Da Giuseppe Mele del Comitato Antinucleare “ScanZiamo le scorie - Campo Base” di Terzo Cavone – Scanzano Jonico riceviamo e pubblichiamo una Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi Caro Presidente, apprezziamo l’eliminazione del comune di Scanzano Jonico dal Suo decreto legge, ma la permanenza nella lista dei possibili siti di destinazione per un “Deposito nazionale” delle scorie nucleari, non allontana il pericolo, né risolve il problema in Basilicata e in Italia. Esiste la necessità e l’urgenza di una sistemazione sicura dei rifiuti radioattivi presenti sul territorio nazionale. Sappiamo che raccolta, smaltimento e stoccaggio delle scorie devono avvenire “in condizioni di massima sicurezza e di tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini”, come recita il Suo decreto legge (D.L. 14 novembre 2003, n. 314). E` per questo che in passato abbiamo sollecitato, restando totalmente inascoltati, la soluzione della piaga ancora aperta del Centro di ricerca nucleare dell’Enea in località Trisaia di Rotondella (Matera), paese situato a soli 6 chilometri da Scanzano. Il Centro di Rotondella, come quello di Saluggia (Vercelli), è stato concepito non per la produzione di energia nucleare, bensì per il riprocessamento del combustibile nucleare. “Riprocessare” barre di combustibile nucleare significa estrarre materiali fissili ‘speciali’ come l’uranio 235 e il plutonio, utili per la fabbricazione di materiali strategico-militari come le bombe di tipo A (le bombe atomiche). Il materiale residuo è una scoria liquida ad alta radioattività che deve necessariamente essere ‘solidificato’ (nell’arco di 30 anni, esclusivamente secondo procedure di vetrificazione o ceramizzazione) per la sicurezza dell’ambiente e della salute dei cittadini. Lei forse non sa che tra il 1968 e il 1970 il Centro di Rotondella ha accolto le scorie nucleari del reattore di Elk River (Minnesota) cedute dagli Stati Uniti all’Italia: 84 barre di uranio, combustibile irraggiato da “riprocessare”, di cui solo 20 barre sono state trattate. Le rimanenti 64, piuttosto che essere ‘stoccate a secco’ in contenitori-bare di piombo, cemento e acciaio inossidabile, sono state depositate in piscine di stoccaggio fatte di cemento, materiale sconsigliato per pericolo di frantumazione in caso di evento sismico. Il riprocessamento delle 20 barre avrebbe prodotto scorie radioattive solide e liquide di bassa, media ed alta attività: 2.200 mc di materiale solido a bassa contaminazione; 80 mc di scorie solide ad alta contaminazione; 2,7 mc di soluzioni e liquidi ad alta contaminazione. Nel maggio 1970 si è verificato il primo di una serie di “incidenti” mai denunciati (sversamenti, gocciolamenti, fuoriuscite, tracimazioni, corrosioni di sostanze nucleari e dispersione di polvere radioattiva), che raggiungono la gravità estrema il 14 aprile 1994 con la fuoriuscita da un fusto corroso di materiale ad alta radioattività. La rivelazione avviene solo nel dicembre 1995 con la pubblicazione della relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta, che bolla il caso Trisaia “emergenza nazionale” assieme a quello di Saluggia. Nel 1996 la legge Finanziaria ha destinato all’ENEA 75 miliardi di vecchie lire per smaltire nell’arco di tre anni i rifiuti e bonificare il sito della Trisaia, ma nulla è stato fatto, mentre Legambiente ha prodotto un rapporto allarmante su “L’eredità perenne dell’ENEA”. Le scorie radioattive liquide per ragioni di sicurezza avrebbero dovuto essere trattate entro 5 anni dal loro deposito. L’affidabilità dei contenitori utilizzati per la loro conservazione era stata garantita per 20 anni. Dopo oltre 30 anni le scorie liquide probabilmente non sono state ancora processate e sarebbero custodite a Rotondella presso il Centro Trisaia, in parte interrate, in parte protette da baracche di lamiera. Se così fosse, perché le scorie liquide non sarebbero state ‘solidificate’, unico modo per incrementare la sicurezza per esseri umani e ambiente? Perché gli Stati Uniti nel cedere le scorie, nonostante gli accordi, non hanno fornito il know how necessario? In Italia non esiste una tecnologia adeguata per un corretto trattamento delle scorie. Perché allora non restituire il materiale al mittente, visto che dal 1987 con un referendum l’Italia ha detto ‘no’ al nucleare? Il risultato che la popolazione registra (madri, padri, medici, infermiere) è un aumento dei casi di tumore e soprattutto di leucemia mieloide fra i bambini, la cui eziologia è additata nella radioattività. Lei forse non sa che nel 1998 presso la Procura di Rotondella si e` svolto un processo a carico di cinque dirigenti dell’ENEA accusati di irregolarita` nella gestione dei materiali radioattivi. La condanna (appena 40 giorni di detenzione) ha interessato solo due di essi, indicati come responsabili della mancata solidificazione delle scorie radioattive. Il procedimento penale svolto dall’autorita` giudiziaria di Matera per un presunto pericolo di inondazione radioattiva derivante dai 2,7 mc di scorie liquide ad alta contaminazione non ancora processate, ha visto protagonista il magistrato Nicola Maria Pace, che ha indicato quei materiali come ‘altamente pericolosi’. Nell’anno 2000 la Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza ha ipotizzato addirittura una produzione illecita di plutonio nel Centro di Rotondella, secondo la testimonianza di un testimone-chiave per il quale il materiale radioattivo potrebbe essere stato rivenduto in altri paesi. Testimoni hanno indicato anche la presenza di ricercatori irakeni venuti a fare esperienza di riconversione. Solo due anni fa e` stato posto seriamente il problema della messa in sicurezza del pericoloso materiale liquido la cui durata di radioattività è stimata dalle centinaia ai milioni di anni. Nel frattempo il Centro Trisaia di Rotondella ha accolto altri tipi di scorie, come materiali biomedicali e testine parafulmini, ma i dati non sono precisi, né chiari. Noi sappiamo, come recita il Suo decreto, che “l’attuale situazione di rischio derivante dalla presenza sul territorio nazionale di tali rifiuti radioattivi è caratterizzata da profili di maggiore gravità in relazione alla diffusa crisi internazionale, che richiede l’urgente realizzazione di iniziative di carattere straordinario al fine di tutelare l’interesse nazionale della sicurezza dello Stato.” Noi sappiamo che il pericolo di inondazione radioattiva a cui da troppi anni siamo esposti richiede provvedimenti immediati. Siamo scesi in piazza per esternare la nostra opinione, le nostre critiche a un decreto legge scellerato che ci offende come cittadini e come uomini. Nel cuore dell’antica Magna Grecia, Scanzano Jonico è stato incautamente prescelto come ‘il sito più sicuro d’Italia’ per la costruzione di un Deposito nazionale in cavita` geologica. Questo è moralmente, giuridicamente e scientificamente errato, come recentemente dimostrato da insigni ricercatori, per innumerevoli ragioni: la ricchezza di insediamenti abitativi e produttivi, la presenza di aree di interesse comunitario di eccezionale valore naturalistico, il rischio sismico e alluvionale, la vicinanza del mar Jonio che potrebbe causare infiltrazioni sotterranee di acqua salina nel progettato Deposito (rischio aggravato dalla velocita` dell’erosione costiera e dall’innalzamento del livello del mare collegato al progressivo riscaldamento del pianeta). La presenza di pozzi di estrazione del gas sarebbe un ulteriore elemento di pericolo da aggiungere alla lunga lista di controindicazioni. Dal 1978 gli Stati Uniti sono alla ricerca di sistemi di deposito alternativi alle cavità geologiche considerate insicure e non idonee: purtroppo il materiale radioattivo sopravvive nell’arco delle centinaia di migliaia di anni alla ossidazione dei contenitori sino ad oggi disponibili. La scelta di creazione di un Deposito nazionale che accolga elementi di combustibile irraggiati, materiali nucleari, inclusi quelli provenienti dalla disattivazione delle centrali elettronucleari, è velleitaria. La creazione di una ‘pattumiera nazionale’ nucleare non può che danneggiare l’area designata. L’ipotesi di trasporto dei materiali radioattivi liquidi e` criminale perché le cosiddette ‘scorie nucleari’ possono essere trasportate solo dopo un processo di ‘solidificazione’ in contenitori di piombo, cemento e acciaio inossidabile. E comunque ogni trasporto è critico e pericoloso. Ogni manipolazione produce rifiuti: i materiali andrebbero mossi il meno possibile e i depositi dovrebbero essere concepiti nel luogo più prossimo a quello di produzione. Ogni collettività dovrebbe eticamente smaltire i rifiuti che produce. Lei Presidente si rende conto che col Suo decreto ha affidato una decisione nazionale strategica sotto il profilo ambientale, sanitario, economico, militare a un’azienda privata, la SOGIN S.p.a. ed ha conferito poteri di gestione ad un unico Commissario straordinario da Lei nominato, il generale Carlo Jean? Non crede di aver investito di eccessive responsabilita` un accademico pluridecorato, ma strettamente specializzato in Studi strategici militari? Perché? La ringraziamo per la “campagna di informazione sulla gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi” che col decreto legge n. 314 Lei ha commissionato al generale Jean e per le videocassette inviate ai sindaci lucani a scopo ‘illustrativo-rassicurante’, ma purtroppo la decennale convivenza con tali rifiuti e la sopportazione dei relativi danni ci ha resi cittadini ben informati ed esperti. Ci dispiace che un problema così delicato per la nazione sia stato gestito con metodi ‘militari’. Ci dispiace che nell’emergenza creata il decreto successivo da Lei emanato il 14 novembre 2003 (n. 315) abbia soppresso la commissione speciale di Valutazione di Impatto Ambientale costituita solo nel novembre 2002 e che si dovrà nominare una nuova commissione di 35 nuovi membri, oltre al presidente. Ci dispiace che nell’emergenza una voce politica di risonanza nazionale espressa dalla Basilicata, il senatore a vita Emilio Colombo, sia stata emarginata da inattese complicazioni. Caro Presidente, quanto decretato assieme ai ministri Pisanu (Interno), Martino (Difesa), Marzano (Attivita` produttive), Matteoli (Ambiente), Tremonti (Economia), Sirchia (Sanita`), La Loggia (Affari regionali) e le modalita` seguite ci addolorano e ci indignano nel profondo indipendentemente dalla scelta del sito a cui dovrebbe essere inflitta la pena di un “Deposito nazionale”. La questione della “sicurezza nazionale” sta a cuore anche a noi, ma in Italia non si può d’un tratto rinunciare a scelte economiche e di sviluppo che si sono rivelate vincenti. Crediamo nella necessità di investire danaro ed energie per salvaguardare le risorse naturali, storiche e culturali, per promuovere il turismo, per favorire un’agricoltura sempre più sana e produttiva, per garantire le migliori condizioni di salute possibili ai cittadini. Crediamo con fermezza che si possa offrire un futuro alternativo ai nostri figli, per questo noi oggi diciamo a gran voce “no al nucleare”. Noi non ci arrendiamo e non ci arrenderemo: “ScanZiamo le scorie” in Basilicata, nel Sud, in Italia, nel Mediterraneo. Lettera tratta dal n. 85 di “Latinoamerica” in uscita a gennaio 2004 www.giannimina-latinoamerica.it