LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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25 LUGLIO 1943

la caduta del fascismo

PREMESSA

 

E’ opinione di molti, che non seguono regolarmente la storia e di altri che basano il loro aggiornamento solo su alcune fonti mediatiche (o pubblicistica di partito come la Rai), che la caduta del fascismo sia arrivata come un fulmine a ciel sereno quella notte del 24 luglio 1943. Non è andata così e difficilmente andrà mai così, (vedi recentemente prima repubblica, i cadaveri si decompongono col tempo) con repentini cambi di fronte dalla sera alla mattina. Che il fascismo fosse agli sgoccioli lo avevano intuito tutti perfino gli stessi fascisti. Da Casa Reale e dall’esercito monarchico c’era da mesi la fronda, se non da anni. All’interno dello stesso PNF le correnti (i Ras), nonostante le correzioni (cacciati i tiepidi in febbraio: via dagli Esteri Ciano che va in Vaticano come ambasciatore, via Grandi dalla Giustizia, via Bottai dalla Educazione. Cianetti sostituisce poi Ricci alle Corporazioni e Pareschi va alla Agricoltura) andavano in tutte le direzioni. El Alamein era stato lo spartiacque, prima ancora che cadesse Tripoli (gennaio 43) e si concretasse la fine del sogno coloniale italiano dopo 58 anni. Contatti fra la futura regina e il vaticano (è Mons. Montini che mette in contatto Maria Josè con gli alleati tramite gli 'osservatori' Usa in Vaticano), fra la regina e i vecchi partiti antifascisti si intensificavano tanto che lo stesso Rommel, ormai esperto di cose italiane, ne aveva presagito l’evoluzione già dal novembre 42 in una lettera alla moglie (a sinistra sotto). Ma una cosa era certa la soluzione della crisi passava solo e sempre da Casa Reale. La corona avrebbe fatto un colpo di stato coi fascisti dissidenti, come Grandi o il PNF gli avrebbe riportato spontaneamente il paese su un piatto sbeccato?. Altre soluzioni, come quella repubblicana di una sollevazione popolare, o il ripristino "sic et simpliciter" dello status quo ante marcia su Roma erano per il momento totalmente inattuabili. Maria Josè, che riceveva reprimende in famiglia, continuava ad avere delle amicizie considerate pericolose. Estrosa, forte di carattere era però pronta a rintuzzare gli attacchi (anche dal suocero oltre che dal marito molliccio) che in un modo o nell'altro le venivano o le erano stati inferti nel corso della sua vita italiana,  in pace e in guerra, nella buona e nella cattiva sorte come figlia del Re del Belgio. Nel 43 (dopo l’ultima maternità) i suoi contatti (mediatore il presidente del Portogallo, Oliveira Salazar) la portano a trattare anche con gli Americani. Le sue iniziative scatenano questa volta le ire del Re che le intima di non occuparsi più di politica e di lasciare Roma insieme ai  figli. I tedeschi la troveranno in Piemonte ma lei riesce a riparare salva in Svizzera.

Dal diario di ROMMEL -14/11/42 - alla moglie (estratto): "Da Roma ci sono giunte preoccupanti notizie sulla situazione italiana. Al Comando Supremo italiano l'atmosfera è oscillante, grigia e gravida di elettricità. Le ostilità contro di noi aumentano. Si teme, negli ambiente della Corte vi siano correnti che premono sul Re d'Italia perché prenda in mano la situazione interna italiana e limiti l'autorità del Primo Ministro (Mussolini). Voci darebbero sicuro al nostro servizio informazioni che la Principessa ereditaria, MARIA JOSE', abbia avuto, tramite una sua amica francese, dei contatti con diplomatici americani ed inglesi in Svizzera per una pace separata. Sarebbe mostruoso!" ...."Il Maresciallo Cavallero, capo del Comando Supremo italiano sarebbe stato silurato "per ordine del Re d'Italia" . "Non mi mandano rinforzi. Ma come potremo vincere questa guerra se perdiamo qui in Africa? "   Convegno di Feltre - 19 luglio 1943 Incontro fra Hitler e Mussolini

(villa del senatore Gaggia, San Fermo, a 7 chilometri da Belluno)
Già dal 13 luglio il sottosegretario agli esteri Bastianini aveva contattato in Vaticano il segretario di stato con lo scopo di inviare a Londra un messaggio. Da Londra la risposta non tarda a venire. Un lancio di manifestini alla vigilia dell'incontro con Hitler invita gli italiani a rovesciare il regime (ma il giorno dopo al posto dei volantini arrivano le bombe). Nei piani di casa reale il colpo di stato si poteva fare con Mussolini assente e il 19 luglio l’occasione era buona, ma nessuno aveva messo mano al progetto dopo mesi di chiacchiere. Mussolini stesso era stanco della guerra e dei rovesci che si era procurato inseguendo il “matto”. Mussolini stava per chiedere personalmente a Hitler di uscire dal conflitto, con una delle sue lunghe lettere in cui sperava di mettere tutto lo sfinimento del paese, quando Hitler lo precedette. Non restava che parlargli de visu, cosa oltremodo difficile, vista la verbosità del Fuhrer. Ambrosio si era raccomandato «la situazione è disperata, bisogna far qualcosa per impedire al paese di precipitare nell’abisso, Voi che siete amico del Führer cercate di fargli capire le nostre ragioni, noi dobbiamo sganciarci e pensare ai fatti nostri». Hitler non lo fece parlare, come al solito partiva in quarta e chi lo fermava più. Alla prima riunione del mattino iniziò a parlare alle 10 e solo il gong del pranzo lo distolse un attimo dal suo concione. Mentre i militari italiani e tedeschi sedevano ad una tavola comune, Mussolini ed Hitler mangiarono da soli in una saletta conversando in tedesco. Qui Hitler fece quello che in altre circostanze probabilmente non avrebbe mai azzardato: rivelò ad un Mussolini, certamente stupefatto, l’intero panorama delle armi nuove, armi magiche, risolutive
(Dieci giorni prima Von Braun aveva testato con successo la prima V2 alla presenza di Himmler). Hitler aveva però dimenticato di dirgli che in Russia la battaglia scatenata a Kursk, detta anche operazione Cittadella, con 2 milioni di soldati in campo, oltre 5.000 carri armati e 2.000 aerei si era messa al peggio. Mussolini, prima di pranzo, venne raggiunto dalla notizia che gli americani avevano bombardato lo scalo ferroviario di S. Lorenzo a Roma con molte vittime. Mussolini, come al solito tergiversa e si limita a chiedere una maggior presenza tedesca in Italia (visto che siamo sotto attacco da 10 giorni !!!!) anche se l'impegno e la strategia dei tedeschi non prevede un rafforzamento di settore (non hanno uomini, dice lui, impegnati tutti in Russia a far muro contro i sovietici: manderà quello che può per frenare gli Angloamericani).

     
Il 26 marzo 1943 Dino Grandi andò a trovarlo (Mussolini) per ricordargli i momenti difficili che il paese stava vivendo; lo trovò come di consueto al tavolo di lavoro nella sala del Mappamondo a palazzo Venezia: "Ha il viso pallido, quasi terreo; profondi solchi sulle guance denunciano la sua tempesta interiore. Sento una grande pena per quest'uomo di indiscutibile grandezza, di indiscusso e quasi patologico amore per la patria, ormai prigioniero del suo demone interiore. Il suo amore per l'Italia si è confuso a poco a poco, inconsapevolmente, colla sua ambizione di dittatore e coll'assurdo sogno di diventare una specie di pontefice di una ancora più assurda palingenesi europea. Tutto ciò gli ha fatto perdere il senso delle proporzioni e commettere dapprima l'errore imperdonabile di avere ucciso il fascismo trasformandolo in un cesarismo da basso impero, in seguito l'errore tragico e irrimediabile di schierarsi in guerra a fianco della Germania nazista, gettando il paese in uno spaventoso conflitto da cui l'Italia non potrà uscire se non vinta ovvero schiava del suo potente alleato. Mussolini non può fare a meno di rendersi conto che le sorti della guerra sono ormai segnate, che colla sconfitta dell'Italia è in gioco la stessa nostra unità nazionale, che l'esercito è stanco di combattere una guerra non sua, che il popolo italiano, il quale per venti anni ha idolatrato a lui abbandonandosi colla cieca fiducia di un amante, non lo segue più e già si intravedono i segni di un doloroso rancore di chi si sente tradito. E' un rancore che può scoppiare improvvisamente con conseguenze incalcolabili, coinvolgendo non soltanto le sorti di un regime, ma altresì la vita della nazione. Si renderà conto Mussolini che i regimi politici, qualunque essi siano, sono transeunti nella vita di una nazione e che il dovere di un patriota è quello di salvare la nazione, sacrificando se stessi ed altresì le sorti del regime?. ..."  http://www.pioxii.150m.com/index.htm 
     

 

De Felice così commenta " la spiegazione di fondo del suo comportamento a Feltre, il suo subire in silenzio la requisitoria di Hitler, e infine accettare nuove truppe in Italia era per prendere tempo". " E' difficile credere che Mussolini si illudesse di poter convincere Hitler con l'idea di un negoziato di pace (gia fallita quando voleva convincerlo a chiudere coi Russi) o di lasciar libera l'Italia di trattare la propria fuoriuscita dalla guerra, sicché il fatto che non abbia sollevato questa questione non può certo meravigliare. Ma soprattutto voleva guadagnare tempo per trovare il modo per sganciarsi (e c'era qualcuno che stava attivandosi) senza correre il rischio di essere estromesso politicamente (sapeva benissimo cosa bolliva in pentola a Roma), o di mettere talmente in allarme i tedeschi da indurli ad anticipare i tempi per occupare l'Italia. E avendo bisogno di guadagnar tempo l'unica cosa da fare era rassicurare Hitler sulla propria fedeltà e ottenere da lui quegli aiuti che aveva chiesto ma che sapeva benissimo che Hitler non gli avrebbe dato"

Lunedì 19/7/43 alle 10,45 comparvero nel cielo di Roma decine di Bombardieri (321 B-25 e B-26). Secondo il metodo dell’“area bombing, a saturazione", primo violento passaggio a cui ne seguirono altri fino alle 14,30. Dai quartieri Tiburtino a quelli di San Lorenzo, della Prenestina e della Tuscolana: 3.500 morti ca. Lo scalo merci di San Lorenzo costituisce la quarta-quinta parte della superficie dell’area bombing saturata. Tutti gli americani furono orgogliosi dei loro piloti e fecero una gran festa! Euforia negli ambienti militari; dissero che era stato un "bombardamento di successo". (avevano promesso che non l'avrebbero mai fatto né a Roma, né a Firenze, né a Venezia, e neppure ad Assisi). Così i titoli dei giornali. (682 tonnellate di bombe).

« Discendendo la scalinata di villa Savoia (parla Mussolini), fui sorpreso di non trovare la mia macchina ad attendermi. Con il pretesto che l'udienza si sarebbe protratta a lungo (era stata brevissima) e che occorreva lasciare libero il piazzale, essa era stata avviata in un viale adiacente. « Mi arrestai a metà dello scalone e chiesi al maggiordomo di Casa reale di far avanzare la mia vettura. Nello stesso istante sopraggiungeva una autoambulanza della Croce Rossa. Un colonnello dei carabinieri, staccandosi da un plotone formato da ufficiali e da militi, mi si avvicinò: « Eccellenza - mi disse - vi prego salire nell'autoambulanza. Sorpreso, protestai. Il colonnello rispose che quello era l'ordine. « Devo proteggere la vostra vita, eccellenza - soggiunse, manifestamente astenendosi di usare il termine duce. - Quindi intendo eseguire l'ordine ricevuto. Compresi di essere caduto in una trappola. Ma non c'era nulla da fare. Bisognava inchinarsi davanti alla forza. Salii dunque sull'autoambulanza: lercia, ve lo assicuro. Non vi nascondo che in quel momento malignamente pensai che i traditori intendessero in tal modo offendermi, adeguando secondo loro il contenente al contenuto. Con me salirono il colonnello, due carabinieri in borghese e due in divisa. Tutti armati di fucile mitragliatore. L'autoambulanza partì a strappo e attraversò i quartieri di Roma a tale andatura, che ad un certo momento pregai l'ufficiale di dar l'ordine di moderare la corsa.
« Qui finiremo con l'investire qualche disgraziato e con lo sfasciarci contro un muro" - dissi.
« Ci arrestammo nel cortile della caserma Podgora dei carabinieri, in via Quintino Sella. Fui fatto scendere e sostare per circa un'ora, strettamente sorvegliato, nella stanza attigua al corpo di guardia. Alla mia richiesta di spiegazioni, l'ufficiale che mi aveva accompagnato rispose: - E' stato necessario prendere delle misure per proteggervi dal furore popolare. Bisognerà far perdere le vostre tracce ».

Il 25 luglio 1943 mentre tanti gerarchi si danno alla fuga, o si mimetizzano, la Milizia continua ad esistere come parte integrante delle Forze Armate. Non ci fu da parte dei Miliziani alcun gesto di rivolta. Alcuni storici interpretano ciò come reazione di una istituzione, Guardiana della rivoluzione, che si era nel tempo trasformata in corpo dello Stato, Volente o Nolente. Galbiati Capo di Stato Maggiore della Milizia il 26 inviò un telegramma a Badoglio

“..la MVSN .. rimane fedele al sacro principio di servire la Patria”

Nel settembre del 1944 il comandante della Divisione "M",  Lusana, scrisse un  memoriale a Mussolini sostenendo che il mancato intervento della propria unità era stato causato dalla presenza in zona della divisione corazzata "Ariete" che aveva costituito già la sera del 23 luglio, forse in vista di imminenti e importanti avvenimenti politici, un posto di blocco sulla Cassia in località La Storta. L’azione della divisione della Milizia fu però bloccata soprattutto all'ordine ricevuto  da parte del generale Galbiati. I militi sotto il nome provvisorio di Legionari si tolgono dal bavero i "fascetti" e li sostituiscono con le stellette numerando le legioni coi reggimentali di fanteria

 

"Colpita Roma!", "Roma Brucia!"
Eisenhower era stato esplicito con i suoi piloti:
"se per salvare un solo uomo americano dovete buttar giù il Colosseo, buttatelo pure giù"

RIUNIONE DEL GRAN CONSIGLIO

Carlo Scorza, segretario del partito da pochi mesi, aveva richiesto già dal 16, per parare eventuali imboscate al capo, la convocazione del Gran Consiglio (non si riuniva da dicembre del 39). Il suo ordine del giorno, se approvato, finiva politicamente a tarallucci e vino. Quello pseudoantagonista (odg) di Farinacci finiva per scaricare sul Re, il futuro bellico e alla fine non cambiava niente. Uno leggermente più incisivo, come dice lo stesso Grandi, firmato da lui e dai camerati: Federzoni, De Bono, De Vecchi, De Marsico, Acerbo, Pareschi, Cianetti, Ciano, Balella, Gottardi, Bignardi, De Stefani, Rossoni, Bottai, Marinelli, Alfieri, Bastianini (ma niente di eccezionale, tanto che non volevano neanche Ciano fra i firmatari perchè genero del Duce). Base univoca di tutti una dura critica al metodo, al sistema (e ai risultati) di Governo ed alla esautorazione del Consiglio (anche se consultivo erano 4 anni che non si riuniva). Il 22 Mussolini riceve Dino Grandi, che gli prospetta i contenuti del suo odg per la prossima seduta di Consiglio. Mussolini sta ricevendo Kesselring e a Grandi dedica solo un quarto d'ora. Su ordine di Mussolini la convocazione è fissata per sabato, 24 luglio. Mussolini spera nella vittoria di uno dei primi due odg per uscirne alla meno peggio, anche affiancandosi a Casa Reale in attesa di eventi. Ma via dal partito no, non poteva esistere un altro a capo del Partito Fascista. Grandi ha tenuto ad avvisare il Re della certezza della sua vittoria e lo prega di tenersi pronto. L'ordine del giorno Grandi che portava un'aperta sfiducia al capo del governo con la richiesta alla corona di subentrare in tutte le prerogative costituzionali, ante regime, fu votato da diciannove presenti con soli sette voti contrari. Alle tre del mattino del 25 si chiudeva la 187a seduta. Gran consiglio è, e gran consiglio rimane quando Mussolini, incassata la raccomandazione, si ripromette di conferire col Re all'indomani. E’ disposto anche ad un rimpasto, ma si vedrà. Intanto va a dormire mentre il popolo nero si spacca. Alle diciassette di quella domenica, quando il Re lo riceve (mentre Mussolini fa il suo ingresso a Villa Savoia 200 carabinieri circondano l'edificio e un'ambulanza della Croce Rossa è pronta per caricarlo), si sente dire " Caro Duce le cose non vanno più..." dapprima esitante poi via via più duro man mano che vedeva l'altro cedere, rinfacciò al suo "ex" primo ministro la condotta della guerra, e tutte le umiliazioni piccole e grandi che la Corona aveva dovuto subire e conclude " Ho pensato che l'uomo della situazione in questo momento è ..". Le relazioni e le versioni su questo colloquio, e su tutto quello che successe in quei giorni, sono varie e variegate a seconda di chi le scrisse come quelle messe in bocca a Mussolini "Voi prendete una decisione di una gravità estrema, provocare una crisi in questo momento significa far credere al popolo che la pace è in vista, dal momento che si è allontanato l'uomo che ha dichiarato la guerra". "Se i soldati, alpini o no (Circolava una canzone che lui ben conosceva dopo la ritirata di Russia che diceva "Abbasso Mussolini assassino degli alpini") non vogliono più fare la guerra per Mussolini, non ha importanza, purché siano disposti a farla per Voi". Licenziato con tutte le garanzie sulla sua sicurezza personale e famigliare, Mussolini scende dopo solo 20 minuti lo scalone di palazzo e a metà gli si fa incontro un tenente dei carabinieri Paolo Vigneti (all'operazione parteciparono anche il Generale Angelo Cerica. il Tenente Colonnello Giovanni Frignani, Comandante del Gruppo interno di Roma, il Maggiore Ugo De Carolis, a disposizione della Legione di Roma ed il capitano Raffaele Aversa, comandante la Compagnia di Roma-Tribunali. (De Carolis, Frignani, Aversa pagheranno con la vita, alle Fosse Ardeatine)) che lo arresta. http://www.romacivica.net/anpiroma/FASCISMO/fascismo10h.htm DIARIO DI GRANDI

Sul diario personale di Maria Josè si legge: "25 luglio 1943. Il Gran Consiglio finì alle due e mezza di questa mattina. Dopo lunga, violenta discussione, ha preso la decisione di allontanare Mussolini e di sciogliere il Partito fascista. Coloro che hanno sostenuto questa tesi sono stati Grandi, Bottai, De Vecchi e De Bono. Alle 17 il Duce è stato ricevuto dal re a Villa Savoia (ora Villa Ada). All'uscita un capitano (tenente) dei carabinieri lo ha invitato, per la sua sicurezza, a seguirlo in un'autoambulanza che è partita per ignota destinazione...". "Ricordo che, da una finestra del Quirinale, assistetti con una certa tristezza alle manifestazioni di gioia inconsulta della folla. La gente buttava giù le statue e i busti di Mussolini, i fasci littori, le aquile e tutte le insegne del regime. Pensai alla crudeltà della storia coi suoi corsi e ricorsi: soltanto ieri lo avevano osannato, ora lo condannavano furiosamente" (ib. pp. 259-260).http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=627   

Proclama del Re
Italiani, Assumo da oggi il comando di tutte le forze armate. Nell'ora solenne che incombe sui destini della Patria ognuna riprenda il suo posto di dovere, di fede e di combattimento: nessuna deviazione deve essere tollerata, nessuna recriminazione può essere consentita. Ogni italiano si inchini dinanzi alle gravi ferite che hanno lacerato il sacro suolo della Patria. L'Italia, per il valore delle sue Forze Armate, per la decisa volontà di tutti i cittadini, ritroverà, nel rispetto delle istituzioni che ne hanno sempre confortata l'ascesa, la via della riscossa. Italiani, Sono oggi più che mai indissolubilmente unito a Voi dall'incrollabile fede nell'immortalità della Patria.
25 luglio 1943 - Vittorio Emanuele III

 

Mussolini e Hitler a Feltre

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Governo_Mussolini#Guerra  governi Mussolini

Quando Grandi chiede la parola i Russi hanno liquidato i resti dell'esercito tedesco in Russia. Stalin in un messaggio ai generali Rokossovskij, Vatutin e Popov, si esalta “la liquidazione finale della offensiva estiva tedesca”, ricordando che nei settori di Orel-Kursk e di Belgorod, a sud del saliente, i tedeschi avevano concentrato 37 divisioni, di cui 17 corazzate e 2 motorizzate e 18 divisioni di fanteria. i Tedeschi hanno avuto 70 mila morti e perduto 2900 carri armati, 195 smv. Ferdinand, 844 pezzi d’artiglieria, 5000 automezzi e 1392 aerei.

Le cifre relative ai carri armati e agli aerei distrutti devono essere giudicate un po eccessive; ma è certo che dopo la guerra i generali tedeschi ammetteranno di aver sacrificato il meglio della Wehrmacht e perduta la superiorità aerea a causa della nefasta operazione “Cittadella”. La situazione in Sicilia, nel suo piccolo, non è da meno.

erano le tre di mattina del 25 luglio: "Signori, con questo ordine del giorno avete aperto la crisi del regime"

E aggiunse Grandi, riferendosi a un vecchio discorso di Mussolini del 1924

 "Periscano le fazioni, perisca anche la nostra, purché viva la nazione". E' giunto il momento di far perire la fazione"

Al voto l'odg di Farinacci ebbe il suo solo voto, quello di Grandi 19 si contro 7 no e un'astensione.

  Ma facciamo un passo indietro. A Roma era vigilia di festa, di scampagnata, anche se in sordina dopo le bombe a San Lorenzo. Pochi sapevano della riunione e pochissimi di quello che stava per accadere. Ma il tramestio, macchine e luci accese, a Palazzo Venezia era intenso come non mai e il passaparola aveva ormai raggiunto (come diceva Rommel a Roma un segreto dura poco) anche le borgate e tutti erano incollati alla radio, sicuri di sentire la notizia. Dire che i tedeschi intuissero è sbagliato, perchè loro sapevano tutto (non il risultato naturalmente) dall'inizio. Il 22, come dice Grandi nelle sue memorie..Nell'anticamera della sala del Mappamondo incontrai il maresciallo Kesserling per il quale il Duce aveva riservato un colloquio di un'ora. Al di là delle assicurazioni i tedeschi si sarebbero aspettati un comportamento conforme. Non sarebbero mai intervenuti in via preventiva: anche Hitler, non sembra, rispettava un certo formalismo politico, specialmente con un alleato in difficoltà. 
Sahariana nera, pantaloni grigioverdi: alle 17,30, la sala del pappagallo di Palazzo Venezia era già affollata, In piedi, lungo il tavolo, ai rispettivi scranni stavano tutti i componenti del Gran Consiglio. Il Duce incominciò a parlare per primo:

« la Storia di questa convocazione è nota », egli aveva detto. “Ho aderito alla richiesta di alcuni camerati che erano stati convocati dal segretario del Partito per un ciclo di discorsi di propaganda. Questi camerati hanno ritenuto di dover esporre a me personalmente il loro punto di vista sull’attuale situazione del paese. In tale occasione fu avanzata l’idea della riunione del Gran Consiglio. Nel momento che attraversiamo, questa seduta acquista una particolare importanza. Occorre perciò parlarsi chiaro ed esplicito. E’ altresì indispensabile che ciascuno assuma le proprie responsabilità Non ci nascondiamo che il paese guarda con vivissima attenzione a quanto sta per avvenire in questa sala….” Parlava lento fissando in volto i traditori e gli amici e di nuovo i traditori. Sapeva che la nazione si aspettava molto da questa riunione “…sono certo che non vorrete limitare l’importanza di questo Gran Consiglio al solo esame della situazione militare o di quella interna. Penso che il Gran Consiglio debba porsi questo problema: guerra o pace ? resistenza o capitolazione ?  da questo Gran Consiglio potrà uscire la parola che la Nazione in questo momento attende.....

Silenzio di tomba al termine e evidente imbarazzo. Ma tutto rifermenta quando il vecchio soldato De Bono, offeso per i riferimenti ai vigliacchi (aveva appena accennato al comportamento dei soldati in Sicilia) gli rinfaccia l’assoluta mancanza di un piano e dei mezzi per difendere la patria. Tanto valeva chiuderla qui. Bottai poi  gli si scaglia contro dandogli dell’incapace. Quando prese la parola Grandi (Presidente della camera dei Fasci e delle Corporazioni) chiese senza mezzi termini di votare il suo odg per ripristinare le prerogative costituzionali sospese ...  e passare al Re anche la decisione di una eventuale uscita dal conflitto..... . invita il Capo del Governo a pregare la Maestà del Re, verso la quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la nazione, affinché egli voglia, per l'onore e la salvezza della Patria, assumere, con l'effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare e dell'aria, secondo l'articolo 5 dello statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a lui attribuiscono e che sono sempre state, in tutta la nostra storia nazionale, il retaggio della nostra augusta dinastia Savoia. e così concludeva .... tutti gli italiani di qualsiasi fede politica, fascisti e antifascisti, non più separati dalle odiose discriminazioni che la dittatura ha operato, potranno raccogliersi attorno al “Re Soldato”, “simbolo di unità e di concordia nazionale”.

 - Sta bene. Mi pare che basti. Possiamo andare. Voi avete provocato la crisi del regime. La seduta è tolta -