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Pap Kouma,
Io venditore di elefanti
Pap Kouma racconta l'esperienza che lo ha visto lasciare
il Senegal ed emigrare, negli anni ottanta, in Italia.
Il suo viaggio è un peregrinare giorno per giorno, incontrarsi
con altre storie e altri personaggi con cui condivide la triste
e faticosa esistenza dei clandestini di fronte agli ostacoli
e alle difficoltà che incontrano normalmente gli immigrati
nel nostro paese.
Come la maggior parte di loro dovrà abituarsi a vivere
in pessime condizioni, in case che sembrano baracche, farà
fatica ad integrarsi nella società che lo circonda perché
spesso la gente è ostile. Nel suo animo c'è molta
paura, paura dell'ignoto verso il quale sta viaggiando, paura
di quello che troverà e di come la gente lo vedrà.
All'inizio del viaggio, riallacciandosi alle sue tradizioni,
compie alcuni riti che dovrebbero servire come buon auspicio:
si spalma le mani e il viso con il liquido della buona sorte,
legge alcuni versi del Corano che gli raccomandano di scendere
dall'aereo con il piede giusto.
A Cesenatico incontra alcuni ragazzi e ragazze che gli danno
la merce che venderà per le strade e sulla spiaggia:
elefantini, maschere di ebano, portacenere e altri oggetti dell'artigianato
africano.
Di notte legge e cerca di imparare la grammatica italiana in
modo da integrarsi meglio nella società. Quando può
preferisce lavorare in città sedi universitarie, perché
se la polizia lo prende può dire di essere uno studente.
Spesso però questa strategia non funziona e finisce in
carcere. All'inizio questa esperienza è terribile, poi
subentra l'abitudine e la paziente attesa dell'apertura della
cella.
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Buchi Emecheta,
Cittadina di seconda classe
Adah ha lasciato la Nigeria e si è trasferita a Londra
con il marito e i figli. Ma Adah è una donna di colore
e purtroppo le persone di colore non sono sempre accettate nella
società europea, così si scontra con la diffidenza,
l'ostilità e le discriminazioni razziali quando va a
cercare una casa. Si sente inspiegabilmente emarginata da tutto
il mondo, ora che non ha una casa le sembra di non avere più
speranze.
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LE
NOSTRE RIFLESSIONI
Due sono i temi principali che compaiono in queste pagine:
la difficile condizione di vita degli extracomunitari e l'atteggiamento
di italiani ed europei nei loro confronti.
Tutte queste persone condividono gli stessi sentimenti: il desiderio
di una casa, la difficoltà del non conoscere la lingua,
i ricatti, la paura del freddo e della notte; da questo scatta
tra gli immigrati una grande solidarietà soprattutto
tra persone provenienti dallo stesso paese.
Spesso l'atteggiamento della gente nei loro confronti è
ostile: continue denunce alla polizia, la stessa severità
e l'esercizio del potere da parte della polizia, lo scimmiottamento
del loro modo di parlare. Quando non prevalgono sentimenti ostili,
è quasi sempre un senso di pena e di protezione che spinge
a prendere le loro difese o a fare l'elemosina.
Quando le speranze e i sogni vengono distrutti, come nel caso
di Adah, solo per discriminazione razziale, il senso di fallimento
è particolarmente doloroso.
È molto triste e ingiusto pensare che ci sono persone
che subiscono umiliazioni e discriminazioni solo per il colore
della pelle senza tener conto di quello che sono, dei loro sentimenti
e delle loro necessità.
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Maria de Lourdes
Jesus, Racordai
Maria de lourdes racconta la sua storia di
emigrata, quando, da ragazzina, ha lasciato la sua casa e la
sua famiglia nell'isola di Capoverde.
All'inizio l'eccitazione della partenza la rende felice, si
sente pronta per andare "al largo". Ma al momento
del distacco, alla partenza vera e propria, comincia ad avere
paura, è triste e il cuore le batte fortissimo: sicuramente
le sarebbe mancato tutto, una volta partita, la sorella, la
mamma, i parenti, la casa
.. Maria tuttavia riesce a superare
i momenti di tristezza e una volta salita sulla nave è
di nuovo felice di intraprendere la strada verso il proprio
futuro.
In questa testimonianza troviamo il tema
del distacco dalla propria terra e il desiderio di costruirsi
un futuro migliore. Chi decide di emigrare lo fa perché
il proprio paese è povero e non ha nulla da offrire;
sente il bisogno di costruirsi una strada diversa per il futuro
e per raggiungere i propri obiettivi, e andarsene è un'opportunità
che non va lasciata.
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LA
DIFFICOLTÀ DI INTERAGIRE TRA CULTURE DIVERSE
L'immigrazione comporta anche diversi modi
di integrarsi nella società e nella cultura "ospite";
può capitare allora che all'interno della stessa famiglia,
generazioni diverse, i genitori e i figli, vivano in modo diverso
la loro integrazione nella nuova società e il rapporto
con la cultura di origine, fino a veri e propri conflitti.
È quanto succede a Kbira (da: T. Ben Jelloun, Nadia)
e alla sua famiglia, emigrati dall'Algeria a Parigi.
Kbira e le sorelle vanno a scuola, hanno amici, hanno acquisito
abitudini e modi di fare "occidentali"; al contrario
il padre è legato alla più stretta tradizione
islamica e non accetta che le figlie possano essere "minacciate"
dalle cose cattive della società occidentale, così
le riporta a vivere contro la loro volontà in Algeria
dallo zio.
Lo stesso tema è presente nel film "East is
east", dove troviamo una storia in cui qualsiasi immigrante
che viene a contatto con altre culture si può immedesimare:
la storia di una famiglia lacerata dal conflitto culturale,
religioso, comportamentale.
Di fronte a questi conflitti dobbiamo imparare a riflettere
e a considerare le diversità non come conflitto ma come
possibilità di confronto.
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