presi gli ordini dal Comando Supremo comunico et dispongo:

  I) nella situazione attuale, col nemico che preme, qualunque perturbamento dell'ordine pubblico anche minimo, et di qualsiasi tinta, costituisce tradimento et può condurre ove non represso ai conseguenze gravissime; qualunque pietà et qualunque riguardo nella repressione sarebbe pertanto delitto;
2) poco sangue versato inizialmente risparmia fiumi di sangue in seguito. Perciò ogni movimento deve essere inesorabilmente stroncato in origine;
3) siano assolutamente abbandonati i sistemi antidiluviani quali i cordoni, gli squilli, le intimazioni et la persuasione et non sia tollerato che i civili sostino presso le truppe intorno alle armi in postazione;
4) i reparti devono assumere et mantenere . grinta dura et atteggiamento estremamente risoluto. Quando impiegati in servizio di ordine pubblico, in sosta aut in movimento, abbiano il fucile ai pronti et non a bracciarm;
5) muovendo, contro gruppi di individui che perturbino ordine aut non si attengano prescrizioni autorità militare, si proceda in formazione di combattimento et si apra fuoco a distanza, anche con mortai et artiglieria senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche. Medesimo procedimento venga usato da reparti in posizione contro gruppi di individui avanzanti;
6) non est ammesso il tiro in aria; si tira sempre a colpire come in combattimento
7) massimo rigore nel controllo et attuazione di tutte le misure stabilite da noto manifesto. Apertura immediata del fuoco contro automezzi che non si fermino all'intimazione;
8) I caporioni et istigatori dei disordini, riconosciuti come tali, vengano senz'altro fucilati se presi sul fatto, altrimenti siano immediatamente giudicati dal tribunale di guerra sedente in veste di tribunale straordinario.
9) Chiunque, anche isolatamente, compia atti di violenza et ribellione contro le forze armate e di polizia aut insulti le stesse et le istituzioni venga passato immediatamente per le armi (...)
10) il militare che, impiegato in servizio ordine pubblico compia il minimo gesto di solidarietà con i perturbatori dell'ordine, aut si ribelli, aut non obbedisca agli ordini, aut vilipenda superiori et istituzioni, venga immediatamente passato per le armi;
11) il comandante di qualsiasi grado che non si regoli secondo gli ordini di cui sopra, venga immediatamente deferito al Tribunale di guerra competente che siederà e giudicherà nel termine di non oltre ventiquattrore.
Confido che i Comandanti consci della gravità dell'ora e che da falsa pietà, lentezza et irresolutezza, potrebbe derivare la rovina della patria daranno e faranno dare la più ampia esecuzione a quanto sopra disposto. Si tratta di imporsi subito con rigore inflessibile.
Dalle memorie di Badoglio :    
Nell'assumere il Governo telegrafai ad Hitler, dicendo che avrei mantenuto l'impegno e continuata la guerra. Hitler a questo telegramma non rispose, ma dopo di questo si verificarono due fatti importanti. Mandò truppe in Italia non richieste. Voi sapete che la Germania era con noi impegnata a mandarci un milione e 200 mila tonnellate di carbone, che noi regolarmente pagavamo. Questo venne, di colpo, ridotto a 300 mila tonn.Voi sapete che la Germania ci forniva di tutto, compreso il petrolio di cui avevamo bisogno, e questo di colpo venne a mancare con la scusa dei bombardamenti di Lilla. Noi rimanemmo senza una goccia di benzina. Più grave ancora: si appropriò del nostro grano già pagato alla Romania. I treni della Romania furono fatti deviare verso la Germania, e diverse divisioni tedesche vennero in Italia. Non c'era più da dubitare: i tedeschi volevano prenderci alla gola, costringerci ad ubbidire. In questo momento pensai che non c'era più tempo da perdere e chiesi l'Armistizio al Generale Eysenhover [sic], che fu senz'altro accettato. Qui vennero dei patti un po' imbrogliati che non sto a chiarirvi.   Parlare delle trattative dell’armistizio e restare seri è una impresa difficile anche se la situazione italiana richiedeva ben altro. L’unico vero armistizio che aveva subito l’Italia risaliva a quasi cent'anni prima (1848) e non era stato molto onorevole. Se ne era andato l’ultimo re di Sardegna Carlo Alberto. http://www.genovalibri.it/genova_1849/armistizio.htm L’armistizio per definizione è il periodo che non è più guerra, ma non ancora pace ovverossia sospensione delle ostilità. A questo punto ci si arriva per esaurimento dei contendenti, per invito o suggerimento di terzi considerato grande potenza o per debacle di parte, il nostro caso. Se debacle completa c'era stata nel '48, nel 1866 a Custoza, ad invocare l’armistizio non eravamo stati noi ma inviti superiori provenienti dalla Prussia che voleva chiuderla li. Questa volta l'armistizio non era neanche parente di quello del '48: la definizione “armistice” in Inglese dice A temporary cessation of hostilities by mutual consent of the contending parties or a state of peace agreed to between opponents so they can discuss peace terms. Ma quella a cui si riferivano continuamente gli alleati nei loro colloqui era “Unconditional surrender”una resa incondizionata, dove la clausola del “Mutual consent”, dell’accordo delle parti, era un eufemismo. A questo stato di cose si era giunti, a onor del vero, con una corale partecipazione di tutti gli italiani. L’unico escluso era Mussolini che dal 25 luglio era ristretto nelle patrie galere, ma anche lui aveva anelato in passato. Chi idealmente, chi da tifoso spettatore e chi da protagonista, nessuno era mancato all'ultimo girone della Pochade. Tutti gridavano agli Usa "venite, correte i tedeschi ci fanno del male" e, come diceva Churchill non eravamo i carnefici ma le vittime: «Dalla prima parola all'ultima …xxxx... non ha mai minimamente alluso a termini di PACE, e tutta la sua esposizione non è stata che la preghiera che noi si salvi l'Italia dai tedeschi e da se stessa, e al più presto possibile”. Anche Ciano estromesso dagli esteri si ritrova in Vaticano col cardinale americano Spellman a parlare di pace.

Il 5 Agosto Salazar comunica in anteprima, alla principessa Maria Joseè, la decisione degli alleati: la resa dell'Italia sarà trattata senza nessuna condizione, non ci sono alternative.

Eisenhower al popolo italiano. «You want peace; you can have peace immediately, and peace under the honourable conditions which our Governments have already offered you. We are coming as liberators. Your part is to cease immediately any assistance to the German military forces in your country. 1f you do this, we will rid you of the Germans and deliver you from the horrors of war.» Beh gli americani vedono sempre il lato semplice della cosa.

 

Al re stesso vengono attribuiti lontani pensieri di sganciamento dai tedeschi con operazioni che sanno più di fantascienza che di realtà ma ..Sin dal maggio '43, e precisamente dal 15,  in un suo diario (del re), venuto recentemente alla luce, dice che bisogna ormai «sganciarsi» dall'alleanza con la Germania.. Il 26 maggio Acquarone, ministro della Real Casa, diceva però a Bonomi che il re non voleva sentire parlare di armistizio e aggiungeva: «Sarebbe imprudente accennargli a trattative che egli, nella sua lealtà per l'alleato, non può ammettere». Ordinatore della resa lui; esecutore Badoglio?. Il 14 luglio Alfieri (ambasciatore a Berlino) scrive a Bastianini (sottosegretario agli esteri): che a sua volta si rivolge al cardinale Maglione segretario di stato vaticano

“Qualora la situazione militare in Italia dovesse ancora peggiorare, la sola persona in grado di convincere Hitler a far abbandonare il territorio italiano dalle truppe tedesche è il Duce. Di qui la necessità che l'Inghilterra e l'America non pongano la pregiudiziale immediata dell'allontanamento del Duce e ciò nel loro stesso evidente interesse…. L'Italia ha una sua particolare posizione nella regione danubiana-balcanica di cui gli avversari debbono tener conto… ».

A Feltre sappiamo poi come andò fra il Duce e Hitler. Scrive il generale Rossi, «Se la dichiarazione dell'armistizio fosse stata pronunciata il 25 luglio, 4 divisioni tedesche erano ancora impegnate in Sicilia e poteva essere loro impedito, con mezzi della marina, che passassero in continente”. Per gli americani c’era una sola maniera di trattare, “Unconditional surrender” Resa incondizionata. Credito agli italiani zero.

  Il 25 luglio per loro era stato preparato non dagli antifascisti, ma dal re e dai gerarchi, preoccupati soltanto di salvare la loro posizione e i loro privilegi. Diceva Hopkins, consigliere di Roosevelt (poi pesantemente sospettato di spionaggio a favore della Russia) «Mi fido poco, tanto del re come di Badoglio. Certamente, nessuno dei due, neanche mettendoci tutta la buona volontà, può essere considerato come il rappresentante d'un governo democratico. Riconoscerli è facilissimo ma in seguito sarà spaventosamente difficile buttarli a mare. Certamente non mi garba l'idea che questi ex nemici mutino opinione quando sanno che stanno per essere battuti e passino dalla nostra parte per ottenere d'essere aiutati a mantenere il potere politico”

La pochade alla Feydeau, quella delle comiche inizia però solo ora nell’agosto del 43, quando i giochi son finiti. Agli esteri di quel Governo, che il Re diceva, "Oh no no! Nessuno di questi signori; lei deve fare un governo di funzionari, di tecnici" (non si riparli di politica), veniva nominato l'ambasciatore Guariglia rientrato avventurosamente dalla neutrale Turchia. Appena arrivato a Roma, egli si rivolgeva al cardinale Maglione e per questi a Osborne, ambasciatore di Gran Bretagna presso la S. Sede, con l’intenzione di chiedere l’inizio delle trattative per l'armistizio. Osborne si rammaricava dicendo che il cifrario inglese era noto ai tedeschi e quello Usa era stato soppresso dopo le note vicende del trafugamento italiano. Il 2 agosto Guariglia era costretto a supplire all'impasse Osborne con un incontro a Lisbona fra un suo consigliere di legazione, il marchese Blasco Lanza d'Ayeta. e l'ambasciatore inglese, Campbell, per presentare alcune raccomandazioni del governo italiano: fra l’altro si diceva 2) che a tutti i fini era auspicabile cessassero gli attacchi e le insinuazioni contro il sovrano e il governo Badoglio allo scopo di facilitare il loro arduo compito all'interno e di impedire che un estremismo caotico di cui si erano avuti alcuni sintomi potesse pregiudicare tanto il normale ritorno a delle forme costituzionali di governo quanto, e soprattutto, facilitare, suscitando un giustificabile disordine spirituale fra gli italiani, la calata germanica. Le insinuazioni partivano dal fatto che tutti gli organi di stampa ripetevano che nulla era cambiato, non si recriminasse sul vecchio ordine e si continuasse a combattere la perfida albione e i suoi alleati. (segue sotto)

Dal diario di Gonella    
Principessa: Mi chiede perché la gente è malcontenta della nuova situazione.
Rispondo: Perché ha troppa fretta, vorrebbe tutto eliminato in un colpo, mentre è encomiabile il progressismo. Dico che è oscena la vigliaccheria di chi sputa sul quadro di Mussolini.
Principessa: Proprio coloro che prima lo osannavano. Mi aggiunge che la situazione internazionale è complessa, che la pace sarà molto prossima e che Guariglia sta trattando in Turchia. Si meraviglia del tono della propaganda (stampa) inglese ostile alla monarchia.
Rispondo che questa propaganda ha influito sull’opinione pubblica italiana, ma che gli intelligenti capiscono che non si poteva fare meglio. Osservo però che era cosa migliore un governo di soli generali. Vi sono nel governo funzionari antipatici e troppo compromessi col fascismo.

Ciano e Carboni a destra

  Dai ricordi di Giulio Andreotti (brani): Prezioso a questo fine è uno scritto del professor Carlo Antoni, uno dei fondatori del Partito d’azione, che era tra gli intellettuali con cui Maria José ebbe dimestichezza per così dire cospirativa. Nelle conversazioni si era addirittura divisato un colpo di Stato. La principessa aveva buoni rapporti anche con il capo della polizia Senise (Carmine Senise era stato rimosso il 14 aprile per i fatti di Torino (sciopero) poi reinsediato il 25/7 alla caduta del fascismo. Inviso ai tedeschi finirà a Dachau per mano di Priebke ma si salverà); ed erano così buoni che Antoni riuscì con questo tramite a far scarcerare un “politico” classificato come pericoloso. Ma Antoni portò anche alla principessa una notizia preziosa: i comunisti non avevano pregiudiziali antimonarchiche, purché la Corona prendesse le distanze dal fascismo. La fonte era l’autorevolissimo professore Concetto Marchesi, che fu poi deputato alla Costituente. Ma il re – che non solo non condivideva le iniziative della nuora, ma era critico per il suo attivismo – si guardava bene dal revocare il ventennale appoggio al duce. O, meglio, ci pensava ma lasciava al suo fido Acquarone sondaggi e progetti (ndr: inconcludenti: le rare confidenze di Maria Josè ad Umberto si risolvevano nella frase tipica di casa Savoia - Nella nostra famiglia siamo abituati a regnare uno per volta-  Anche l’erede però sente prima Bonomi poi Badoglio il 4 luglio che gli accenna -Ho preso le mie decisioni e le ho comunicate a chi di dovere. E’ questione di giorni e attendo una risposta- ). ….. Fu De Gasperi (il primo contattato) a suggerire Gonella (per i contatti che la principessa voleva aprire): come redattore capo di politica estera dell’Osservatore Romano, era di casa in Segreteria di Stato e per di più aveva stretti rapporti con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Gonella suggerì alla Benzoni l’idea della via portoghese per arrivare agli inglesi. Entra qui in scena l’ambasciatore di Lisbona in Vaticano Antonio Pacheco, la cui ingenuità fu peraltro disastrosa. Inviò infatti un telegramma cifrato al presidente Salazar preannunciando l’iniziativa del principe (non si sa se al maschile invece del femminile un errore in cifra) per trattare la pace. Il tutto venne conosciuto subito dai servizi segreti italiani. Il 15 giugno Pacheco si recò a colloquio al Quirinale uscendone entusiasta. Meno entusiasta fu l’interlocutrice, alla quale il generale Ambrosio era andato a portare copia dell’incauto telegramma. Maria José, che nel frattempo aveva avuto un colloquio con il vecchio presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi, ricevette Gonella il 2 luglio in casa dei conti Spalletti. Il verbale dell’incontro è di grande interesse (a fianco). L’accento della signora è messo fortemente sulla necessità di salvaguardare la dignità degli italiani. Sua altezza è comunque convinta che la guerra sarebbe durata a lungo. Altra udienza di Gonella con la principessa il 7 luglio. Ipotizzano l’invio a Lisbona di Raffaele Mattioli, presidente della Banca commerciale e notoriamente aperto verso gli antifascisti. Cosa succederà se ci si sgancia dalla Germania dichiarando anzi guerra alla Germania stessa come chiedevano gli inglesi? La prospettiva di una reazione dura dei tedeschi preoccupava fortemente. L’unico motivo per non disperare era la convinzione della principessa sull’esistenza di forti nuclei anti-Hitler in Germania. Mattioli, incontrato da Gonella, voleva maggiore chiarezza. Ma i tempi stringevano. Gonella torna il 10 luglio da Maria José. Non si sente autorizzato a riferirle del messaggio di Roosevelt al Papa con il quale si incitano gli italiani a scrollarsi di dosso il fascismo e il nazismo. La proposta di una lettera del re Italiano al re di Inghilterra era improponibile; ma il missus di cui alla formula Pacheco non doveva tardare, purché avesse una caratterizzazione ufficiosa effettiva. Ciano intanto aveva incontrato il Collega Osborne, l'ambasciatore di Gran Bretagna presso la S. Sede al golf. Intanto i tedeschi erano adirati per la lettera di Roosevelt al Papa, resa pubblica negli Stati Uniti senza l’accordo, anzi con la esplicita disapprovazione della Santa Sede (cardinal Maglione). Gonella scongiurò la principessa di rimanere comunque a Roma, non seguendo il re al nord dove sembrava fosse intenzionato ad andare, nella imminenza della perdita del sud. Nell’incontro del 17 luglio Gonella aveva appreso che si pensava a sostituire Mussolini con un governo di non politici presieduto da Badoglio. La notizia non coincideva con le informazioni che da altri canali Gonella aveva raccolto. Candidato alla successione di Mussolini sembrava Dino Grandi per ripristino di un vecchio rituale prefascista: l’incarico spettava a chi aveva provocato la crisi ministeriale. Grandi doveva attivare la sfiducia in seno al Gran Consiglio; e stava raccogliendo le firme, con una certa connivenza della polizia, forse motivata da un doppio giuoco. La principessa sembrava soddisfatta. Per qualche giorno, lasciando passare il 25 luglio, sospese le sue udienze ufficiose in attesa che da Lisbona si facesse vivo l’inviato speciale. «Giovedì 29. Ore 19. (Gonella) La principessa mi riceve, è sorridente. Veste in marrone scuro. Ha davanti un quaderno da ragazzi di scuola. Mi chiede la mia impressione. Rispondo che la crisi è stata risolta nel modo più brillante ed economico, ed è stato scelto il momento migliore. Tutti sono riconoscenti……
     

Fra i più attivi in cerca di una soluzione anche Giuseppe Bastianini, sottosegretario agli Esteri del dicastero tenuto ad interim dal Duce (voterà a favore dell’ordine del giorno Grandi e sulla vicenda ci scriverà anche un libro). E’ lui e Alfieri, ambasciatore in Germania, che sollecitano al Duce un faccia a faccia col Fuhrer per mettere sul piatto l’insostenibile situazione italiana. Neutralizzazione dell’Italia sperando che gli alleati si fermino. Già dal 14 luglio quando era iniziata la fronda al capo del governo il sottosegretario agli esteri Bastianini aveva contattato in Vaticano il segretario di stato con lo scopo di inviare a Londra un messaggio.

  5 Febbraio 1943: ore 16,30. Ciano "Che cosa desideri fare adesso" cambio Governo gli disse il Duce "Scegli fra luogotenente in Albania o ambasciatore presso la Santa Sede" Ciano scelse ovviamente la seconda (non gli piacevano le sedi scomode e non mondane). L'8 si recò a Palazzo Venezia per la visita di congedo. "Adesso- disse il suocero - devi considerare che hai un periodo di riposo. Poi tornerà il tuo turno. L'avvenire tuo è nelle mie mani e per questo ti puoi considerare tranquillo". Ciano disse ancora "Ho tutti in ordine i miei documenti e ricordatevi, quando verranno le ore dure, perchè è ormai certo che le ore dure verranno, che io posso documentare uno dopo l'altro i tradimenti perpetrati dai tedeschi ai nostri danni, dalla preparazione del conflitto alla guerra in Russia, comunicataci quando già le truppe avevano varcato il confine" (ma non solo questo c'era nei diari poi che la moglie Edda, figlia del Duce, metterà in salvo). Gli Esteri andarono al Duce stesso "ad interim", sottosegretario Bastianini, De Marsico sostituì Grandi alla Giustizia, Biggini al posto di Bottai alla Educazione nazionale, Vittorio Cini al posto di Horst Venturi alle comunicazioni, Tiengo al posto di Ricci alle corporazioni, Polverelli al posto di Pavolini al Minculpop ........
     

  ....Il generale Maxwell Taylor (all'epoca 1942–19443 era forse Brigadiere Generale (Biagi lo spaccia per comandante la 81a divisione grado ben più alto) received a temporary promotion to major general) mi raccontò l'allucinante viaggio che fece a Roma, alla vigilia dell'8 settembre. Taylor, Aiutante di Ridgway (meglio comandante l'artiglieria della forza da sbarco)  doveva prendere contatti con i nostri comandi. L’ammiraglio de Courten riferì, nella sua Relazione del 12 febbraio 1944, che “questi (Ambrosio) mi chiese una motosilurante per portare un gruppo di ufficiali italiani da Gaeta ad Ustica dove, all’alba del 7, si sarebbe trovata una motosilurante inglese, la quale avrebbe ritirato gli ufficiali italiani per portarli a Palermo e consegnato due alti ufficiali anglo-americani, che avrebbero dovuto essere trasportati a Gaeta proseguendo poi per Roma. Tra la sera del 5 e la mattina del 6 settembre venne concretata la missione della corvetta Ibis: partenza da Gaeta alle 20.00 del 6, arrivo a Ustica all’alba del 7, ritorno a Gaeta la sera del 7, a notte fatta. Affinché la missione si svolgesse in forma realmente segreta, non fu impartito per essa alcun ordine scritto, ma fu verbalmente incaricato di condurla il contrammiraglio Maugeri, Capo del Reparto Informazioni dello Stato Maggiore. La missione si svolse regolarmente e la corvetta, appena sbarcati a Gaeta i due ufficiali anglo-americani, fu fatta proseguire per la deserta rada di Porto Conte, in Sardegna, con l’ordine di restarvi in stretta quarantena fino a nuova disposizione”. Sbarcato a Gaeta era stato quindi portato a Roma in ambulanza percorrendo la via Appia. «Eravamo in tre - mi disse -. Franco Maugeri, (che era l'ufficiale comandante il servizio segreto della Marina italiana poi accusato di spionaggio), il colonnello Gardner ed io. Viaggiando avevamo la possibilità di osservare che cosa stava succedendo soltanto da un finestrino laterale. Man mano che ci avvicinavamo, si vedevano sempre più soldati tedeschi. La città appariva assolutamente normale, le strade erano tranquille. Siamo stati portati a Palazzo Caprara, dove avremmo dormito. L'incontro era fissato per il mattino seguente. Non ci aspettavamo questo programma, perché sapevamo bene quanto era urgente la nostra missione. Lo sbarco avrebbe dovuto avvenire soltanto due giorni dopo, il 9. Di conseguenza insistemmo perché il generale Badoglio ci ricevesse subito, in modo da discutere insieme la situazione. Non ci fu niente da fare. Anzi ci condussero in una sala dove troneggiava una tavola splendidamente preparata e ci servirono una cena pantagruelica fatta venire dal Grand Hotel. Pensi, c'erano perfino le crêpes Suzette! Carboni ci raggiunse dopo cena e noi dovevamo tentare di fargli capire la nostra grande fretta. Io insistei per vedere il primo ministro Badoglio. La visita venne finalmente concordata telefonicamente abbastanza in fretta. Salimmo su un'auto e attraversammo Roma per raggiungere la residenza del maresciallo». Il marchese del Sabotino, sconvolto per il brusco risveglio, si presentò in vestaglia da camera, anche se quelli dello S.M. avevano lottato perché si infilasse brache e giubba regolamentare (alla vigilia di grandi eventi Badoglio dormiva sempre lo aveva fatto anche a Caporetto). «Mi resi conto - disse Taylor - che non sapeva che entro quella giornata - ed erano ormai le due del mattino dell'8 settembre !!! - gli Alleati si aspettavano che annunciasse la cessazione delle ostilità». E. Biagi
   

Guariglia a sinistra con Ambrosio che parte da Roma

 

Acquarone

 

Giaccone csm Centauro a sinistra

   
  (segue)Guariglia intanto incontrava Ribbentrop “Ribbentrop mi chiese solennemente se gli potevo dare la mia parola che il governo italiano non stava trattando con gli alleati. Un solo istante di esitazione avrebbe potuto compromettere gravemente quanto avevo edificato in due ore. Per fortuna non fu così, e gli risposi subito, dichiarando di poter dare la mia parola; ma confesso di aver sentito a lungo nella mia coscienza il peso di quella menzogna, sebbene tentassi di attenuarlo con la riserva mentale che a Lisbona, si trattava soltanto di un'apertura da parte nostra. Ad ogni modo la mia coscienza è scaricata dall'antico adagio: salus Reipublicae suprema lex".

Alla rassicurazione [...] la guerra per noi continua nello spirito dell'alleanza" Hitler non aveva creduto. "Quella gente è ben costretta ad agire così, perché si tratta di un tradimento. Ma anche noi dal canto nostro continueremo a fare lo stesso gioco, preparando ogni cosa per mettere mano, con la rapidità del fulmine, su tutta quella cricca ed imprigionare l'intera banda. Manderò qualcuno laggiù ad arrestare il re, tutti quanti, soprattutto ad arrestare il principe ereditario. Badoglio in testa con la sua cricca. Vedrete allora che si sgonfieranno fino al midollo e nel giro di due o tre giorni ci sarà di nuovo un rovesciamento della situazione".
Le sfumature italiane purtroppo non facevano parte del bagaglio culturale anglosassone e meno che meno dei piani militari impostati da tempo che prevedevano accordi scritti e impegnativi anche con Stalin (questo gli italiani forse non lo sapevano). Non si poteva cambiare il corso di un conflitto deciso un anno prima. Ora si stava programmando lo sbarco in Normandia, si era già ben oltre il 43. Guariglia ritentava il 4 agosto a Tangeri, enclave spagnola in africa, in Marocco, dove bastava fare un fischio e si parlava con gli alleati. Il consigliere di legazione Berio doveva spiegare a un certo Gascoigne, ministro plenipotenziario inglese (assente) che "…gli Alleati avrebbero dovuto in primo luogo attenuare l'intensità dei bombardamenti sull'Italia onde rendere possibile al Maresciallo Badoglio di mantenere il fronte interno. Si auspicava seduta stante uno sbarco a scelta fra Francia del sud, Balcani, Civitavecchia, La Spezia, Livorno, Rimini con 15 divisioni" La risposta pungente diceva che gli attori dall’altre parte erano due e che praticamente l’Italia smettesse di cercare solo gli Inglesi:

     

Le seguenti condizioni di armistizio sono presentate dal generale Dwight D. Eisenhower, Generale Comandante delle Forze armate alleate, autorizzato dai Governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, e nell'interesse delle Nazioni Unite, e sono accettate dal Maresciallo Badoglio, Capo del Governo italiano.

Bonomi con la moglie

 

1) Immediata cessazione di ogni attività ostile da parte delle Forze Armate Italiane.
2) L'Italia farà ogni sforzo per sottrarre ai tedeschi tutti i mezzi che potrebbero essere adoperati contro le Nazioni Unite.
3) Tutti i prigionieri e gli internati delle Nazioni Unite saranno rilasciati immediatamente nelle mani del Comandante in Capo alleato e nessuno di essi dovrà essere trasferito in territorio tedesco.
4) Trasferimento immediato in quelle località che saranno designate dal Comandante in Capo alleato, della Flotta e dell'Aviazione italiane con i dettagli del disarmo che saranno fissati da lui.
5) Il Comandante in Capo alleato potrà requisire la marina mercantile italiana e usarla per le necessità del suo programma militare navale.
6) Resa immediata agli Alleati della Corsica e di tutto il territorio italiano sia delle isole che del Continente per quell'uso come basi di operazioni e per altri scopi che gli Alleati riterranno necessari.
7) Immediata garanzia del libero uso di tutti i campi di aviazione e dei porti navali in territorio italiano senza tener conto del progresso dell'evacuazione delle forze tedesche dal territorio italiano. Questi porti navali e campi di aviazione dovranno essere protetti dalle forze armate italiane finché questa funzione non sarà assunta dagli Alleati.
8) Tutte le forze armate italiane saranno richiamate e ritirate su territorio italiano da ogni partecipazione alla guerra da qualsiasi zona in cui siano attualmente impegnate.
9) Garanzia da parte del Governo italiano che, se necessario, impiegherà le sue forze armate per assicurare con celerità e precisione l'adempimento di tutte le condizioni di questo armistizio.

10) Il Comandante in Capo delle forze alleate si riserva il diritto di prendere qualsiasi provvedimento che egli riterrà necessario per proteggere gli interessi delle forze alleate per il proseguimento della guerra; e il Governo italiano s'impegna a prendere quelle misure amministrative e di altro carattere che il Comandante in Capo richiederà, e in particolare il Comandante in Capo stabilirà un Governo militare alleato su quelle parti del territorio italiano che egli giudicherà necessario nell'interesse delle Nazioni alleate.
11) Il Comandante in Capo delle forze armate alleate avrà il pieno diritto d'imporre misure di disarmo, smobilitazione e demilitarizzazione.
12) Altre condizioni di carattere politico, economico e finanziario a cui l'Italia dovrà conformarsi saranno trasmesse più tardi.  3 settembre 1943

FIRMATARI
Per il Maresciallo Pietro Badoglio Capo del Governo Italiano f.to GIUSEPPE CASTELLANO. Gen. di Brigata addetto al Comando Supremo Italiano - Per Dwight Eisenhower, generale dell'Esercito degli S.U.A (Usa), Comandante in Capo delle Forze Alleate f.to WALTER BEDELL SMITH, Magg. Gen. dell'Esercito degli S.U.A. Capo di Stato Maggiore.
PRESENTI
On. HAROLD MACMILLAN, Ministro Residente britannico presso il Quartier Generale delle Forze Alleate - ROBERT MUTPHY, rappresentante personale del Presidente degli Stati Uniti - ROYER DICK, Commodoro della Reale Marina britannica, Capo di Stato Maggiore del Comandante in Capo del Mediterraneo - LOWELL. W. ROOKS, Magg. Gen. dell'Esercito degli S.U.A. Sottocapo di Stato Maggiore, C-3, presso il Quartier Generale delle Forze Alleate - FRANCO MONTANARI, interprete ufficiale italiano - Brigadiere KENNETH STRONG, Sottocapo di Stato Maggiore, G-2, presso il Quartier Generale delle Forze Alleate.

STORIA DEGLI ARMISTIZI

   
“It is necessary that Marshal Badoglio understand that we cannot negotiate but require unconditional surrender. This means that the Italian Government must place, itself in the hands of the two Allied Governments which will later advice it of their terms. Call Signor (Signor scambiato per nome e non Mr Berio) Berio's attention to the fact that the Heads of the two Governments have already expressed their desire that Itay have a respected place in the new Europe as soon as the conflict is over and Gen. Eisenhower has already announced that the Italian prisoners in Tunisia and Sicily shall relesead subject to the release of all Allied prisoners”.   Il Signor Berio non avendo una delega a negoziare tornò a casa. Tornò a casa anche perché nel frattempo era giunto a Lisbona con un viaggio avventuroso Castellano. Per sicurezza Castellano aveva preso un treno che anziché passare per Modane, via Francia centrale costa atlantica Paesi baschi Portogallo fece Nizza-Barcellona-Madrid diretto. Viaggiava con un passaporto collettivo, sotto falso nome, mischiato a funzionari degli esteri e aveva in tasca solo una lettera dell'ambasciatore Osborne per il suo collega di Madrid. Il caso quindi volle che da Madrid passasse per il fortuito cambio di rotta. Deleghe e credenziali nessuna. A Madrid il treno restò fermo diverse ore e la possibilità di incontrare Hoare c’era ma lui non sapeva una parola di inglese !!!. la scelta per un interprete improvvisato cadde su un giovane funzionario che faceva parte del gruppo, l'allampanato Montanari, che da quel momento prenderà parte a tutte le trattative. Hoare il 15 agosto informa Londra dell’arrivo di Castellano o come si chiamava ora e assicura che gli farà trovare a Lisbona un negoziatore valido. Il viaggio di andata era durato 5 giorni !!!. Churchill ci tiene ad avvisare il Generale Alexander delle trattative in corso: "Siete senza dubbio al corrente degli approcci fatti dagli italiani e della nostra risposta (resa incondizionata). Il vostro maggior pericolo è che i tedeschi entrino a Roma e vi stabiliscano un governo fantoccio con Farinacci. Sarebbe altrettanto inquietante che tutta l'Italia scivolasse nell'anarchia. Dubito che il governo Badoglio possa mantenersi al potere sino al giorno fissato per il nostro attacco principale, e sarà quindi di grande aiuto tutto quello che potete fare per abbreviare questo periodo senza pregiudizio del successo militare".

 

appunto di Guariglia da leggere agli Alleati sic et simpliciter .!!!.«l'Italia potrà chiedere l'armistizio solo quando, in seguito a sbarchi degli alleati con contingenti sufficienti (le 15 divisioni) e in località adatte, cambiassero le attuali condizioni, oppure se gli alleati fossero in grado di determinare una diversa situazione militare in Europa»

  Proprio il 15 AGOSTO gli stati maggiori italiani e tedeschi si incontravano a Bologna facendo finta che nulla fosse successo e stesse succedendo. Questi tempi morti, questi silenzi, questi rifiuti non scoraggiavano Guariglia che spediva a raffica gente oltre frontiera. Toccava ora al senatore Alberto Pirelli recarsi in Svizzera e cercare un aggancio con gli alleati per il tramite dei nostri vicini neutrali che naturalmente declinarono l’invito (avevano il fiato dei tedeschi sul collo). A Lisbona intanto i giochi si complicavano, chiesero a Castellano di mettere le carte (credenziali) in tavola. Niente carte niente incontri. Montanari, l’italoamericano, riuscì a convincere gli alleati e a dare una nuova versione (immagine) protocollare della diplomazia italiana. L'incontro si svolse nella tarda sera del 19 agosto. Sono presenti, oltre a Campbell, l'incaricato d'affari americano Kennan e i generali Smith e Strong, il primo capo di Stato Maggiore e il secondo capo dell'lntelligence delle forze alleate in Mediterraneo. E' il generale Bedell Smith che prende la parola per leggere le condizioni di armistizio dettate all'Italia. Al generale Castellano, il quale dichiara di non aver alcun mandato per trattare l'armistizio ma soltanto il compito di far presente agli Alleati la situazione militare e politica dell'Italia, Smith risponde che l'ordine da lui ricevuto è quello di comunicare le condizioni di armistizio, le quali potevano essere accettate o respinte ma non discusse. «La misura nella quale le condizioni saranno modificate in favore dell'Italia dipenderà dall'entità dell'apporto dato dal governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra» A Castellano, a questo punto, non rimane altro che prendere atto della situazione e tornare a casa. L'accettazione da parte italiana deve avvenire entro il 30 agosto e comunicata per mezzo di una radio consegnata a Castellano. In caso di impossibilità, l'accettazione avrebbe dovuto essere notificata all'ambasciatore Osborne con un messaggio dal testo concordato. Nel caso poi di si, il generale Castellano si sarebbe dovuto trovare a Termini Imerese alle 9 del 31 agosto. Tutto bene ? No. Tempi morti, silenzi. Sotto l’incalzare dei bombardamenti e in assenza di notizie Guariglia, Carboni o Roatta spediscono a Lisbona il generale Zanussi (uomo di fiducia di Roatta). Zanussi arriva a Lisbona dopo che il suo collega era appena partito. La sua presenza non fa che acuire i sospetti degli Alleati che si chiedono quale sia il negoziatore giusto e quale la spia. Alla fine decidono di utilizzarlo consegnandogli il testo del «Long Armistice» avvisando che si tratta di un documento della massima importanza e differente da quello già consegnato a Castellano (Short Armistice). Zanussi anziché inviare il documento a Roma lo ripone nella borsa e gli italiani lo conosceranno (contestandolo pure) ad armistizio dichiarato .

Causa-effetto, la coda dell'eccidio delle Officine  Reggiane del 28 luglio

ll ten. Loldi Luciano, ufficiale dei bersaglieri si era sposato l'8 settembre 1943 e dopo alcuni giorni in cui era rimasto nascosto era stato catturato a Reggio E.dai tedeschi per inadempienza alla leva. Messo in libertà per la parola dei suoi superiori, se ne tornò all'insegnamento (disegno, discreto pittore) col nuovo anno scolastico. Evitare la chiamata di leva si poteva se qualcuno dichiarava che la tua attività civile era strategica. La sua non lo era. Riprese servizio con l'esercito repubblichino, stazionando sempre in città a Reggio. Una sera del gennaio '44 (17) mentre tornava da una mostra personale venne colpito alle spalle. La morte isolata fece pensare a un agguato premeditato e tale fu rivendicato dai partigiani come condanna per aver comandato il plotone del 28 luglio.

  Il 27 agosto Castellano ritorna a Roma e riferisce a Badoglio i risultati della sua missione. Il 28 e il 29 sono due giorni di febbrili riunioni, ma nessuno, neanche il re, vuole assumersi la responsabilità di una decisione. Finalmente, la mattina del 30, comunicano a Castellano di partire e gli consegnano un appunto di Guariglia da leggere agli Alleati sic et simpliciter .!!!.«l'Italia potrà chiedere l'armistizio solo quando, in seguito a sbarchi degli alleati con contingenti sufficienti (le 15 divisioni) e in località adatte, cambiassero le attuali condizioni, oppure se gli alleati fossero in grado di determinare una diversa situazione militare in Europa»  Pur dando per disinformati gli italiani, gli alleati pensano che facciamo i furbi e ci tengono a rispondere subito che se avevano 15 divisioni l’offerta di armistizio neanche la facevano. Quando infatti Castellano si accinge a leggere l'appunto di Guariglia, Bedell Smith lo interrompe replicando che il governo italiano deve respingere o accettare le condizioni di armistizio cosi come sono; se le accetta, deve dichiarare la fine delle ostilità contemporaneamente allo sbarco principale degli Alleati. Se non accetta le condizioni, il governo italiano non avrà in avvenire più alcuna possibilità di trattare con i militari e di concludere quindi un armistizio. L’unica porta che viene tenuta aperta nelle concessioni è la famosa 82a su Roma. Su questa base si chiude la riunione, rimanendo d'accordo che l'accettazione italiana deve essere comunicata per radio entro la mezzanotte del 1 settembre. Castellano ritorna a Roma e riferisce ancora a Badoglio che telegrafa l’accettazione. Il 2 settembre Castellano arriva a Cassibile. Ha la delega ? No. Ma non basta il telegramma ?. Smith prepara il testo di un telegramma da inviare a Roma a firma Castellano, per chiedere l’autorizzazione e avvertire che senza la risposta le trattative si chiudevano li. Soliti tempi morti, silenzi; il 3 mattina un agitato Castellano invia un secondo telegramma. Arriva, finalmente, un radiogramma di Badoglio, che conferma il telegramma del 1 settembre. Gli Alleati sono ormai certi che a Roma si sta ciurlando nel manico, ma per fortuna arriva un secondo telegramma, con copia a Osborne, di Badoglio che autorizza/delega Castellano a firmare. Il 3 settembre, alle ore 17,30, viene firmato a Cassibile lo “Short Military Armistice”. http://www.ibiblio.org/pha/war.term/093_01.html l’armistizio in lingua originale con l’allegato del Long Armistice. Castellano chiede irritato di cosa si tratti, ma Smith gli comunica che il documento era stato consegnato già da tempo a Zanussi. Altra figuraccia. Tuttavia precisa che tali clausole hanno un valore relativo qualora l'Italia collabori con le Nazioni Unite nella guerra contro i tedeschi. A questo punto Castellano vuole solo sapere dove avverrà lo sbarco e di che entità sarà. Va bene la fiducia, la simpatia e ora l’amicizia, ma dire a simili persone dell’imminente sbarco a Salerno era come parlarne al lavatoio (in Emilia si dice Radio bugadera). Gli storici militari sostengono che gli italiani sapendo del raggio di portata dei caccia usa, potevano benissimo determinare in quale località sarebbero sbarcati, tra Salerno ed Eboli. La ricognizione dava da giorni naviglio in viaggio. Quando sarebbe avvenuto lo sbarco principale? Smith, forse per non sentirsi rivolgere altre domande da Castellano, avrebbe dichiarato «entro due settimane». Castellano allora precisa a Roma non prima del 12 !!. Tutti a Roma si scrivono nei taccuini quella data, mancano ancora 10 giorni, c’è tempo; "andiamo a cena s'è fatto tardi". Roatta, quando i tedeschi il pomeriggio dell’8 gli chiedono conferma dell’armistizio, dice che è una manovra americana per mettere in cattiva luce gli italiani. Il 6 settembre i servizi della ricognizione strategica informavano che ingenti convogli navali alleati si radunavano a nord di Palermo. Anche un profano avrebbe capito che non si sarebbe esposto un naviglio cosi numeroso per lungo tempo alle minacce delle incursioni aree. http://www.centrostudiluccini.it/attivita/resistenza/pdf/marchesi.pdf

Subito dopo la liberazione la moglie Ornella va a parlare con Valdo Magnani, segretario del PCI con le prove che in quella data il marito era in servizio a Cremona. Magnani si scusa per l'errore commesso "In guerra gli errori si commettono". La rettifica però non venne pubblicata, gli organi di stampa locali  molto democratici boicottarono la cosa "come lei potrebbero insorgere altre mogli e madri, non si può far promotrice di questo". Anche un operaio delle officine, Guidotti, che aveva visto in faccia il comandante del plotone del 28 luglio, non lo riconobbe nella foto di Loldi. Altre conferme non spostarono di un millimetro il corso dei fatti  (Gazzetta Reggio 28 luglio 2003)

I Caduti delle Reggiane (Antonio Artioli, Vincenzo Bellocchi, Eugenio Fava, Nello Ferretti, Armando Grisendi, Gino Menozzi, Osvaldo Notari e Domenica Secchi) e decine di altri riportarono ferite o lesioni causate dal panico.

  Il 28 luglio 1943, tre giorni dal 25, un giorno dalla circolare. Nessuno aveva ben chiaro cosa sarebbe successo con la frase “…la guerra continua a fianco dell’alleato tedesco… gelosa custode delle sue tradizioni millenarie…”. Il direttore delle Reggiane Ferruccio Bellelli aveva consigliato i suoi dipendenti di non lasciarsi andare a gesti inconsulti e di fare attenzione, perché tedeschi e badogliani rimanevano comunque padroni della situazione e non avrebbero consentito lo scatenarsi di tumulti e manifestazioni. Convinta invece che la parte del messaggio che assicurava la continuazione della guerra non fosse che un espediente per poter guadagnare tempo per un armistizio, la popolazione inscenò numerose manifestazioni a favore della pace in tutto il Paese. Operai, tecnici, ed impiegati delle Reggiane quella mattina avevano però in mente una precisa idea: quella di lasciare lo stabilimento e sfilare per le vie cittadine chiedendo la fine della guerra. In pochi istanti la notizia si sparse per tutta la fabbrica e varcò i confini della stessa. Il piccolo gruppetto iniziale divenne ben presto una nutrita rappresentanza fino a comprendere forse cinquemila uomini e donne che si presentarono all’uscita inneggiando alla pace e innalzando bandiere tricolori e ritratti di Vittorio Emanuele III. Le testimonianze di chi era presente all’eccidio non hanno consentito di chiarire definitivamente chi furono i primi ad aprire il fuoco: se le guardie giurate della fabbrica o un plotone di bersaglieri del deposito del 12° in servizio di ordine pubblico. Secondo quanto racconta Sergio Malinverni, uno dei bersaglieri presenti quel giorno alle Reggiane, il tenente che comandava il reparto perse il controllo della situazione quando udì alcuni colpi di pistola provenire dall’interno dello stabilimento (le guardie private?) e, forse temendo di essere attaccato dai “ribelli”, ordinò il fuoco (Adorno Stazzoni, sindaco socialista, dichiarò poi di aver incontrato costui a Tarnevitz in un campo di prigionia nel 1945). ...... Si forma un corteo diretto ad uno dei cancelli per uscire, ma qui un reparto di bersaglieri blocca il varco. I lavoratori proseguono nel cammino, ma l’ufficiale che comanda i militari ordina ai soldati il puntat-arm, e visto che il corteo prosegue, ordina ancora: fuoco! Le armi però tacciono, i bersaglieri si rifiutano di sparare sui loro fratelli inermi. L’ufficiale,un tenente, afferra allora l’impugnatura della mitragliatrice accanto, canna ad alzo zero,fa partire una lunga raffica. La massa dei lavoratori si sbanda, nove di essi giacciono sull’asfalto privi di vita, un’altra cinquantina restano feriti. (Da Argento Vivo Mensile del sindacato dei pensionati Cgil del gennaio 2006).