I BERSAGLIERI
dello "ZARA"
Da Oddone Talpo
“..per la rarefazione dei generi alimentari cominciava a pesare la propaganda tanto dei comunisti che dei paveliciani. Si trattava d’una inquietante confluenza di due movimenti…antitetici che finirono in più momenti per intendersi. ...
dopo l’inizio della campagna di Russia attraverso una fase di attentati ed imboscate sarebbero
passati all’azione armata…”.
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Ad esclusione
dei ribelli di D'Annunzio a Fiume nelle coste della Dalmazia aveva
prestato servizio l'11° reggimento e il XVIII Btg del 3° sulle isole di
Cherso, Veglia (Krk) e Lussinpiccolo nel 1919/20/21. Le compagnie di
Veglia però all'arrivo di D'Annunzio avrebbero optato per la rivolta. A
Zara invece, italiana dal 1920, stazionò il XXV Btg del 3° dal 1923 al
1925. La partenza di questo reparto fece insorgere nella cittadinanza la
richiesta di avere un reparto organico che venne individuato a partire
dal 1929 nel 9° reggimento del Col. Messe con caserme a Porta
Terraferma, Vitt. Eman. III parco Regina Elena e comando a Caserma Papa.
Nel 1936 il reggimento lasciò Zara per quello che in quel momento veniva
considerato confine caldo, il confine Austrotedesco. Alcuni elementi
lasciati in loco contribuirono a costituire una unità autonoma
denominata "Battaglione Bersaglieri Zara" dal febbraio 1936 dipendente
dal comando "Truppe Zara" formato da unità diverse non elevate a livello
divisione. Qui la
guerra contro la Jugoslavia, coda di quella albanese, era quindi durata
pochi giorni (10) dall'uscita dei reparti dalle caserme, pochi per saggiare un nemico che non tarderà a disvelarsi
soto mentite spoglie e altrettanto pochi per sapere se il nostro apparato politico-militare avrebbe retto ai nuovi eventi che si apprestavano. Il 30
aprile 1941 tornavano nei rispettivi
paesi dalmati gli italiani allontanatisi prudentemente a fine marzo. Molti degli italiani che dopo il primo conflitto non avevano scelto l’esodo
verso l'Italia o la cittadinanza italiana, (Cittadinanza Italiana =
permesso a risiedere, con tutte le difficoltà del caso, in territorio
straniero)
avevano già cambiato nomi e cognomi slavizzandoli ed erano indistinguibili dai Serbi e dai Croati. Se il problema di molti italiani di Dalmazia era parzialmente risolto, non così
lo era per la minoranza Mussulmana e Serba fuori dai propri ambiti
storici (Mussulmani fuori dalla Bosnia, Serbi dentro e fuori le Kraine).
L'occupazione italiana, fuori dalle tradizioni culturali del passato
Impero Romano e Serenissima), tese ad imporre lo stesso modello sociale
vigente in Italia, comprensivo delle organizzazioni del PNF e
dell’insegnamento della lingua italiana per tutti. Nella zona o fascia
Croata (2a zona, la 1a costiera era quella a sovranità italiana) già da
maggio erano iniziate le persecuzioni, non nostre, nei confronti dei non croati
di Pavelic.
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F
Il DIARIO DI RENZO PAGLIANI e degli altri di Jugoslavia
al 1943
LINK UTILI
http://www.arcipelagoadriatico.it/talpo.htm Oddone Talpo
- The Spalato's Palace of DIOCLEZIANO
http://archive.ncsa.uiuc.edu/SDG/Experimental/split/split1.html
-
la
storia del 4° e dell'11° nel 1943 al libro del Gen. Ricciardi
http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri13bis.htm
http://www.arcipelagoadriatico.it/testimonianze02.htm
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Da Roma Civica
-Associazione Nazionale Partigiani
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Tra i monarchici del colonnello serbo
Mihailovic* e i comunisti di Tito scoppiarono però duri scontri (secondo
alcuni storici, se la guerra cagionò alla Jugoslavia 1.400.000 caduti, di
questi, 305.000 caddero durante operazioni di guerra, mentre ben
1.090.000 morirono durante le lotte fra le varie formazioni partigiane).
La visione pan-serba di Mihailovic e la collaborazione dei monarchici con
gli italiani e a volte perfino con gli stessi tedeschi - e, dopo il 1942,
la partecipazione di unità di cetnici ad operazioni condotte da Italia e
Germania contro i partigiani di Tito - screditarono il movimento agli
occhi degli inglesi, i cui interessi erano soprattutto di tipo
contingente: lo scontro militare in corso tra le forze terrestri e le
potenze dell'Asse. In questo ambito essi erano pronti a fornire il proprio
appoggio a chiunque fosse disposto ad uccidere il maggior numero di
tedeschi. Da questi piani rimasero logicamente esclusi fin dall'inizio
tutti quegli anticomunisti in Slovenia, Croazia e nella stessa Serbia che
(per propria convinzione o in base a ragioni tattiche) si erano allineati
in modo esplicito alle potenze dell'Asse. Ma ciò finì per provocare anche
la sconfitta dei cetnici, sebbene gli inglesi giungessero alla decisione
di interrompere gli aiuti loro destinati molto a malincuore e
relativamente in ritardo - circa alla fine del 1943. La perdita del
sostegno della Gran Bretagna fu un brutto colpo per i cetnici, sia dal
punto di vista politico che da quello militare. Allo stesso modo,
l'appoggio militare e politico della Gran Bretagna rappresentò uno degli
elementi chiave della vittoria finale dei partigiani di Tito. Nel '46,
dopo la vittoria dell'armata partigiana contro i tedeschi, Mihajlovic sarà
processato e mandato davanti ad un plotone di esecuzione. Al contrario,
Tito si pose a capo di un'ampia coalizione al cui interno erano
rappresentati serbi e non serbi, su base paritaria. Oltre a coloro che
professavano un'ideologia antifascista, indipendentemente dalla propria
nazionalità. Ciò contribuì ad attrarre: |
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a) Sloveni, il cui paese era
stato frazionato dal Terzo Reich e dall'Italia fascista, nell'ambito del
"nuovo ordine" propugnato da Hitler mettendone in pericolo la
sopravvivenza;
b) Serbi che provenivano
dalla Croazia, dalla Bosnia e dall'Erzegovina, sotto la minaccia dello
sterminio da parte del regime ustascia del croato Pavelic. Ma non tutti i
serbo-croati in fuga dal regime finirono per infoltire le schiere dei
partigiani di Tito. Alcuni di loro si unirono alle milizie cetniche,
soprattutto nelle regioni meridionali sotto il controllo delle truppe
italiane, in particolare intorno a Knin. Le autorità italiane ne
finanziarono l'arruolamento (limitato a differenza dei tedeschi) nelle
truppe ausiliarie necessarie sia a contrastare la guerriglia partigiana
sia ad evitare che il governo croato in carica potesse imporre la propria
autorità su territori croati sottoposti all'occupazione italiana.
c) Croati, provenienti
soprattutto da regioni meridionali annesse dall'Italia e dal 1942 in poi,
anche da altre. Il più importante serbatoio per il reclutamento di
partigiani consisteva in croati che erano stati richiamati in servizio
nell'esercito regolare croato - i cosiddetti domobrani - (o difensori
della patria) - che si misero regolarmente e in gran numero a disposizione
di Tito, insieme ai loro ufficiali, alle armi e agli equipaggiamenti. I
partigiani furono inoltre aiutati dalla reazione dei croati contro le
atrocità compiute dai cetnici.
d) Musulmani della Bosnia,
nonostante le offerte di collaborazione di Pavelic - per il quale essi
erano il "fior fiore della nazione croata" - il quale fece perfino erigere
loro una moschea nella città di Zagabria, la capitale a maggioranza
cattolica della Croazia. Ben presto, perfino quei musulmani dei quali
Pavelic aveva inizialmente cercato l'appoggio iniziarono a defilarsi, dopo
aver potuto constatare la natura autoritaria del suo regime. Ciò che
contribuì ad agevolare il loro avvicinamento al regime di Tito fu la
promessa dell'autonomia della Bosnia e dell'Erzegovina e, come già si era
verificato per i croati, la necessità di trovare protezione nei confronti
dei cetnici, di orientamento fortemente antimusulmano.
e) macedoni, delusi
dalla natura del regime bulgaro e attratti dalla promessa formulata da
Tito della creazione di una repubblica macedone nell'ambito della
federazione jugoslava. (cosa poi avvenuta)
f) albanesi del Kosovo,
contattati con difficoltà e con notevole ritardo con la richiesta di
unirsi alle milizie di Tito da comunisti albanesi che auspicavano !!! di
potersi riunire nello stato albanese ( a fine conflitto. Il che poi non
successe ed è ancora oggi alla base delle tensioni in Kossovo)
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Quanto detto delle vicende jugoslave è l'infinitesima parte di quanto è
successo. Ritorneremo sull'argomento alla data dell'armistizio, alla
tragica vicenda delle Foibe e al grande Esodo del dopoguerra. La vicenda
Jugoslava non termina qui perché negli anni 90 tornerà ad interessare le
nostre forze armate. La riproduzione di fregi e distintivi può anche
essere errata (totalmente) in questo o altri capitoli che riguardano le
forze che si contrapposero in quelle terre. Sulla uniformologia del
periodo fascista ed in misura minore di quello tedesco è in corso una
affannosa caccia al pezzo raro che spesso si risolve in un falso. Non
abbiamo inteso riproducendo questi dare alcun contributo a questa mania
collezionistica, quando svincolata da concrete basi storiche.
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A Tenin gli ortodossi serbi
erano il 90%. A Mostar furono uccise più di 100 persone, a Stolac 135,
Dernis 16, Gospic 500, Senje 800. I croati avevano anche iniziato il
rastrellamento degli Ebrei che venivano tenuti in campi di detenzione
gestiti con gli Italiani. All'isola di Pag, nel periodo di gestione
Croata, vennero uccise 1500 persone. Era chiaro che il dispositivo
italiano era troppo limitato, sia in rapporto alla vastità del territorio
che alla difficile viabilità. Era necessario ora, per le circostanze
evolventi controllare anche militarmente la 2a fascia (vedi nelle
piantine), che quando non era infestata da scontri tribali, lo era da
quelli partigiani. Gli stessi Croati oltre le fasce (a piena sovranità,
Regno improprio di un Savoia) non erano in grado di difendersi da soli
secondo canoni standard.
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Affluirono in Dalmazia, in tempi diversi a dar manforte allo Zara e alla
2a armata il 6° Bersaglieri.
Riportiamo un brano di Valerio Bianchinotti dal
libro “Dalle due torri al Don”...la
nostra posizione in questo momento è assai strana…i croati combattono i
serbi… anche crudelmente con continue uccisioni di donne bambini e intere
famiglie. In questo ..ambiente noi dobbiamo svolgere indifferenti il
nostro servizio, con l’ordine di non intervenire. In altra occasione
capita a me di essere comandato per prelevare una bambina ferita a 10 km
in campagna (una donna forse la madre è venuta al nostro comando) Dopo
circa 3 km ci troviamo al posto di blocco dei croati, che ci spianano
davanti mitra e cannoncini. Ci lasciano passare inspiegabilmente senza
trattare. Giunti alla casa troviamo un uomo colpito a morte e una bambina
pugnalata al fianco e alla gamba che forse si può ancora salvare.
Rifacciamo la strada e non veniamo disturbati fino alla nostra caserma”.
In ottobre il 6° raggiunge Bihac in Bosnia. Con
l'inverno il 6° viene ritirato e preparato per la Russia che raggiungerà
in febbraio. |
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**Il vescovo cattolico di Sebenico
in una protesta scritta diceva "Capocesto era abitata da buoni e
praticanti cattolici ... e non comunisti... i favoreggiatori fornivano
aiuto ai comunisti perché forzati e con minacce di morte, cosa che non
farebbero se in loco ci fosse un presidio".
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Dal VI corpo d'armata (II
armata Ambrosio) dipendono in quel momento le truppe Zara, la div.
Sassari, la Bergamo, Marche e Cacciatori delle Alpi. Ai primi di agosto lo
Zara, via Tenin, viene mandato a Gracac per essere poi sostituito dal 6°
così nelle parole di Elo Ricciardi
“ a Gracac ai bersaglieri si presentarono
degli spettacoli orrendi, cumuli di cadaveri di donne e bambini sventrati,
ferocemente mutilati… qua e la colpi di arma da fuoco grida…”.
Il 15 settembre lo Zara è a Mostar. Delle tante operazioni di guerriglia
riportiamo, relativamente al 1942, il rastrellamento del Monte Sopalj
(luglio) dietro Vodice, e quello del 13 novembre nei pressi di Sebenico"...il
btg Zara secondo gli accordi giunse a Trebocconi la sera del 23 luglio via
mare. Alle 5 del giorno dopo, con una notte passata all'addiaccio i 470
uomini dello Zara mossero verso la quota 221 di Sopalj e 273 di M.
Gradina. La marci proseguì senza incidenti fino ad un pianoro antistante
le quote, dalle quali iniziarono a piovere raffiche. Le compagnie al
centro e ai due lati della direttrice proseguivano sotto il violento fuoco
dei partigiani. Occupate le selle e la quota più bassa, per i partigiani
si poneva il problema dello sganciamento, prima che altro reparto salito
dall'altro versante gli bloccasse la strada. fra le 12,30 e le 14 le due
quote era in nostre mani. Perdite complessive 11 morti e 21 feriti. Il
doppio quelle stimate del nemico, che aveva portato via molti feriti. la
zona attrezzata a campo disponeva di ricoveri, viveri e munizioni. I
partigiani erano sfuggiti perché gli squadristi del Tevere erano giunti in
ritardo e le perdite erano dovute alla assoluta mancanza nel reparto di un
mortaio anche piccolo" |
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"............Mentre era in corso quest'ultimo rastrellamento il Comando
Marina di Sibenik inviò una squadra di 11 genieri per riparare una linea
telefonica interrotta. Come scorta destinò 18 marinai e un sottufficiale.
Gli autocarri giunti in prossimità di Sebenico Vecchio caddero in una
imboscata organizzata ad arte (interruzione linea -intervento -
imboscata)...delle 30 persone solo due si salvarono, gli altri vennero
denudati e seviziati. Da tempo nella zona imperversava la banda di Marko
Skorin che con il terrorismo e le ritorsioni attraeva sempre più giovani.
Il 16 mattina lo Zara, il XV Btg dell 11° reggimento, i marinai, un
plotone carri e altre piccole unità (carabinieri e artiglieria) conversero
su Capocesto. Nelle case fu trovato di tutto, compresi i corpi dei
marinai. I partigiani però ancora una volta erano riusciti a sganciarsi
quasi al completo. I morti furono 55 di cui molti civili o ritenuti tali,
poiché era frequente che i partigiani (se locali) gettassero le armi e si
qualificassero per civili.
**Il
distribuire presidi a pioggia conduceva a peggiori soluzioni, poiché gli
stessi e i collegamenti sarebbero finiti preda e vittima delle
bande. Nell'estate del 42 le truppe Zara avevano intanto costituito la
nuova divisione Zara |
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*
Il capo dei cetnici era il monarchico Mihajlovic, ufficialmente
rappresentato a Londra. da un messaggio di un ufficiale di collegamento
britannico del novembre 42 "M...
ha deciso anche di adottare la politica di collaborazione con gli italiani
perseguita dai cetnici Montenegrini. M... continua ad opporsi a qualsiasi
azione di sabotaggio contro gli italiani... si prepara a impadronirsi
delle loro armi e equipaggiamenti, convinto com'è che crolleranno presto.
RICORDI
DI ZARA
1940/46 di
CATERINA F.VARISCO
Caterina Fradelli Varisco era la madre del Colonnello dei
Carabinieri Antonio Varisco, Comandante del Reparto Carabinieri Servizi
Magistratura braccio destro del generale C. A. Dalla Chiesa. Esuli da
Zara, il Colonnello venne ucciso a Roma nel 1979 dalle Brigate Rosse,
penultima medaglia d'oro della nostra gente (dalmata). Nel suo libro
'L'esodo dei 350.000
padre Flaminio Rocchi racconta un episodio di eroismo di cui fu testimone
Varisco, all'epoca 17enne, che gli fece maturare la decisione di diventare
carabiniere. Nell'imminenza dell'ingresso in città dei partigiani di Tito
il ten. Ignazio Terranova si precipitò sul campanile della cattedrale di
S. Anastasia per esporre la bandiera tricolore. Venne fucilato poco dopo.
Fu l'ultima volta che il vessillo italiano sventolò sulla città dalmata. L'ultima vittima
dalmato-istriana è il Sottotenente dei Lancieri Andrea Millevoj, caduto a
Mogadiscio nel 1993.
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Gli altri reggimenti
Bersaglieri in Jugoslavia
Il 12° Reggimento era composto dal XXI btg moto (3cp) XXIII e
XXXVI btg. autoportati su 2 cp. e 133° e 143° cp cannoni controcarro
47/32. Il 12°, avanguardia della Littorio, il 15 aprile era già in
prossimità di Tenin che raggiunse in serata dopo l’occupazione dello
Zara. Il giorno dopo il XXI era a Mostar avanguardia del grosso. Il
reggimento venne impiegato sulla direttrice di Ragusa per rastrellamenti e
si disimpegnò poi a Senj. Il 30/4 rientrava a Parma per la sua prossima
destinazione, la Libia.
Il 3° Reggimento ciclisti era composto dal XVII, XX e XXV
btg. dalla 173 cp moto e dalla 173 cp cc 47/32. il giorno 20 dopo essere
passato da Tenin era a Traù (21) Spalato (22) Livno (Bosnia 24) e Signo.
Dai primi di maggio stazionò per 2 mesi in Bosnia, da dove dopo una breve
pausa a Bardolino sul Garda partiva per la Russia con la Divisione
Celere.
Il 1° Reggimento, sfiancato e ridotto di uomini dopo mesi
di combattimenti in Albania si ritrovava in quella che poteva essere
considerata la retrovia del fronte e che coincideva con il nuovo fronte
Jugoslavo. Il I, VII, IX Btg. erano dislocati nei pressi del lago di
Scutari. Quando l’esercito Jugoslavo il 6 aprile attaccò la nostra linea
di difesa il reggimento aggiunse un argento collettivo al suo carniere
culminato nella occupazione di Ragusa il 18 e un oro individuale a Minucci
Sabatino.
Il 5°
Reggimento con il solo XXII btg moto viene inviato sulle strade
Jugoslave, attraverso Cettigne, antica capitale montenegrina per
convergere su Spalato
Il 4° Reggimento non aveva mai
lasciato l’Albania, se non per la breve guerra con la Jugoslavia di
aprile ai confini del Montenegro. Qui cadeva Sergio Massa, medaglia
oro. Il 22 agosto 1941 il XXXI, XXVI (ciclisti)e XXIX btg vennero
aggregati alla Div. Bergamo a Spalato, mentre la cp moto rimase in
Montenegro. A metà settembre la forza venne spostata su Ragusa
riunendosi alla compagnia moto. Il reggimento venne impiegato in
frequenti rastrellamenti anche in Erzegovina alle dipendenze della
Sassari. I reparti opereranno d’ora in poi separati. Nell'ottobre del 42
in 4 giorni venne rastrellata da parte del XXIX btg una zona mineraria (bauxite=alluminio)
controllata dai tedeschi (operazione Dinara). Ai bersaglieri si erano
aggiunti 15 battaglioni cetnici*
che si abbandonarono a pesanti violenze sui
civili.
l'11° Reggimento XV e XXVII btg
la 111 cp moto e la 271 cp cc 47/32 giunse in Dalmazia nell’ottobre del
42 e venne aggregato alla Sassari. Fu impegnato nei soliti
rastrellamenti e pattugliamenti di linee ferroviarie fino al Kossovo. A
fine anno gli scontri si incentrarono nella zona di Gracac con forti
bande di partgiani. Era la vigilia della operazione Weiss che vedremo in
seguito. |
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